3° CAPITOLO

« Older   Newer »
  Share  
felina67
view post Posted on 18/3/2008, 14:25




CAPITOLO 3

Erano passate tre settimane da quel pranzo in mensa. Non capitò più che i due ragazzi mangiassero allo stesso tavolo, però si videro spesso durante le pause caffè. Ora si parlavano, ma nonostante tutto la situazione non era molto diversa dall’inizio. Clarissa riusciva a non arrossire quando parlava con Attilio, ma si sentiva comunque in imbarazzo.
Lui si sentiva sempre più attratto da lei, ma ancora non sapeva niente della sua vita. Avrebbe voluto stare un po’ di tempo solo con lei, ma non azzardava un invito perché non riusciva ad immaginare una sua reazione.
Il destino volle che il venerdì di quella terza settimana, Attilio tentasse di far avve-rare il suo desiderio.
Stava uscendo dall’edificio a bordo della sua auto. La pioggia scendeva copiosa e clarissa stava attraversando la strada correndo, per trovare riparo sotto la pensilina della fermata dei pullman. Lui la vide.
Si accostò e abbassò il finestrino.
“Vuoi un passaggio?”
“Attilio!... oh grazie.”
La ragazza salì in auto completamente bagnata.
“Guarda che disastro. Ero convinta di avere un ombrello in ufficio e invece… ti ringrazio, se non fossi passato tu sarei arrivata alla fermata in condizioni pietose.”
Nel frattempo erano arrivati a destinazione.
“Speriamo che il pullman arrivi presto, altrimenti mi prendo una bronchite.”
“Effettivamente sei fradicia.”
“Pazienza. Dovrei essere a casa tra mezz’ora.”
“Posso accompagnarti io.”
“No, figurati. Non ce n’è bisogno.”
“Lo faccio volentieri.”
“Ma con il tempo che c’è arriverai a casa tardi.”
“Non ti preoccupare. Indicami la strada e ti porterò a destinazione.”
“Grazie… sei davvero gentile.”
“Dai… per così poco.” – e il silenzio calò nell’auto.
Erano fermi ad un semaforo. Attilio si voltò a guardarla e lei gli sorrise.
Riuscì a stento a frenare l’impulso di baciarla.
“Ma sei impazzito” – pensò – “Come fanno a venirti certe idee?”
La voce di Clarissa lo distolse dai pensieri.
“Al secondo semaforo gira a destra e poi sono quasi arrivata.”
“Agli ordini. Ti sei scaldata un po’?”
“Sì, va molto meglio. Prima stavo pensando a come sarei arrivata a casa se non avessi incontrato te.”
“Sicuramente come una che si è tuffata in piscina con i vestiti addosso.”
“E’ vero, sicuramente. Ecco, sono arrivata.”
“Qui?”
“Dopo quell’auto rossa.”
Attilio accostò l’auto al marciapiede.
“Arrivata sana e salva.”
“E con una bronchite risparmiata.”
”Questo è poco, ma sicuro.”
“Grazie ancora. Lunedì hai un caffè offerto.”
“Ma va… lascia stare.”
“Assolutamente no, ci tengo.”
“Va bene, però accetto solo se lo beviamo insieme.”
“Affare fatto!”
“A lunedì allora.”
“A lunedì.”
Mentre tornava a casa, Attilio pensava che Clarissa lo aveva stregato.
Non si era mai sentito così attratto da una sconosciuta e non riusciva a non pensare a lei. In ufficio gli avevano detto che il martedì successivo sarebbe dovuto andare in trasferta e già si sentiva malinconico al pensiero che non l’avrebbe vista per più di una settimana.
Doveva escogitare qualcosa, ma non sapeva ancora cosa.

Clarissa, sotto il getto d’acqua calda della doccia, sorrideva.
Il destino aveva voluto che rimanessero da soli e lei… lei era talmente imbaraz-zata da non riuscire neanche a pensare.
Aveva notato che anche Attilio non era molto rilassato e quando si era voltata a guardarlo, nei suoi occhi aveva scorto un guizzo d’ammirazione. Questo l’aveva riempita d’orgoglio e le aveva fatto venir voglia di lasciarsi andare.
Se in passato un ragazzo aveva approfittato di lei, non significava che fossero tutti dei mascalzoni.

Il sabato sera Clarissa uscì con Francesca.
Andarono in un locale a bere una birra e a parlare in continuazione di Attilio.
Clarissa confessò all’amica di essere ormai in balia dell’affascinante programma-tore e arrivata a questo punto voleva dare una smossa alla situazione.
Francesca le ricordò che Attilio aveva una ragazza e quindi le consigliò di non forzare la mano.
La domenica, per evitare di passare l’intera giornata pensando ad Attilio, Clarissa andò a casa degli zii portando con se la signora Giselli.
E poi finalmente il lunedì arrivò.
Alle dieci e trenta in punto Attilio era davanti alla macchinetta del caffè. Quando Clarissa lo raggiunse, ebbe un fremito in tutto il corpo.
“Eccoci qui. Tutto bene?”
“Sì grazie, e tu?”
“Non c’è male.”
“Come lo vuoi il caffè?”
“Macchiato e molto dolce:”
Porgendogli il bicchierino, Clarissa disse: “Al mio salvatore” – e Attilio sorrise.
“Mi sento tanto un paladino della giustizia, hai presente gli eroi dei film western?”
“Sì, ma tu sei in giacca e cravatta. Non è un po’ scomodo cavalcare vestito così?”
“Per me niente è impossibile!”
“Wow… che eroe…”
Improvvisamente Attilio diventò serio. Chiamò a raccolta tutto il coraggio di cui era capace e guardò Clarissa negli occhi.
“Cosa risponderesti se t’invitassi a bere un aperitivo al bar che c’è qui sotto, prima di andare a casa?”
Lei abbassò lo sguardo e si sentì avvampare. Il cuore era in tumulto e non aveva il coraggio di guardarlo in viso, però non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione simile.
“Accetto volentieri:”
“Davvero?”
“Sì.”
“Sono contento. Allora ci vediamo alle diciotto. So che tu smetti prima, ma se non ti scoccia aspettarmi…”
“Ci vediamo alle diciotto.”
Tornata in ufficio Clarissa lo disse subito a Francesca.
“A questo punto direi che è fulminato.”
“Lo credi davvero?”
“Clarissa, Attilio non ci ha mai provato con nessuna qui dentro, capisci?”
“Oh Franci, sono così agitata.”
“Sono troppo felice per te. Un in bocca al lupo super.”

Clarissa, come previsto, arrivò all’appuntamento in anticipo. Decise di aspettare Attilio fuori dal bar, così si sedette su un muretto, poggiando la schiena contro ad una colonna.
Attilio la trovò così, assorta nei suoi pensieri e guardandola provò una fitta al cuore. Quella ragazza possedeva una bellezza che lo sconcertava, ma non era solo quello. Era affascinato dalla dolcezza del suo viso, dalla sensualità del suo sguardo, dalla sofficità della sua folta chioma e dalla timidezza che la circondava.
Aveva voglia di stringerla tra le braccia e assaporare il suo profumo, assaggiare il sapore delle sue labbra, farsi travolgere dalle sue carezze, invece tutto quello che fece fu andarle vicino.
“Spero non ti sia annoiata troppo.”
Clarissa trasalì.
“Non ti ho visto arrivare, scusa.”
“Vieni, sediamoci ad un tavolino.”
Mentre sorseggiavano l’aperitivo, Attilio la guardò negli occhi.
“Non ti sei chiesta come mai ti ho invitata a bere un aperitivo?”
“Sì… ma non osavo chiedertelo.”
“Perchè? Ti faccio paura?”
“Se così fosse, non sarei qui.”
“E allora perché?”
“Non volevo essere indiscreta, mi sembrava una mancanza di tatto.”
“Che sensibilità! Qualità rara al giorno d’oggi.”
“Non è vero, basta saper cercare…”
“A quanto pare io non ne ho più bisogno… l’ho già trovata.”
Clarissa abbassò gli occhi.
“Scusami, ora sono io che ti ho messa in imbarazzo. Comunque se ti ho invitata è perché mi piacerebbe conoscerti un po’ meglio, sapere che tipo sei.”
“Ah sì?... e perché?”
“Sono curioso.”
“Bella risposta. Allora chiedi e ti sarà detto.”
“Posso accompagnarti a casa?”
“Sì.”
Una volta saliti in auto Attilio cominciò a parlare.
“Ti ho chiesto di vederci perché domani devo andare a Parma e starò via per dieci giorni. Se non lo facevo adesso, credo che non l’avrei fatto mai più.”
“Perché?”
“Perché anche se non sembra, sono timido.”
“Qualità rara in un ragazzo al giorno d’oggi. Siamo uno pari.”
Attilio sorrise.
Clarissa prese fiato… “Comunque sono contenta del tuo invito. Anche a me fa piacere conoscerti un po’ meglio.”
Non osando alzare lo sguardo, fissava il tappettino ai suoi piedi.
“Non hai idea che piacere mi fa sentirti dire queste cose. In fondo lo speravo.”
“Siamo arrivati.”
“Già! Cosa fai, vai subito a casa?”
“Il tempo di una sigaretta.”
“Vada per la sigaretta.”
“Allora non mi chiedi niente?”
“Così ha tutta l’aria di un interrogatorio…”
“Ci siamo cacciati in una situazione un po’ imbarazzante, non trovi?”
“Direi proprio di sì.”
“Dove abiti?”
“A Vigevano.”
“Allora sei di strada.”
“Sì, abbastanza.”
“Non ti scoccia stare lontano da casa quando ti mandano in trasferta?”
“Ora mi sono abituato, ma i primi tempi è stata dura. La cosa che più mi da noia è che faccio ufficio-albergo e albergo-ufficio.”
“Non esci la sera?”
“a volte capita, ma i colleghi sono del posto e hanno famiglia, quindi dopo il lavoro tornano a casa.”
“Non puoi portare la tua ragazza con te?”
“Come fai a sapere che ho la ragazza?”
Clarissa arrossì.
“Non lo sapevo… l’ho immaginato.”
“No, lei non può venire, ha il suo lavoro.”
“Dev’essere dura per entrambi.”
“Se devo essere sincero… ultimamente per me è quasi un sollievo.”
“Siete in rotta?”
“No, però io… sono io che non vado. Vorrei avere un po’ di tempo per capire se è la donna della mia vita.”
“E’ da tanto che siete insieme?”
“Otto anni.”
“Caspita, è una vita! Non sarebbe ora di pensare al matrimonio?”
“E’ quello che dice anche lei, ma non mi sento pronto.”
“Paura?”
“No, non è paura. Credo di non esserne più innamorato. Le voglio bene, questo è certo, ma non l’amo, non quanto lei ama me. Sonia mi adora e se fosse per lei saremmo già sposati da anni. Io invece… invece di essere con lei, sono qui con te.”
“Non stiamo facendo niente di male.”
“Lo so, ma da quando sono con Sonia non mi sono mai interessato a nessun’altra, però con te è diverso. Ho voglia di conoscerti, di capire che tipo sei.”
“Forse tutto questo accade proprio perché non sei più sicuro dei tuoi sentimenti, e allora vuoi concentrare le attenzioni su qualcosa di diverso.”
“Può darsi, non lo nego, ma ho bisogno di capire, di sapere cosa fare della mia vita futura… e non so se vorrò ancora Sonia al mio fianco.”
“Devi guardarti dentro e trovare una risposta.”
“Lo so… e mi dispiace averti scaricato addosso le mie angosce.”
“Non devi dispiacerti. Io sono qui e quando avrai bisogno di un’amica, sono pronta ad ascoltarti. Ogni volta che avrai bisogno di sfogarti, conta pure su di me. Ora però è meglio che vada, si è fatto tardi:”
“Tu sei fidanzata?”
“Non ti servirebbe a niente saperlo. Non è di questo che hai bisogno.”
“Hai ragione. Scusami… non volevo essere indiscreto.”
“Ci vediamo. Grazie del passaggio.”
“Sì certo, ci vediamo.”
Rimasto solo Attilio si diede dello stupido.
Aveva programmato tutt’altra cosa. Voleva sapere qualcosa di lei, della sua vita, e invece cosa aveva fatto? Gli aveva parlato della sua ragazza.
Decise di partire quella sera stessa, non aveva voglia di vedere Sonia.
Voleva stare solo… solo con il pensiero di Clarissa.

Clarissa era appena rientrata nel suo appartamento.
Aveva cenato con nonna Alba e le aveva raccontato quello che era successo. Era riuscita a non piangere, ma ora che si trovava sola con se stessa, diede libero sfogo a quel magone a lungo represso.
Alba le aveva detto che sicuramente Attilio si sentiva attratto da lei, e questo aveva messo in crisi il suo rapporto. Lei ora avrebbe dovuto aspettare che Attilio facesse chiarezza dentro di se, ma non sarebbe stata una situazione facile, avrebbe dovuto avere molta pazienza.
Attilio provava qualcosa per lei, Clarissa ne aveva avuto la certezza, ma era combattuto e lei non avrebbe mai voluto competere con la sua ragazza. Lei voleva una situazione normale e questo Attilio non poteva offrirglielo.
Piangendo, decise che avrebbe rinunciato a tutto, non avrebbe più accettato di vederlo da solo… almeno fino a quando non avesse fatto un po’ di ordine nella sua vita.
Aveva ben dieci giorni a sua disposizione.
Si addormentò pensando al viso di Attilio e il ricordo della sua voce, la cullò.
La mattina dopo in ufficio si buttò a capofitto nel lavoro, voleva tenere la mente occupata. Parlò con Francesca, le raccontò tutto, anche della decisione che aveva preso. L’amica non fece commenti, si era resa conto che Clarissa stava soffrendo davvero. Forse il suo interesse per Attilio si era già trasformato in qualcosa di più.
Mancavano dieci minuti alla pausa per il pranzo, quando squillò il telefono sulla scrivania di Francesca.
“Chi diavolo è a quest’ora? Pronto? Ciao. Sì. No, non preoccuparti, aspetta solo un attimo” – Francesca si voltò verso Clarissa – “Alza la cornetta, è per te.”
“Chi è?”
“Non lo so… cercano te.”
“Pronto?”
“Clarissa?”
“Chi parla?”
“Sono Attilio.”
Il cuore cominciò a battere più forte.
“Che sorpresa. Dove sei?”
“A Parma. Ti ho telefonato adesso perché so che puoi rimanere sola.”
Clarissa disse a Francesca di andare avanti che l’avrebbe raggiunta subito.
“Dimmi, è successo qualcosa?”
“Clarissa scusami per ieri sera, sono stato un idiota.”
“Ti ho già detto che non devi scusarti.”
“Invece sì. Ho passato tutta la mattina pensando a te, avevo bisogno di sentirti. Ho sbagliato tutto Clarissa, non volevo cominciare così, ma è successo e adesso devo assolutamente parlarti, spiegarti. Puoi raggiungermi sabato?”
“A Parma?”
“Sì.”
“Ma ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo? Non voglio essere usata per le tue decisioni. Non è vedere me che può aiutarti a capire cosa devi fare della tua vita sentimentale. Voglio restarne fuori.”
“Hai il ragazzo? È per questo che non vuoi venire?”
“Attilio ti conosco appena, non so chi sei. Come faccio a partire di punto in bianco per raggiungerti, se non so quello che mi aspetta?”
“Non hai risposto alla mia domanda.”
“No, non ce l’ho il ragazzo, ma questo non cambia niente. Non voglio essere la causa o la scusa di una tua eventuale decisione.”
“Clarissa, ma non l’hai ancora capito che sei proprio tu che mi hai messo in crisi? Da quando ti ho vista non ho fatto altro che pensare a te. Non posso farci niente, non riesco a non pensarti e non sai quanto mi costi confessarlo. Non mi sono mai esposto così con una ragazza... non ho mai pensato così tanto ad una ragazza.”
“Non so cosa dire.”
“Dimmi che vieni, ti prego. Voglio farti conoscere quella parte di me che non hai visto, voglio poter capire se…”
“Cosa?”
“Clarissa ti prego, vieni.”
“Non so, non mi sembra una cosa giusta. Cerca di capirmi, mettiti nei miei panni.”
“Lo so, tu hai perfettamente ragione, ma ti prometto che non te ne pentirai. Ho bisogno di avere quest’opportunità, dammi la possibilità di farti capire.”
“Ma non pensi a quello che provo io? Non ti sorge il dubbio che forse non abbia nessuna voglia di conoscerti meglio?”
“E’ così? Se è così dimmelo subito e non ti disturberò mai più.”
“No.”
“Cosa significa, non capisco.”
“Non è così.”
“E allora perché sei così distaccata?”
“Perché c’è di mezzo un’altra persona e non voglio che in questa storia debba soffrire qualcuno… sia Sonia, sia tu o sia io.”
“Se tu fossi qui ti avrei già presa tra le braccia. Devo vederti Clarissa, costi quel che costi. Se non vieni tu qui, verrò io da te, questa sera stessa.”
“E il lavoro?”
“Al diavolo il lavoro, non me ne frega niente. Ho bisogno di vederti e di parlarti. Non ce la faccio ad aspettare dieci giorni, non ce la faccio proprio.”
Dal tono di voce di Attilio, Clarissa capì che non scherzava. Voleva vederla veramente, ad ogni costo e questo forse significava qualcosa?
“Come faccio a raggiungerti?”
“Stai dicendo che vieni?”
“Ci sto pensando.”
“Venerdì c’è un treno che parte dalla stazione centrale alle venti zero cinque. Vengo a prenderti alla stazione di Parma. Ti prenoto una stanza qui in albergo.”
“Tu sei matto!”
“Lo so. Erano anni che non mi sentivo così.”
“Ci vediamo alla stazione venerdì sera.”
“Clarissa io… grazie. Ti prometto che non te ne pentirai.”

Francesca rimase a bocca aperta.
“Stamattina hai detto che non volevi più pensare a lui, e ora lo raggiungi a Parma… chi ti capisce è bravo!”
“Dovevi sentirlo Franci, mi supplicava.”
“Ma che bisogno c’è di andare fino a Parma?”
“Se non andavo da lui, questa sera sarebbe venuto da me.”
“E’ proprio uscito di senno, non è da lui. Qui tutti lo conosciamo come una persona posta, con pochi grilli per la testa. Deve essere proprio cotto per comportarsi così.”
“Andrò a sentire quello che ha da dirmi e poi prenderò una decisione definitiva.”
“Clarissa stai attenta. Questo viaggio è una lama a doppio taglio per entrambi. Non dimenticare che lui ha la ragazza.”
“Non potrei neanche se lo volessi.”
“Per me vi state cacciando in un enorme guaio.”
“Certo che sei la persona più adatta per tirare su il morale. Non ti capisco, all’inizio eri tu che mi spingevi verso di lui ed ora pensi il contrario.”
“Semplicemente non voglio che tu soffra. E se lui avesse deciso di usarti?”
“No Franci, non è nelle sue intenzioni.”
“Ma cosa ne sai? Non lo conosci neanche.”
“Non glielo permetterei mai. Mai!”
“Ormai vedo che hai deciso. Almeno posso accompagnarti in stazione?”
“Speravo me lo chiedessi.”

Francesca attese che Clarissa sistemasse il bagaglio e prima di andarsene, l’abbracciò.
“Mi raccomando piccola, non infilarti nel suo letto.”
“Non ci penso nemmeno.”
“Non farmi stare in pensiero. Telefonami domani sera e fammi sapere come stai.”
“Lo farò, non preoccuparti. Ora lasciami andare altrimenti il treno parte senza di me.”
Francesca la strinse ancora più forte e le baciò una guancia.
Clarissa si commosse per tanta manifestazione d’affetto.
Mentre tornava a casa, francesca pregò in silenzio.
“O Signore, fa che quella ragazza non debba patire le pene che ho patito io. Veglia su di lei almeno fino al suo ritorno, poi ci penso io a proteggerla.”

 
Top
melisenda
view post Posted on 18/3/2008, 14:32





complimenti per quello che scrivi e per come lo scrivi
 
Top
stellina_29
view post Posted on 19/3/2008, 17:38




:001: molto ma molto bello. continua Chiara :occ: :occ:
 
Top
sarettamas
view post Posted on 21/3/2008, 19:23




clarissa si sta infilando in un guaio... quello che sto vivendo io da due anni!! mi ritrovo molto in lei e nella siua situazione purtroppo!!
 
Top
3 replies since 18/3/2008, 14:25   51 views
  Share