9° CAPITOLO - L'altra donna

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felina67
view post Posted on 10/4/2008, 09:25




CAPITOLO 9


Erano trascorsi dieci giorni dalla vacanza a Cortina.
Attilio e Clarissa non si videro molto in quei giorni, un po’ per impegni di lavoro ed un po’ per la poca disponibilità di Attilio.
Clarissa notò che la cosa le dispiaceva. Sentiva la mancanza delle sue frasi romantiche, delle sue carezze e sentiva che lui si stava allontanando.
Sapeva di averlo trascurato, ma non era sua intenzione fargli del male, non voleva ferirlo e soprattutto si rese conto che non voleva perderlo.
Avrebbe tanto voluto parlarne con Francesca, ma l’amica era a casa con una brutta influenza da smaltire.
Sapeva già che nel fine settimana non si sarebbe vista con Attilio e aveva lo strano presentimento che lui dovesse incontrare Sonia.
In cuor suo sperava che non fosse vero, ma il suo sesto senso sbagliava raramen-te. Quando aveva un’intuizione, era sempre quella giusta.
Dal canto suo, durante la settimana aveva sentito due volte il bel dottore. Erano state telefonate brevi, giusto un saluto e un “come stai”, ma erano bastate a farla andare in confusione.
Nella testa aveva un turbine di pensieri e di emozioni contrastanti, ma cominciava a rendersi conto che Attilio era più importante di tutto, le mancava terribilmente, e forse lei con le sue paturnie mentali, aveva fatto in modo che lui si allontanasse per tornare tra le braccia di Sonia. Senz’altro Sonia sotto il profilo affettivo, dava molto più affidamento.
Seduta davanti alla televisione, con una ciotola di pop corn a farle compagnia e la solitudine che le attanagliava lo stomaco, rifletteva sulla sua situazione sentimen-tale. Ad un certo punto suonarono alla porta : era Nicolas.
“Qual buon vento?”
“Non è per il sale!”
“E’ forse per lo zucchero?”
“E’ per un invito.”
“Un invito?”
“Volevo chiederti se domani sera ti va di sentirmi suonare. Siamo in un locale qui vicino, così ho pensato di invitarti.”
“Ma tu cosa sei…la mia medicina contro la depressione?”
“Eh?”
Clarissa rise per l’espressione dell’amico e mettendogli una mano sulla spalla gli chiese : “Ti piacciono i pop corn?”
“Molto.”
“Allora vieni ad affondare le mani in quella ciotola invitante.” – e gli indicò l’enorme recipiente colmo di pop corn, poggiato sul divano.
Nicolas chiuse a chiave la porta del suo appartamento e si precipitò nel salotto di Clarissa. Per un po’ guardarono la televisione, poi si misero a chiacchierare.
“Come mai hai voluto invitarmi?”
“Perché mi piacerebbe farti sentire come suono, me la cavo molto bene sai?”
“Ah su questo non ho dubbi.”
“Forse non vuoi venire perché c’è qualche ragazzo che potrebbe ingelosirsi?”
“Nessuno che io sappia.”
“Non sei legata a nessuno?”
“Uno ci sarebbe, ma non so come definirlo.”
“Il tuo ragazzo?”
“Il mio ragazzo! Quello che tu chiami il mio ragazzo, non lo è, ma al tempo stesso è come se lo fosse, e per questo fine settimana quasi sicuramente si incontrerà con la sua ragazza, anche se adesso non è più sicuro che lo sia.”
“Scusa, ma non ho capito neanche le virgole di questo discorso.”
La conoscenza con Nicolas non era tale da raccontargli i propri problemi, ma dopo la cena consumata insieme, lui le aveva ispirato fiducia e poi… aveva tanto bisogno di confidarsi con qualcuno. Decise di dare ascolto al proprio cuore.
Gli raccontò di Attilio e anche del dott. Uboldi, e alla domanda “cosa devo fare?” Nicolas rispose : “Innanzi tutto ci vuole chiarezza. Devi cercare di essere il più sincera possibile con te stessa. A parere mio tu vuoi questo dottor…”
“Fabio.”
“Sì, Fabio. Per me è lui che vuoi. Credi di soffrire per l’allontanamento di Attilio, ma il tuo è solo orgoglio. Hai faticato per conquistarlo, hai vinto sulla sua ragazza, ma ti brucia vincere una battaglia se sarà lei a vincere la guerra, giusto?”
“No, non è così. Non ho faticato per conquistare Attilio, praticamente è lui che ha conquistato me, e ti giuro che se dovesse tornare da Sonia ne soffrirei, ma non per orgoglio. Mi sono resa conto di voler bene ad Attilio e durante questi giorni ho sentito la sua mancanza, ma…”
“Ma non ne sei innamorata.”
“Pensavo di sì, ma forse mi sono sbagliata. Me lo aspettavo diverso… come lo avevo sognato e invece non è così.”
“A volte capita di vedere il proprio ideale in qualcuno, ma poi… quando lo si conosce, si capisce di aver fatto un buco nell’acqua. Secondo me è la solitudine che ci porta a idealizzare una persona. Per non sentirsi soli, ci si convince di aver trovato la persona giusta, ma il più delle volte ci si sbaglia. Anch’io ci sono passato ed è proprio per questo che non mi butto più a capofitto nelle storie. Preferisco sempre conoscere un po’ meglio la persona che mi interressa.”
“Tu ce l’hai la ragazza?”
“In questo momento no, però ne sto frequentando una. Per ora siamo solo amici, ci stiamo scoprendo pian piano. Sicuramente domani sera ci sarà anche lei, se vieni te la farò conoscere. Ehi, non mi hai ancora detto se accetti l’invito.”
“Accetto… a patto che ci andiamo insieme.”
“Per me non ci sono problemi. Passo a chiamarti verso le otto, va bene?”
“Perfetto.”
“Adesso vado. Ci vediamo domani sera. Buona notte.”
“Buona notte anche a te.”

La giornata di sabato per Clarissa fu quella classica di una casalinga.
Durante la mattinata si dedicò alle pulizie domestiche. Nel pomeriggio andò a fare la spesa e la sera, dopo aver mangiato un panino, telefonò ad Attilio.
“Ciao Cla, che sorpresa. Come mai hai chiamato?”
“Avevo voglia di sentirti.”
“Mi fa piacere.”
“Cosa fai di bello stasera?”
“Tra mezz’ora vengono a prendermi. Andiamo alla festa d’addio al celibato di un mio amico.”
“Ci sarà anche Sonia?”
“Siamo solo uomini, non preoccuparti. Ricorda che io la mia scelta l’ho fatta.”
“Sì, però non l’hai ancora detto alla diretta interessata.”
“Lo farò, prima o poi lo farò. E tu quando mi darai un po’ più di fiducia?”
“Cosa intendi dire?”
“Che da quando siamo tornati dalla montagna non è più stato come prima. Tu sei fredda e distante ed io mi sento sempre peggio.”
“Lo sai il motivo, ma non mi dai speranze e Sonia è ancora la tua ragazza.”
“Domani sera la chiamo e gliene parlo. Mi credi?”
“Va bene… voglio crederti.”
“Tu invece stasera che farai?”
“Vado a sentire suonare Nico.”
“Chi?”
“Il mio inquilino.”
“Ah… siete diventati così intimi?”
“Intimi?? Guarda che suona in un locale pubblico, non nella mia camera da letto.”
“Fa un po’ come vuoi, ma sappi che a me da fastidio. Raperò devo lasciarti altri-menti faccio tardi, devo ancora finire di vestirmi. Ci vediamo lunedì. Ciao” – e senza aspettare il saluto di Clarissa, riagganciò.
Lei lo mandò al diavolo, ma il suono del campanello coprì la sua imprecazione. Nicolas era venuto a prenderla.
“Pronta per sentire il più bravo batterista del mondo?”
“Non aspettavo altro.”
La serata fu piacevole e a Clarissa piacque molto il gruppo in cui suonava Nicolas.
Effettivamente lui aveva un modo tutto suo di suonare. Si vedeva che metteva l’anima in quello che faceva e questo contribuiva a dare un ritmo coinvolgente al resto della band.
Guardandolo a lungo, si sentì pervadere da un senso di pace e nel profondo del cuore capì che Nicolas glielo aveva mandato nonna Alba.
Quel ragazzo avrebbe preso ben presto il suo posto.
Tornando a casa, Nicolas disse a Clarissa che i suoi amici l’avevano trovata simpatica e molto attraente, e a causa di questo, la ragazza con cui filava gli aveva fatto una scenata di gelosia.
Sapere questo le rinfrancò lo spirito e la riempì d’orgoglio.

La domenica pomeriggio telefonò a Francesca.
“Ciao Franci… disturbo?”
“Ma scherzi?”
“L’influenza è passata?”
“Sì, ora sto decisamente meglio. Ho preso una bella batosta. Fino ad un paio di giorni fa mi sentivo come se mi fosse passato sopra un treno.”
“Sono felice di sentire che stai meglio. Che stai facendo di bello?”
“Guardo la tele, e tu?”
“Sto sdraiata sul divano a farmi le paranoie.”
“Ho capito, hai bisogno di parlare. Vuoi venire a cena da me?”
“Ad Antonio non scoccia?”
“Non c’è. È andato a giocare a calcetto e dopo vanno a mangiare una pizza.”
“Il tempo di prepararmi e arrivo.”
Francesca lasciò che Clarissa si sfogasse e poi parlò.
“Non è che forse Attilio ha ragione quando dice che usi Sonia come scusa?”
“Che accentuo il problema è vero, ma a me da realmente fastidio il fatto che lui non le abbia ancora detto che ha deciso di stare con me.”
“Anche tu però con il tuo comportamento, non gli dai molte garanzie. Secondo me non sai bene neanche tu quello che vuoi. Perché non provi ad essere sincera con te stessa? Sei innamorata di Attilio?”
“Non lo so… credevo di sì.”
“Fino a quando lo credevi?”
“Fino a prima delle lusinghe del Dott. Uboldi.”
“E’ bastato così poco per farti disinnamorare?” – Clarissa guardò l’amica e non rispose, allora Francesca continuò – “Se è bastato così poco, mi sa che non c’era un sentimento molto profondo.”
“Ho paura a lasciarmi andare Franci. Ho amato solo una volta in vita mia e dopo aver sofferto tanto da desiderare di morire, ho giurato che non avrei permesso più a nessuno di farmi soffrire così.”
“E’ sbagliatissimo piccola, ed io sono l’esempio vivente di come si possa credere sempre nell’amore. Ne ho avute tante di storie sbagliate, prima tra tutte il mio matrimonio, ma non ho mai smesso di credere che un giorno avrei incontrato la persona giusta, e la persona giusta è arrivata. Lasciati andare Cla, vivi le tue emo-zioni fino in fondo e permetti a quel povero ragazzo di dimostrarti come potrebbe essere stare insieme. Tu lo stai fermando.”
“Hai ragione… come sempre.”
“Se vuoi un consiglio da amica, lascia perdere quel dottore, perché da quello che mi racconti, non mi piace per niente. Secondo il mio punto di vista sta giocando con te, gli piace tenerti sulle spine e ci sta riuscendo, o sbaglio?”
“In un certo senso sì.”
“Non dargli modo di farlo e concentra le tue energie su Attilio, che secondo me ne vale la pena.”
“Anche secondo me.”

Il lunedì mattina, mentre si preparava per andare al lavoro, Clarissa ebbe la sensazione che Attilio le avrebbe dato una brutta notizia.
Non sapeva spiegarsi il perché, ma si era svegliata pensando che lui le dicesse di essere tornato da Sonia.
Quando arrivò in ufficio, vide che Attilio stava bevendo un caffè con i colleghi.
Si unì al gruppo. Attilio non l’aveva guardata negli occhi e dal momento in cui era arrivata, aveva cominciato a rigirare nervosamente il bicchierino del caffè tra le mani. Clarissa aveva capito che si sentiva in imbarazzo.
Quando rimasero soli, a bruciapelo gli chiese : “Hai visto Sonia, vero?”
Lui abbassò lo sguardo per un attimo, poi la guardò negli occhi.
“Sì, l’ho incontrata, ma come hai fatto a capirlo?”
“Perché ti si legge in faccia che la tua decisione è crollata come un castello di sabbia” – e senza aspettare risposta, tornò nel suo ufficio.
Francesca quando la vide, capì che era successo qualcosa.
“Tutto bene?”
Clarissa aveva gli occhi lucidi.
“Tutto bene un corno! Quale bastardo è tornato da Sonia.”
“Quando?”
“Non lo so.”
“Te lo ha detto lui?”
“No, ma lo so… lo sento.”
“Perché devi sempre dare tutto per scontato?”
“Si sono rivisti e ti assicuro che sono tornati insieme. Gliel’ho letto negli occhi Franci, e sai che gli occhi non mentono.”
“Parlagli prima di crocefiggerlo.”
“Non voglio più vederlo. Fine della discussione. Se qualcuno mi cerca sono in bagno.” – e uscì dall’ufficio sbattendo la porta.
Francesca compose il numero interno dell’ufficio di Attilio.
“Si può sapere che intenzioni hai con quella ragazza?”
“Chi parla?”
“Sono Francesca e ho appena visto Clarissa correre in bagno, era sconvolta. Cos’è successo?”
“Ha capito che ho rivisto Sonia.”
“L’hai rivista davvero?”
“Sì.”
“E allora?”
Ci fu un attimo di esitazione.
“Non so cosa fare.”
“Con Clarissa ci vuoi stare, oppure no?”
“Francesca tu sei l’unica che sa quanto mi piace e se non ci fosse Sonia, sarei con lei da molto tempo, ma ieri… non ce l’ho fatta. Sonia mi ha supplicato di non lasciarla, sta soffrendo tantissimo.”
“Perché, Clarissa no?”
“Te lo ha detto quello che è accaduto in montagna?”
“Sì… ed ho capito perfettamente. Io avrei fatto la stessa cosa. Lei non è abituata a vivere un rapporto a tre. Ma non lo vedi quanto è pura quella ragazza? sono anni che non ha un ragazzo, proprio perché l’unico che ha avuto, l’ha fatta soffrire tremendamente. Non ti rendi conto del male che le stai facendo? Tu non le vuoi bene veramente.”
“Io l’amo, ma ho bisogno di tempo per allontanare Sonia. Non ce la faccio a lasciarla.”
“Se aspetti ancora un po’, rischi di avere tutto il tempo che vuoi. Clarissa non ce la fa più. la stai perdendo Attilio, la stai perdendo.” – e senza indugiare oltre, interruppe la conversazione.
Quando arrivò l’ora di pranzo, Clarissa disse a francesca che sarebbe rimasta in ufficio. Aveva lo stomaco chiuso e sicuramente se fosse andata a mangiare, non avrebbe neanche preso in mano la forchetta.

Attilio avrebbe voluto congedarsi dal gruppo dei commensali per raggiungerla, ma non poteva.
Era consapevole di avere sbagliato, ma voleva spiegare quello che era successo, voleva chiarire la sua posizione e voleva che Clarissa non lo lasciasse.
Nel frattempo Clarissa, chiusa nel suo ufficio, ripensava alle parole di Nicolas.
“Possibile che mi senta così male solo per una questione d’orgoglio?” – pensò asciugandosi una lacrima che correva sulla guancia.
Era rimasta profondamente ferita dall’atteggiamento di Attilio. Lui non aveva smentito la sua ipotesi, quindi era ancora insieme a Sonia.
Clarissa ripensò al loro primo bacio, alla gita in montagna e… poggiando la testa sulla scrivania pianse.
Era dura doverlo ammettere, ma sapere che Attilio sarebbe rimasto con Sonia, la faceva sentire a pezzi. Non avrebbe più potuto star sola con lui, baciarlo, accarez-zargli le spalle, passargli le dita tra i capelli. Quello che aveva pensato dopo aver fatto l’amore con lui, svanì di colpo. Fabio Uboldi non c’entrava niente, Sonia non c’entrava niente, era stata lei ad innalzare una barriera e lo aveva fatto per non cadere pericolosamente nel vortice dell’amore, ma ora doveva arrendersi all’evidenza dei fatti. Amava Attilio e a causa della sua stupidaggine, della sua freddezza, l’aveva perso.
Se solo gli avesse dato un po’ più di fiducia, ora sarebbe con lei.
Continuando a singhiozzare, ripeteva “perché?” ad alta voce, e proprio in quel momento Attilio entrò nell’ufficio.
Lei non si accorse della sua presenza.
Lui si avvicinò e le posò una mano sulla spalla. Clarissa alzò il viso e guardandolo balzò in piedi. Si scostò come se avesse visto un fantasma.
“Esci immediatamente da quest’ufficio.”
“Non prima di averti spiegato.”
“Non c’è niente da spiegare. È successo quello che io avevo previsto e che tu continuavi a negare.”
“Non è andata così. È successo per caso.”
“Non ho voglia di starti a sentire. Vorrei solo avere la forza per poterti riempire di pungi.”
“E allora forza, fatti sotto! Se è questo quello che vuoi fallo, non mi difenderò” – e cominciò ad avvicinarsi a Clarissa.
Lei lo guardava piangendo.
“Ti odio Attilio. Ti odio per quello che mi hai fatto e che mi stai facendo. Sono stata una cretina a credere alle tue parole, sei solo un farabutto, ti sei preso gioco di me, ma me la pagherai, te lo giuro, un giorno me la pagherai. Adesso vai via per favore. Vattene, lasciami sola.”
Ma Attilio non aveva nessuna intenzione di uscire da quell’ufficio senza prima aver chiarito la sua posizione. Si avvicinò sempre di più.
Ormai poteva toccarla. Sollevò un braccio per accarezzarle una guancia, ma lei con un gesto improvviso gli allontanò la mano.
“Non mi toccare… non farlo mai più.”
Lui muovendosi all’improvviso riuscì ad afferrarla per le braccia.
Clarissa cominciò a tempestarlo di pugni sul petto.
“Sfogati cucciolo, sfogati.” – ma Clarissa abbassò le braccia e poggiando la testa sul petto di Attilio si mise a singhiozzare.
Lui la strinse forte a se. Cominciò a baciarle i capelli, la fronte, gli occhi, il naso e alla fine posò le labbra sulle sue, bagnate di sale.
Fu un bacio intenso… un bacio come non se ne erano mai dati.
In quel bacio c’era tutto : rabbia, frustrazione, vendetta e morboso desiderio.
Clarissa gli cinse la vita e lo strinse forte a se. Voleva sentire il corpo, la sua presenza, la sua mascolinità.
Attilio le sbottonò la camicetta e cominciò a baciarle il collo, scendendo piano verso l’attaccatura dei seni. Le sue labbra erano fuoco sulla pelle di Clarissa.
Entrambi smaniavano dal desiderio di fare l’amore, ma le risate dei colleghi che provenivano dal corridoio, li fecero tornare violentemente consapevoli del luogo in cui si trovavano.
Prima di uscire dall’ufficio Attilio si voltò a guardarla.
“Ci vediamo alle diciotto e trenta nel garage.”
“Non verrò!”
“Ci sarai.”

Alle diciassette e trenta Clarissa timbrò il cartellino e uscì dall’ufficio.
Si fermò un attimo, indecisa se aspettare o meno Attilio.
Francesca le aveva consigliato di seguire il suo istinto, se decideva di andare o no, avrebbe poi dovuto subire le conseguenze. Lei non se la sentiva di consi-gliarla, era una faccenda troppo delicata e Clarissa aveva già sofferto abbastanza, la decisione spettava solo a lei. Ripensando a quelle parole, fece un lungo respiro e a testa bassa si diresse verso la fermata dei pullman.
Era lì da cinque minuti. Aveva aperto un libro, ma non riusciva a leggere più di due righe, il viso di Attilio le si materializzava davanti agli occhi.
Lo chiuse e si volse a guardare se il pullman stesse arrivando. Voltando la testa si trovò a guardare Attilio negli occhi.
Lui era in piedi al suo fianco.
“Ormai credo di conoscerti abbastanza. Immaginavo che non saresti venuta al garage, così sono venuto io da te. La mia auto ci aspetta, vieni… noi due dobbiamo parlare” – e prese Clarissa per mano.
Questa volta lei non oppose resistenza, il tono della voce di Attilio era molto serio.
Saliti in auto, si accesero entrambi una sigaretta, poi avviando il motore, Attilio parlò con voce profonda.
“So di doverti delle spiegazioni e se me ne darai la possibilità ti dirò tutto.”
Clarissa teneva gli occhi bassi e rigirava nervosamente la sigaretta tra le dita.
“Ti ascolto, parla.”
“Come sai, sabato sera siamo andati a festeggiare l’addio al celibato di un mio amico. La sua futura moglie, quella stessa sera festeggiava l’addio al nubilato. Ironia della sorte i due futuri sposi hanno scelto lo stesso locale. Il gruppo delle donne è arrivato quando noi eravamo lì da più di un ora. Si rideva e ognuno di noi raccontava le proprie esperienze. Mentre loro parlavano, io pensavo al nostro incontro, alla nostra gita a Cortina e desideravo averti accanto a me. Sonia mi guardava e restava seria. Mi sentivo in imbarazzo, non sapevo se parlarle o fare finta di niente. Alla fine è stata lei che ha preso l’iniziativa. Si è alzata ed è venuta a sedersi vicino a me. Abbiamo parlato del più e del meno, senza mai toccare l’argomento che ci stava a cuore. Avrei voluto dirle della decisione che avevo preso, ma non ce l’ho fatta. L’avevo vista serena e non volevo rovinarle la festa. Quando poi il gruppo delle donne se n’è andato, ho deciso che il giorno dopo le avrei telefonato e le avrei detto che avevo deciso di stare con te. Siccome siamo rientrati molto tardi, mi sono svegliato alle due del pomeriggio. Avevo appena finito di mangiare un boccone, quando mi sono visto arrivare Sonia. Ci siamo chiusi nella mia stanza per parlare. Lei si è subito messa a piangere, dicendomi che stava soffrendo tantissimo e che non riusciva a rassegnarsi all’idea di perdermi. Mi ha detto che mi perdonava per quello che le avevo fatto e che era disposta a ricominciare tutto dal principio. A quel punto l’ho abbracciata e da gran vigliacco le ho detto che con te era tutto finito.”
Erano arrivati sotto casa di Clarissa e lei piangeva in silenzio.
Attilio non se ne accorse.
“La cosa che mi fa star male, è che non voglio perderti. Lo so che non si possono avere due donne, ma ho capito che Sonia non posso lasciarla, mentre per te non voglio. Ho pensato a cosa sarebbero le mie giornate senza la tua presenza e mi sembra di impazzire. Quello che ti chiedo cucciolo, è di avere pazienza, prima o poi la mia storia con Sonia finirà, arriverò ad esasperarla, ma ti prego Clarissa non lasciarmi… stai con me.”
Lui le prese una mano e gliela accarezzò.
Clarissa teneva gli occhi bassi, continuando a piangere in silenzio.
Dopo un breve istante ritrasse la mano e aprì la portiera.
“E’ finita Attilio. La nostra storia finisce qui.”
Lui l’afferrò per le spalle e l’attirò a se.
La baciò, anche se lei opponeva resistenza.
Clarissa si imponeva l’autocontrollo, ma resistergli le costava molta fatica. Ora il desiderio che provavano l’uno verso l’altro era incontrollabile. Attilio la tempestava di baci e lei lo teneva stretto a se con tutta la forza di cui era capace.
Si amarono fino a non avere più fiato. Trascorsero la notte cercando conforto l’uno nelle braccia dell’altro e quando ormai l’alba cominciava a rischiarare la città, Attilio strinse forte a se Clarissa.
“Ti amo cucciolo. Ti amo come non sono mai stato capace di fare con nessuna e ti giuro che ci sarà un giorno in cui potrò gridarlo al mondo intero, alla luce del sole, senza dovermi più nascondere.”

Attilio si rivelò un amante tenero e appassionato, niente a che vedere con quello che fu la notte a Cortina.
Clarissa non era contenta della situazione in cui si trovava, ma i suoi incontri clandestini con Attilio la ripagavano pienamente. Ormai era consapevole di non riuscire più a fare a meno di lui, le era penetrato nell’anima, nelle ossa. Lui la faceva sentire importante, la riempiva di attenzioni e la faceva sentire amata.
Per non soffrire, evitava di pensare a quando Attilio s’incontrava con Sonia, ma non sapeva fino a quando avrebbe potuto reggere una simile battaglia psicologica. Voleva che Attilio fosse suo, solo suo e di nessun’altra.
E intanto i giorni passavano.

 
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dolcino
view post Posted on 10/4/2008, 13:12




Mamma mia che confusione!
 
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1 replies since 10/4/2008, 09:25   34 views
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