11° CAPITOLO - L'altra donna

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felina67
view post Posted on 15/4/2008, 15:51




CAPITOLO 11


Clarissa era al settimo cielo.
Attilio era un “marito” premuroso. Ogni sera arrivava a casa con un dono e si sentiva l’uomo più felice del mondo. Clarissa lo appagava in tutto e per tutto, e per lui non esisteva donna all’infuori di lei.
Al lavoro si comportavano come sempre, con superficialità, ma dentro le mura di casa diventavano due amanti insaziabili. Avevano raggiunto un’intesa perfetta, e nei loro progetti futuri c’era il matrimonio.
Una sera andarono a cena dagli zii di clarissa, perché a lei faceva piacere che Attilio li conoscesse. A quella sera ne seguirono altre e gli zii della ragazza, finirono con il considerare Attilio una persona di casa. Tra lui e lo zio di Clarissa nacque una stima reciproca.
Clarissa, dietro consiglio di Francesca, aveva chiarito una volta per tutte la sua situazione con il Dott. Uboldi.
Lui non si era scomposto minimamente e le aveva detto che, comunque, sarebbe stato a sua disposizione quando avesse avuto bisogno di spalle forti su cui piangere. Clarissa l’aveva assicurato che non ce ne sarebbe stato bisogno, ma lui le aveva detto di dare tempo al tempo.
Fabio Uboldi aveva gia iniziato a tramare nell’ombra, ma Clarissa non aveva il minimo sospetto di quello che l’uomo stava per fare.
Clarissa aveva raccontato ad Attilio del bacio con il bel dottore e gli aveva anche spiegato il motivo per il quale lo aveva fatto. Lui aveva capito e non aveva fatto scenate; aveva anche smesso di essere geloso di Nicolas, dopo averlo conosciuto erano diventati amici.
Il rapporto tra Sonia e Attilio era definitivamente naufragato. Lui aveva cercato di mantenere un rapporto di amicizia, ma Sonia non aveva voluto. Attilio sapeva di averla ferita profondamente, ma amava Clarissa e questo Sonia doveva accettarlo volente o nolente.

Grazie ad un amico detective, nel giro di un paio di giorni, Fabio Uboldi scoprì dove lavorava Sonia.
Non l’aveva mai vista, ma il suo amico aveva scattato un paio di fotografie, in modo che potesse individuarla.
Sapeva che tutti i giorni, alle diciassette e quaranta in punto, usciva dall’ufficio e un giorno l’aspettò davanti al portone.
Quando la vide uscire non si stupì del fatto che Attilio avesse preferito Clarissa a lei. Sonia era piccola di statura e con un fisico non proprio longilineo. Portava un taglio di capelli molto corto per cercare di domare una chioma riccioluta e nera.
Gli occhi, anch’essi neri, erano inespressivi e le labbra piccole, sovrastate da un naso non proprio alla francese, conferivano al viso dalla carnagione olivastra, un’espressione scialba, vuota. Fabio definì il viso della ragazza anonimo, un viso come ce ne sono tanti, ma a lui non importava. Sonia non sarebbe stata una sua conquista, ma bensì il mezzo grazie al quale avrebbe avuto Clarissa tutta per se.
Le si avvicinò – “Signorina scusi.”
Sonia si voltò – “Sì…”
“Posso parlarle un attimo?”
“Ho fretta, mi scusi… non ho tempo.” – e riprese a camminare.
“Sarebbe contenta se Attilio tornasse da lei?”
La ragazza si fermò di colpo.
“Lei cosa ne sa di Attilio? Chi è? Cosa vuole da me?”
“Farle una proposta.”
“A quale proposito?”
“So come farla riavvicinare a lui.”
“E a lei cosa importa? Cosa ne ricava?”
“E’ disposta ad ascoltarmi?”
Con qualche tentennamento , Sonia salì sull’auto del dottore.
Dopo una mezzora circa Sonia strinse la mano che Fabio Uboldi le porgeva.
“Ci vediamo la settimana prossima.”
“Guardi che ci conto.”
“Non si preoccupi, non mi tirerò indietro. Rivoglio Attilio quanto lei vuole quella ragazza.”
“Domani le farò avere i soldi.”
“Arrivederci.”
La guardò allontanarsi, pregustando il momento in cui Clarissa si sarebbe gettata tra le sue braccia.

Clarissa e Attilio convivevano ormai da sette settimane e stavano progettando dove trascorrere le vacanze.
Attilio voleva andare in qualche paese esotico, Clarissa si accontentava di un paio di settimane su qualche bella spiaggia italiana. Dovevano spendere il meno possibile se volevano sposarsi entro l’anno, così Attilio decise di accontentare Clarissa, dicendole che per i paesi esotici avrebbero aspettato la luna di miele.
Tutto procedeva meravigliosamente bene, e mai Clarissa avrebbe potuto immagi-nare quello che stava per accadere.

Una sera, mentre cenavano in compagnia di Nicolas, squillò il telefono.
Clarissa rispose, poi porse la cornetta ad Attilio – “E’ tua madre.”
“Ciao mamma” – l’espressione del viso si fece cupa – “Quando?... E dov’è ora?... arrivo immediatamente.”
Attilio era sconvolto.
“Scusatemi, devo andare.”
Clarissa lo raggiunse sulla porta.
“E’ successo qualcosa di grave?”
“Sonia è all’ospedale in fin di vita e vuole vedermi.”
“Oh mio Dio… cosa le è successo?”
“Non so niente. Devo andare… non aspettarmi alzata.”
Nicolas rimase con Clarissa fino alla mezzanotte passata e prima di tornare nel suo appartamento disse : “Di qualunque cosa tu abbia bisogno, non esitare a chiamarmi.”
“Non preoccuparti, tranquillo, vai pure a dormire.”
Clarissa non riuscì a prendere sonno.
Quando arrivò l’ora di andare al lavoro, Attilio non si era ancora né visto, né sentito. In ufficio le dissero che aveva telefonato dicendo che non sarebbe andato a lavorare, ma per lei non lasciò alcun messaggio.
La giornata per Clarissa fu interminabile.
Quando arrivò a casa, Attilio era sdraiato sul divano, stanco e sconvolto. Lei andò ad abbracciarlo e lui scoppiò in lacrime.
“Cos’è successo amore… raccontami.”
Attilio singhiozzava.
“Non voglio farlo, non voglio!”
“Cosa non vuoi fare?”
“Lasciarti.”
“E perché dovresti lasciarmi?”
Lui si sciolse dall’abbraccio e prendendosi la testa tra le mani, fissò il pavimento.
“Sonia ha tentato di suicidarsi. Ieri sera si è lanciata dal balcone di casa sua.” - Clarissa si copri la bocca con una mano e spalancò gli occhi – “è arrivata in ospedale in gravi condizioni. A tratti riprendeva conoscenza e faceva il mio nome. Quando sono arrivato era priva di sensi. Aveva tubi nel naso e in gola. Ha un’emorragia interna e varie lesioni per fortuna non gravi. I medici mi avevano detto che se durante la notte avesse ripreso conoscenza pienamente, aveva buone possibilità di non avere subito danni cerebrali. Stamattina alle dieci ha riaperto gli occhi e quando mi ha visto seduto accanto al letto, ha iniziato a piangere. Dopo essere stata visitata, i medici hanno detto che erano molto soddisfatti delle sue condizioni e le hanno tolto il tubo che aveva in gola. Quando ci hanno lasciati soli, lei continuava a guardarmi, ma non parlava. Ad un certo punto mi ha chiesto di stringerle la mano. Si è messa a piangere quasi subito, e tra le lacrime mi ha raccontato tutto. Aveva deciso di farla finita perché la sua vita senza di me non aveva alcun senso, e non aveva senso far vivere un figlio senza il padre. Era incinta Clarissa, aveva in grembo un figlio mio e aveva deciso di morire perché io non sarei più tornato con lei.”
Clarissa non parlava. Sapeva già come sarebbe andata a finire, ma non aveva il coraggio di chiedere conferma.
Attilio riprese a parlare.
“Sai alla fine cosa mi ha detto? Che era contenta di non essere morta perché aveva potuto rivedermi ancora una volta, ma che comunque appena le fosse stato possibile, ci avrebbe riprovato e questa volta non avrebbe fallito.”
Clarissa non ce la faceva più, doveva sapere al più presto.
“Stai cercando di dirmi che torni con lei?”
“Non ho altra scelta.”
Clarissa vide le pareti di casa crollarle addosso, ma si fece forza, non doveva cedere, non poteva mollare proprio ora.
“Ma ti rendi conto del ricatto psicologico al quale ti sta sottoponendo? È una cosa meschina, infame. Lei ha fatto tutto questo per obbligarti a tornare da lei. L’ha fatto apposta a non morire, voleva solo ferirsi e l’ha fatto perché sapeva che tu mi avresti lasciata. Ma non si sente una merda ad avere al fianco un uomo che per lei prova solo pietà? Che sta con lei amando un’altra? E tu non ti rendi conto che stai cedendo al suo ricatto?”
“Lo so clarissa, ma io non ce la faccio ad avere un cadavere sulla coscienza.”
“Finge!!”
“E se non fingesse? Lei si vuole togliere la vita a causa mia. Me l’ha detto più volte che sono tutto per lei.”
“E a te non ci pensi?... a me?”
“Arrivati a questo punto di me non mi importa niente. La mia vita lontano da te non ha senso, è vuota, desolante, inutile, ma non riuscirei a vivere con un rimorso così grande sulla coscienza… non ce la farei. E tu?... tu sei forte, tu puoi capire. Sei una donna perfetta e so che puoi capirmi.”
Clarissa si alzò dal divano e gli voltò le spalle. Lui continuò a parlare.
“Però non voglio perderti… ti prego, stiamo insieme.”
Clarissa si voltò di scatto.
“E come diavolo facciamo a stare insieme se tu hai deciso di tornare con una psicopatica?”
“Voglio che tu rimanga al mio fianco. Sonia sarà la mia compagna ufficiale, ma tu sarai quella che amo veramente. Quello che sto cercando di dirti è… ti prego Clarissa, cerca di accettare questa situazione. Se mi ami come dici, stammi vicino, non farmi vivere con il rimorso di averti lasciata senza essere compreso e perdonato… io non voglio lasciarti.”
Clarissa lo guardò tra le lacrime.
“Ma ti rendi conto che solo l’altro ieri sera eravamo seduti su quel divano a progettare la nostra luna di miele, e ora mi chiedi di diventare la tua amante?”
“Perché non provi a metterti nei miei panni?”
“Adesso esco. Starò fuori fino a che non mi sarò ripresa da questo sconvolgente show e quando torno non voglio più vedere né te, né la tua roba. Se hai deciso di rovinarti l’esistenza fai pure, io esco di scena, non posso competere con la morte, è un ricatto troppo assurdo. La decisione è stata tua e io la rispetto, ma non mi chiedere di capire perché non ne sono in grado, e non mi chiedere di perdonarti perché non lo farò mai.”
Prese la borsa che si trovava sul tavolo e uscì.
Le gambe si muovevano da sole, lei non le controllava.
Andava dove la portava la rabbia.
Da dietro un vetro, un custode la guardava in modo interrogativo.
“E’ ancora in ospedale il Dott. Uboldi?”
L’uomo guardò un tabellone appeso alla sua sinistra.
“Sì.”
“Gli può dire per favore che lo cerca la signorina Clarissa Binetti?”
“Ora provo a chiamare in reparto, lei intanto si accomodi in sala d’aspetto.”
Mille pensieri affollavano la mente di Clarissa. Non sapeva più cosa fare della vita. Attilio aveva mandato in frantumi tutti i loro progetti e il suo futuro ora era solo un grande buco nero.
Le porte di un ascensore si aprirono sulla sala d’attesa e un raggio di luce entrò nella vita di Clarissa. Fabio Uboldi era di fronte a lei.
Clarissa si alzò e stava per parlare, ma lui le posò un dito sulle labbra.
Le passò un braccio intorno alle spalle e la condusse nel suo studio. Chiuse la porta a chiave, si tolse il camice e a petto nudo andò verso Clarissa. Lei era appoggiata alla scrivania.
Si avvicinò, le mise una mano dietro alla nuca e a fior di labbra le disse :
“Sono contento che la tua storia con quel burattino sia finita. È ora che tu sia affiancata da un uomo vero, e se sei qui, è perché vuoi che quell’uomo sia io.”
“Cosa ti fa credere che con Attilio sia finita?”
“Se così non fosse, non saresti venuta da me alle sette di sera con la morte negli occhi. Ti voglio Clarissa, lo sai, ti desidero e non sono più disposto a tirarmi indietro. Voglio tornare a vedere il sole splendere nel tuo sguardo, voglio amarti con tutto me stesso Clarissa… totalmente.”
Fabio iniziò a baciarla. Clarissa rispose timidamente.
Non era andata da lui con l’intenzione di essere sedotta, era andata da lui perché voleva ferire Attilio e per farlo doveva incontrarsi con la persona che sapeva lui detestava. Non avrebbe voluto baciarlo, ma Fabio Uboldi era un maestro di sedu-zione e lei si sentì desiderata, si sentì importante ed attraente e in quel momento di profonda delusione aveva bisogno di sentirsi così.
Attilio l’aveva umiliata ed aveva ferito il suo orgoglio di donna. Tutto quello che lei aveva rappresentato per lui era svanito in una notte, e tutto quello che c’era stato tra loro era come se non fosse mai esistito.
Attilio tornava da Sonia e lei sarebbe dovuta rimanere nel suo appartamento, aspettando che lui si liberasse. No, non l’avrebbe mai fatto, non avrebbe mai accettato d’amare Attilio nell’ombra, lei sognava una vita al suo fianco, ma quella vita doveva essere vissuta alla luce del sole.
Il Dott. Uboldi liberò con un solo gesto la scrivania piena di oggetti e vi stese sopra Clarissa, cominciando a spogliarla lentamente.
Su ogni lembo di pelle che scopriva, vi deponeva un bacio.
Clarissa era completamente rapita dalla sensualità del bel dottore e desiderava far l’amore con ogni fibra del suo corpo.
Pazientemente Fabio continuò la sua danza amorosa sul corpo della ragazza, aspettando il momento propizio per farla gridare di piacere.
Il desiderio consumava i loro corpi. Il movimento era al pari di una sensuale danza. Si muovevano all’unisono, si cercavano, si desideravano. E il piacere arrivò, forte, intenso… al punto da far gridare loro l’intensità dell’amplesso.
Se qualcuno li avesse guardati in quel momento, avrebbe visto un unico corpo. Ora Clarissa era in balia del fascino sensuale del bel dottore.
Quella sera, consapevolmente, diventò la sua amante e sempre consapevolmente sapeva che non lo faceva per amore. Il suo cuore era stato portato via da un ragazzo che non aveva saputo cosa farsene.
Era la seconda volta che accadeva… e giurò a se stessa che non avrebbe amato più… mai più!

Quando Clarissa rientrò nel suo appartamento, Attilio era ancora lì, seduto sul divano.
“Cosa ci fai ancora qui… hai preso tutta la tua roba?”
“Sì.”
“Allora cosa aspetti ad andartene?”
“Aspettavo te. Non potevo andare via senza vederti.”
“Non ho più niente da dirti, voglio vederti sparire dal mio campo visivo, dal mio appartamento e dalla mia vita. Sei stato capace di rovinare ciò che di bello avevamo creato, hai mandato in frantumi tutti i miei sogni e quindi mi auguro che ora tu abbia il buon gusto di sparire al più presto, senza aggiungere una sola virgola a tutte quelle cose disastrose che hai saputo pronunciare questa sera.”
Lui si alzò e le andò vicino. Lei indietreggiò.
“Non ti avvicinare, non serve a niente. Ma non l’hai ancora capito che ti sei rivelato una totale delusione?”
“Hai pensato questo mentre eri fuori?”
“Ho avuto altro da fare.”
“Dove sei stata?”
“E a te che te ne frega?”
“Ho solo fatto una domanda…”
“Sono stata a trovare il Dott. Uboldi. Ci siamo chiusi nel suo studio e ironia della sorte, ho fatto la scopata più colossale della mia vita. Non pensavo si potesse toccare il cielo con un dito…beh lui stasera mi ha fatto volare ancora più in alto.”
“Sei una puttana!”
“Perché? Posso diventare la tua amante e non posso diventarlo per chiunque?”
“Non sei solo una puttana, sei anche una grande stronza.”
“E tu un povero deficiente senza midollo, senza spina dorsale, che si fa piegare da una povera pazza con l’hobby del suicidio. Una povera demente senza un briciolo di dignità, senza carattere, senza amor proprio. Mi fai pena Attilio, provo tanta pena per te pensando a quello che ti aspetta. Torna pure da lei… torna dalla tua santa e lascia qui la puttana che hai davanti. Vai a rovinarti la vita, io non ho più voglia di amare un coniglio.”
Attilio le diede uno schiaffo in pieno viso.
Prese la sua valigia e le disse: “Mi fai schifo Clarissa, tanto schifo.” – e sbattendo la porta uscì.


 
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dolcino
view post Posted on 16/4/2008, 12:19




Oddio, non pensavo che il dottore fosse capace di tutto questo!!
 
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1 replies since 15/4/2008, 15:51   73 views
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