15° CAPITOLO - Laltra donna

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felina67
view post Posted on 28/4/2008, 11:34




CAPITOLO 15


Una luce bianca molto intensa proveniva da lontano.
“E’ il paradiso – pensava Clarissa – finalmente la pace eterna.”
Socchiuse gli occhi e la luce divenne ancora più accecante.
Intorno a lei sentì delle voci: “Chiama il dottore, si sta svegliando.”
“Quando aprì del tutto gli occhi, vide al suo fianco una giovane infermiera.
“Dove sono?”
“Non parlare, non devi sforzarti. Sono andati a chiamare il dottore, ora verrà a visitarti. Stai tranquilla, qui sei al sicuro.”
Clarissa non riusciva a muoversi, era tutta un dolore.
Intorno al collo aveva un collare rigido che le impediva di muovere la testa.
All’improvviso udì una voce – “Fuori per favore. Se avrò bisogno vi chiamerò.”
L’infermiera che si trovava al suo fianco andò via e nella stanza regnò il silenzio. Dal nulla apparve un uomo in camice bianco e si fermò ai piedi del suo letto.
“Ciao amore mio.”
Quando Clarissa vide il Dott. Uboldi spalancò la bocca per urlare, ma non riuscì ad emettere alcun suono.
“Non sforzarti amore mio, sei ancora troppo debole per parlare. Ora stanno arri-vando i tuoi zii e con loro ci saranno dei poliziotti. Tu non ricordi niente, assoluta-mente niente. Se parli potresti ritrovarti con la spina dorsale rotta, e ricorda che so dove abitano i tuoi zii… e tua zia è tutt’altro che una brutta donna, quindi! E poi se parli rischieresti di non poter più stare insieme a me, e noi due sappiamo quanto ci amiamo. Per quel che ti riguarda, rimarrai qui almeno per tre settimane. Hai frattu-re multiple, molte contusioni. Sono stato un po’ troppo violento, lo ammetto, ma dovevo farti capire che mi amavi ancora perché tu ormai non ci credevi più. ricorda, non dovrai dire niente a nessuno, mai! Oh, povera piccola, chissà chi è quel mascalzone che ti ha ridotta così, speriamo che la polizia lo trovi.”
Clarissa muovendo le labbra gli disse “Tu sei pazzo.”
“Sì amore, sono pazzo di te. Sei la mia unica ragione di vita.”
Bussarono alla porta. La giovane infermiera che prima era al fianco di Clarissa, entrò nella stanza – “Dottore sono arrivati i parenti della ragazza.”
“Fateli attendere un attimo, devo finire di visitarla.”
Fabio Uboldi si avvicinò a Clarissa e le prese una mano tra le sue.
“Ora mio tesoro, ti farò un’iniezione, è un sedativo che ti farà dormire come un angioletto, così domani mattina ti sentirai meglio.”
Clarissa lo guardava con gli occhi sbarrati. Avrebbe voluto reagire, ma non poteva muoversi. Avrebbe voluto urlare, ma non aveva voce.
Quando i suoi zii entrarono nella stanza, lei era già semi incosciente, però riuscì a sentire quello che fabio Uboldi disse a loro e ai poliziotti.
“La ragazza non è in grado di parlare perché è sotto sedativi, quindi dovrete aspettare domani per poterla interrogare. Posso solo dirvi che è stata portata al pronto soccorsola un metronotte che l’ha trovata svenuta su di un marciapiedi nella zona industriale, in periferia. Al momento del ricovero la ragazza era ancora priva di sensi. L’abbiamo subito sottoposta ad un esame radiografico, dal quale è emerso che chi l’ha picchiata, l’ha fatto molto violentemente. Ci sono cinque costole fratturate, una lussazione alla spalla sinistra, tre vertebre incrinate e molte tumefazioni su tutto il corpo, in particolar modo sul capo e sul viso. La cosa peggiore è che Clarissa risulta aver subito violenza sessuale.”
La zia della ragazza scoppiò in lacrime… quello fu l’ultimo ricordo di Clarissa.
La mattina seguente Clarissa venne visitata da un ortopedico.
“Mi hanno detto che non è in grado di parlare, è vero?”
Clarissa fece un cenno d’assenso con il capo.
L’infermiera che era con lei la sera prima, si rivolse al dottore.
“Ieri sera però quando ha ripreso conoscenza, mi ha chiesto dove si trovava, ma poi non è più stata in grado di parlare, non so come mai.”
“La ringrazio. È una cosa che riferirò al neurologo.” – e tornò a guardare Clarissa.
“Ora le spiegherò come stanno le cose. Fortunatamente le lesioni riportate alla spina dorsale sono molto lievi, basterà portare un busto di gesso per un paio di mesi. Ora, questo sarà possibile solo nel momento in cui le sue costole si saranno saldate spontaneamente. Se noi applicassimo il gesso in questo momento, ci sarebbe il rischio che una costola perfori il polmone e quindi capisce anche lei che questo è molto rischioso.”
Clarissa guardò l’ortopedico con occhi lucidi.
“No, non c’è motivo di piangere, le assicuro che uscirà di qui più bella e più in forma di prima. Per il momento tutto quello che deve fare è stare a letto e non preoccuparsi di niente. A lei penseremo noi. Ora verrà a visitarla lo psichiatra.”
Clarissa scosse la testa in senso di diniego.
“Deve visitarla per forza, lei ha subito uno shock. Vuole tornare a parlare?”
Fece cenno di sì.
“Allora si lasci visitare e non stia sulla difensiva. Deve essere tranquilla, vedrà, il Dott. Marri è una brava persona ed è un ottimo psichiatra. Abbia fiducia in noi.”
L’ortopedico la salutò e uscì dalla stanza.
Appena rimasta sola, Clarissa pianse.
Voleva che Fabio Uboldi morisse, e voleva che morisse per mano sua.
Si rese conto che ora non desiderava più morire. Voleva vivere, tornare ad essere la ragazza di sempre e decise che da quel giorno avrebbe vissuto solo per se stessa e non avrebbe permesso più a niente e nessuno di metterla in crisi.
Clarissa era rinata e questo era un dato di fatto. Aveva scacciato “le voci” dal suo cervello e non avrebbe permesso mai più che tornassero.

L’incontro con lo psichiatra andò meglio del previsto.
Il Dott. Marri le disse che per tornare a parlare, avrebbe dovuto rimuovere l’acca-duto dal suo inconscio e Clarissa era disposta a collaborare.
“Clarissa posso darti del tu?”
Lei assentì.
“Bene. Voglio che tu sia totalmente onesta con me. Prima dell’aggressione, le tue condizioni di salute, intendo mentali, erano buone?”
Clarissa chinò il capo, poi guardò il dottore e fece segno di no.
“Lo supponevo, sei molto debilitata. Mangiavi poco di proposito, vero?”
Fece cenno di sì.
“Supponevo anche questo. Ora ti darò un foglio e una matita così potrai rispon-dere alle mie domande, vuoi?”
La risposta di Clarissa fu un sì.
“Il tuo comportamento mi lascia pensare ad un atto di autolesionismo. Perché volevi punirti?”
Lei alzò le spalle.
“No Clarissa, così non va. Devi collaborare, altrimenti come faccio ad aiutarti?”
Lei lo guardava.
“Allora… ricominciamo. Abbiamo appurato che ti stavi facendo del male, perché?”
A causa dello stato in cui si trovava, Clarissa scrisse come meglio poté.
“Volevo morire.”
“Perché? Cosa può spingere una ragazza bella e sana alla morte?”
Clarissa rigirava nervosamente la matita tra le dita. Alla fine decise di essere onesta e scrisse: “Mi sentivo sporca ed ero convinta che la gente mi giudicasse. Avevo avuto una relazione con il ragazzo di un’altra… poi sono diventata l’amante di un uomo sposato.”
Il dottore lesse – “Tutto qui?”
Clarissa riprese a scrivere: “lui mi trattava come la sua prostituta. Un giorno ho conosciuto la moglie e da lì ho cominciato a sentire delle voci che mi dicevano di essere una poco di buono. Ho troncato la relazione.”
“Adesso sei sola? Non c’è nessuno accanto a te?”
“Sono affezionata ad un caro amico, ma per lui sono solo una poco di buono, leggo disprezzo nel suo sguardo. Lui si è fidanzato e il suo commento è stato che quella è “una brava ragazza” e allora le voci hanno ripreso ad ossessionarmi ed io mi sono chiusa in casa. Dicevano che dovevo morire ed ero arrivata al punto di crederci… ormai era questione di giorni.”
Mentre il dottore leggeva, Clarissa lo fissava – “vuoi ancora morire?”
“Ho sbagliato, lo so. La vita è una sola e va vissuta. Nessuno sa di questo, neanche i miei zii, quindi dovrà rimanere un segreto tra lei e me.”
Quando lo psichiatra finì di leggere, strappò il foglio.
“Questo rimarrà tra te e me.”
Clarissa scrisse ancora – “Adesso mi giudica anche lei, vero?”
Il Dott. Marri leggendo quelle parole, rise. – “No Clarissa, non ti giudico affatto. Fossero questi i mali della vita. Ti giudico solo una ragazza che ha sofferto molto. Nonostante quello che stavi vivendo, ti sei fatta degli scrupoli e questo ti ha fatto deprimere. Quello che non hai capito è che non dovevi essere tu a fartene, ma i tuoi amanti. Erano loro che stavano sbagliando, non tu. Ma ora dimmi, sei ancora affezionata a questo amico?”
“Non vorrei… ma lo sono.”
“Bene, molto bene. Questo ci può aiutare a farti stare meglio psicologicamente.”
“Lui è insieme ad una ragazza.”
“Lo so, ma non ha importanza. Tu hai bisogno di lui per tornare a credere in te.”
“Ora sto bene, non voglio più morire, rivoglio la mia vita.”
Il dottore le tolse dalle mani il foglio e la matita.
“Sono contento di questo, ma non basta Clarissa, tu hai bisogno di molto aiuto. Ci vediamo domani e inizieremo la terapia.”
Nel pomeriggio Clarissa incontrò i poliziotti. Aveva deciso di sottostare alle minac-ce del Dott. Uboldi, aveva troppa paura che quel pazzo facesse del male a sua zia. Scrisse loro che era stata aggredita da uno sconosciuto e che aveva perso i sensi quasi subito, poi si era svegliata in ospedale. La stessa cosa la confermò agli zii, ma appena rimasta sola, si lasciò andare ad un pianto disperato.
Avrebbe voluto vederlo in galera quel bastardo, ma aveva paura della sua reazio-ne e della sua astuzia, in fin dei conti era la parola di lei, contro quella di lui e sicuramente lei avrebbe avuto la peggio.

I giorni trascorrevano e Clarissa migliorava sempre più, anche se non aveva ancora ripreso l’uso della voce. Il Dott. Marri era molto soddisfatto, Clarissa rispon-deva molto bene alla terapia. Un pomeriggio, finita la seduta, il dottore prese le mani di Clarissa tra le sue.
“Sono molto soddisfatto di te, stai facendo parecchi progressi e per questo ho deciso che la settimana prossima ti sottoporrò all’ipnosi. Sono quasi certo che dopo la seduta tornerai a parlare. Sono curioso di sentire la tua voce.”
Clarissa sorrise e liberando una mano accarezzò la guancia del dottore.
“Sei molto dolce, sei proprio una cara ragazza. Ora però ti lascio, tra un po’ è l’ora della visita parenti e sono sicuro che sarà molto piacevole.”
Clarissa lo guardò interrogativamente.
“Fidati” – le disse – “domani mi racconterai.”

Mancavano dieci minuti all’orario delle visite e Clarissa sapeva che quel pomerig-gio i suoi zii non sarebbero andati a trovarla perché avevano un impegno.
Si mise comoda, per quanto le era possibile, e iniziò a fare le parole crociate.
Aveva la sensazione di essere osservata, così alzò lo sguardo, ma fuori dalla por-ta vide solo due infermieri intenti a chiacchierare tra loro.
Tornò alle sue parole crociate e ancora una volta si sentì osservata. Si voltò appena e nel vano della porta vide Nicolas poggiato allo stipite che le sorrideva.
Il cuore accelerò i battiti e le mani iniziarono a sudarle.
Lui si avvicinò lentamente e quando le fu accanto, si chinò a baciarle la fronte.
“Clarissa, piccola mia. Cosa ti hanno fatto? Chi ha osato tanto?”
Lei lo guardava con occhi velati di lacrime.
Lui le prese una mano e si sedette sul letto di fianco a lei.
“Non sapevo niente. Ti ho cercata, ho anche tentato di buttar giù la porta di casa tua pensando che non volessi aprirmi, ma poi… ieri sera è venuto da me tuo zio e mi ha raccontato tutto. Sono rimasto senza parole. Quando è andato via ho creduto di impazzire. Volevo spaccare tutto, avevo bisogno di sfogarmi. Sono uscito e sono corso qui, ma non mi hanno fatto passare, hanno detto di tornare oggi e… adesso sono qui.”
Clarissa guardava fuori dalla finestra. Nico abbassò lo sguardo.
“Mi sei mancata tantissimo Cla, neanche io riesco a dire quanto. Questa notte ho capito molte cose… cose di cui negavo l’esistenza, ma non posso più far finta di niente, non ci riesco.”
Lei continuava a guardare fuori dalla finestra senza vedere niente e riusciva a stento a trattenere le lacrime.
“Clarissa guardami, ti prego.”
Lei si voltò lentamente e affondò i suoi occhi in quelli di Nicolas.
L’incanto fu interrotto da una voce familiare.
“Guarda un po’ chi si vede.” – il Dott. Uboldi entrò nella stanza. Nicolas si girò di scatto – “Lei che diavolo ci fa qui?”
“Ci lavoro! Alzati immediatamente dal letto, non lo sai che è proibito ai visitatori di sedersi sul letto?”
“Non mi muovo di un solo millimetro.”
“Se non ti alzi immediatamente ti faccio sbattere fuori, hai capito?”
Nicolas si girò a guardare Clarissa.
“Ti porterò via di qui, te lo giuro. Domani ti farò trasferire in un altro ospedale.”
“Tu non farai proprio niente, vero Clarissa? Dì al tuo amico che gli conviene non fare l’eroe.”
Clarissa guardò Nicolas e scosse la testa.
Lui andò su tutte le furie – “Come puoi dirmi di no? Come fai a stare qui sapendo che c’è lui?”
La ragazza scosse nuovamente la testa.
“Non ti capisco proprio Clarissa… ci rinuncio.” – si alzò e uscì dalla stanza.
Clarissa affondò il viso nel cuscino e si mise a piangere. Fabio Uboldi si chinò su di lei – “Non piangere amore mio, non ne vale la pena. Vedi? Sono io l’unico che ti ama veramente” e prima di andarsene le diede un bacio sulla nuca.
Clarissa era disperata, non sapeva cosa fare, come uscire da quella situazione.
Per il momento riusciva solo a piangere.

Nicolas era andato direttamente nello studio del dott. Marri.
“Dottore io non so come aiutarla. Clarissa rifiuta il mio aiuto.”
“Non è possibile, non ci credo. Sono sicuro, anzi certo, che in questo momento lei è la persona a cui tiene di più.”
“Ho detto che l’avrei tirata fuori di qui domani stesso, ma lei ha detto di no.”
“Tirarla fuori di qui? Per quale motivo?”
“Come per quale motivo? Sta tutti i giorni a contatto con quel depravato, come può pretendere che si riprenda?”
“Di chi sta parlando?”
“Come… di chi?”
“Chi sarebbe il depravato?”
“Clarissa non le ha detto della sua storia con il Dott. Uboldi?”
“Fabio?!”
“Proprio lui. Quello è un animale.”
Il Dott. Marri si alzò e andò a chiudere a chiave la porta del suo studio.
“Ora Nicolas mi deve raccontare tutto dall’inizio alla fine, nei minimi particolari.”

Clarissa fissava il vassoio della cena poggiato sulle sue ginocchia. Non aveva toccato niente. Fissava il piatto senza vederlo.
Davanti ai suoi occhi c’era solo il viso di Nicolas che la fissava sconvolto.
Ancora una volta l’aveva deluso.
Il Dott. Marri entrò nella stanza – “Ciao Clarissa, non mangi?”
Lei scosse il capo.
“So che sei giù di morale, ma dovresti sforzarti, almeno manda giù un boccone.”
Lei lo guardò.
“Ho visto Nicolas oggi pomeriggio.”
Clarissa aprì la bocca, ma non riuscì ad emettere alcun suono.
“So quello che è successo. Mi ha detto che voleva portarti via, ma gli ho fatto capire che non potevi interrompere la terapia, e lui è stato comprensivo” – poi, mentendo, le disse – “non mi ha voluto dire perché volesse farti trasferire, ma avrà avuto senz’altro i suoi buoni motivi.”
Clarissa si rilassò.
“Comunque ho deciso di anticipare la seduta di ipnosi. Domani è Natale e quindi non si fa niente, ma il ventisette mattina procederemo, e ti giuro che tornerai a parlare. Sarà il mio regalo di Natale, te lo prometto.”
Clarissa strinse forte la mano che il dottore le porgeva e muovendo le labbra lo ringraziò. L’uomo sorrise.
“Niente ringraziamenti. È mio dovere. Chi devi ringraziare è Nicolas perché ti starà vicino come non hai mai fatto. Quel ragazzo ti aiuterà tantissimo, ti vuole molto bene.”



 
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