La desertificazione in Africa: le attività dell'ESA

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Sè#9
view post Posted on 13/11/2005, 18:24




(ESA=european space agency)

Le riserve di acqua dei laghi africani, con i loro trentamila kilometri cubi, sono tra le più vaste dell’intero pianeta. Ma appena qualche giorno fa, l’agenzia per l’Ambiente delle nazioni unite, ha lanciato un nuovo grido d’allarme: la desertificazione avanza a ritmi spietati. Qual è la situazione vista dallo spazio?

Le immagini satellitari sono molto chiare e non lasciano spazio a interpretazioni che vogliono sfuggire il problema: gran parte delle risorse idriche africane sono minacciate. E tutti gli osservatori sono concordi nel ritenere che tra i principali responsabili dei processi di desertificazione in Africa vada inclusa la pressione antropica: quindi l’aumento delle attività agricole a discapito delle foreste, ma anche gli scarichi industriali selvaggi nei laghi e nei fiumi. Per l’Africa, come per il resto del mondo, è necessario applicare il concetto di sviluppo sostenibile.
D’altra parte affinché lo sviluppo sia sostenibile, è necessario promuovere la collaborazione fra nazioni, promuovere la pace, far cessare le guerre. Il problema della gestione delle risorse naturali è troppo grande perché singole nazioni possano affrontarlo da sole. È impossibile anche all’atto pratico, perché laghi e fiumi africani sono spesso spartiti fra più paesi.

La situazione è obiettivamente grave. L’Egitto, che pure ha un piano per la gestione delle acque da trent’anni, si trova a far fronte a una domanda di acqua rapidamente crescente. L’aumento della popolazione e dello standard di vita, dal 1959 a oggi, ha portato a un dimezzamento dell’acqua disponibile pro-capite e si prevede che scenderà fino a un terzo nei prossimi venti anni.

Oltre a dare l’allarme, le osservazioni satellitari possono anche contribuire a una migliore gestione delle risorse. L’ESA finanzia il progetto TIGER, proprio per questo motivo. Che risultati sta dando?

TIGER nasce dal summit mondiale di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile di tre anni fa. E tre anni non sono molti per concretizzare l’aiuto da parte di dati spaziali: la tecnologia che è necessaria per utilizzarli non è facile da digerire.

Nonostante le difficoltà TIGER ha coinvolto circa 200 organizzazioni africane, tra università, autorità di controllo sulle acque, organizzazioni regionali e centri di ricerca.

Per facilitare l’utilizzo reale delle immagini da satellite, l’ESA organizza corsi di formazione su base regionale sul telerilevamento nei paesi in via di sviluppo. Fino a tre anni fa, erano già stati formati circa 5000 esperti in grado di utilizzare i dati da satellite. Possono sembrare molti, ma il progetto è presente su tutto il continente africano e si riferisce a tutte le fasi del ciclo dell’acqua e non riguarda soltanto i bacini: si va dalla mappatura delle zone umide a quella delle inondazioni, dallo studio delle coste del Madagascar. Occorre ancora molto lavoro.

In concreto, che genere di informazioni si possono avere da satellite?

Per fare un esempio, all’inizio di ottobre si è avuta la prima dimostrazione pubblica di un nuovo sistema per misurare in tempo quasi reale il livello dei fiumi e dei laghi a partire da dati di Envisat, il satellite ambientale dell’ESA.

I radar altimetrico di ENVISAT emette 1800 impulsi radar al secondo e ne misura il tempo di ritorno, dopo la riflessione sulle acque. Il tempo di ritorno dell’eco già da tempo veniva usato per calcolare l’altezza degli oceani e dei ghiacci L’università di Leicester è riuscita ora a estendere il metodo ai laghi e ai fiumi, grazie a un contratto con l’ESA nell’ambito del cosiddetto DUE, ovvero Data User Element, il programma europeo che promuove l’uso sempre più applicativo dei dati ottenuti via satellite.

Un difetto di TIGER, infatti, è che parte dei progetti che vengono svolti al suo interno hanno un taglio scientifico: ora è assolutamente necessario tradurre i dati raccolti in informazioni utilizzabili in pratica dagli operatori sul campo.

TIGER avrà un’implementazione entro la fine dell’anno (TIGER-Innovators) con l’approvazione di altri cinque progetti africani per lo sviluppo di servizi legati all’utilizzo dell’acqua.

Uno strumento tecnico così potente come quello messo a punto dall’università di Leicester potrebbe rivoluzionare la gestione delle acque nel continente africano: nel giro di 6 ore si possono ottenere le informazioni sui livelli dei bacini acquiferi (laghi e fiumi). È chiaro che ci deve essere la volontà e la capacità politica di gestire le risorse. Altrimenti tutto è inutile.

Alcune delle azioni che l’Europa promuove in Africa fanno parte del piano strategico europeo per lo sviluppo sostenibile e per la sicurezza, il GMES. Che cosa prevede per l’Africa?

Nel 1996 è partito il progetto PUMA, che offriva a 53 nazioni africane il servizio meteorologico basandosi sui dati dei satelliti europei Meteosat di seconda generazione.

L’implementazione di PUMA è il progetto AMESD (African Monitoring of the Environment for Sustainable Development), che va oltre la semplice fornitura di un servizio meteo. AMESD intende dare ai paesi africani i mezzi per sviluppare un verio e proprio metodo di controllo del territorio: dalle risorse idriche alla pianificazione dell’agricoltura, dal disboscamento, al monitoraggio delle zone umide per prevedere l’insorgere di epidemie malariche, dalla pianificazione della pesca alla sicurezza del trasporto marino.



 
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