Last Exile - Endless Sky

Ghost in the Shell : Stand Alone Complex, Il filosofico svanire dei confini morali tra intelligenza biologica e intelligenza artificiale

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view post Posted on 14/6/2006, 10:03

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GHOST IN THE SHELL – STAND ALONE COMPLEX


Nota disambigua – Qui recensisco la serie anime televisiva non il primo film o il secondo, quelli cinematografici (il primo uscito qualche annetto fa, il secondo in concomitanza con la stessa serie anime di cui parlo qui).

Analogamente a ciò che rappresenta il manga, Ghost in the Shell è più simile ad un trattato futurologista che ad una qualche forma di entertaintment audio-visivo. Masamume Shirow, il creatore del mondo di GITS e il disegnatore del manga originale, ha prepotentemente aperto una nuova strada, creando un’opera che getta le basi di una visione del futuro molto realistica e scientifica, molto vicina a ciò che potrebbe essere e che ci riguarda un po’ tutti da vicino.
Si parla, in Ghost in the Shell, delle vicende della fantomatica Sezione 9, una forza speciale di polizia che interviene in speciali casi, capitanata dal maggiore Motoko Kusanagi, un’affascinante e sofisticatissima cyborg il cui corpo umano è sempre stato luogo di impianti cibernetici fin da tenerissima età – una parte che ci viene fatta notare quando lei rammenta un doloroso ricordo in cui da bambina aveva schiacciato una bambolina con le mani perché non aveva il pieno controllo delle sue funzioni motorie bioniche. Motoko, al comando del suo superiore Aramaki, guida un gruppo di uomini, Batou, Pazu, Boma, Ishikawa, Saituo e Togusa, tutti più o meno alterati chirurgicamente, con impianti cibernetici, ma non è la loro particolarità in quanto tutti gli esseri umani della popolazione mondiale in questo futuro hanno almeno una parte artificiale dentro di se. Diffusissima è la pratica di inserire un cyber-brain nel corpo umano in fusione con il cervello, sostituendo la scatola cranica con un duro guscio di metallo che contiene l’encefalo e molte strutture hardware aggiunte, uscite con prese link per collegarsi ad apparecchi e altri cyber-brain, e connessione diretta alla cosiddetta Rete (l’internet del futuro) tramite un uplink wireless… semplicemente connettendo il pensiero alla Rete. Questo rende il cervello potenziabile all’infinito e spinge l’uomo verso orizzonti assolutamente nuovi (nel film di GITS anni fa, Motoko nell’ultimissima scena diceva “La Rete è vasta è infinita”); d’altra parte rende purtroppo il cervello e quindi il corpo stesso, vittima di virus, hacker e quant’altro di negativo l’interconnettività possa generare (cosa che sappiamo bene anche noi, al giorno d’oggi).
In questo mondo, dove il confine tra uomo è macchina è definitivamente abbattuto senza possibilità di un ritorno, si vive un progresso tecnologico che sembra straordinario ma che di fatto non lo è. Pensiamo ad oggi, a come potremmo vivere senza l’informatica e senza le risorse della rete… è il medesimo pensiero che dovremmo affrontare nel caso di GITS – un mondo dove i cyber-brain sono comuni, dove la gente ha le prese per linkarsi alla base del collo, dove braccia e gambe cibernetiche sono comuni, dove l’essere umano è diventato un hardware composito a cui si possono collegare molte periferiche. In questo contesto vige il concetto di “Ghost”, ovvero l’essenza dell’uomo, la sua anima si potrebbe dire, la sua coscienza senziente superiore, che lo differenzia da un androide o da un essere totalmente artificiale. Shirow gioca spesso con il concetto di Ghost, facendoci capire che potrebbe trattarsi veramente dell’anima, del soffio della vita e dell’intelligenza, ma ancor più spesso identificandola con una vera e propria essenza biologica, una conquista evolutiva, tanto più che è all’interno del cervello che essa si sviluppa (infatti tramite trapiani di cyber-brain in altri dispositivi si trapianta la stessa coscienza di coloro che possiedono quel cervello). Da qui il titolo “Ghost in the Shell”, “Lo Spirito nel Guscio” liberamente tradotto, dove il guscio sarebbe il corpo artificiale, ma anche quello umano se vogliamo allargare il ragionamento anche alla nostra sfera, esulando dalle complicazioni tecnologiche.
Così, nel futuro di Shirow, l’uomo vive normalmente, in metropoli sempre più affollate ma non oscure come quelle di Blade Runner, non immerse nel degrado come si potrebbe immaginare; assistiamo ad una visione del Giappone più naturale, più evoluzionistica, e in esso c’è lo specchio di tutto il mondo esterno ai luoghi in cui GITS è ambientato. L’evoluzione della scienza in ogni campo è palese, ma è pure realisticamente vincolata ad un processo graduale in ogni direzione piuttosto che ad un brutale gioco di disequilibrio, molto comune nella fantascienza che prende in esame tempi molto vicini ai nostri.
I protagonisti vivono delle situazioni legate al loro lavoro, missioni in cui affrontano hacker in grado di connettersi ad un cervello umano e innestare virus al loro interno; affrontano terroristi e fondamentalisti che voglio riportare il mondo ad uno stato tecnologico che non debba toccare mente e corpo (ovvero quello nostro attuale); scongiurano complessi intrighi politici con trame e sottotrame. La coralità della serie esula dalla sovraesposizione del suo simbolo, Motoko Kusanagi, che attira il pubblico per la sua ostentata fisicità e sfrontatezza (che, ci suggerisce il creatore della serie, potrebbero anche venire dal fatto che un corpo artificiale potrebbe stimolare ben poca vergogna o pudore), ma anche per forza e capacità di comando indiscutibili - sempre seria e compassata, raramente ci concede un sorriso, presa anima e corpo dal suo lavoro. Ogni membro della squadra è perfettamente funzionale all’unità della stessa e si muove in un contesto molto azzeccato, in cui non è sempre una sola persona ad essere protagonista assoluta (come nelle reali task-force di questo tipo).
Le storie sono molto variegate e c’è un filo conduttore, un fil-rouge che lega la serie, il famoso Stand Alone Complex, “un ribelle isolato”, il caso di un hacker potentissimo chiamato “Laughing Man” che usa un simbolo sorridente da emoticon con una frase tratta da “Il Giovane Holden” come logo, inquietante quando profonda. Per il resto si vive per l’intera storia ad episodi domandandosi quanto il confine tra ciò che è umano e ciò che è artificiale sia ancora palpabile. Intelligenze artificiali, androidi, cyber-brain che vengono installati su mezzi artificiali (ovvero trapianti di cervelli e coscienze umane in corpi artificiali), evoluzione di computer da meri oggetti ad esseri senzienti – almeno quanto un bambino di tenera età (i Tachikoma e il loro complesso caso)…
GITS affronta una quantità di elementi filosofici e morali, scientifici ed introspettivi da risultare superiore alla stragrande maggioranza di anime in commercio, molto più riflessivo e ricco, in grado di porci in una situazione di dubbio. Ogni volta che la sigla finale appare ci sentiamo in dovere di riflettere sulla puntata appena vista, come per metabolizzare i pesanti ma interessanti concetti assimilati. Per questo, come ho detto all’inizio, ci troviamo dinnanzi ad un vero e proprio trattato più che ad una volontà di raccontare qualcosa, anche se la storia c’è ed è pura strutturata magistralmente. Non mancano il coinvolgimento di sentimenti profondi, conflitti interiori e situazioni emozionali estreme, anche queste trattate con mano sicura ed esperta.
Alcune pecche sono da riscontrare nella mancanza di una regia oculata in certi punti (Watanabe io ce l’avrei visto molto bene in questo frangente), mentre per quanto riguarda il comparto sonoro la firma è di Yoko Kanno, che come sempre non delude anzi sorprende, anche se non è ai livelli storici di altri suoi capolavori passati (su tutti Cowboy Bebop, Tenku No Escaflowne e Wolf’s Rain). Dal punto di vista visivo nulla da eccepire, anzi… ci troviamo davanti al nuovo standard in quanto a precisione delle animazioni, ad effetti visivi, realismo e orchestrazione delle scene d’azione, per quanto riguarda le serie anime.
Vorrei infine dire che non è di certo un anime che consiglio a tutti, ma solo a chi vuole capire e a chi ha tempo per farlo.

Non basterebbe un forum intero per discutere approfonditamente di GITS : Stand Alone Complex, per cui lascio dei link interessantissimi a cui puntare.

Vi consiglio tantissimo questo sito, di Alfonso Martone, che ha analizzato la serie con occhio attento e critico, ponendo alla mia attenzione una moltitudine di particolari e riflessioni davvero elevate – e se non sbaglio ha pure contribuito indirettamente ad una corretta localizzazione in italiano della serie.
http://www.alfonsomartone.itb.it/arjlbg.html

Su Yellow Menace c’è una bellissima scheda con qualche approfondimento, tutta in inglese stavolta.
http://yellow-menace.com/modules/zmagazine...p?articleid=243

Info sull’OST
http://www.jameswong.com/ykproject/disc/di...p?cd=standalone

Su RealityLapse, download della serie e dell’OST
http://realitylapse.com/info/ghostshell/splash.php


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