7° CAPITOLO - Laltra donna

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felina67
view post Posted on 3/4/2008, 09:51




CAPITOLO 7


Due giorni dopo Clarissa andò dal notaio con il Dott. Uboldi.
Il testamento fu letto, e venne dato inizio alle pratiche di successione.
Clarissa non sapeva cosa fare dell’appartamento di nonna Alba. Aveva pensato di venderlo, ma poi si era subito pentita di quella decisione. Sembrava quasi che volesse disfarsi delle sue cose, e invece il motivo era che le faceva male sapere che da lì non l’avrebbe più vista uscire. Alla fine, dietro consiglio degli zii e del Dott. Uboldi, decise di affittarlo. In un certo qual modo era come se la tenesse in vita.
Tutto quello che c’era nell’appartamento, tranne il mobilio, fu donato alla parroc-chia del quartiere, l’unica cosa che Clarissa tenne per se, fu un cofanetto di onice lavorato, che conteneva i pochi preziosi della dolce vecchietta.
C’erano le fedi nuziali, una piccola veretta di topazi, due paia di orecchini ed una collana con l’immagine della Madonna.
Clarissa avrebbe conservato quel cofanetto come un oracolo.
Quando tutto fu terminato, mise un’inserzione per affittare l’appartamento.
Per tre giorni consecutivi vide così tante persone, che alla fine non ricordava quasi più chi le fosse andato a genio.
Il suo istinto le suggerì di dare l’appartamento ad un ragazzo che si era presentato il primo giorno, e che le aveva trasmesso subito un senso di sicurezza, uno di cui ci si poteva fidare, il classico bravo ragazzo.
Una mattina ne parlò con Francesca.
“Cosa ti fa credere che sia un bravo ragazzo?”
“Il suo aspetto. Indossava abiti puliti e ben stirati; i capelli in ordine, nonostante siano medio lunghi e mossi; il viso ben rasato e le mani curate.”
“Un damerino?”
“No… è questo il bello, non è un damerino. Indossava dei jeans, una polo a collo alto e scarpe da tennis, ma nell’insieme… non so, mi ha ispirato fiducia. Poi è un ragazzo moto educato, con un sorriso aperto e cordiale e quando parlava mi guardava negli occhi.”
“Almeno siamo sicure che non ha niente da nascondere.”
“E’ quello che ho pensato anch’io.”
“Allora è fatta. Lui sarà il tuo inquilino.”
“Grazie Franci. So che è stupido, ma avevo bisogno del tuo consenso.”
“Lo so… e mi fa immensamente piacere. Ma Attilio che dirà?”
“In che senso?”
“Dai Cla, non dirmi che non gli darà fastidio il fatto che affitti l’appartamento ad un ragazzo.”
“Se gli darà fastidio, saranno problemi suoi.”
Francesca mise una mano sulla spalla dell’amica.
“Vedo con piacere che cominci a ragionare come me.”
Clarissa sorrise ed entrambe tornarono al lavoro.

Quando s’incontrarono per la consegna delle chiavi, Clarissa scoprì che quel ragazzo non era solo affidabile, ma anche simpatico.
Il suo nome è Nicolas, ma preferisce farsi chiamare Nico.
Clarissa gli consegnò le chiavi e lui disse: “Ti ringrazio, e prometto che non ti darò modo di pentirti della scelta.”
“Me lo auguro.”
“Fidati. Per me è un sogno poter avere un appartamento come questo. Fino ad oggi, da quando ho lasciato il mio paese, ho vissuto in posti non molto signorili, anzi… e quindi non ho nessuna intenzione di farmi sbattere fuori.”
“Non penso che dovrò mai arrivare a tanto. L’unica cosa che ti chiedo è di non riempire la casa di amici alle ore più strane della notte, non voglio avere problemi con l’amministratore, ok?”
“W’ scontato, non c’era neanche bisogno di dirlo.”
“Bene, vedo che sei un ragazzo coscienzioso. Benvenuto.” – e gli porse la mano.
Lui la strinse energicamente.
“A presto allora.”

Nicolas era nato venticinque anni prima a Molfetta, una cittadina in provincia di Bari, che si affaccia sul mare. Lì aveva vissuto con la sua famiglia fino all’età di vent’anni, quando decise di trasferirsi a Milano in cerca di lavoro.
Per tre anni aveva vissuto a casa di un amico di famiglia e quando questo aveva deciso di sposarsi, aveva dovuto cercarsi un appartamento.
Il suo stipendio di operaio non gli permetteva grandi sfarzi, così quando trovò un monolocale arredato in una casa di ringhiera, a cinquecento euro al mese, non se lo lasciò scappare. Doveva convivere con scarafaggi, umidità e muffa sulle pareti, ma per lui avere un tetto sopra la testa era gran cosa.
Proprio in quel periodo il cantante del gruppo musicale in cui suonava la batteria, firmò un contratto con un procuratore di gruppi esordienti. Assicuravano due esibizioni a settimana in locali della zona di Milano e provincia e a Nicolas non parve vero di vedersi entrare nelle tasche altri mille euro al mese.
Decise che quei soldi li avrebbe messi da parte per andare a vivere in una casa più decente, si era prefissato come limite massimo un paio d’anni e proprio dopo due anni esatti dal suo buon proposito, lesse l’annuncio messo da Clarissa.
Quando si trovò tra le mani le chiavi dell’appartamento, andò in chiesa e accese un cero alla Madonna, ringraziandola per aver accolto le sue preghiere; durante i due giorni d’attesa aveva pregato molto.

Dopo il funerale di nonna Alba, Attilio e Clarissa non si videro più al di fuori del lavoro, lui però la chiamava regolarmente tutte le sere.
Quella sera, dopo essere andati a bere una birra, clarissa lo invitò nel suo appar-tamento… “E così questo è il tuo regno.”
“Già… il mio piccolo mondo. Ti piace?”
“Sì, è molto accogliente, poi… non so, si respira un’aria così romantica. È proprio un bel posticino, complimenti.”
Erano seduti sul divano e Attilio si accese una sigaretta.
“Allora l’appartamento di Alba l’hai affittato ad un ragazzo?”
“Sì, tra tutti mi è sembrato la persona più indicata.”
“Ma che tipo è?”
“Non saprei di preciso, però sembra un ragazzo tranquillo.”
“Che lavoro fa?”
“Il magazziniere in una ditta di ricambi per auto e la sera suona nei locali con il suo gruppo.”
“Un musicista?”
“Suona la batteria.”
“E’ un bel ragazzo?”
“Ma cos’è, il terzo grado?”
“Vuoi sapere la verità?”
“La verità riguardo a cosa?”
“A me da molto fastidio sapere che di fronte a te abita un ragazzo che vive da solo e magari neanche fidanzato.”
“Se sia fidanzato o meno a me non importa, e vorrei farti presente che non ho la minima intenzione di scoprirlo.”
Lui l’abbracciò e addolcendo il tono di voce disse:
“E io vorrei farti presente che non è colpa mia se sono geloso.”
Lo squillo del telefono li interruppe.
“Pronto?”
“Buonasera.”
“Chi parla?”
“Sono il Dott. Uboldi.”
“Ah… buonasera. È sorto qualche problema con il contratto d’affitto?”
“No, volevo solo chiederle se domani è libera per il pranzo.”
“Ho solo un’ora di pausa.”
“Potremmo vederci? Ho alcune carte da farle firmare e devo consegnarle assolu-tamente entro sera. Naturalmente a pranzo sarà mia ospite.”
“No dottore, non ce n’è bisogno.”
“Lei non si preoccupi. Mi dica solo l’ora e il luogo ed io mi farò trovare lì.”
Quando riagganciò, Attilio la stava fissando.
“Era il Dott. Uboldi. Domani pranzo con lui perché ha delle carte da farmi firmare.”
“Ti rendi conto che stavamo insieme più prima di adesso?”
Lei gli si avvicinò e accarezzandogli una guancia, gli sfiorò le labbra con un bacio.
“Lo so, ma pensa a quanto tempo abbiamo davanti a noi.”
“Senti, che ne dici di partire venerdì dopo il lavoro e di andare in montagna per il fine settimana?”
“Dico che è un’idea magnifica.”
“Perfetto. Domani mattina prenoto.”

Alle dodici e trenta in punto, il dott. Uboldi aspettava Clarissa nel parcheggio.
“Buongiorno.”
“Buongiorno a lei. Com’è bella oggi, cos’ha fatto?”
“Niente… perché?”
“E’ radiosa.”
“Fortunatamente le cose vanno nel verso giusto.”
“Bene, mi fa piacere.”
Andarono a mangiare in una piccola trattoria nelle vicinanze dell’ufficio.
Dopo aver parlato delle ultime questioni legali da risolvere, si rilassarono parlando del più e del meno.
Arrivati al caffè, Fabio Uboldi decise di affrontare l’argomento che più gli stava a cuore, e che poi era il vero motivo per il quale aveva voluto vedere Clarissa.
“Senta Clarissa, arrivati a questo punto cosa ne dice se ci diamo del tu? E’ così… così… non so come dire, ma sentirmi chiamare Dott. Uboldi da te mi fa rabbrividi-re, mi fa sentire vecchio e decrepito, in fondo ho solo quarantadue anni.”
Clarissa rise nel vedere la sua espressione e a lui si strinse il cuore.
Aveva il sorriso più bello che avesse mai visto, e guardare i suoi occhi mentre brillavano era uno spettacolo.
Aveva provato da subito una forte attrazione nei suoi confronti, ma lei era troppo fragile per potergliela confessare. Ora invece la vedeva più serena, più tranquilla.
Allungò una mano sul tavolo e la posò su quella di Clarissa.
“Clarissa io… io volevo dirti che ovunque tu sia, in qualsiasi momento, in qualsiasi istante tu abbia bisogno di aiuto, non esitare a chiamarmi. Sarò sempre a tua disposizione, sempre… giorno e notte. Voglio che tu ti senta sicura in qualunque momento della giornata, sapendo che puoi contare sulla mia presenza. Prometti che lo terrai a mente?”
Clarissa rimase sconcertata. Era una conversazione che non si aspettava, soprat-tutto per il tono con la quale era stata pronunciata. Le era sembrato che ci fosse del sentimento in quelle parole, ma scacciò immediatamente quel pensiero.
Fabio Uboldi era una persona affascinante, molto affascinante… troppo!
Clarissa non voleva pensare neanche lontanamente a lui come uomo, sarebbe stato troppo pericoloso.
“Sono molto lusingata dalle tue parole e ti ringrazio, ma mi sembra un po’ eccessivo, non potrei mai approfittare di te più di quanto abbia già fatto.”
“Tu non preoccuparti, dimmi solo che se avrai bisogno mi chiamerai. È sottinteso che puoi farlo anche solo per salutare, scambiare due parole… non c’è bisogno che tu abbia per forza un problema per chiamarmi. A me farebbe molto piacere.”
Clarissa era ammutolita.
“Ma cosa gli prende” – pensò – “Ci sta provando?”
Lui la guardava intensamente.
“non dici niente?”
“Ti ringrazio… sei molto premuroso. Ne terrò conto, ora però è meglio andare, devo tornare in ufficio.”
Tornata al lavoro Clarissa fissava il monitor del suo computer e pensava ale parole del bel dottore. Prima di allora non lo aveva mai visto come uomo, ma solo come una persona pronta ad aiutarla. Ora invece lo aveva visto con occhi diversi, lo aveva guardato veramente per la prima volta, e quello che aveva visto era un uomo pieno di fascino che le aveva fatto capire di essere a sua disposizione.
Fabio Uboldi era un uomo che non dimostrava assolutamente la propria età. Era un tipo giovanile e la folta chioma biondo scuro gli dava un aspetto sbarazzino. Gli occhi erano di un azzurro intenso, perfettamente adatti a quel viso dai lineamenti irregolari. Il naso leggermente aquilino faceva da cornice ad una bocca dalle labbra carnose e rosee. Il fisico era sicuramente quello di una persona atletica, il bel dottore praticava senz’ombra di dubbio più di un’attività sportiva.
Istintivamente Clarissa si chiese come doveva essere la donna che lo aveva spo-sato. Lo squillo del telefono la fece tornare alla realtà.
“Sì?”
“Ciao Cla, sono io.”
“Attilio…”
“com’è andato il pranzo?”
“Bene.”
“Vi dovrete rivedere o è tutto concluso?”
“Penso sia tutto concluso, a meno che venga fuori qualcosa in futuro.”
“Capisco. Comunque ti ho chiamata per farti sapere che ho prenotato l’albergo.”
“Magnifico. Dove andiamo?”
“Ti piace Cortina?”
“Ma sei matto? Costerà un occhio della testa.”
“Tu non preoccuparti.”
“Come no?”
“Sarai mia ospite.”
“Sei matto! Non se ne parla neanche.”
“E’ inutile discutere, ho già deciso e non cambierò idea.”
“E se io non accettassi?”
“Ti narcotizzerei e ti porterei con me.”
“Sei fuori di testa.”
“Lo so, sei tu che mi fai questo effetto.”
“Stasera ci vediamo?”
“No, stasera ho la partita di pallavolo.”
“Ah già, me lo avevi detto. Allora come rimaniamo d’accordo?”
“Passo a prenderti domani sera alle sette e mezza. Ti va di mangiare un panino in autostrada?”
“Per me non ci sono problemi.”
“Allora a domani piccola.”
“Ok.”
“Stasera ti fai dare un passaggio da Francesca?”
“Quasi sicuramente.”
“Bene… ciao musino.”
“Ciao.”

Mentre tornava a casa, Clarissa confidò all’amica le sensazioni scaturite dal pranzo con il dottore.
“Non so… a me ha dato l’impressione di provare dell’interesse nei miei confronti. Era qualcosa che andava oltre la superficialità che c’è stata fino adesso.”
“E’ sposato vero?”
“La fede al dito ce l’ha!”
“Senti, per come la vedo io è meglio che non lo chiami. Aspetta di vedere se sarà lui a farlo, e se lo farà ci penseremo.”
“Quindi dici che per il momento è meglio non far niente.”
“Esatto, aspetta che sia lui a fare la prima mossa. A meno che…”
“Cosa?”
“A te piace?”
“Franci!”
“Oh… io non mi scandalizzerei tanto.”
“Perché?”
“Quando ne parli ti brillano gli occhi.”
“Beh… è lusinghiero sapere di piacere ad un uomo così. È molto affascinante, è davvero un bell’uomo, ma da qui a piacermi…”
“Sarà, ma per me un pensierino ce lo faresti.”
“No… non lo so.”
“Il mio consiglio è sempre quello di aspettare lui. È meglio non farsi vedere troppo ansiose.”

Mentre si preparava la cena, Clarissa non riusciva a smettere di pensare al pranzo di quel giorno. Si domandava se essere orgogliosa delle sue attenzioni, o indigna-ta per il fatto che fosse sposato. Di una cosa era certa : se Fabio Uboldi voleva essere al centro dei suoi pensieri, ci era riuscito perfettamente.
Lo squillo del telefono la fece trasalire.
“Pronto…”
“Ciao sono Fabio.”
“Fabio?... deve aver sbagliato numero.”
“Clarissa sono io.”
“Attilio smettila di fare gli scherzi.”
“Non sono Attilio, sono Fabio, il dott. Uboldi.”
Clarissa avrebbe voluto sprofondare.
“Scusami… ero distratta e non mi sono ricordata. Ero abituata al “dottore”.
“Già!”
“Come mai hai chiamato?”
“Volevo scusarmi per il comportamento di oggi a pranzo. Mi sono reso conto di essere stato un po’ invadente e me ne dispiace. Avevo solo intenzione di essere disponibile, e volevo che tu lo sapessi, però mi sono accorto di averti spaventata. Spero che questo mio gesto non debba rovinare il nostro rapporto, giuro che non me lo perdonerei.”
Silenzio.
“Clarissa sei ancora lì?”
“Ci sono.”
“Sono perdonato?”
“Ancora una volta mi hai lasciata senza parole.”
“Sono perdonato?”
“Non c’era niente da perdonare.”
“Non mentire… ho visto come mi guardavi e sono sicuro che ad un certo punto hai pensato che ti saltassi addosso.”
“No, non è vero.”
“Però hai pensato che ci stessi provando, dì la verità.”
“Sì, ad un certo punto l’ho pensato.”
“Scusami, non succederà più. buona notte.” – e il silenzio fu tutto quello che Clarissa sentì subito dopo.
“Non è vero” – pensò – “è stata solo una mia impressione. Non gli interesso.”
Credeva di esserne felice, ed invece provò una sottile delusione.
Non le dispiaceva affatto essere ammirata e desiderata da un uomo come lui.
Dall’altro capo del telefono, Fabio Uboldi era comodamente seduto sulla poltrona di pelle del suo studio. Fissava sorridente il soffitto.
Aveva cominciato a tessere la sua ragnatela e anche Clarissa, come tutte le altre, sarebbe caduta nella trappola.
Fabio Uboldi era un uomo senza scrupoli.
Abituato ad ottenere sempre ciò che voleva, non si soffermava mai a pensare; travolgeva tutto ciò che gli impediva di arrivare all’oggetto dei propri desideri, e in questo momento lui desiderava Clarissa.
Fabio era nato in un piccolo paese alla periferia di Milano, da una famiglia povera.
Quando aveva iniziato a frequentare la scuola elementare, si era sentito “il povero” della classe e nella sua fragile mente di bambino di periferia, aveva iniziato a sognare la vita agiata del figlio del Sindaco del suo paese.
Sua madre faceva la cameriera in quella casa.
Fabio crebbe con la smania di arrivare; voleva a tutti i costi diventare qualcuno e decise che niente e nessuno glielo avrebbe impedito.
Riuscì a frequentare le scuole superiori facendo dei lavoretti saltuari per aiutare i genitori a pagargli la retta e fu proprio grazie ad alcuni amici di scuola, che conobbe la sua futura moglie.
Debora si innamorò subito di Fabio, ma lui non la considerò minimamente… non lo fece solo fino a quando venne a sapere che la famiglia di Debora era una delle più ricche di Milano.
Il fidanzamento durò un anno e poi si sposarono.
Fabio considerava il suo matrimonio una farsa magistralmente orchestrata. Aveva sposato Debora solo per il cospicuo conto in banca del padre, gravemente ammalato, che sapeva avrebbe ereditato la sua unica figlia e così fu.
Grazie ai soldi della moglie, si laureò in medicina e fece una carriera folgorante, sfruttando le conoscenze del defunto suocero.
Ora ricopriva una carica di tutto rispetto all’interno dell’ospedale e ciò gli permette-va di muoversi come meglio credeva, senza dover dare spiegazioni… e nel corso di tutti quegli anni, di spiegazioni ne avrebbe dovute dare tante, soprattutto a sua moglie, ma purtroppo Clarissa ignorava tutto questo e Fabio Uboldi era molto bravo a mascherare la sua vera natura.
Agli occhi di tutti era una persona garbata, cordiale ed infinitamente disponibile.
Dava sempre l’impressione che la sua ragione di vita fosse quella di aiutare gli altri.

 
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dolcino
view post Posted on 3/4/2008, 11:19




Ci dobbiamo fidare di questo dottore?!!!!
 
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stellina_29
view post Posted on 5/4/2008, 11:36




:coro: E pensare che odiavo leggere :beb: con questo romanzo di Chiara mi ha fatto apprezzare la lettura. grazie Chiara :abo:
 
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cucciolina72
view post Posted on 6/4/2008, 03:12




SOlo ora ho potuto leggere queste parti... bello bello.... continua..
 
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felina67
TOPIC_ICON8  view post Posted on 7/4/2008, 08:17




Grazie ragazze per tutti i complimenti e gli incoraggiamenti... siete fantastiche... siete linfa vitale.
Grazie di vero cuore. :abo: :abg: :gra: :ris:
 
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clotilde30
view post Posted on 10/4/2008, 13:44




CITAZIONE (stellina_29 @ 5/4/2008, 12:36)
:coro: E pensare che odiavo leggere :beb: con questo romanzo di Chiara mi ha fatto apprezzare la lettura. grazie Chiara :abo:

Anche io! Ma soprattutto odiavo leggere romanzi davanti al pc. Piu' comodo un libro e meno fastidi per la vista. Ma questo sta "tirando" anche me.

Bravissima Felina image
 
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sarettamas
view post Posted on 14/4/2008, 13:36




hai capito il dottorino??
 
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6 replies since 3/4/2008, 09:51   87 views
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