6° CAPITOLO "L'altra donna"

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felina67
view post Posted on 31/3/2008, 17:13




CAPITOLO 6


Il dottore purtroppo non diede delle buone notizie a Clarissa.
La signora Alba stava attraversando una forte crisi depressiva. Accusava dei disturbi al cuore ed era deperita. Erano ormai parecchi giorni che non mangiava quasi più e nessuno se n’era reso conto.
In poche parole il medico le disse che la signora Alba si stava lasciando morire.
Per Clarissa fu un duro colpo, non poteva e non voleva accettare una cosa simile.
Il medico le ordinò un ricovero di una settimana, c’era bisogno di farle alcune analisi.
Clarissa chiamò suo zio al telefono e lo mise al corrente della situazione, lui le disse che avrebbe provveduto immediatamente al ricovero della signora Giselli.
L’indomani mattina l’avrebbe portata in ospedale.
Quella notte il sonno di Clarissa fu popolato da incubi.
Il suo senso di colpa era fortissimo. Non si perdonava il fatto di non essersi resa conto di niente e quasi meccanicamente diede la colpa di tutto ad Attilio, perché se non fosse stata così presa da lui, se non avesse avuto la testa piena di pensieri rivolti a lui, forse avrebbe potuto far qualcosa di più per quella tenera vecchietta, ma questo lo pensava lei, perché in qualsiasi caso nonna Alba non avrebbe voluto l’aiuto di nessuno.
Il mattino seguente Clarissa era uno straccio, aveva dormito poco e male, ma si costrinse ad andare in ufficio.
Il caso volle che la prima persona che incontrò fu proprio Attilio.
“Ciao Clarissa. Come stai?”
“Male… malissimo.”
“Come mai?”
“Ora non ho voglia di parlarne, scusami.”
“Devo dirti una cosa.”
“Non ho tempo per ascoltarti.”
“E’ importante Clarissa, molto importante.”
“Non sono dell’umore adatto per ascoltare le tue storie. Ho la testa così piena di pensieri che per te non c’è posto.”
Attilio rimase sorpreso ed amareggiato. Non si sarebbe aspettato un simile atteg-giamento da parte di Clarissa, e oltre a non prevederlo, non riusciva neanche a comprenderlo.
La guardò e con un filo di voce provò ancora ad attirare la sua attenzione.
“Clarissa…”
“Lascia perdere Attilio, non l’hai ancora capito?” – e senza voltarsi a guardarlo, cominciò a salire la rampa di scale che conduceva al piano del suo ufficio.
Raggiunto il pianerottolo si fermò, appoggiò le spalle al muro e si asciugò due lacrime sfuggite al controllo.
Ormai era cosciente di provare nei confronti di Attilio un sentimento molto forte, e dopo averlo trattato come aveva fatto, aveva provato un dolore al cuore nel vederlo perdere completamente il sorriso e guardarla come se fosse stata una estranea.
Lei lo desiderava, voleva essere sua, ma non era disposta a dividerlo con un’altra, e non voleva neanche far soffrire nessuno a causa sua.
Era consapevole che vista la presenza di Sonia, la loro storia appena sbocciata non avrebbe mai potuto fiorire.
E come se non bastasse, ci si metteva anche nonna Alba!
Perché una donna dinamica e piena di vita, faceva una cosa del genere?
Come poteva lasciarsi morire?
Quella sera stessa, quando andò a trovarla all’ospedale glielo chiese.
“Vedi piccola mia, ormai sono arrivata ad un punto della vita dove mi chiedo cosa vivo a fare.”
“Non è da te parlare così…”
“Ormai non ho più nessuno al mondo. Sono figlia unica, non ho mai avuto figli, è una gioia che mi è stata negata. Ho avuto solo l’amore di mio marito, ma anche lui mi ha lasciata sola e l’ha fatto troppo presto. Sono stanca Clarissa, stanca di essere sola.”
“E io chi sono? I miei zii chi sono? Non contiamo niente per te? Pensavo ci volessi bene, ma a quanto pare mi sbagliavo.”
“No, non sbagli. Vi voglio molto bene e proprio per questo non voglio diventare un peso. Tu e la tua famiglia mi avete resa molto felice, mi avete fatto sentire amata, e tu soprattutto mi hai fatta sentire utile, ma ora è arrivato il momento di mettermi da parte. Voglio che conserviate di me un ricordo piacevole e non quello di una vecchia ingombrante. Comincio a perdere colpi Clarissa e non è piacevole dovere accudire qualcuno per forza.”
“Mi deludi Alba, e sentirti parlare così mi ferisce profondamente. Sei la nonna che ho sempre desiderato e non ho mai avuto. In te ho trovato una confidente formida-bile, come puoi parlare di vecchia ingombrante?”
“Clarissa ti prego… cerca di capirmi. Sono stanca, non ce la faccio più. se fra un po’ di tempo non fossi più autosufficiente, chi si occuperebbe di me, tu?... sì forse per un po’ lo faresti, ma dopo ti prodigheresti per farmi entrare in uno ospizio e io voglio morire prima che tutto questo accada… prima!”
“Alba io…”
“Non dire niente per favore. Vai a casa e lasciami in pace.”
“Scusami se ti ho voluto bene, non pensavo di disturbarti” – e mentre usciva dalla stanza le lacrime fecero capolino.
Quando arrivò a casa telefonò agli zii e li mise al corrente del dialogo avuto con la signora Giselli. Non se la sentiva di stare sola, così chiese se poteva andare a dormire da loro.
Finito di cenare andò nella sua vecchia camera e sdraiandosi nel suo letto, tornò con la mente a quando era bambina. Coprendosi il viso con le mani, diede sfogo all’amarezza che le attanagliava lo stomaco.

Attilio era disperato.
Clarissa non rispondeva al telefono; doveva parlarle e doveva sapere che cosa aveva provocato il comportamento di quella mattina.
Più ci pensava e meno ne veniva a capo.
Cosa poteva essere successo per farla parlare come aveva fatto?
Cosa? Lui non lo sapeva.

La mattina seguente Clarissa fece colazione con gli zii e poi andò in ufficio.
Quando scese dall’autobus Attilio era lì ad aspettarla.
“Cosa fai qui?”
“Sono arrivato prima per poterti vedere da solo e non ho nessuna intenzione di essere scaricato come hai fatto ieri. Non ti sembra di dovermi una spiegazione?”
“Ora non posso. Ci vediamo a pranzo.”
“A pranzo non siamo soli. Ci vediamo all’uscita.”
“No… all’uscita devo scappare.”
“Cinque minuti Clarissa.”
“Non posso ti ho detto, devo andare a trovare una persona.”
“E’ più importante di noi?”
“Sì!”
Attilio la fissò un istante, poi si girò, salì in auto e sparì nel traffico.
“Come inizio giornata non c’è male” – pensò Clarissa mentre si incamminava.
Alle dieci andò a bere un caffè con Francesca si confidò.
“Cosa devo fare?”
“Dovresti sentire cos’ha da dirti Attilio, non è giusto che incolpi lui per la depres-sione della signora Alba.”
“Ma l’ho trascurata a causa sua.”
“Non è vero, dai… prima che tu arrivassi, chi le faceva compagnia?”
“Non lo so… penso nessuno.”
“E allora perché ti devi incolpare a tutti i costi?”
“Perché io l’ho fatta sentire amata, per poi lasciarla sola.”
“Non so perché, ma ho la netta sensazione che usi questa situazione come scusa per allontanarti da Attilio.”
“Non è vero.”
“Ne sei completamente convinta?” - e dopo un attimo di esitazione, Clarissa abbassò lo sguardo – “No.”
“E allora dai la possibilità a quel povero ragazzo di dirti quello che ha da dire.”
“Hai ragione… lo farò. All’ospedale ci andrò domani sera.”
“Brava… così mi piaci.”

All’uscita dal lavoro Clarissa scese in garage e cerò l’auto di Attilio.
Dopo averla trovata, si fermò in un punto da dove poteva vederlo arrivare.
Finalmente alle sei passate lo vide scendere le scale. Gli andò incontro. Lui la vide, la guardò per un attimo, poi abbassando lo sguardo passò oltre e si diresse verso l’auto. Clarissa lo raggiunse e mentre lui infilava la chiave nella serratura, gli posò una mano sul braccio.
“Ti devo delle spiegazioni, sono qui per questo.”
Lui girò la testa dalla parte opposta, non riusciva a guardarla senza emozionarsi, poi facendo un lungo respiro, si scostò da lei e si decise a guardarla negli occhi.
“Non so più niente Clarissa. Non capisco più niente e a questo punto non so neanche più se mi interessano le tue spiegazioni.”
Clarissa incassò il colpo, ma decise di non cedere.
“Anche per me è un momento di gran confusione, e anch’io non so più cosa sia giusto o sbagliato, ma riconosco di essermi comportata male, quindi… delle spiegazioni da darti le avrei, ma se non sono importanti, non hai che da dirmelo.”
Attilio abbassò lo sguardo. Nella sua mente c’era troppa confusione.
Per lei era stato capace di un gesto molto grande, ma non aveva voluto ascoltarlo.
Ora era lì in piedi davanti a lui, aspettando che decidesse se farla andare via, ma onestamente non sapeva cosa fare.
Clarissa vedendo che lui non accennava né a guardarla, né a risponderle, decise di andare via, interpretando il suo silenzio come un assenso.
Lo guardò un’ultima volta… e girandosi se ne andò.
Attilio entrò nell’auto. Si lasciò andare contro lo schienale del sedile, incapace di riordinare le idee.
Clarissa si diresse verso la fermata dell’autobus e durante il tragitto chiamò a raccolta tutte le forze per non piangere. Era consapevole di essere stata lei a rovinare tutto, ma non era preparata al profondo dolore che stava provando.
Continuava a ripetersi di essere una fallita, una perdente, e la sua vita stava prendendo una piega che non aveva mai immaginato… neanche nei pensieri più pessimistici.
Era così assorta, che non si accorse dell’auto che le si era affiancata.
“Clarissa fermati un attimo per favore” – Attilio la stava supplicando con lo sguardo – “Dai Sali, abbiamo un po’ di cose da dirci.”
Lei esitò un attimo, ma poi girò intorno all’auto e salì.
Attilio le prese una mano tra le sue.
“Che ne dici di parlare davanti ad una pizza fumante?”
“Dico che è un’ottima idea.”
Il tragitto si svolse nel più assoluto silenzio. Arrivarono in pizzeria, e solo dopo aver ordinato, Attilio si decise a parlare.
“Allora, si può sapere cosa ti è successo?”
Clarissa gli raccontò di quello che era accaduto alla signora Alba, delle sue paure, dei suoi sensi di colpa e finalmente confessò i veri sentimenti nei suoi confronti.
Durante tutto il discorso, clarissa non guardò mai Attilio, non ce la faceva e anche ora che aveva finito di parlare, non staccava gli occhi dal piatto.
Attilio era profondamente commosso e capì che quello che aveva da dirle, non poteva essere detto in quel luogo, c’era bisogno di più intimità.
Clarissa aspettava una reazione da parte di Attilio, ma lui parlava di tutto, tranne che di loro due. Disse che era dispiaciuto per tutto quello che stava passando, ma non accennò minimamente a tutto il resto.
Lei era sconcertata, non sapeva cosa pensare e cominciava a pentirsi di essersi esposta, confidando i propri sentimenti.
Dopo il caffè Attilio le disse: “Mi auguro che ora non mi chiedi di portarti a casa.”
“Ad essere sincera, ho avuto l’impressione che non vedessi l’ora di liberarti di me.”
“Come mi conosci poco, cara la mia Clarissa.”
“E’ vero… non ti conosco affatto!”
Usciti dal locale, Attilio si diresse verso il centro della città e alla fine si fermò ai bordi del parco del castello Sforzesco.
“Perché ti sei fermato qui?”
“Cercavo un posto tranquillo e l’ho trovato.”
“Ho capito! Vuoi uccidermi e non vuoi testimoni.”
“Se mai un giorno volessi ucciderti, lo farei solo soffocandoti di baci.”
Clarissa arrossì e non seppe cosa rispondere.
Attilio sorrise del suo imbarazzo. Sistemandosi comodamente sul sedile, si voltò verso di lei e cominciò ad aprirle il cuore.
“Quello che ho da dirti è molto importante, quindi vorrei che non mi interrompessi. Se avrai qualcosa da dire, la dirai alla fine.”
“Prometto.”
“Durante il fine settimana trascorso in montagna, è successa una cosa che non avrei mai immaginato. Quando sono partito volevo parlare di te a Sonia, ma non trovavo né il modo giusto, né il coraggio. La prima notte Sonia mi si è avvicinata con intenzioni molto esplicite e a quel punto ho capito che dovevo essere onesto sia con me stesso, che con lei. L’ho respinta dicendole che se avessi fatto l’amore non avrei pensato a lei. Le ho confessato che in me è nato un sentimento nei tuoi confronti, e che per quanti sforzi facessi per reprimerlo, tornava a galla prepoten-temente. Lei si è comportata da persona intelligente e invece di farmi una scenata, ha detto che mi avrebbe lasciato il tempo per decidere e capire, se volevo stare con lei o con te. Non mi sembrava vero di poter avere un’occasione simile, e non pensavo ad altro che al momento in cui te l’avrei detto, ma tu hai frantumato tutti i miei sogni. Mi sono sentito completamente spiazzato dalla tua freddezza. Ora sai come stanno le cose, quindi se vuoi darmi l’opportunità di capire chi sarà la donna della mia vita, io spalanco le braccia. Spetta a te approfittarne.”
Clarissa lo fissava con il cuore in tumulto.
“Io proverei a far chiudere quelle braccia intorno a me.”
Attilio le posò una mano dietro alla nuca e l’attirò verso le sue labbra.
Si baciarono a lungo.

Prima di addormentarsi quella notte, Clarissa pensò a Sonia.
L’ammirava per quello che aveva fatto…lei non ne avrebbe mai avuto il coraggio.
Piuttosto che mettere Attilio nella condizione di scegliere, lo avrebbe lasciato libero per sempre.
Non capiva se Sonia l’avesse fatto perché era sicura che Attilio sarebbe tornato da lei, o invece perché lo rispettava a tal punto da lasciargli la sua libertà in maniera totale. In qualsiasi caso però, lei era contenta di aver l’opportunità di passare il suo tempo con lui senza doversi nascondere.
Il giorno dopo i due innamorati si incontrarono a pranzo, ma davanti agli altri si comportarono come sempre, come due amici.
Prima di andare a casa, Attilio telefonò in ufficio a Clarissa e le chiese se quella sera si sarebbero potuti vedere dopo cena. Lei accettò e rimasero d’accordo di trovarsi sotto casa sua.
A Clarissa sembrava di vivere in un sogno. Non sapeva spiegarsi come fosse potuto accadere in così poco tempo, ma era sicura di essersi innamorata di Attilio. Non era un’infatuazione o un sentimento superficiale, no… lei sentiva di amarlo.
Quando arrivò a casa, il suo pensiero corse a nonna Alba.
Anche quella sera non aveva potuto andare in ospedale, perché era stata trattenuta in ufficio, ma per la sera seguente non avrebbe accettato alcun tipo di distrazione. Doveva andare a trovarla a tutti i costi. Voleva dirle che il suo sogno era andato in porto, che era riuscita ad avere il suo principe, e con quella scusa le avrebbe tirato un po’ su il morale.
Andò a lavarsi e proprio mentre usciva dalla doccia, squillò il telefono.
S’infilò l’accappatoio e corse a rispondere, sicura di sentire la voce di Attilio.
“Pronto?”
“Casa Binetti?”
“Chi parla?”
“E’ l’ospedale San Carlo.”
A Clarissa si gelò il sangue.
“Sì… è casa Binetti.”
“Lei è la persona che ha lasciato il recapito per la signora Giselli?”
“Sì, sono io.”
“Devo comunicarle che la signora Giselli è deceduta poco più di dieci minuti fa. Qui ci sono gli effetti personali da ritirare e dei documenti da firmare. Lei è la parente più prossima?”
Clarissa era rimasta pietrificata. Non riusciva a muoversi.
“Pronto… c’è ancora?”
“Sì…”
“E allora?”
“Allora… cosa?”
“Signora non ho tempo da perdere. Le ho chiesto se lei è la parente più prossima.”
“No, sono la vicina di casa. Alba non ha…” – si fermò un istante – “non aveva più nessuno al mondo.”
“Ha lasciato una busta a suo nome. Se riesce ad essere qui entro mezz’ora, fa in tempo vederla, altrimenti poi deve andare in camera mortuaria. Buona sera.” – e il silenzio penetrò nel cervello di Clarissa.
Ancora con i capelli che grondavano acqua, telefonò a suo zio.
Si misero d’accordo e dopo un quarto d’ora si stavano dirigendo verso l’ospedale. Arrivarono pochi minuti prima del trasferimento di nonna Alba.
Clarissa la fissava, ma non riusciva a pensare a niente. La sua mente era vuota.
Quando la coprirono con il lenzuolo, per lei fu come svegliarsi da un brutto sogno e rendersi conto che l’incubo era realtà.
Si sedette su una sedia e pianse.
Il viso tra le mani, le lacrime copiose. Fu così che il vice primario la trovò.
“Signorina Binetti?”
“Sì.”
“Sono il Dott. Uboldi. Ero io a prendermi cura della signora Alba.”
Clarissa lo fissava, ma non parlava.
“E’ venuta sola?”
“Sono con mio zio. È andato a sbrigare una faccenda burocratica, non so di cosa si tratta.”
“Mi vuole seguire per favore?”
“Dove?”
“Nel mio ufficio. Devo sia dirle, che darle qualcosa.”
“A me?”
“La prego, mi segua.”
Il dottore la fece accomodare su una poltroncina, poi prese una sedia e le si mise di fronte.
“La signora Giselli, anzi Alba, mi ha parlato tanto di lei in questi giorni. Mi ha detto che era la nipote che aveva sempre desiderato, e la sorella che non aveva mai avuto. Mi ha chiesto di starle vicino nel momento in cui lei non ci fosse stata più. in genere non mi lascio coinvolgere mai dai sentimenti dei pazienti, ma nel caso della signora Alba, ho fatto un’eccezione. La conoscevo e la curavo ormai da diversi anni, ed avevo imparato ad apprezzare il suo modo di vivere. Alba era una donna veramente speciale, con un animo buono e gentile, e mi ha parlato così tanto di lei, che posso dire di conoscerla.”
Clarissa non riusciva a dire niente, tutto quello che faceva era piangere.
Il dottore l’attirò a se e l’abbracciò.
“Pianga… pianga pure quanto vuole, non può che farle bene. La signora Alba sapeva quanto le fosse affezionata… e quindi lo so anch’io.”
Rimasero abbracciati a lungo senza parlare, poi bussarono alla porta.
Il dottore si alzò e andò ad aprire.
“Buona sera. Sono lo zio di Clarissa.”
“Prego, si accomodi.”
Dopo essersi seduto a sua volta, lo zio della ragazza chiese:
“Dottore, ma com’è morta esattamente la signora Giselli?”
“Il decesso è avvenuto per arresto cardiaco. Abbiamo fatto di tutto per salvarla, ma ormai il suo cuore era stanco di vivere e lei non ha fatto niente per aggrapparsi alla vita, si è lasciata andare. Non so se ne siete al corrente, ma in passato aveva avuto dei seri problemi cardiaci e da allora non si era mai rimessa completamente. Veniva ogni tanto a fare dei controlli, ma ogni volta rifiutava di fare una cura adeguata. Se può consolarvi, posso dire che nonostante i problemi al cuore, è morta serenamente.”
“E’ un’amara consolazione.”
“Lo so.”
“Bene dottore, ora vorremmo andare a casa.”
“Certamente… un attimo solo.”
Il Dott. Uboldi si alzò e andò alla scrivania. Tirò fuori da un cassetto una busta e una scatolina che consegnò a Clarissa.
“La signora Alba si è raccomandata di dargliele personalmente.”
Clarissa afferrò quegli oggetti e li mise in borsa senza quasi guardali.
Stringendo la mano del dottore, lo ringraziò.
“La signora Alba mi ha lasciato il suo numero di telefono. In settimana la chiamerò per sapere come sta, naturalmente se non disturbo.”
“No, nessun disturbo.”
Anche lo zio di Clarissa strinse la mano del dottore, poi prese la nipote sotto braccio e si diresse verso l’uscita dell’ospedale.
Quella notte Clarissa dormì nella sua vecchia camera.

La mattina dopo telefonò in ufficio per avvisare che sarebbe mancata fino alla fine della settimana, poi si fece passare Francesca.
“Ciao Cla, che succede?”
L’amica le raccontò quello che era accaduto, e alla fine le disse che se avesse avuto bisogno, l’avrebbe trovata a casa dei suoi zii e lasciò il numero di telefono.
“Devo dirlo ad Attilio?”
“Attilio… no, se puoi passamelo, gli parlo adesso.”
“Ok. Ti saluto e stai in campana, mi raccomando. Su con il morale.”
“Ti ringrazio Franci, ma non sarà facile.” – e si salutarono.
Mentre attendeva che venisse passata la linea ad Attilio, Clarissa si rese conto che aveva completamente dimenticato l’appuntamento della sera prima e…
“Pronto.”
“Ciao, sono Clarissa.”
“Non pensavo di sentirti così presto… ormai ti davo per dispersa.”
“Ti chiedo scusa per non averti avvertito, ma ieri sera è successa una cosa molto brutta.”
“Tanto brutta da non poter tirare su il telefono e dirmi vai a morire ammazzato?”
“E’ morta nonna Alba.”
“Scusami. Non immaginavo una cosa così grave.”
“Mi hanno telefonato dall’ospedale poco dopo essere arrivata a casa e mi hanno detto che se volevo vederla, avevo solo mezz’ora di tempo. D’istinto ho chiamato mio zio e mi sono completamente dimenticata di avvertire te. Ti giuro che non l’ho fatto apposta.”
“Non ci sono problemi, ho già dimenticato tutto. Dimmi piuttosto come stai?”
“Oggi va un po’ meglio, però sono ancora abbattuta. Ho pianto tutta la notte. Mi sento tanto in colpa Attilio.”
“Hai voglia di parlarne?”
“Direi che sarebbe un’ottima cosa.”
“Alle nove e mezza a casa tua?”
“Ci sarò.”
Durante la serata Clarissa non fece che parlare della signora Alba e trovò in Attilio un ottimo ascoltatore. Quando rincasò si sedette sul suo vecchio lettino e rigirò tra le mani la busta che le aveva lasciato la signora Alba. Non aveva avuto il coraggio di aprirla, però aveva deciso che lo avrebbe fatto l’indomani mattina, dopo il funerale. Avrebbe fatto andare via tutti e l’avrebbe letta lì con lei, seduta sulla terra che l’avrebbe ricoperta. Quella sarebbe stata l’ultima volta che Clarissa e nonna Alba stavano realmente insieme.

Il funerale fu molto commovente. C’erano pochissime persone e tra queste Claris-sa vide il Dott. Uboldi. Al cimitero lui le si avvicinò.
“Come sta Clarissa?”
“Abbastanza bene, grazie. Ho il morale un po’ a terra, ma sto cercando di supera-re i miei sensi di colpa.”
“Ha letto la lettera che le ho consegnato?”
“Non ancora.”
“E’ molto importante che lo faccia al più presto. So cosa c’è scritto e quindi le anticipo che ci dovremo rivedere tra un paio di giorni.”
“Lei ha letto una lettera indirizzata a me?”
“Non mi permetterei mai. So cosa c’è scritto perché la signora Alba me l’ha detta-ta, quella lettera l’ho scritta io, e poi… non voglio anticiparle niente, è giusto che legga lei stessa.”
Al termine della sepoltura gli zii di Clarissa si avvicinarono alla nipote.
“Andiamo, per oggi basta.”
“No, torno a casa da sola, voglio stare ancora un po’ qui.”
“Sei sicura?”
“Sì, non preoccupatevi. Sarò a casa tra meno di un’ora.”
“Va bene” – disse la zia – “ma non farmi stare in pensiero.”
“Non preoccuparti zia… ora andate.”
Rimasta sola Clarissa si sedette ai piedi della piccola montagna di terra, sotto la quale riposava in pace l’adorata nonna Alba, e con mani tremanti estrasse dalla borsa la lettera e la piccola scatola che le erano state consegnate dal Dott. Uboldi.
Aprì la busta, sfilò la lettera e lesse:
“Cara mia dolce bambina,
in questo letto d’ospedale ho pensato a lungo e mi sono resa conto di averti ferita profondamente l’ultima volta che ci siamo viste, però giuro che non era nelle mie intenzioni. Ti voglio molto bene e te ne ho voluto fin dal primo momento. Sei una ragazza dolcissima e avrei voluto conoscerti molti anni fa, perché so che mi avre-sti regalato momenti d’infinita gioia. L’affetto che mi hai dimostrato nei momenti in cui siamo state insieme, mi ha fatto capire che le tue intenzioni erano sincere, le tue premure erano prive di ogni interesse, se non quello di aiutare una povera vecchia, e proprio per questo ho deciso di premiarti. Non ho più nessuno al mondo, come ti ho già detto sono sola, così ieri sera ho chiesto al Dott. Uboldi di far venire il suo notaio di fiducia e lui mi ha accontentata. Ho fatto testamento e lui ne è stato testimone. A te ho lasciato l’appartamento in cui vivi, e quello in cui ho vissuto io, mentre per il mio conto in banca ho fatto predisporre che alla mia morte ne venisse dato un cinquanta per cento ai tuoi zii e il rimanente devoluto in bene-ficenza. Inoltre ho già provveduto a pagare tutte le spese notarili e di successione, così tu non dovrai affrontare alcuna spesa. Il Dott. Uboldi è a conoscenza di tutto, rivolgiti a lui con fiducia, ormai ti conosce alla perfezione, gli ho parlato molto di te.
Per finire ho un ultimo dono da farti, lo troverai dentro alla scatolina che ti conse-gnerà personalmente il Dott. Uboldi. È un cuore di smeraldo che mi aveva regalato mio marito per i venticinque anni di matrimonio, e ora io lo dono a te come regalo di buon auspicio per il tuo futuro sentimentale. Il verde è sinonimo di speranza e questa è una cosa alla quale non devi rinunciare mai. Spera Clarissa, spera sempre e vedrai che prima o poi i risultati arriveranno. Ti auguro di incontrare un ragazzo che sappia apprezzare quello che ha trovato, perché tu sei un fiore raro, e non tutti potranno avere il privilegio di coglierlo, solo uno sarà il fortunato e ti auguro di trovarlo al più presto. Vedrai, tra non molto arriverà. Sappi cogliere l’occasione al volo. Non so se ci vedremo ancora… non credo. Sono stanca e il mio cuore comincia a perdere colpi, però voglio che tu sappia che ti amo tanto, come se fossi la figlia che non ho mai avuto. Lo so che queste cose te le ho già dette, ma voglio che tu mi creda, perché l’ultima volta non sono stata convincente.
Ti prego Clarissa, quando mi penserai fallo con un sorriso. Ti concedo due lacrime, ma non di più. sei molto bella quando sorridi… è così che ti ricordo.
Ciao bimba mia, spero di rincontrarti il più tardi possibile.
Lunga vita a te.

Alba”


… e le lacrime scesero copiose.
Anche se la signora Alba non lo voleva, furono più di due.
 
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dolcino
view post Posted on 1/4/2008, 11:35




Ho appena letto il 6 capitolo, mi ha commosso molto. La signora Alba è una persona davvero rara. Però son curioso che ruolo avraà in fututo il dottore.
 
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felina67
view post Posted on 1/4/2008, 14:38




tra poco arriva il settimo capitolo e ne saprai di più... :abn:
 
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dolcino
view post Posted on 1/4/2008, 14:41




Non vedo l ora felina, è davvero bello.
 
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alessandro_
view post Posted on 1/4/2008, 15:45




Ho letto anche questo capitolo, complimenti, però Attilio non mi da affidamento ancora...
 
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dolcino
view post Posted on 1/4/2008, 17:09




Secondo me nella vita di Clarisse subentra il dottore...... vedremo
 
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5 replies since 31/3/2008, 17:13   45 views
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