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Sato Shosan [Ardik]

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  1. Ardik
     
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    Nome: Sato Shosan--Giocatore: Ardik

    Razza: Umano anni: 21 anni
    Sesso: maschio
    Classe: Samurai

    Allineamento: LG
    Regione di provenienza: Impero Kozakura Divinità: Bushido
    Livello: IV°: 6000/10000 px

    Peso 64Kg
    Altezza 1.72 m
    Occhi neri dal taglio orientale
    Capelli lunghi neri e insolitamente sottili, raccolti nel kisan (la “crocchia” del samurai)
    Barba assente, il suo corpo è estremamente glabro ma con il tempo si farà crescere un accento di pizzetto.
    Velocità 9 m, 6 m indossando l’armatura
    Linguaggi: comune, lingua dell’arcipelago Wa e Kamakura, linguaggio dell’impero Shoulung.

    Caratteristiche di partenza; dopo IV° livello:

    Forza 16; 16 +3
    Destrezza 13; 14 +2
    Costituzione 12; 12 +1
    Intelligenza 13; 13 +1
    Saggezza 10; 10 +2
    Carisma 16; 16 +3

    Punti ferita attuali/totali: 10+5+6+5 + 4(cosituzione) = 30/30
    Statistiche di combattimento:

    Iniziativa: 0 + 2 (Destrezza) = 2
    Classe Armatura: 10 +5 (armatura) +2 (destrezza) [+1(schivare)] = +18

    Katana e wakizashi equipaggiati:

    Arma primaria: Katana perfetta
    Bonus di attacco: +7 (4(base)+3(forza)+ 1(arma perfetta) + 1(arma focalizzata) -3 (penalità con due armi con arma leggera))
    Danni: 1d10 +3 (forza) (critico: 19-20/x2)

    Arma secondaria: wakizashi [spada corta]
    Bonus di attacco: +6 (4(base)+3(forza) + 1(arma focalizzata) -3 (penalità con due armi con arma leggera))
    Danni: 1d6 +3 (forza) (critico: 19-20/x2)
    Lotta a mani nude: +4 (base) +3 (forza)


    Bonus ai tiri salvezza:
    Tempra: +4 (base) +1(costituzione) =5
    Riflessi: +1 (base) +2 (destrezza) =3
    Volontà: +1 (base) +0(saggezza) =1

    Talenti:
    Privilegi di classe:
    Competenza nel Daisho (il samurai può utilizzare spade katana e wakizashi e solamente con queste armi ottiene il talento “Competenze nelle armi esotiche”)
    Due spade come una ( il samurai che equipaggia la combinazione katana e wakizashi ottiene il talento “Combattere con due armi” )
    Punizione Kiai

    arma focalizzata katana
    arma focalizzata wakizashi (spada corta)
    Schivare

    Competenze:
    Competente nelle armi semplici e da guerra, nelle armature leggere, medie e pesanti.

    Abilità:
    gradi: (2 + 1) x4 +4(umano) +[(2+1)x3 +3(umano)] = 28
    Di Classe:
    Artigianato (Calligrafia): 4
    Diplomazia: 4
    Conoscenze (storia):4
    Conoscenze (nobiltà e regalità):4
    Percepire intenzioni: 4
    Concentrazione: 4
    Cavalcare: 4

    Equipaggiamento:

    Armi:
    Katana perfetta, 335 mo 3 Kg
    Wakizashi [spada corta], 10 mo 3 Kg
    Corazza a piastre, 200 mo 15 Kg

    Equipaggiamento base:
    Casacca da samurai color sabbia con obi blu di seta, sandali 15 mo
    Zaino 2 mo
    Corda di seta 10 mo
    Borraccia 1mo
    Strumenti per manutenzione delle lame 6 mo
    Strumenti per manutenzione del kozane 6 mo
    Pergamena con poema epico e bushido 5 mo
    Giaciglio di stuoia 2 mo

    Carico: medio (superiore ai 29 Kg)

    Denaro: 0 mo (i suoi effetti personali sono le uniche cose che è riuscito a portarsi dietro dopo l’arrembaggio e la fuga)


    BG e descrizioni:
    Il tranquillo feudo dell’Izumo consiste, nella mia lontana terra, in una lingua di terra brulla protratta verso il Mare Giallo macchiata da pochi villaggi di pescatori nel cuore dell’isola Shinkoku; al di là della pesca in se non vi è mai stata nessuna attività rilevante e dato che la Capitale imperiale Doiyu è a meno di due giornate di cammino, le attività artigianali sono quasi completamente attratte verso la grande città.
    Nacqui nel centro principale dell’Izumo , nonostante fosse solamente uno dei modesti villaggi del feudo era in una posizione particolarmente strategica da essere eletto come residenza del signore dell’Izumo.
    Vidi la luce in un momento di particolare lotte per il potere e l’Izumo era stato appena occupato dal nostro signore e dai suoi samurai, tra i quali c’era anche mio padre.
    Quando la mia educazione da samurai giunse al termine, venni destinato come guarnigione di uno dei tre piccoli villaggi che assieme costituivano l’Izumo assieme ad un altro samurai.
    Il mio signore aveva penuria di uomini, non era un feudatario di una signoria ricca ed estesa.
    L’operosità del villaggio viene interrotta solo nel momento in cui il suo signore per nomina diretta del bakufu, Nitta Yoshisada, veniva a riscuotere il tributo dovuto.
    Io ed il mio mentore e superiore Yuri Fumakoshi, presiedevamo il momento assieme al nostro signore ed agli uomini della sua guardia; essendo la guarnigione del villaggio.
    Ma l’ultima volta che vidi Nitta Yoshisada venire a riscuotere il suo tributo, il corso della mia esistenza prese una strada che mi portò fin qui davanti voi.
    Quel giorno il nostro signore era appena giunto e stavamo radunando gli abitanti del nostro settore, quando sentimmo per poi scorgere dei cavalieri al placido trotto.
    Erano una quindicina, niente di più di un piccolo di drappello; ma sfoggiavano con indolenza le insegne viola e rosse del clan Kazuma.
    Il clan Kazuma occupava le terre più centrali dell’isola; pur non essendo una famiglia annoverata tra le più potenti dell’Impero, di sicuro il vessillo rosso era brandito dal vento su molti castelli ed il daimyo del loro feudo disponeva d’innumerevoli contatti tra la famiglia imperiale ed i membri del bakufu.
    I samurai dalla casacca rossa e la corazza i viola smaltata componevano la metà della terza armata, addetta alla difesa dell’entroterra alle spalle della dimora dello Shogun.
    Nakamo Kazuma, daimyo di questo clan era un uomo anziano ed al capo di un clan tra i più antichi della nostra terra, sopravvissuto ad intrighi e guerre come pochi nel consiglio del consiglio del bakufu
    Aveva stretti legami anche con il nostro feudatario, avevano combattuto assieme nell’ultima guerra ed era stato grazie a Kazuma che il nostro signore era riuscito a schierarsi dalla parte del vincitore passando dalle file nemiche.
    Yoshisada aveva salvato la testa e l’onore e da semplice samurai al comando di una guarnigione ottenere una sua modesta signoria feudale ed un proprio esercito privato.
    Ma nonostante queste ebbe ancora bisogno dell’aiuto di Kazuma per poter essere accettato con fiducia nel nuovo ambiente; perché tutti sapevamo qual’era la motivazione che si celava dietro al suo cambio di status.
    Io ho sempre reputato Nitta Yoshisada un samurai dall’onore intatto ed un ottimo amministratore trovatosi in una posizione difficile, non ho potuto far a meno di pensarlo ; il mio unico pensiero è di servire il mio signore e lo è anche in questo momento prima che il Grande Vuoto mi accolga.
    Questo fu il mio pensiero anche nel momento in cui venni scelto per il viaggio.
    L’imperatore, ci disse l’inviato di Kazuma, conservava un tachi nel suo palazzo, il tachi di Yukio; una vecchia spada risalente al periodo dell’insaturazione della sua dinastia.
    Quest’arma era di un tipologia non più utilizzata, ma era un’arma superba e notevolmente incantata.
    Purtroppo non ne conosco i particolari, mi basta sapere solamente che un furto al nostro imperatore deve essere punito.
    Lo shogun giunse alla conclusione, dopo le indagini, che il responsabile del furto erano gli Amida; ma che la commissione di un furto poteva essere collegata all’interessamento di un mercante dell’Impero celeste per la spada.
    Un mercante dell’Impero Celeste che aveva rapporti commerciali con l’occidente a noi sconosciuto e solo un ronin aveva avuto precedenti contatti con lui.
    Lo shogun, ci disse sempre l’inviato sotto lo stendardo rosso, aveva incaricato il clan Nakamo Kazuma di occuparsi della questione al più presto.
    Lo stesso Kazuma, però, si trovava in difficoltà a causa di altri compiti che gli erano stati assegnati dalla responsabilità che comportava fare parte dal bakufu.
    Necessitava però d’integrare i suoi uomini con samurai provenienti dia clan minori su cui aveva influenza, come il clan Yoshisada.
    L’emissario chiedeva al nostro signore di scegliere al più presto due samurai da aggregare alla spedizione già riunita dal suo signore.
    La scelta cadde su di me e sul mio mentore.
    Ci imbarcammo allora in viaggio per il mare di giada e per quanto fossero tesi i rapporti tra Shoulung e la nostra terra, non trovammo difficoltà nella traversata e nello sbraco.
    Eravamo in troppo pochi per essere vistosi, ma ad ogni passo che ci allontanava dal Mare di Giada rendeva insolito il nostro aspetto agli occhi dei contadini nelle risaie che attraversavamo.
    Il Ronin, invece si trovava a più a suo agio; era un reietto e man mano che si allontanava dall’Impero la vergogna per il suo onore a brandelli su faceva sempre più sopportabile.
    “Il tachi di Yukio era stato venduto ad un mercante che percorre la Via d’Oro fino alla terra degli spiriti, dovremmo intercettarlo prima che parta e prima che inizi la bella stagione..”
    Ci diceva così con occhi freddi mentre avanzavamo nel freddo di quel folle inverno in cui attraversavamo metà del continente conosciuto.
    Il vecchio Ishido Yaru, che aveva più volte viaggiato ed mercanteggiato con mercanti del lontano ovest cominciò ad insegnarci quel poco che conosceva della lingua di quella gente che lui chiamava “comune”.
    Io continuavo ad apprende il bushido, nonostante il viaggio faticoso ed estenuante; ma fu quando ci avvicinammo alle Terre dell’Orda che venni messo di fronte alla mia battaglia.
    Incursori, una decina di barbari impossibile da identificare, perché sempre ammantati dalla notte; impossibili da identificare come uomini come noi, ci attaccavano strepitando ed urlando come i kami del vento.
    La paura non è una caratteristica di un samurai, ma non potevamo pensare altro che venivamo colpiti da mostri che ci attaccavano nel cuore nella notte in superiorità numerica.
    Dormivamo molto poco.
    Tutte le notti le lame delle nostre spade risplendevano delle fiamme dei fuochi, da noi accesi, tagliando l’oscurità della notte come sottili squarci di luce e rompendo il silenzio con le ultima urla dei nemici.
    Dopo sei giorni di viaggio diurno e di lotta notturna in quella terra ostile e fredda eravamo stravolti anche se andavamo avanti e le nostre armi e corazze erano sempre lucide e pronte alla’azione, Ishido Yaru faceva dl suo meglio.
    La settima notte fu un inferno, due dei nostri compagni persero la vita nello scontro, la vita non l’onore combatterono fino all’ultimo e si meritarono il dovuto trattamento di un samurai morto con la spada in pugno.
    In seguito, la mattina dopo, mi resi conto che di essere rimasto solo io dei tre samurai più giovani ed inesperti che erano partiti più di un mese prima e che Fumakoshi era stato ferito ad una gamba.
    Le marce erano forzate e ben presto il ronin ci riferì che eravamo quasi giunti all’imboccatura della Via d’Oro che c’interessava, dovevamo solo resistere quella notte e poi saremo arrivati ad una accampamento di mercanti; li ci saremo potuti riposare ed attendere di risolvere le pendenze con il mercante.
    Quando scese il bui noi eravamo pronti, io stavo vicino al mio compagno e mentore la cui ferità non adeguatamente curata lo portava a muoversi goffamente ed a zoppicare; ma il viso era calmo e severo come la solito.
    Il dolore non trapelava dal suo viso e gli occhi erano due gocce di onice immobile su cui si riflettevano le luce del turbolento mondo esterno.
    Anche Ishido Yaru quella sera decise ed’impugnare una lancia e di porsi al nostro fianco.
    Gli incursori non si fecero attendere oltre, quella volta erano di più e c’era qualcosa di strano; niente più grida animalesche e lame enorme ed arrugginite che calavano dall’alto verso di noi.
    Le voci che sentivano erano più basse, più controllate e più umane..e chi ci attaccava parlava in una lingua diversa.
    Fu lo scontro più caotico di quelle infinite notti; vi risparmierò i particolari, ma vi basta sapere che presto fui soverchiato da cinque uomini e senza quasi accorge mene sentì una profonda e lacerante fitta al fianco.
    Ben presto mi ritrovai tenuto a terra a forza ed alzando la tetsa di quel poco che mi permettevano potei vedere che il vecchio Ishido Yaru strepitava e si contorceva mentre lo tenevano fermo ed un altro dei miei compagni, del clan Date mi pare, era nelle mie stesse condizioni.
    Provai rabbia e umiliazione, ma c’era poco che potessi fare; girandomi volevo guardare negli occhi i miei aggressori e questa fu l’unica cosa che il mio karma mi concesse, avevano acceso delle fiaccole segno che ormai anche per loro l’incursione era giunta al termine.
    Potei quindi vedere i loro volti, erano visi strani ed esotici.
    Quella notte imparai a conoscere la gente dalla pelle olivastra che venivano dal deserto che chiamate Calim.
    Poi notai una cosa che con mi disgusta ancora, il ronin quella lame senza onore e venduta al primo offerente...aveva colpito Yuri Fumakoshi e lo teneva fermo parlando allegramente e con sollievo con chi stava legando l’inerme Yaru.
    I miei ricordi di come andarono le cose dopo aver visto il ghigno disegnato su quell’individuo degno solo di bollire assieme alla salsa di soia.
    Forse era il sangue che sgorgava caldo dalla mia ferita al fianco, forse stavo cercando solamente di reprimere la rabbia e di analizzarne il senso…o forse era la consapevolezza che a breve il Grande Vuoto mi avrebbe accolto senza onore; ma da qui in poi i miei ricordi sul resto della notte sono frammentari e confusi..e molte volte li ho integrati con le spiegazioni datemi dai miei carcerieri.
    Quelli stessa notte svenni più volte, non ricordo se per una botta in testa ricevuta o per altre motivazioni che non riesco a rammentare.
    Ripresi le mie capacità percettive non so dopo quanti giorni di delirio e di sogni di demoni e kami maligni, mi risvegliai e capì subito qual’era il motivo della nausea che mi coglieva….compresi subito di essere sdraiato su duro ma umido legno di una nave che dondolava placidamente non so su quale mare.
    Non ero legato e mi accorsi che non ero più delibitato di quanto mi assetassi,anzi la ferita sul fianco destro era scomparsa ed al suo posto avevo la mia prima cicatrice biancastra e sottile.
    Il mio bagaglio per intero, che nello sconto avevo avuto vicino, era li a pochi passi da me.
    Pensai che forse non ero prigioniero e quando vidi il mio daisho a portata di mano, la speranza si riaccese.
    Speranza che morì non appena vidi che ero confinato comunque in una cella adeguatamente sigillata anche, come scoprì a mie spese in seguito, con la magia.
    Inizialmente meditavo di giungere alla conclusione di un’onorevole vita di samurai, di fare seppukko; ne avevo tutti gli strumenti ed era la fine che più desideravo.
    Scoprì così di essere controllato io ogni attimo della mia esistenza, vi era una guardia che mi controllava al di là delle sbarre sulla porta.
    Era una brava persona, ma inflessibile nel suo compito….e per questo comincia ad apprezzare la sua presenza nonostante la mia ignobile condizione.
    Il tempo per parlare era tanto ma purtroppo io non conoscevo ancora sufficientemente il “comune” per poter essere di ottima compagnia, pertanto pensò bene d’istruirmi in quella lingua; scoprì stranamente di avere una certa capacità nell’apprendere le lingue straniere.
    Da Kalim, la mia sentinella, arrivai anche ad apprendere che i miei compagni di viaggio erano vivi ed erano stati curati.
    Stavano viaggiando con me per raggiungere la sua terra chiamata Calim come me, ma per precauzione erano stati chiusi in altre celle sorvegliate nella stessa nave dov’ero prigioniero io ed in un’altra della flotta.
    Solo Ishido Yaru era rimasto in un’altra terra chiamata Rashmen , dato che colui che ci aveva catturato possedeva già un armaiolo.
    Venni a sapere , con infinita rabbia e disprezzo, che erano state trafugate anche le armi ai due samurai uccisi!
    A quanto ho capito l’acciaio dell’impero e le corazze dei nostri armaioli sono molto ricercate qui nell’Ovest, come lo sono i samurai…mi era stato detto che la mia volontà sarebbe stata piegata e d io caddi nllo sconforto prevedendo le umiliazioni che mi avrebbero imposto.
    Nonostante io abbia probabilmente provocato direttamente o indirettamente la sua morte, non riesco neanche ora provare tutt’ora odio per Kalim,; però dovevo ripulire il mio onore e quello del mio signore.
    Dovevo riportare la testa di chi stava dietro a tutto questo e cercare i miei compagni di viaggio per recuperare il tachi da portare all’imperatore.
    Dal secondo giorno di viaggio ricominciai a riprendere le mie attività quotidiane per apprendere la via della spada e la vita da samurai.
    Kalim me lo permetteva, mi diceva che era meglio portare un guerriero nel pieno delle sue forze al suo signore; che appresi ben presto era sia un disgustoso stregone che un pirata della città di Calimport.
    Il viaggio durò quasi una fase lunare, mi sorpresi e mi venne detto che eravamo effettivamente dal giorno del mio risveglio nei mari occidentali.
    Chiesi perché e mi risposero semplicemente che il loro signore era stregone da non sottovalutare…
    Come stavo dicendo prima che la mia mente vagasse negli ultimi ricordi, il viaggio non durò neanche una fase lunare; subimmo un arrembaggio ed un naufragio.
    C’è poco da dire, io ero nella mia cella quando udì un po’ di fermento che Kalim mi spiegò era da attribuire al fatto che i marinai sul ponte potevano finalmente scorgere le vicini luci del porto di Calimport.
    Ci stavamo avvicinando al porto, quando improvvisamente sentì che il rollio dell’imbarcazione si faceva più stabile fino a diventare il familiare dondolare di una nave ferma.
    Kalim era andato di corsa sul ponte a vedere cosa stava succedendo, quando tornò mi riferì che un rivale del suo signore aveva bloccato il porto.
    La mancanza dello stesso mago in questione e di parte dei suoi uomini ci rendeva deboli, avremo navigato per una decina di giornate in più per poter sbarcare in un’altra città chiamata Baaldur’s Gate ; quel giorno capì che la terra dove ero stato trascinato assomigliava molto alla turbolenta nazione del Wa.
    Il viaggio riprese, ma notai crescere per la prima volta la tensione nell’atmosfera di bordo..o almeno da quel poco che riuscì a carpire nella mia situazione.
    Kalim mi spiegò che i viveri non erano più abbondanti come all’inizio del viaggio e che bisognava provvedere alla manutenzione dello scafo dopo il lungo viaggio per acque profonde.
    Riuscì a far confessare a Kalim che c’era dell’altro; alcune imbarcazioni ci stavano inseguendo lontane.
    Procedemmo veloci e silenziosi, Kalim girava sempre armato come nei primi giorni della mia prigionia, gli occidentali si preoccupano troppo..dovrebbero accettare il loro karma senza troppa preoccupazioni.
    Esattamente nove tramonti dopo il nostro arrivo a Calimport arrivammo a vedere le luci del porto della città di Baldur’s Gate.
    Dalla mia piccola finestra non potei vedere bene cosa stava accadendo, vidi solamente altre luci e sagome di altre imbarcazioni che uscivano dal porto per speronarci.
    Dal ponte giungevano urla ed poco dopo anche rumori inconfondibili di una battaglia, ci stavano arrembando.
    Kalim, che si era assentato per ricevere ordini in riguardo, mi disse di mettere tutte le mie cose e di metterle nelle sacche di cuoio che mi stava passando.
    In seguito scoprì che in quelle sacche vi erano già gallette in quantità da garantire per un paio di giorni la sussistenza di due o tre persone, volevano quindi farmi abbandonare la nave.
    M’intimo di mettere dentro anche le armi e di non fare mosse avventate, mi fece cenno d’infilare le mani nelle manette.
    Il mio carceriere era sicuro che non avrei mai cercato di scappare, che l’amicizia che avevo per lui mi avrebbe intimorito il mio senso del dovere.
    Purtroppo non fu così, non lo volevo uccidere e spero che adesso si sia ripreso; però l’ho dovuto colpire.
    È stato un attimo; mi bastato avvicinarmi a lui mentre facevo per riporre nella sacca il mio wakizashi, ne trassi la lama fuori e colpì ad una gamba Kalim li dove la gamba lasciata nuda dai calzoni corti da marinaio mostrava il muscolo.
    Il pirata perse l’equilibrio e la gamba gli vene meno, io lo travolsi prendendo dal pavimento le chiavi che aveva lasciato cadere in seguito al mio colpo.
    Riuscì , quindi, a salire sul ponte ed ero pronto a perdere la vita da uomo libero e da samurai; ma con sorpresa nessuno si occupò di me sul ponte in mezzo alla feroce battaglia.
    Infatti le navi che ci avevano seguito a debita distanza da Calimport, ci avevano raggiunto celermente in seguito all’arrembaggio davanti a Baldur’s Gate e avevano colpito da tergo la flottiglia dei miei carcerieri.
    Il caos sul ponte era quello di una vera e propria battaglia campale nonostante le piccole dimensioni delle imbarcazioni coinvolte, decisi di approfittarne e di trovare un modo di fuggire.
    Non riuscivo a distinguere le altre navi della nostra flottiglia, da quella nemica e quindi mi fu impossibile solo pensare di andare a cercare i miei compatrioti, avevo speranza che anche loro avessero approfittato della situazione.
    Mi salvai grazie ad una’asse di legno, che poi scoprì essere una delle vostre porte occidentali, sopra di essa riuscì a raggiungere la riva.
    Volevo solo ripulire il mio onore e quello del mio signore, ma ero in una terra sconosciuta, presi la decisone di prendere tempo per da poter riflettere; a sud vi era Calimport ed i miei carcerieri.
    E davanti ai miei occhi vi erano le mura di Baldur’s Gate


    Insegne da battaglia del clan di Sato:
    [IMG]image

    image[/IMG]

    Edited by Ardik - 13/12/2008, 00:49
     
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