14° CAPITOLO - L'altra donna

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felina67
view post Posted on 28/4/2008, 11:31




CAPITOLO 14


Il lavoro era ripreso da due settimane, ma a Clarissa pareva di essere lì da secoli.
Le giornate le sembravano interminabili e si sentiva depressa.
Due giorni prima Attilio aveva offerto da bere a tutti i colleghi ed aveva distribuito dei centrini pieni di confetti, a ricordo del suo matrimonio.
Clarissa aveva evitato di assistere alla scena e si era rifugiata nell’atrio delle scale di sicurezza. Fumando una sigaretta pianse. Sentiva un nodo alla gola e avrebbe voluto sparire, ma non poteva, doveva rientrare in ufficio. Era convinta di aver superato il momento d’infelicità causato da Attilio, ma si rese conto che così non era. Gli voleva ancora bene, e sapere che tra loro non ci sarebbe più stato alcun sentimento, l’angosciava.
Ripensò a quel breve periodo che avevano trascorso nel suo appartamento e coprendosi gli occhi con una mano, iniziò a singhiozzare.
Si sentiva svuotata di ogni energia, non aveva più voglia di far niente… e niente le sembrava più importante. Stava cadendo in depressione, e nessuno poteva farci niente. Si asciugò gli occhi con il dorso della mano e andò nel bagno a sciacquarsi il viso. Quando rientrò nel corridoio, vide Attilio di spalle che stava tornando nel suo ufficio. Lo guardò andar via e capì che gli avrebbe voluto bene per sempre.

Tornando a casa dopo il lavoro, seduta accanto al finestrino dell’autobus, pensava a cosa era stato della sua vita e a cosa le riservava il futuro.
Con Nicolas non si era più vista, lui faceva di tutto per evitarla. Lei avrebbe voluto parlargli, avrebbe voluto confidargli i propri sentimenti, ma il muro che Nicolas aveva eretto tra loro era insormontabile. Le mancava la sua presenza, il suo modo di scherzoso di parlarle e soprattutto le mancava il suo modo di guardarla. Non sapeva come definire il sentimento che provava per lui… attrazione e profondo affetto erano sicuri, ma c’era anche un pizzico di amore? Forse sì, anche se le costava fatica ammetterlo.
Avrebbe voluto aggrapparsi a quel sentimento per sopravvivere, ma lui non gliene aveva dato la possibilità.
Aveva sentito Francesca perché voleva sapere come procedeva la gravidanza, ma quando l’amica le aveva chiesto come stava, aveva risposto evasivamente e con una scusa, aveva troncato la telefonata. Non riusciva più a confidarsi con lei, la sua felicità, la sua gioia di vivere non la contagiavano più, anzi… quel suo atteg-giamento estremamente positivo, la infastidiva. Non voleva più avere niente a che fare con lei… voleva isolarsi dal resto del mondo e tornare nel guscio che aveva rotto quando l’aveva conosciuta. Lasciarsi andare alle emozioni non le era servito a niente.
Quando arrivò a casa, trovò una busta sotto alla porta.
All’interno c’erano un assegno ed un biglietto : “Questi sono i soldi dell’affitto di agosto. Tra due settimane ti darò quelli di settembre. Nicolas.”
Uno schiaffo in pieno viso le avrebbe fatto meno male.
Indignata e incollerita, buttò la borsa sul divano e andò a bussare alla porta dell’appartamento di Nicolas. Quando lui l’aprì, Clarissa sentì una fitta al cuore.
Non l’aveva mai visto così bello. Qual pensiero la fece infuriare ancora di più.
Nervosamente agitò la busta sotto al naso del ragazzo.
“Cosa significa questo?”
“Te l’ho scritto.”
“Troppa fatica sprecare due parole?”
“Preferivo non vederti”
A Clarissa salirono le lacrime agli occhi. Il tono della voce cambiò, divenne quasi impercettibile - “Non li voglio questi soldi, quando dico una cosa è quella. Fanne ciò che vuoi, ma io non li voglio.”
Una lacrima sfuggì al suo controllo. Gettò la busta ai piedi di Nicolas e tornò nel suo appartamento. Nicolas rimase qualche istante a fissare la porta chiusa, poi raccolse la busta da terra.
Si sdraiò sul divano. Si sentiva svuotato, inerte.
Sapeva di aver ferito Clarissa con il suo gesto, ma l’aveva fatto apposta. Voleva che lei lo odiasse, ma quella lacrima sul suo viso gli aveva fatto capire che Clarissa gli era affezionata più di quanto credesse e ora stava soffrendo a causa sua. Decise che era giunta l’ora di farla finita.

Clarissa sentì suonare il campanello, ma non voleva vedere nessuno, così non rispose. Suonarono ancora e questa volta sentì la voce di Nicolas – “Cla apri per favore, devo parlarti.” – Era combattuta. Fissava la porta, ma non si decideva ad aprire – “Dai apri la porta.” - quando lo fece, era ancora in lacrime.
“Posso entrare?”
“Non li voglio i tuoi soldi.”
“Non sono qui per i soldi.”
“E allora per cosa?”
“Per noi… per te e per me.”
“Non credo ci sia molto da dire. Tu hai deciso e tu hai fatto. Fine della storia.”
“Dobbiamo discutere sul pianerottolo?”
Clarissa si spostò e lo fece entrare. Nicolas si accomodò sul divano.
“Vuoi qualcosa da bere?”
“No. Voglio che tu venga qui vicino a me.”
Clarissa si sedette e si accese una sigaretta. Nicolas la guardava, ma lei teneva gli occhi bassi.
“Come prima cosa ti chiedo scusa per il mio comportamento, sono stato infantile, lo riconosco. Ti giuro che non succederà più. Perdonato?”
“Vai avanti.”
“Perdonato?” – lei lo fissò a lungo. Cercava di capire a che gioco stesse giocando, ma non ci riusciva – “No… non ti perdono.”
Nicolas incassò il colpo – “Ok, adesso basta scherzare. So di averti ferita, l’ho fatto apposta, però non immaginavo di farti male al punto di vederti piangere. Solo ora ho capito che forse tu tieni davvero alla mia amicizia.”
“Solo adesso?”
“Sì… solo adesso. Ero convinto che ti volessi divertire come il gatto fa con il topo. Credevo mi volessi usare a tuo piacimento. Ero convinto mi considerassi il tuo burattino… Nico vieni qui, Nico mettiti là, Nico fai così…”
“Tu sei pazzo!”
“Forse, ma adesso so che non è così. Una persona che non prova alcun senti-mento non piange quando si sente respinta. Mi dispiace di averti fatto del male, però mi ha aiutato a capire. Anch’io ho sofferto a causa del tuo comportamento, però ti ho perdonata. Tu non puoi fare lo stesso?”
“Allora non mi credevi quando ti dicevo che tenevo alla tua amicizia? Io ti aprivo il mio cuore e tu pensavi che ti prendessi in giro. Sei un imbecille!”
“Lo so, è vero” – Nicolas abbozzò un sorriso – “Sono perdonato?”
Clarissa sorridendo a sua volta gli rispose : “Vai al diavolo, stupido.”
“E’ un sì?”
“Sì!”
Nicolas si protese verso di lei e l’abbracciò.
“Scusami Cla… mi sei mancata un casino.”
“Anche tu.”
“Promettiamoci una cosa : niente più comportamenti infantili.”
“A me lo dici?”
“Hai ragione. Ti giuro che da oggi in poi quando c’è qualcosa che non va, te lo dico… non ritengo più tutto dentro.”
“Sarà meglio, perché la prossima volta non sarò disposta a perdonarti tanto facil-mente… mi hai fatto troppo male.”
“Lo so.”
Erano persi l’uno negli occhi dell’altro. Le labbra si sfioravano.
“Clarissa io… io…” – ma invece di finire la frase, la baciò.
Fu un bacio breve, leggero… delicato – “Ricominciamo dal principio?”
“Perché mi hai baciata?”
“Non chiedermelo… non ti darò spiegazioni. Consideralo un segno di pace.”
“Come sei strano. A volte non ti capisco.”
“Domani sera suono, vieni a sentirmi?”
“Molto volentieri.”
“Andiamo via insieme?”
“Affare fatto.”

Le cose tornarono alla normalità e i due ragazzi ripresero a frequentarsi.
Ora Clarissa usciva con Nicolas ed i suoi amici. Era felice, anche se tra loro c’era solo un rapporto di amicizia.
Alcuni amici di Nicolas mostrarono di gradire in modo particolare la compagnia di Clarissa, ma uno spiccava su tutti, si trattava di Vittorio. Era sempre molto gentile con lei e le faceva una corte velata.
Clarissa non voleva coinvolgimenti, non ancora. Purtroppo si sentiva molto attratta da Nicolas e non voleva far soffrire né lei, né nessun altro. Avrebbe aspettato ancora un po’ e quando si fosse sentita pronta, avrebbe accettato la corte di Vittorio.

Una sera, mentre cenava a casa di Nicolas… - “Clarissa ho bisogno del tuo aiuto.”
“Dimmi.”
“Giù al pub dove suono, c’è una ragazza che serve ai tavoli… mi prende un casino.”
“Bene.” – Clarissa si chiese chi le avesse dato un pungo nello stomaco.
“Credo di interessarle, ma non ne sono sicuro.”
“E il mio aiuto in che consiste?”
“Ora ti spiego. Ogni tanto la vedo che mi guarda, ma quando si accorge di essere stata vista, gira la testa e mi volta le spalle. Quando poi siamo al tavolo, lei scherza con tutti, ma non con me, praticamente mi guarda appena. Secondo te perché fa cosi?”
“Quasi sicuramente le piaci. Ci sono donne che tendono ad ignorare la persona che le interessa, un po’ per timidezza e un po’ per mascherare i propri sentimenti.”
“Tu cosa mi consigli di fare?”
“Se fossi in te proverei a corteggiarla. Magari puoi invitarla a bere qualcosa dopo il lavoro e proporle una cena nel suo giorno libero.”
“Allora pensi che ho qualche speranza?”
“Stando a quello che hai detto forse sì… ma non posso esserne sicura.”
“Domani sera ti faccio vedere chi è, così osservi il suo comportamento e poi mi dici cosa ne pensi.”

L’indomani sera Clarissa osservò attentamente il comportamento della cameriera e constatò, senza ombra di dubbio che Nicolas le piaceva, e non poco. Appena poté lo disse all’amico.
A fine serata Nicolas andò da Clarissa – “Sei un genio! Avevi ragione. L’ho invitata a bere una birra e ha accettato.”
“Sono contenta per te.”
“Ti spiace farti accompagnare a casa da qualcuno?”
“Non preoccuparti, un passaggio lo trovo.” – Vittorio intervenne – “Se vuoi ti porto io a casa.” – e così fu.
Durante il tragitto Clarissa non parlò, non ne aveva voglia.
Sotto casa Vittorio le chiese se le andava una sigaretta – “Sì, grazie.”
“Come mai sei così silenziosa?”
“Scusami… non sono molto di compagnia.”
“Pensieri?”
“Pensavo a Nico.”
“E lui che c’entra?”
“Pensavo a come potrà andare con quella cameriera.”
“Con Lucia? Sicuramente bene… lei è stracotta.”
“Vero? Lo penso anch’io.”
“Credo che l’unico a non esserne convinto sia proprio Nico, ma stasera sono certo che aprirà gli occhi anche lui.”
“Che tipo è questa Lucia?”
“E’ una ragazza tranquilla, senza troppi grilli per la testa. Tutto sommato la si può definire una brava ragazza.”
“Non come me” – Clarissa aveva parlato a bassa voce.
“Come? Non ho capito.”
“Dicevo che sono contenta per lui.”
“Dal tono di voce invece si direbbe che ti dispiace…”
“Sì un po’ sì… è vero.”
“Perché?”
“Penso che se inizia a frequentare Lucia, avrà meno tempo da passare con me.”
“Gli sei molto affezionata vedo…”
“Gli voglio molto bene.”
“Cosa ne diresti se ti proponessi di occupare io il suo tempo?”
“Non lo so… in questo momento non so cosa rispondere.”
“Ma almeno ti sei accorta che mi piaci?”
“Avevo il sospetto.”
“E ora che ne hai la conferma, cosa mi rispondi se ti chiedo di uscire?”
“Si potrebbe fare, però vedi Vittorio… non aspettarti niente dame. Non posso prometterti niente.”
“Ok, mi sta bene. Si esce come amici e poi rivedrà.”
“Bene.”
“Domani sera vuoi?”
“Sì.”
“Passo a prenderti alle nove?”
“Per le nove direi che può andare.”
“Allora a domani.”
“A domani.”
Durante la notte Clarissa continuò a girarsi e rigirarsi nel letto, senza riuscire a prendere sonno. Continuava a pensare a Nicolas e non riusciva a darsi pace.
Si sentiva una stupida per non avergli confessato i propri sentimenti. Pensava che forse ora, al posto di Lucia poteva esserci lei, ma poi riflettendo capì che questo non poteva essere vero. Nicolas non l’avrebbe mai voluta perché lei non era una brava ragazza… era una poco di buono, una rovina famiglie.

La sera dopo seppe da Vittorio che Nicolas e Lucia avevano deciso di provare a frequentarsi e la serata per lei non fu delle più esaltanti.
Vittorio le disse che gli sarebbe piaciuto frequentarla più intimamente, ma Clarissa fu onesta e gli rispose che sarebbero rimasti solo amici.
Due sere dopo, mentre era seduta sul divano a guardare un film, suonarono alla porta. Era Nicolas!
“Ciao Cla” – e le diede un bacio sulla guancia – “Tutta sola?”
“Come sempre.”
“Posso entrare?”
“Accomodati.”
Si sedettero sul divano.
“Ti interessa il film che stai guardando?”
“Non più di tanto.”
“Allora spegni il televisore, devo parlarti:”
Nicolas fissava Clarissa e Clarissa fissava il pavimento. Lui le mise una mano sotto al mento, e a quel contatto la ragazza avvertì un brivido.
“Cos’hai piccola?”
“Niente.”
“Ti vedo così… così distante.”
“Pensavo.”
“Senti, veniamo al punto. Ho sentito Vittorio. Ha detto che ti ha chiesto di frequen-tarvi, ma gli hai risposto che vuoi solo amicizia. Perché?”
“Perché sono innamorata di un’altra persona. Credevo non potesse accadere più, e invece…”
“Non è quel maniaco del dottore, vero?”
“Perché pensi questo?”
“Così, è una sensazione.”
“Questa volta il tuo sesto senso ha fallito.”
“E questo tizio ti corrisponde?”
“Non sa che sono innamorata di lui.”
“Perché non glielo dici?”
“Perché è meglio che non lo sappia.”
“Non dirmi che è impegnato!!”
Clarissa rise – “Sì… nella sua vita c’è un’altra donna.”
“Clarissa… sei incorreggibile!”
“Vero?... comincio a crederlo anch’io.”
“Ma come fai ad innamorarti sempre di persone già impegnate?”
“Questa volta è diverso. Lui era libero, ma non sapeva dei miei sentimenti. Nel frattempo ha conosciuto un’altra e sono rimasta fregata. Meglio così, evidente-mente non ero la persona a cui aspirava.”
“Perché non stai con Vittorio? Guarda che ha un debole mica male per te.”
“Lo so, ma perché devo prenderlo in giro? Non provo niente per lui.”
“Dicevi così anche di Attilio.”
Al ricordo di Attilio, Clarissa si sentì morire dentro.
“Attilio è stato e sarà sempre una parte importante della mia vita.”
“Non ti sembra ora di lasciarti quella storia alle spalle?”
“L’ho già fatto… il suo è solo un ricordo.”
“Lo conosco questo tuo nuovo amore?”
“Cosa importa, non potresti comunque farci niente.”
“Però vorrei sapere chi è.”
“Non te lo dirò mai Nico… mai!”
“Pensavo che tra noi non ci fossero segreti.”
“Questo è il primo.”
“Va bene…non insisto, ma ricorda che non vale la pena struggersi per uno che non ti merita.”
“E tu come fai a dire che non mi merita?”
“Non so… lo immagino.”
“Forse in questo caso sono io che non merito lui.”
“Perché?”
“Perché è un bravo ragazzo. Ha dei sani principi, non è uno scapestrato che vive alla giornata e sicuramente merita di avere al fianco una ragazza uguale a lui, e non una poco di buono come me.”
“Mi fai una rabbia quando parli così. Perché devi buttarti giù in questa maniera?”
“E’ la verità Nico, niente più che la verità. La gente sa quello che ho fatto. Lo vede che sono una puttana, una che va a letto con il primo che capita, e se poi è impegnato, è ancora meglio.”
“Clarissa sei impazzita?”
“Credo di sì.”
“Cosa posso fare per aiutarti, per non sentirti più parlare così?”
“Niente Nicolas, niente! Ora vai a casa, ci vediamo un’altra volta.”

Clarissa a poco a poco cadde in uno stato depressivo molto forte.
Ormai usciva di casa solo per andare al lavoro. Non era più uscita con Nicolas e i suoi amici, e non era neanche più andata a trovare i suoi zii.
Era andata solo una volta a trovare la “sua nonna Alba” e sedendosi sul freddo marmo della lapide, aveva pianto a singhiozzi, rendendosi conto di come stava andando alla deriva.
Nicolas aveva cercato più volte di mettersi in contatto con lei, ma Clarissa non rispondeva al telefono e a chiunque suonasse alla porta, non dava risposta.
Passava quasi tutto il suo tempo seduta sul divano, a fissare il pavimento e a piangere. Sentiva delle voci che continuavano ad insultarla, la chiamavano puttana e lei rispondeva che sapeva di esserlo e non c’era bisogno che loro conti-nuassero a ricordarglielo.
Nell’ultimo mese aveva perso otto chili di peso, ma non era in grado di capire che si stava distruggendo con le sue stesse mani.
Ormai era convinta che chiunque la vedesse, la giudicasse una ragazza frivola, senza un briciolo di serietà, e per questo cominciò a trascurare anche il suo aspetto fisico. Rispondeva in continuazione alle sue “voci” che stava facendo tutto il possibile per passare inosservata, ma quelle voci continuavano a dirle che era sporca dentro e la gente avrebbe continuato a vederlo.
Chi l’aveva vista in passato, ora avrebbe stentato a riconoscerla.
Con il passare del tempo le cose peggiorarono, e Clarissa cominciò a prendere in seria considerazione l’idea di togliersi la vita.
Le voci che popolavano la sua mente, le dicevano che doveva morire, che era una persona inutile e che il mondo poteva fare a meno di lei.
Ma prima che questo potesse avvenire, accadde qualcosa.

Mancava una settimana a Natale e Clarissa aveva rifiutato l’invito dei colleghi di uscire a cena, per festeggiare prima della chiusura Natalizia.
Si stava incamminando verso la fermata degli autobus, quando un’auto le sbarrò la strada – “Clarissa, ma sei proprio tu ?” – Sentendo pronunciare il suo nome, si abbassò per vedere chi ci fosse all’interno dell’auto.
Fabio Uboldi la stava fissando attraverso il finestrino semi aperto.
“Dai Sali. Ti accompagno a casa.”
Clarissa non disse una parola e salì in auto.
“Bambola… cosa ti è successo?”
“Perché?”
“Non sembri neanche più tu.”
“Sto attraversando un periodo un po’ strano.”
“Sei dimagrita molto.”
“Solo un paio di chili.”
“Non mentire, non sono un paio di chili, ma poi non è solo quello. Il tuo abbiglia-mento è strano, i tuoi capelli sono strani… tutti arruffati e tirati su in qualche modo. Non sei più la bella bambola che conoscevo.”
“Quella bambola non esiste più da molto tempo.”
“Mi piacerebbe vederla tornare.”
“E’ impossibile.”
“E se ti facessi tornare al tuo vecchio splendore?”
“Non potrebbe mai accadere.”
“Tu hai bisogno di me. Quella bambola può tornare, ma è possibile solo se tornia-mo a frequentarci.”
“No Fabio! Io non esisto più, sono morta dentro e tu sei morto prima di me.”
Lui fece il gesto di accarezzarle una guancia, ma Clarissa allontanò bruscamente la mano.
“Non toccarmi dottore… mi fai schifo.”
Lui le diede uno schiaffo e con l’auto cambiò improvvisamente direzione.
“Dove stai andando?”
“Dove potremo star soli.”
Clarissa iniziò a dimenarsi e tentò più volte di aprire la portiera, ma il Dott. Uboldi riuscì ad inchiodarla al sedile dandole un paio di pugni sul viso.
Si fermò nel parcheggio di una ditta abbandonata.
Clarissa pensava a come fuggire.
Non sapeva dove si trovava, ma una volta uscita dall’auto avrebbe cominciato a correre. Lui l’attirò a se cominciò a baciarla.
Lei gli oppose resistenza e lui la immobilizzò tenendola per i capelli.
Ad un certo punto Clarissa riuscì ad assestare una ginocchiata nello stomaco del dottore, il quale lasciò la presa.
Riuscì ad aprire la portiera e una volta sulla strada si mise a correre più forte che poteva, ma era debole, troppo debole. In pochi istanti Fabio Uboldi le fu addosso.
La buttò a terra e iniziò a picchiarla con violenza inaudita.
Clarissa era tramortita, ma aveva ancora un barlume di forza per reagire.
Riuscì a mordere il braccio con cui il dottore la teneva per i capelli, quel gesto però rese l’uomo un animale. Cominciò a tempestare il corpo di Clarissa con calci e pugni e lo fece fino a che fu sicuro di aver vinto la battaglia.
Clarissa era quasi priva di sensi. Lui la prese in braccio e la riportò in auto.
La sdraiò sul sedile posteriore – “Mia piccola bambola, stai tremando.”
Fabio Uboldi mise in moto l’auto e accese il riscaldamento.
Clarissa non riusciva a muoversi, aveva male ovunque e le girava la testa.
Nonostante la vista annebbiata, vide che il dottore si stava abbassando i pantalo-ni. Cercò di alzarsi, ma non riuscì a muovere neanche un dito. Si sentiva la bocca piena di sangue e le venne un conato di vomito.
Fabio Uboldi le fu sopra.
La spogliava lentamente e baciava ogni lembo di pelle che scopriva.
“Ti ricordi Clarissa? Tutto come ai vecchi tempi. Sei mia… e sarai mia per sempre. Non permetterò più a nessuno di portarti via. L’unico che poteva riuscirci era Attilio, ma l’ho messo fuori gioco. Sono stato io a convincere la sua ragazza a mettere in scena il suicidio. Non è vero che aspettava un figlio da lui, come non è vero che si è lanciata dal balcone. L’ho ridotta io così e l’ha voluto lei, si è perfino fatta pagare. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di riavere il suo uomo e io l’ho aiutata, perché tanto lo sapevo che qual burattino dai sani principi sarebbe tornato da lei e si sarebbe assunto le proprie responsabilità. Ora io sono il tuo padrone e tu mi obbedirai, se non lo farai, ti picchierò fino ad ammazzarti. Hai capito?”
Clarissa non rispose.
Piangeva pensando a quello che lei e Attilio avevano perso a causa di due pazzi.
Fabio l’afferrò per i capelli e le sollevò la testa. – “Hai capito?” – urlò.
Clarissa fece un cenno di assenso con il capo.
“Brava tesoro mio, così mi piaci. Lo sai che ti adoro?” – e con un colpo secco le strappò le mutandine.
Clarissa lo guardava terrorizzata.
Fabio la penetrò con violenza.
Avvertì un dolore lancinante a basso ventre e mentre chiudeva gli occhi, pensò… “sto morendo, finalmente sto morendo” – e poi fu il buio.




 
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clotilde30
view post Posted on 30/4/2008, 15:35




Scusa, sono arrivata a leggere fin qui e scrivo quello che penso. Ma alcune considerazioni penso (e spero) ti faranno piacere.
Sino ad ora un normale romanzo in stile moderno/Liala.
Allineato a storie tv/soap opera.
Sicuramente scritto bene, ma abbastanza scontato nei dialoghi e nelle situazioni.
Lei da "gatta morta" a virago, tre personaggi maschili abbastanza scontati nella loro diversità, una storia famigliare abbastanza strappalacrime, compresa la figura della tenera vecchietta un po' retrò.

Poi ho letto quest'ultimo capitolo e mi hai sorpreso.
Hai introdotto una serie di problematiche psicologiche e sociali che fanno presagire degli sviluppi inaspettati.
Spero che il seguito soddisfi le mie aspettative di attenta lettrice. Molte volte mi sono trovata a leggere libri con un inizio sottotono ma che, piano piano, mi hanno "preso" e che alla fine ho reputato degli ottimi scritti.
Hai iniziato ad affrontare argomenti molto difficili e sarà molto interessante leggere il ruolo che darai ai personaggi principali in questo gioco delle parti. Anche se, secondo una mia visione, il ruolo principale lo giocheranno i personaggi che sinora sono stati solo comparse.

Voglio comunque rifarti i complimenti, aldilà della storia, per il tuo modo di scrivere molto dinamico che fà entrare idealmente nell'azione, senza la necessità di dilungarsi molto sulla descrizione dei luoghi e dell'ambiente, ma solo attraverso le emozioni dei soggetti.
Ed il coraggio di sottoporti al "giudizio" di chi legge che, spero, sia stato piacere di leggerti, così come è successo a me.

In attesa dei capitoli successivi... ciao
 
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felina67
view post Posted on 5/5/2008, 09:27




Grazie infinite per la critica costruttiva e anche per il complimento finale... spero andando avanti di non aver deluso le tue aspettative.

Chiara
 
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2 replies since 28/4/2008, 11:31   41 views
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