L'Isola della Calamita

« Older   Newer »
  Share  
marina53
view post Posted on 12/3/2009, 11:25




Raccontava un vecchio pescatore che un certo capitano Anselmo, ardito navigatore non si sa più di qual terra rivierasca, ebbe la sorte di toccare l’isola della calamita e di tornare sano e salvo, cosa che non si era ami verificata sino allora per altri. Questo capitano Anselmo, usava far rotta dai porti italiani fino alle città anseatiche, andando e tornando con varie mercanzie lungo le coste atlantiche e mediterranee. Durante uno di questi viaggi, mentre era in vista della coste portoghesi, la sua nave fu colta da un fortunale di violenza inaudita e per molti giorni rimase in balia delle onde. Quando i flutti si calmarono, il veliero, disalberato e impoppato, andava alla deriva come un rottame qualsiasi. Capitan Anselmo e l’equipaggio scrutarono invano l’orizzonte: l’immensità del mare li cingeva da ogni lato. Nessuna possibilità esisteva per calcolare la distanza dal continente. I giorni si succedevano ai giorni e la loro situazione non cambiava: da ogni parte la sottile linea dell’orizzonte i cingeva come un malefico anello incantato. I viveri e l’acqua cominciavano a mancare. Ma un giorno notarono come una grande montagna bruna che si ergeva verso il cielo. Il mare era calmissimo, non vi era alcun alito di vento. Per spingere la nave verso quella terra si pensò di costruire dei remi di fortuna. Mentre l’equipaggio di gran lena erano intento nel suo lavoro, capitan Anselmo stava a prua , cercando di riconoscere la misteriosa isola. Ad un tratto gli cadde lo sguardo sul tagliamare e si accorse che la nave andava con velocità sostenuta verso la terra lontana. Quando l’equipaggio apprese la novità, lasciò il lavoro e si strinse attorno al capitano, quasi ad attendere una spiegazione. Ad un tratto si accorsero che man mano che si avvicinavano la velocità dello scafo aumentava paurosamente. I poveretti non sapendo che fare caddero in ginocchio pregando fervidamente.
L’isola sconosciuta si avvicinava via via rivelandosi come un’inospitale terra irta di frangenti. Improvvisamente la nave si impennò sui flutti: un’immensa ondata l’afferrò , la bilanciò un’instante come a soppesarla, e poi la scagliò con tremendo furore contro un gigantesco faraglione. L’urto fu tanto violento che la nave volò via in schegge e Anselmo, con due dei suoi, fu scaraventato oltre l’orrida scogliera su di un piccolo ripiano: gli altri scomparvero nei flutti. Rinvennero quando scendeva la notte. Non più fragori e vortici di spuma, ma una gran calma. I tre scampati, pesti ed ammaccati, si guardarono intorno. Erano su una piccola spiaggia ingombra di un gran numero di relitti di naufragi antichi e recenti. Nell’incerto barlume dell’ultima luce notarono come la ghiaia biancheggiasse stranamente . uno dei tre ne raccolse una manciata e dette un urlo di terrore: non era fatta di pietre, ma di ossa umane, rotte e levigate dal moto ondoso. Quando venne l’alba incominciarono ad esplorare il loro rifugio e si rincuorarono, accorgendosi che fra i rottami v’erano casse di viveri ancora utilizzabili e barilotti d’acqua dolce. Dopo essersi rifocillati, decisero di tentare la scalata della montagna per vedere se l’isola era abitata e se v’era in essa località più ospitale di quella ove il destino li aveva spinti. Durante la perlustrazione si accorsero che le rupi erano costituite di ferro o più esattamente di magnetite, , minerale questo che ha la proprietà d’attirare altro ferro. La montagna, dunque, altro non era che un immenso monolite dalle pareti procombenti nel più profondo del mare. Non uno spiazzo, non un filo d’erba, non la minima traccia di vita. Tristemente tornarono al loro approdo, certi di essere le uniche creature viventi che l’isola della Calamita ospitava, le sole che forse mai, da vive, vi fossero approdate. Capitan Anselmo, uomo forte e vigoroso, non si dava pace per la sua sorte e cercava di trovare una soluzione. Con i relitti che abbondavano lungo la Spiaggia degli Scheletri s’ingegno a costruire una zattera, le cui parti furono legate con funi. Quando il galleggiante fu pronto i naufraghi lo caricarono di quante provviste poteva portare, quindi lo spinsero in mare e si allontanarono quanto più potevano. Dopo alcune settimane di duro navigare verso oriente , giunsero alle isole Fortunate, come erano chiamate allora le Canarie, da qui poterono tornare alle loro case.

 
Top
cucciolina72
view post Posted on 14/3/2009, 21:14




Bella storia
 
Top
1 replies since 12/3/2009, 11:25   33 views
  Share