MISURE DI ENERGIA Uscita/ingresso CELLA

quali cose è importante conoscere

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  1. Ennio Vocirzio
     
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    Un saluto a tutti

    Un paio di amici del forum mi hanno scritto in privato è mi hanno chiesto delucidazioni sulla misura di energia in uscita da parte della cella elettrolitica di cui tanto parliamo in questi tread.
    L’argomento è stato già affrontato in passato, ma, rileggendo le varie discussioni, mi accorgo che per il ricercatore che volesse acquisirne la padronanza potrebbe servire molto lavoro di sintesi. Inoltre, le informazioni fornite sono per di più incomplete. Quindi ho pensato di scrivere qualcosa. Premetto che occorrerà distribuire l’intero argomento in un numero maggiore di post a tal proposito ho pensato di dividere l’argomento in lezioni:

    Cominciamo a stabilire che per misurare l’energia di uscita di una cella elettrolitica si devono tenere conto tre fattori: l’apporto di energia termica al sistema, il lavoro di espansione dei gas prodotti e l’eventuali reazioni di dissoluzione o di fusione/vaporizzazione degli elettrodi.

    Esamineremo tutti e tre i problemi nei prossimi giorni.

    Cominciamo con la prima:

    Il primo contributore (energia termica), sembra paradossale ma è difficilmente misurabile per una cella aperta come quella normalmente adoperata dai ricercatori di questo forum. Tuttavia, questo contributore è il più importante in termini di dimensioni e quindi se anche fosse effetto da errori (che potrebbero comunque essere determinati), occorre misurarlo alla meno peggio e tenerlo in considerazione come dato fondamentale.

    Stiamo parlando cioè dell’energia elettrica che normalmente applichiamo all’ingresso della cella e che si trasforma in gran parte in apporto termico (calorico) che a sua volta è in grado di innalzare la temperatura della cella ed è inoltre in grado di far evaporare discrete quantità di acqua.

    Questa quantità di energia calorica si presenta per questo motivo. La corrente elettrica che passa nella cella provvede a dissociare l’acqua in idrogeno e in ossigeno ma, durante gli esperimenti, noi forniamo un potenziale più elevato di quello normalmente necessari per la dissociazione elettrolitica dell’acqua (ricordiamo che la termodinamica prevede un potenziale minimo teorico di 1,23 V). Poiché quindi, noi forniamo un potenziale elettrico molto grande alla cella (300 V non sono bruscolini), la soluzione subisce un riscaldamento per effetto joule.

    Per calcolare questa quantità di calore è sufficiente applicare la formula seguente:

    Q=m Cp (T2-T1) + Dm 539,4

    Dove, “m” è la quantità di acqua (soluzione) in grammi che mettiamo nella cella , “Cp” è il calore specifico che, come vedremo, è approssimabile a 1, “T2” è la temperatura finale della soluzione (normalmente 100°C), “T1” è la temperatura dell’acqua all’inizio della prova, “Dm” è la quantità di acqua evaporata (calcolata come differenza di peso), infine 539,4 cal/g è una costante chiamata “calore latente di evaporazione dell’acqua”. Questa costante è valida solo se la temperatura dell’acqua è 100°C e la pressione atmosferica è normale pari a 1 Atm. Non vi impressionate, Thot in un post precedente ha rappresentato questa costante con un valore diverso ma, in effetti, se osservate bene è lo stesso numero. Il valore dato è solo scritto con unità metrologiche diverse.

    Ovviamente questo calcolo sarebbe preciso solo per un contenitore adiabatico, e come sappiamo questo non è il nostro caso. Infatti, la formula non tiene conto delle perdite termiche che normalmente sono presenti fra la cella e l’ambiente circostante.

    Tuttavia, lo sperimentatore potrà verificare facilmente che già applicando questa formula il valore di energia ottenuto in uscita è molto più elevato rispetto al valore di energia elettrica applicata alla cella.

    In sostanza questo punto è il fattore cruciale da cui dipendono tutte le discussioni di queste sezioni del forum che parlano della cella iorio-cirillo-mizuno ecc, meglio conosciuta GDPE (grazie Thot wink.gif wink.gif )

    Risulta evidente che per evitare errori deve necessariamente essere misurata con estrema accuratezza la quantità di acqua e la temperatura.

    E’ ovvio che se conoscessimo le perdite del nostro sistema (in una prossima lezione vi insegnerò a misurarle), potremo certamente sommare il valore a quello calcolato con la formula sopra riportata per conoscere l’esatto valore dell’apporto energetico di tipo termico che il nostro plasma immette nella cella.

    Voglio pero ricordare una cosa importante. Un errore notevole verrebbe commesso se non si tenesse conto del fatto che quando la cella funziona parte dell’acqua viene espulsa per spruzzi. E’ importante che la cella sia provvista di paraspruzzi (vedi l’idea usata dai Casertani) oppure, come faccio io, che la cella sia essa stessa sufficientemente alta in modo che gli spruzzi possono ricadere all’interno della soluzione.

    Tenete presente, che per spostare 10 g di acqua a 10 centimetri di altezza (una specie di spruzzo ), fornendo unicamente energia meccanica, occorre spendere (m x g x h ) 2,34 10-4 calorie. Viceversa per portare in ebollizione gli stessi 10 g di acqua e quindi farli evaporare, occorre spendere (10g x 539,4) cioè 5394 calorie. Come vedete l’errore sarebbe troppo elevato se non teniamo conto degli spruzzi.

    Speriamo che vi sia stato utile, soprattutto in considerazione del fatto che solo se confrontiamo esattamente i valori che ognuno di noi potrà determinare nel proprio laboratorio, cresceremo tutti quanti…pensateci.

    Un abbraccio armonioso a tutti voi

    La prossima volta esamineremo i punti rimasti in sospeso.

    Edited by Ennio Vocirzio - 13/11/2005, 20:08
     
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  2. brunovr
     
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    GRANDE ENNIO !!!!!!

    ASPETTO CON ANSIA I PROSSIMI POST...!

    CIAO A TUTTI
     
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    'Sera,Ennio.Volevo chiederti gentilmente se puoi fornire ragguagli circa la formula da te fornitaci. Mi riferisco al valore T2,specificato come 100 gradi. Non mi è chiaro se T2 rappresenti la temperatura d'acqua nella cella,oppure la temperatura d'acqua volatilizzata. Se fosse riferito a quest'ultima,tutto ok. Se fosse riferito all'acqua del contenitore,allora non mi risulta che un litro di soluzione salina possa avere 100 gradi,e stare tranquilla e beata in un contenitore aperto.....non so se son stato chiaro con la domanda,eventualmente riformulo meglio al prossimo post,a volte scrivo da cani e me ne scuso col Forum.
     
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  4. Ennio Vocirzio
     
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    Un saluto a tutti gli amici,

    Continuiamo la discussione precedente:

    Prima di procedere oltre il nostro ragionamento e quindi cercare di comprendere gli altri punti che abbiamo nominato e che ci servono per determinare ( o meglio stimare) l’energia in uscita di una cella GDPE, cerchiamo di capire come possiamo determinare le perdite termiche di una cella. Questa discussione potrebbe quindi essere concepita alla stregua di un appendice a quella precedente.

    La cella infatti, perde calore in vari modi, per conduzione delle superfici laterali ma maggiormente per sollevamento di grandi quantita’ di vapore.

    Per determinare queste perdite dobbiamo reperire una resistenza elettrica opportunamente predisposta per essere immersa nella soluzione elettrolitica della cella. Questa resistenza verrà quindi posta proprio all’interno della cella avendo cura (cosa importante) di tenerla completamente immersa. Diventa necessario durante la prova, smontare gli elettrodi catodo/anodo che comunque non devono assolutamente funzionare.

    La scelta del valore della potenza di questa resistenza deve essere determinata in questo modo: se abitualmente, cioè durante il funzionamento con il plasma, nella cella mediamente, risultano applicati, diciamo 300 W, allora la resistenza deve avere proprio quel valore di potenza nominale.

    Un altro fattore importante, per non commettere errori e che il volume occupato dalla resistenza dovrebbe equivalere in modo approssimato a quello del gruppo elettronico catodo/anodo che abbiamo smontato. Quest’ultimo punto, come è facile capire, per un fisico, è un’approssimazione che comunque serve ad evitare il laborioso calcolo dei coefficienti di dissipazione, trasmissione del calore degli involucri e roba varia. E ovviamente permette di rendere simmetrico il fattore volume soluzione spostata.

    A questo punto, se lo sperimentatore è abituato a preriscaldare la soluzione (vedi Naudin) farà precisamente allo stesso modo. L’unica differenza è che in questo caso, utilizzando ovviamente lo stesso tempo di attivazione, procederà a riscaldare la cella con questa resistenza di riscaldamento al posto degli elettrodi consueti.

    E’ opportuno non fare prove di breve durata per evitare di incorrere negli errori di isteresi termica della resistenza di potenza. In ogni caso, anche questi tempi dovrebbero essere quanto più prossimi a quelli normalmente utilizzati quando nella cella si applica il plasma.

    Alla fine di questo tempo si applica la stessa formula che abbiamo riportato nel post precedente e lo sperimentatore si accorgerà che il valore calcolato da questa formula, nel caso di uso della resistenza di riscaldamento è sensibilmente più basso di quello ottenuto nel caso normale (GDPE).

    La differenza di energia, rappresenta quindi le perdite della cella che ovviamente si intendono riferite ad una cella di quel tipo e con un preciso valore della temperatura ambiente.

    La temperatura ambiente infatti, gioca un ruolo fondamentale per le perdite della cella. Se la temperatura dell’ambiente circostante e’ bassa le perdite sono molto piu’ elevate.

    Con questo medito di calcolo le perdite sono determinate in modo abbastanza approssimativo, tuttavia il valore di queste ultime e’ molto vicino alle reali perdite determinate dalla cella.


    Rispondiamo adesso a OggettoVolanteIdentificato:

    Caro amico mi riferisco alla temperatura raggiunta dall'acqua alla fine del ciclo di plasma. E questa temperatura e' proprio 100 gradi, anzi esattamente e' 100,3 se la soluzione ha una concentrazione pari a 0.5 M (vedi innalzamento embulioscopico dell'acqua). Se hai bisogno di altre informazione chiedi pure, sarei ben lieto di esserti utile.

    un abbraccio meraviglioso a tutti.

    P.S. al prossimo post parleremo un po dell'energia persa per lavoro di espansione dei gas.

    Edited by Ennio Vocirzio - 14/11/2005, 10:19
     
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  5. Ennio Vocirzio
     
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    Miei cari amici, la domanda fattami da OggettoVolanteIdentificato mi ha fatto riflettere. A questo punto, ritengo utile mostrarvi le due immagini successive che illustrano molto bene i cambiamenti di stato dell'acqua e permettono di comprendere meglio le nozioni che abbiamo fino ad ora studiato.
    Ogni sperimentatore che si rispetti e che studia i fenomeni GDPE dovrebbe conoscere bene le proprieta' delle soluzioni. L'argomento e' molto affascinante ma, ovviamente molto complesso. Tuttavia quello che stiamo spiegando in questi pochi post e quello che spegheremo nei post successivi, sara' certamente esaustivo per intraprendere meglio il nostro lavoro. Tutto questo ovviamente anche grazie al vostro aiuto.

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    Un abbraccio a punto triplo

    Edited by Ennio Vocirzio - 14/11/2005, 16:53
     
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  6. Ennio Vocirzio
     
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    Cari amici, continuiamo la nostra breve parentesi sulla misura dell’energia di uscita misurabile in una cella GDPE, ed occupiamoci quindi ora dell’apporto energetico per espansione dei gas.

    Quando una cella elettrolitica sottoposta ad elettrolisi produce dei gas, occorre spendere una certa quantità di energia affinché questi gas possano riuscire ad abbandonare la soluzione e venire quindi immessi nell’ambiente circostante.

    Abbiamo detto che la nostra cella elettrolitica produce idrogeno ed ossigeno, sarebbe quindi semplice calcolare questa energia, basterebbe determinare la quantità di ossigeno ed idrogeno prodotte durante un esperimento.

    Se conoscessimo il volume dei gas prodotti potremo applicare una semplice formula:

    user posted image


    Questa formula permette di determinare il valore di questa energia conoscendo la pressione e il volume dei gas prodotti. Se la pressione è 1 atm e il volume dei gas viene espresso in litri l’energia è determinabile facilmente grazie alla relazione:

    1 atm x l = 101,33 Joule

    Premetto che questo calcolo non è praticamente possibile poiché non conosciamo il volume dei gas prodotti durante un elettrolisi.

    La difficoltà dipende dal fatto che la cella non lavora a regime di Farad.

    Se svolgessimo una elettrolisi normale, potremo determinare l’entità dei gas emessi analiticamente tramite l’uso della legge di Farad.

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    Dove “I” è la corrente in ampere e “t” il tempo in secondi, il numero 96500 e’ come molti di voi hanno riconosciuto, la famosa costante di Farad. Questa formula può essere applicata solo se la cella lavora lontano dai regimi GDPE a cui invece normalmente facciamo lavorare i nostri dispositivi.

    Ma, purtroppo la cella, lavorando a regime di plasma, produce gas con flussi che non ubbidiscono alla formula sopra indicata.

    Per risolvere il problema dovremo misurare i gas prodotti strumentalmente ma, essendo una miscela di ossigeno, idrogeno e vapore acqueo questo diventa un problema molto complesso.

    Comunque, da un punto di vista molto generale, tenendo presente che durante il funzionamento della cella, come molti ricercatori si sono accorti, la quantità di gas prodotti dall’elettrolisi diminuisce drasticamente appena il catodo innesca, si può stimare questo apporto di energia ad un valore approssimato di alcune centinaia di calorie.

    Probabilmente da un minimo di 200 calorie ad un massimo di 600 o 800 calorie massime.

    Risulta evidente che in un certo numero di casi l’apporto può essere anche eventualmente trascurato.

    Comunque, abbiamo fatto un discreto passo avanti e ora sappiamo molto bene che per calcolare l’energia in uscita di una cella GDPE non è sufficiente applicare la sola formula che abbiamo illustrato in un post precedente, ma, è necessario per esattezza scientifica aggiungere il termine appena studiato.

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    Ovviamente non abbiamo ancora finito, al prossimo post abbiamo un argomento molto delicato da affrontare che pochissime persone in questo forum mi sono accorto conoscono. Sto parlando dell’energia spesa per fondere o vaporizzare il catodo e del computo dell’energia fornita alla cella per dissoluzione anodica.

    Un abbraccio fortissimo a tutti voi

    Edited by Ennio Vocirzio - 15/11/2005, 00:05
     
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    In queste due righe parlo per me,ma è probabile che in tanti si stiano ponendo la stessa domanda.Anodo e catodo sono immersi fino ad un punto.Dalla superficie del pirex si libera vapore sui 100 gradi.Ma,essendo la cella un sistema aperto,non mi risulta chiaro come si possa attribuire un valore di 100 gradi all'intera soluzione salina: l'acqua bollente è in superficie e vicino al catodo,ma in basso è probabile che sia a temperature,ad esempio, di 70gradi(scaldabagno docet).Le formule sopracitate tengono conto di un mescolatore/agitatore immerso,dunque,o sono utilizzabili comunque, restando in un basso margine di errore?
     
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  8. Quantum Leap
     
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    Caro OVI, scusami se intervengo, ma stai facendo un errore grossolano. L'acqua bolle a 100° C. I moti convettivi favoriscono la trasmissione di calore a tutta la massa liquida che, NON bolle se NON raggiunge i 100° C. Zone leggermente più fredde, a limite possono trovarsi a 99,9°C (nel caso della nostra cella da 200 cc è dificile) ma comunque, sia chiaro: se la massa non si riscalda fino alla temperatura di 100° C allora non bolle. Ciò significa che se una massa liquida bolle, ha raggiunto sicuramente i 100°C

    Ciao
     
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    Ciao,Quantum.Ma l'ebollizione si verifica vicino alla superficie,o la si riscontra anche sul fondo?Sai perchè te lo chiedo?..perchè mi immaginavo un recipiente di una certa altezza ,col catodo immerso,che so,un centimetro solamente.In questo caso, in prossimità del catodo puo' bollire,e sul fondo invece no,mantiene la sua densità e una temperatura inferiore.Quindi mi confermi che sul fondo della cella si sviluppano le classiche bolle di ossigeno (che era disciolto in acqua) ? ......le bolle di ossigeno mi confermerebbero i 100 gradi del fondo....
     
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  10. Quantum Leap
     
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    Ciao OVI,
    l'acqua, prima di bollire, disperde il calore a tutta la sua massa. Ciò significa che il fenomeno dell'ebollizione è l'ultimo fenomeno a cui l'acqua "ricorre" per liberarsi dell'energia termica in eccesso. Se si utilizzano contenitori di geometrie molto particolari (che non favoriscono i moti convettivi di trasmissione del calore) e se la fonte di calore è messa in una particolare posizione prossima alla superficie dell'acqua, allora potrebbe instaurarsi un certo gradiente termico in cui l'acqua bolle anche se in alcune zone non si raggiungono i 100°C. Ma comunque, questo dell'esempio appena fatto, è un caso molto particolare. In genere, quando l'acqua è sottoposta ad una fonte di calore di una certa potenza avviene questo:
    le molecole d'acqua si riscaldano trasmettendo alle altre molecole il calore accumulato ricorrendo, prevalentemente, a moti convettivi. I moti convettivi sono favoriti dalla differenza di densità fra acqua calda (più "leggera") e acqua fredda (più "pesante). Con questo meccanismo l'acqua aumenta di temperatura fino ad arrivare a 100°C. A quel punto si nota un nuovo fenomeno. Nonostante si fornisce calore all'acqua, la temperatura NON aumenta. Comincia il passaggio di stato (transizione di fase) da liquido a gas, la cosiddetta ebollizione.

    CITAZIONE
    Quindi mi confermi che sul fondo della cella si sviluppano le classiche bolle di ossigeno (che era disciolto in acqua) ?

    Il fenomeno a cui si riferisce la domanda è ancora un altro fenomeno, diverso dall'ebollizione, che comunque mostra i suoi effetti tramite variazioni di temperatura. Tale fenomeno è la "solubilità" dei gas nei liquidi. Mi spiego. In natura, i gas tendono a sciogliersi nei liquidi. Nell'acqua vi si trovano dissolti gas atmosferici, per esempio. Tale solubilità però dipende strettamente dalla temperatura. Per l'acqua la solubilità dei gas diminuisce aumentando la temperatura e abbassando la pressione. Ciò significa che l'acqua si "libera" dei gas disciolti, rilasciandoli all'esterno, in concomitanza con l'aumento di temperatura in quanto la solubilità diminuisce (e quindi diminuisce la quantità di gas che l'acqua è in grado di sciogliere). Quindi il fenomeno da te citato (acqua che "si libera" dell'ossigeno disciolto) è un fenomeno che si verifica certamente, ma NON va confuso con l'ebollizione in quanto sono due fenomeni completamente diversi.

    Ciao.

    Edited by Quantum Leap - 30/9/2006, 14:46
     
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  11. thot
     
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    'Anvedi questi,....siete forti raga,...molto forti,.... wink.gif wink.gif wink.gif wink.gif wink.gif

    Complimenti a ennio, OVI, quantum un saluto a brunovr, molto bene,...finalmente stiamo lavorando.

    Ok ennio, avevi ragione a seguito dei nostri scorsi diverbi.

    Ho letto i tuoi post con molta attenzione,...estremamente interessanti, piccolo problema però; non credi che la stima dell'espansione dei gas sia eccessiva ???

    Parli di 800 calorie massime, mi sembra un pò troppo,.......ricontrolla i dati ennio morriconi he...he...

    Aho,...senza offesa

    per OVI, amico ennio ti ha postato un immagine che risponde e spiega il tuo ingrippo, il secondo grafico te fa capire meglio. E comunque quello che sta dicendo quantum. Se vedi il grafico, l'acqua deve stare tutta a 100 gradi altrimenti non bolle. Aho,..succede la stessa cosa anche quando se fanno i bucatini, e io purtroppo ne so qualcosa perchè sto sempre a cucinare da solo. sad.gif sad.gif sad.gif


    Comunque siete tutti forti qui, complimenti

    Ciao Raga
     
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  12. Ennio Vocirzio
     
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    Caro Thoth ti ringrazio dei complimenti, come vedi se gli altri mi aiutano, ... ripeto ....se gli altri mi aiutano, possiamo fare cose molto interessanti (gli altri sei pure tu...).
    Comunque hai ragione, ho riguardato i calcoli, effettivamente sono troppi, diciamo che non superano le 400 calorie. Questo sempre in maniera molto approssimata. Comunque il termine e' piccolo, infatti, e' spesso trascurabile.

    Fra qualche giorno, lavoro permettendo, credo riusciro' a postare il resto. Un po di pazienza.

    Grazie Quantum Leap dell'aiuto.

    Un abbraccio a tutti

    Edited by Ennio Vocirzio - 19/11/2005, 12:59
     
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  13. Ennio Vocirzio
     
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    Cari Amici buona sera,


    CITAZIONE
    ricontrolla i dati ennio morriconi he...he.


    Ennio Morriconi biggrin.gif biggrin.gif .... invece apprezzo molto l'umorismo.....

    RIPENSANDOCI.....

    A proposito: secondo Mizuno la cella produce un eccesso di idrogeno, quindi se fosse vero, io non ho fatto prove per riuscire a determinare questo fatto, ritengo che i calcoli della discussione precedente dovrebbero a questo punto essere presi con le pinze e quindi,....potremo riconfermare o addirittura superare le 800 calorie sopra menzionate.

    Ancora un po di pazienza per il proseguio della nostra discussione

    con affetto
     
    .
  14. Ennio Vocirzio
     
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    Parliamo adesso dell’ultimo punto rimasto da svolgere e cioè del computo esatto dell’energia per quanto riguarda le reazioni fisiche e chimiche che si verificano agli elettrodi anodo/catodo.

    Nella cella si verificano i seguenti effetti: il catodo si consuma per fusione/vaporizzazione superficiale, e l’anodo si scioglie nella soluzione elettrolitica a seguito di una reazione con l’ossigeno.

    Pochissime persone di questo forum sanno che mentre occorre spendere energia per ottenere il primo effetto, cioè quella che fa erodere la superficie del catodo, otteniamo invece energia dalla reazione di ossidazione anodica. Avete capito bene,….l’anodo somministra energia all’ambiente di cella.

    Questo fatto è di estrema importanza poiché per talune configurazioni circuitali di celle, parlo di determinati metalli che possono essere sostituiti al tungsteno anodico, l’apporto di questa energia potrebbe essere anche molto elevata da falsare completamente la stima dell’eccesso energetico cioè dell’anomalia calorica spesso riscontrata in tali esperimenti.

    Attenzione, non sto cercando di spiegare l’eccesso di energia di cella in questo modo, poiché questi contributi anodici non riescono comunque a giustificare i suprplus energetici che vengono usualmente riscontrati nelle GDPE e che caratterizzano la peculiarità principale di questo fenomeno che resta per adesso ancora non ben chiarito.

    Cerchiamo allora di vederci chiaro e analizziamo tutto il processo. Cominciamo proprio dall’anodo.

    Gli ioni ossidrili della soluzione acquosa che sono numerosi grazie al pH elevato, accelerati dal campo elettrico si dirigono verso l’anodo generando le seguenti reazioni:

    user posted image


    Queste reazioni sono esoenergetiche cioè forniscono calore all’ambiente esterno. La prima fornisce circa 137000 calorie per ogni mole di ossido che si forma. La seconda circa 200000 calorie.

    Non vi confondete per il segno meno che vedete scritto all’inizio del numero, in termodinamica esiste la convenzione che l’energia deve essere considerata positiva se va dall’ambiente al sistema. In questo caso, il sistema in studio è l’anodo e l’energia, come infatti abbiamo già detto, va in senso opposto.

    Queste reazioni non sono le sole che possono svilupparsi in seno alla cella e quindi il lettore attento potrà ben capire che quello che sto ora dicendo complica ancora di più il quadro del calcolo della reale stima energetica totale. Tuttavia esse sono le più importanti e quindi dobbiamo studiare attentamente queste reazioni.


    Non siamo sicuri di quale delle due reazioni che abbiamo illustrato si svolge all’interno della cella, anzi, e’ possibile che le due reazioni chimiche possono avvenire entrambe con la stessa probabilità. Per fare un semplice esempio dobbiamo quindi considerare un valore medio dell’energia. Quindi fra 137180 e 201180 scegliamo il valore 170000 cal/mol.

    Questa asserzione facilita il nostro calcolo e si avvicina maggiormente a quello che realmente succede nella cella.
    Se quindi alla fine di un processo elettrolitico, perdete, diciamo per esempio, 1 grammo di tungsteno anodico, risulta facile calcolare l’energia che l’anodo (bruciando he..he..) immette nell’ambiente cella.

    Nell’ipotesi che perdiamo un grammo, come abbiamo detto, vengono approssimativamente spesi 1/174 moli di tungsteno cioè 5,7 10^-3 (abbiamo trascurato l’ossigeno). Moltiplicando, abbiamo 5,7 10^-3 X 170000 = 977 calorie – ricordiamo che il peso atomico del tungsteno è 174. -

    Questo ci permette di fare questa semplice ed importante asserzione. Se l’anodo perde materia in ragione di 1 grammo, fornisce alla cella circa 1000 calorie.

    Utilizziamo il simbolo “Ea” per definire questo tipo di apporto di energia positiva di tipo anodico.

    Al catodo invece, cosa succede ?

    Al catodo se vaporizzano circa 1 g di tungsteno si spende una quantità di energia pari al calore di vaporizzazione del tungsteno moltiplicato il numero di moli di tungsteno che sono vaporizzate. Il calore di vaporizzazione del tungsteno è pari a 824 kJ/mol quindi, poiché 1 grammo equivale a 1/174 moli cioè 5,7 10^-3 moli, abbiamo:
    824000J/mol / 4,187 = 196799,6 cal/mol quindi:
    196799,6 X 5,7 10^-3 =1121 calorie.

    Utilizziamo il simbolo “Ec” per definire questo tipo di apporto di energia di tipo catodico.

    Dai calcoli si vede che più o meno questi termini si equivalgono (nel caso del tungsteno è così) e l’approssimazione che facciamo nel ritenere i due termini più o meno equivalenti è certamente plausibile visto che nei casi normali, ho detto normali, la cella consuma sempre più materiale anodico che catodico.

    Ma, comunque per fare cosa gradita agli amanti della precisione e per cercare di raggiungere l’obiettivo che ci eravamo proposti, quindi esaudendo i desideri di alcuni di voi (purtroppo molto pochi) possiamo finalmente scrivere la formula completa che determina l’energia di uscita di una cella GDPE.

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    Notiamo, e non ci sorprendiamo di questo fatto, che il termine “Ea” (apporto di energia anodica) viene sottratto dal termine complessivo. Infatti, in questo caso, come abbiamo già detto, l’anodo immette energia nella cella.

    La seconda formula include anche il termine relativo alle perdite, qualora quest’ultimo fosse conosciuto.

    In effetti, se vogliamo essere precisi, la formula non è ancora completa, manca l’energia elettromagnetica che si produce vistosamente che a sua volta si divide nella porzione luminosa e quella delle basse frequenze, ma si tratta di frazioni esigue che possiamo trascurare.

    Quindi, ogni sperimentatore di questo forum, per misurare il rendimento della cella (volgarmente definito COP) deve effettuare un rapporto aritmetico fra l’espressione che siamo riusciti a determinare, appunto mostrata in alto, e la misura dell’energia elettrica applicata alla cella. Rapporto eseguito ovviamente fra valori omogenei di energia.

    Questo significa fare scienza, oppure fare misurazioni e quindi ricerca. Fino ad ora, purtroppo solo alcuni e cioè Quantum Leap, Area51 e Teslacoil/ DeltaHF, hanno realmente fatto misurazioni.

    Molti altri, si divertono soltanto ad innescare, illuminare le loro celle e per di più senza cercare di capire come migliorare la loro conoscenza. Molti purtroppo non hanno mai approfittato delle reali possibilità offerte da questo forum e cioè quella che attraverso nic-name molto esotici e di fantasia, costoro si sono trovati senza immaginarlo a cospetto con esperti del settore per potersi confrontare e quindi arricchire le loro esperienze. Molti grandi infatti, se ne sono andati, molti li abbiamo perduti per sempre, e altri forse stanno pensando di andarsene.

    Cerchiamo di non perdere questa meravigliosa occasione e soprattutto, cerchiamo di fare veramente qualcosa di sensato e scientificamente corretto.


    Vi voglio bene e vi abbraccio tutti.
    Il mio abbraccio non si limita solo a questi tread ma si estende a tutto il forum community.

    Edited by Ennio Vocirzio - 17/11/2005, 22:56



    Mi fa piacere fare ancora qualche precisazione,...

    Il calcolo effettuato per l’elettrodo catodico mostra senza ombra di dubbio che per vaporizzare 1 grammo di tungsteno sono necessarie circa 1100 calorie. E’ facile, compiendo i calcoli a ritroso, determinare il rapporto “I x t” (corrente tempo) necessario affinché, considerando una tensione di 350 volt applicata alla cella, possa bastare il solo contributo dell’energia elettrica che viene dall’alimentatore. Da questo calcolo otteniamo il valore 13 A x sec. Quindi per vaporizzare 1 grammo di tungsteno catodico (che e’ tanto) occorre fornire a 350 volt una corrente di 13 ampere per 1 secondo oppure, ed e’ la stessa cosa in termini energetici, occorre fornire una corrente di 1 ampere perlomeno per 13 secondi.

    Speriamo di aver fatto cosa gradita a quanti perdono ancora il loro tempo a ritenere eccezionale la fusione/vaporizzazione del tungsteno catodico tralasciando quindi, oppure non vedendo affatto, i veri misteri e le vere meraviglie che questo fenomeno sta nascondendo ai nostri occhi.

    P.S Faccio notare che da un punto di vista scientifico il calcolo esaminato e’ comunque molto approssimato poiche’ la quantita’ di tungsteno perduto si e’ considerata unicamente vaporizzata. In realta’ le condizioni dinamiche del plasma e della corrosione elettrolitica modificano questo calcolo per difetto, quindi il valore energetico e’ sensibilmente piu’ basso.

    P.S. Scusatemi ancora ,….il calore di vaporizzazione del ferro è 349,6 kj/mol quindi , rispetto a quello del tungsteno cioè 824 kJ/mol, ancora più basso, pensate quindi che con il ferro è ancora più semplice vaporizzarlo. Inoltre con il ferro si osserva solo una fusione, quindi addirittura, poiché il calore di fusione del ferro è 13,8 kj/mol tutto è ancora più semplice e perfettamente normale.

    Spero di avervi fatto cosa gradita, in ogni caso spero di avervi fornito gli strumenti di calcolo idoneo per permettervi di misurare e quindi di fare scienza.

    Vi ricordo che Protagora, filosofo graco, postulava: L'uomo è la misura di tutte le cose, e solo tramite la misura che raccogliamo sapere e conoscenza dalle cose.

    Il mio più riverito, cordiale, e affettuoso buonanotte.
     
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  15. thot
     
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    Ciao raga ennio,

    Ti voglio fare i miei complimenti, vedi,...sto ammettendo i miei errori, forse avevi ragione tu,... ma quando durera' ??? wacko.gif

    Comunque siamo propositivi, ottimo lavoro, anche se credo perfettamente trascurabili gli apporti di energia per espansione di gas, non sono completamente d'accordo con te. Tuttavia tutto il lavoro che hai fatto e' mirabile e puo' servire anche me,...lo dico verante, quindi ti ringrazio. wink.gif wink.gif

    Ti chiedo .....hai intenzione di analizzare anche la misura dell'energia di ingresso ?? Qui posso aiutarti anche io se vuoi....

    Ciao ragaennio e saluto tutti gli amici in onda

     
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58 replies since 13/11/2005, 19:56   3546 views
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