Domani mattina parte l'esperimento tanto atteso

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  1. schmit
     
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    Meno uno all’esperimento del 10 settembre con l’Lhc di Ginevra, la macchina del ‘nuovo’ Big Bang
    [San Marino] CULTURA - Manca solo un giorno all’accensione della macchina del Cern di Ginevra.
    Obiettivo: la collisione di due fasci di particelle subatomiche (nuclei di atomi) entro l’anello di una macchina acceleratrice, l'Lhc (Large hadron collider). Il progetto è stato portato avanti soprattutto negli anni in cui alla guida del Centro Europeo di Ricerche Nucleari era il prof. Luciano Maiani, cittadino della Repubblica di San Marino.
    Il percorso della scienza iniziato con Galileo Galilei per conoscere la natura sta affrontando lo studio della materia. Gli scienziati hanno bisogno di “esaminare in laboratorio le condizioni che hanno dato vita alla materia ai primordi dell'universo, ma per far ciò occorre riprodurre condizioni quanto più simili a quelle che riteniamo fossero presenti nell'universo neonato.” (Massimo Auci, gravitàzero.org).
    Di certo a 90 metri sotto terra, al confine tra Francia e Svizzera, circa 5000 fisici sono in fremente attesa per la partenza della più potente macchina accelaritrice di particelle mai costruita dall'uomo.
    Luciano Maiani, ora Presidente del Cnr, nel suo libro “Idee per diventare fisico”, edito nel gennaio del 2008 da Zanichelli, parla anche dell’ Lhc.

    Fonte: Libertas - San Marino


     
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  2. schmit
     
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    Puntuali, alle 9,30, hanno preso il via le sperimentazioni. Scienziati e fisici da tutto
    il mondo alla ricerca della «particella di Dio». Il timore sono i buchi neri, ma gli esperti assicurano: nessun rischio.


    NEWS
    10/9/2008 - INTERVISTA

    "Ho trovato l'errore
    Così verrà l'Apocalisse"




    Il ricercatore contestato


    GABRIELE BECCARIA

    E’ quasi impossibile per i non scienziati discriminare tra stranezza legittima e pura follia». Parola di Paul Davies, fisico, cosmologo e divulgatore britannico. I suoi colleghi se ne stanno accorgendo sulla propria pelle. Sono bastati alcuni «ribelli» (i folli, appunto) a scatenare la psicosi di massa: il mondo finirà oggi o di lì a poco per colpa dell’LHC? Dopo le accuse dagli Usa di Luis Sancho e Walter Wagner, ora il momento della celebrità è tutto per Otto Rossler, controverso biochimico e professore di Teoria del Caos all’Università di Tubinga, in Germania. Anche lui annuncia l’Apocalisse e anche a lui la Corte europea dei diritti umani ha detto no: il ricorso per stoppare il super-acceleratore è stato respinto.

    Professore, lei ha chiesto al Cern una conferenza sulla sicurezza, ma le sue paure sono state giudicate infondate. E' pentito?
    «Ho un’idea e una preoccupazione, ma evidentemente loro sono più intelligenti di me!».

    Scherzi a parte?
    «E’ una questione di psicologia: se la maggior parte degli scienziati sostiene che non ci sono pericoli, allora tutti seguono l’opinione generale».

    Il Cern, comunque, ha pubblicato un «report»: non le è bastato?
    «Nessuno ha risposto alla mia teoria».

    Lei immagina la Terra trafitta da tremendi fasci di energia e divorata da una serie di mini-buchi neri, cresciuti nel suo grembo a causa dell’LHC: da dove nasce questo scenario?
    «Ho elaborato la prova della non-evaporazione dei buchi neri, smentendo il modello noto come “Hawking evaporation”».

    Così lei sovverte molti principi fisici: c’è qualche collega che le dà ragione?
    «All’inizio pensavo di essere stato il primo a sollevare dubbi sul teorema di smaterializzazione, ma mi sbagliavo. Vladimir Belinski, professore alla Sapienza di Roma, ha pubblicato una ricerca simile due anni fa, un anno prima della mia. E lui ha lavorato a Mosca con il cosmologo Jakob Zeldovich, leader della scuola russa sui buchi neri».

    Non ha preso abbagli?
    «Nessun errore. Tutta la questione nasce da Einstein, che aveva l’abilità di vedere cose mai pensate prima, ma il difetto di non arrivare alle conclusioni estreme. La mia scoperta è legata alla relazione spazio-tempo».

    Provi a spiegare.
    «Quando il tempo è rallentato di un fattore doppio, lo spazio è due volte più grande. Le mie equazioni lo provano, ma nessuno, finora, l’aveva evidenziato. E’ su questa base che dimostro che i black holes alla fine del tunnel spazio-tempo non evaporano».

    Lei si aspetta molti buchi neri, giusto?
    «C’è da aspettarsi un milione di black holes in una decina di giorni».

    Come li produrrebbe l’LHC?
    «Sappiamo che nell’acceleratore si scontrano fasci di protoni a energie altissime e che all’interno ci sono particelle più piccole, i quarks: lo scenario è che due quarks si avvicinino così tanto da generare un black hole, confermando la Teoria delle Stringhe».

    Che forma avrebbero i buchi?
    «Non a forma di punto, ma probabilmente ad anello. Ma esiste anche una teoria alternativa, la “fractal space time theory” di Mohamed El Naschie: il buco nero sarebbe un oggetto frattale».

    E le dimensioni?
    «All’inizio minimali, poi si verificherà un fenomeno come quello delle trottole».

    Vale a dire?
    «Assisteremo all’auto-organizzazione delle strutture, simile a quella dei buchi neri che alimentano le quasars e le nano-quasars: la differenza è che nel primo caso la materia ha un nucleo di miliardi di masse solari e due “jets” energetici, mentre nel secondo la massa è di una-due volte quella del Sole. In ogni caso, basteranno 50 mesi per divorare la Terra».

    Non vede difese?
    «Potremmo provare a inviarli nello spazio, ma non avremmo abbastanza energia».

    Come arriverebbe la fine?
    «La Terra verrebbe ingoiata e si restringerebbe a una pallina: come una ciliegia».

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    rispondi a questo scleva!!!




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    10/9/2008 - INTERVISTA

    "Ho trovato l'errore
    Così verrà l'Apocalisse"




    Il ricercatore contestato


    GABRIELE BECCARIA

    E’ quasi impossibile per i non scienziati discriminare tra stranezza legittima e pura follia». Parola di Paul Davies, fisico, cosmologo e divulgatore britannico. I suoi colleghi se ne stanno accorgendo sulla propria pelle. Sono bastati alcuni «ribelli» (i folli, appunto) a scatenare la psicosi di massa: il mondo finirà oggi o di lì a poco per colpa dell’LHC? Dopo le accuse dagli Usa di Luis Sancho e Walter Wagner, ora il momento della celebrità è tutto per Otto Rossler, controverso biochimico e professore di Teoria del Caos all’Università di Tubinga, in Germania. Anche lui annuncia l’Apocalisse e anche a lui la Corte europea dei diritti umani ha detto no: il ricorso per stoppare il super-acceleratore è stato respinto.

    Professore, lei ha chiesto al Cern una conferenza sulla sicurezza, ma le sue paure sono state giudicate infondate. E' pentito?
    «Ho un’idea e una preoccupazione, ma evidentemente loro sono più intelligenti di me!».

    Scherzi a parte?
    «E’ una questione di psicologia: se la maggior parte degli scienziati sostiene che non ci sono pericoli, allora tutti seguono l’opinione generale».

    Il Cern, comunque, ha pubblicato un «report»: non le è bastato?
    «Nessuno ha risposto alla mia teoria».

    Lei immagina la Terra trafitta da tremendi fasci di energia e divorata da una serie di mini-buchi neri, cresciuti nel suo grembo a causa dell’LHC: da dove nasce questo scenario?
    «Ho elaborato la prova della non-evaporazione dei buchi neri, smentendo il modello noto come “Hawking evaporation”».

    Così lei sovverte molti principi fisici: c’è qualche collega che le dà ragione?
    «All’inizio pensavo di essere stato il primo a sollevare dubbi sul teorema di smaterializzazione, ma mi sbagliavo. Vladimir Belinski, professore alla Sapienza di Roma, ha pubblicato una ricerca simile due anni fa, un anno prima della mia. E lui ha lavorato a Mosca con il cosmologo Jakob Zeldovich, leader della scuola russa sui buchi neri».

    Non ha preso abbagli?
    «Nessun errore. Tutta la questione nasce da Einstein, che aveva l’abilità di vedere cose mai pensate prima, ma il difetto di non arrivare alle conclusioni estreme. La mia scoperta è legata alla relazione spazio-tempo».

    Provi a spiegare.
    «Quando il tempo è rallentato di un fattore doppio, lo spazio è due volte più grande. Le mie equazioni lo provano, ma nessuno, finora, l’aveva evidenziato. E’ su questa base che dimostro che i black holes alla fine del tunnel spazio-tempo non evaporano».

    Lei si aspetta molti buchi neri, giusto?
    «C’è da aspettarsi un milione di black holes in una decina di giorni».

    Come li produrrebbe l’LHC?
    «Sappiamo che nell’acceleratore si scontrano fasci di protoni a energie altissime e che all’interno ci sono particelle più piccole, i quarks: lo scenario è che due quarks si avvicinino così tanto da generare un black hole, confermando la Teoria delle Stringhe».

    Che forma avrebbero i buchi?
    «Non a forma di punto, ma probabilmente ad anello. Ma esiste anche una teoria alternativa, la “fractal space time theory” di Mohamed El Naschie: il buco nero sarebbe un oggetto frattale».

    E le dimensioni?
    «All’inizio minimali, poi si verificherà un fenomeno come quello delle trottole».

    Vale a dire?
    «Assisteremo all’auto-organizzazione delle strutture, simile a quella dei buchi neri che alimentano le quasars e le nano-quasars: la differenza è che nel primo caso la materia ha un nucleo di miliardi di masse solari e due “jets” energetici, mentre nel secondo la massa è di una-due volte quella del Sole. In ogni caso, basteranno 50 mesi per divorare la Terra».

    Non vede difese?
    «Potremmo provare a inviarli nello spazio, ma non avremmo abbastanza energia».

    Come arriverebbe la fine?
    «La Terra verrebbe ingoiata e si restringerebbe a una pallina: come una ciliegia».

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    questi articoli sono tutti presi da La Stampa di oggi

    In questo qualche rassicurazione, ma ci si chiede:Se l'esperimento era gia' stato fatto e la famosa particella di Higgs non è stata trovata, che bisogno c'era di ripetere l'esperimento? Evidentemente questo non è della stessa entita'...

    10/9/2008 (10:9)
    Alla ricerca del famoso Big Bang
    con il timore di esserne travolti

    Una fotografia satellitare che ritrae i laboratori di Brookhaven



    Era già successo a New York nell'autunno del 1999: paure e scetticismo poi però filò tutto liscio
    TORINO
    Puntuali come vuole la tradizione alle 9,30 gli scienziati dei laboratori del Cern di Ginevra hanno inaugurato l'Lhc (Large Hadron Collider) per aprire un ciclo di sperimentazione in materia di accellerazioni di particelle.

    L'obiettivo dichiarato è quello di ricreare una situazione simile a quella che si verificò immediatamente dopo il Big Bang. I rischi paventati da alcuni esperti del settore riguardano invece la possibilità che questa "esplosione miniaturizzata" possa dar luogo ai famigerati buchi neri con gravi implicazioni legate al futuro del pianeta. In pochi però si ricordano che già nel 1999 assistemmo a un esperimento simile. Anche in quell'occasione non erano mancati toni allarmistici e previsioni catastrofiche da parte di esperti che si preoccupavano di mettere in guardia il mondo.

    L'accelleratore di particelle di allora si chiamava Rhic (Relativistic heavy ion collider), i laboratori erano quelli di Brookhaven negli Stati Uniti, ma l'obiettivo degli scienziati molto simile: studiare l'esplosione che diede luogo alla Terra. In quell'occasione gli scienziati si servirono di un anello lungo 3,8 km all'interno del quale accellerarono due fasci di atomi d'oro ad una velocità pari al 99,9% di quella della luce. I due fasci si scontrarono generando il cosiddetto "brodo di materia" composto da quark strange e gluoni.

    L'allarme lanciato dagli studiosi apocalittici era basato proprio sul comportamento imprevedibile di questo nucleo di materia che, in condizioni normali, andrebbe incontro allo smembramento mentre in laboratorio avrebbe potuto riservare un comportamento imprevisto. Il rischio era duplice: da un lato quello di un'esplosione a catena innescata dallo scontro di particelle, dall'altro - reazione opposta - il consolidamento della materia, requisito base per la creazione dei famigerati buchi neri.

    L'esperimento di allora diede esito positivo, smentendo le ipotesi di chi aveva preannunciato un disastro planetario. Le ragioni stettero nel fatto che l'energia prodotta nel corso dell'esperimento era 10 volte inferiore a quella necessaria per la creazione di un buco nero. Fenomeni simili a quelli ricreati in laboratorio invece accadono frequentemente nei raggi cosmici senza alcuna conseguenza.
     
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  3. schmit
     
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    10/9/2008 (7:0)
    Ginevra, via all'esperimento del Cern
    "Così il mondo finirà in un buco nero"

    La comunità scientifica: «Troppi 6 miliardi di dollari»
    + "Ho trovato l'errore, così verrà l'Apocalisse"
    + Via al kolossal delle particelle VITTORIO DEL DUCA - Istituto Nazionale di Fisica Nucleare
    MULTIMEDIA
    VIDEO
    L'inaugurazione del Large Hadron Collider

    VIDEO
    Dentro i segreti per realizzare il Lhc a Ginevra

    FOTOGALLERY
    Le spettacolari immagini di Lhc al Cern





    Alle 9,30 è partita la ricerca del nuovo Big Bang, scienziati di tutto il mondo alla ricerca del cosiddetto "frammento di Dio"
    ROMA
    Per qualcuno sarà l’esperimento del secolo, per altri l’inizio della fine del mondo. Di certo è un evento molto atteso per il quale si sono accreditati 500 giornalisti provenienti da tutto il pianeta. È l’avvio del più potente acceleratore di particelle al mondo (il Grande Collisore Adronico, Large Hadron Collider, LHC) avvenuto intorno alle 9,30.

    Il test realizzato nel Laboratorio del Cern, in un tunnel lungo 27 chilometri a circa 100 metri nel sottosuolo, al confine tra la Francia e la Svizzera. L’obiettivo è quello di ricreare le condizioni che esistevano all’inizio del mondo, il microcosmo di violente collisioni che si produssero 1 picosecondo dopo il "big bang". Dopo decenni di lavoro oggi un primo fascio di protoni farà il suo giro di prova all’interno dell’anello sotterraneo. Per la prima volta nella gigantesca macchina -«una meraviglia tecnologica», come ha detto il direttore del Cern, Robert Aymar- circoleranno fasce di particelle (protoni) ad una velocità prossima a quella della luce (99,999991% di velocità della luce): 11.000 rotazioni al secondo dentro al tunnel.

    I primi fasci di particelle sono stati introdotti lo scorso primo agosto. Oggi è in programma il primo tentativo perchè circolino attraverso tutta la traiettoria del Collisore. I fasci saranno immessi nell’Lch dopo esser stati lanciati a un’energia di 0,45 TeV (l’unità che misura i livelli di energia negli acceleratori di particelle). Ma per il momento non ci sarà alcuna collisione di particelle. Per il ’big bang’ bisognerà attendere ancora qualche settimana: nel giro di prova di oggi, gli scienziati valuteranno invece che il fascio di protoni circoli in modo stabile.

    L’obiettivo finale dello straordinario esperimento, a cui l’Italia collabora con un notevole sforzo finanziario e decine di scienziati, è quello di dare risposta alle molteplici domande sull’origine dell’universo, capire perchè la materia nell’universo è molto più abbondante che l’anti-materia e giungere a scoperte che cambieranno profondamente la nostra visione dell’universo, dicono i ricercatori che lavorano a Ginevra.

    Una delle grandi speranze è trovare la particella di Dio, il bosone di Higgs, una particella che non è mai stata individuata, ma solo ipotizzata dallo scienziato scozzese Peter Higgs e che sarebbe quella responsabile di aver dato materia a ogni altra particella esistente. Ma la comunita scientifica è in allarme. C’è chi contesta che siano stati investiti enormi quantità di denaro (6 miliardi di dollari) per soddisfare un gruppo di scienziati ambiziosi, dimenticando i problemi urgenti della terra. Non solo. Il timore degli scienziati capitanati dal professor Otto Rossler, chimico tedesco della Eberhard University, è proprio che l’esperimento del Cern possa, a causa delle collisioni di energia che scatenerà, generare un buco nero capace di risucchiare la terra e farla sparire nel giro di pochi anni. Timori che hanno spinto Rossler e compagni a fare ricorso presso la Corte Europea dei diritti umani per fermare l’esperimento. E c’è persino chi, per giustificare i timori di un’Apocalisse, ha riesumato una profezia di Nostradamus: «Fuggite, fuggite da Ginevra, Saturno cambierà l’oro in ferro».

    Ma di fronte alle accuse, dal Cern arrivano rassicurazioni assolute: un sito risponde alle domande più comuni sulla sicurezza dell’esperimento "Lhc". Michelangelo Mangano, fisico nucleare veronese e ricercatore del Cern, è autore di uno studio sulla sicurezza del Lhc nato proprio per rispondere alle critiche. «Il rischio - spiega Mangano- - non fa minimamente parte di un progetto come questo, ma abbiamo comunque deciso di rispettare le paure altrui e spiegare come queste paure non siano in nessun modo fondate. Collisioni di energia come quelle prodotte dall’Lhc si sono verificate sulla terra come in altri pianeti un numero immenso di volte: l’Lhc ricrea infatti i fenomeni naturali dei raggi cosmici, che producono energie anche superiori e che investono continuamente il nostro pianeta, come altri corpi celesti, senza nessuna conseguenza». «Noi non neghiamo di cercare anche di generare dei buchi neri - continua Mangano - ma se anche venissero prodotti, ed è difficile che accada, questi decadrebbero istantaneamente senza conseguenze».

    Se l’Lhc comporta dei rischi, secondo lo scienziato, sono rischi di natura meccanica, legati al tipo di struttura «un tunnel di 27 chilometri, 100 metri sotto terra e in presenza di un’alta tensione delle correnti», e a cui si risponde con tutte le misure di sicurezza del caso. «Ma non esiste nessun rischio nemmeno per noi che abitiamo a pochi chilometri dall’esperimento».

     
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2 replies since 9/9/2008, 17:42   62 views
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