2° CAPITOLO, romanzo L'ALTRA DONNA

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felina67
view post Posted on 14/3/2008, 14:24




CAPITOLO 2

Ci volle più di un mese per rendere “vivo” quell’appartamento, ma alla fine Clarissa era così soddisfatta, che non riuscì a credere di aver fatto tutto da sola.
Il primo invito a cena lo riservò agli zii.
I due coniugi le fecero molti complimenti. L’appartamento aveva un’impronta decisamente giovanile, in alcuni tratti persino stravagante.
Il soggiorno era sobrio, senza eccessi. Un’intera parete era coperta da una libreria in laccato blu notte dai toni rustici, pur mantenendo un aspetto moderno.
Al centro della stanza c’era un divano a tre posti in strinne blu, abbellito da due cuscini ai lati dei braccioli in tessuto verde chiaro.
Un tappeto di lana con colori autunnali e disegni geometrici, oltre a conferire alla stanza un aspetto caldo e confortevole, faceva risaltare in modo discreto il tavolino con piantana in laccato blu notte come la libreria, con tubi d’acciaio a sostenere il piano in vetro temprato a forma di rombo.
In un lato della stanza c’era una lampada da terra in legno blu, con paralume in metallo verde acqua. Accanto Clarissa aveva messo un mobile polifunzionale a tapparella che conteneva il televisore ed il videoregistratore.
Sul lato opposto c’era un originale mobile porta stereo rivestito in lamina blu, con sostegni in metallo laccato.
Per la cucina Clarissa sfruttò in maniera intelligente il poco spazio a sua disposi-zione. Il tavolo da pranzo nero formava uno splendido angolo, con due sedie a sgabello a completarne l’immagine. Sulla parte laterale al tavolo c’era un lungo monoblocco con inseriti il lavandino e il piano di cottura. Accanto a quest’ultimo, c’era un praticissimo carrello portavivande estraibile.
In alto c’erano una serie di mensole ornate da piante e libri gastronomici.
I mobili del monoblocco erano di un bordeaux sfumato al bruciato, mentre tutti gli altri pensili erano neri come il tavolo.
Il bagno era anch’esso molto semplice, senza sfarzi. Il lavandino era stato fatto inserire in un mobile laccato bianco con ripiano in granito nero. La specchiera era sormontata da tre faretti e gli accessori erano tutti di granito nero.
La cosa spettacolare era la camera da letto!
Clarissa la considerava il suo fiore all’occhiello. Il letto si trovava ad una altezza di un metro da terra, circondato da due piccole rampe a tre scalini che portavano all’armadio guardaroba con ante a ribalta. Dietro alla testata del letto c’era una piccola passatoia sulla quale Clarissa aveva messo un caldo tappeto di lana bianca. Sotto al letto c’era un altro armadio guardaroba con ante a scomparsa e con all’interno dei piccoli faretti per illuminare i ripiani.
Le due piccole rampe di scalini erano state coperte di moquettes bianca e i due grandi cactus all’estremità della stanza, conferivano all’ambiente un non so chè di esotico.
Così Clarissa diede inizio alla sua indipendenza.
Come già detto, la prima persona con cui fece amicizia fu la padrona di casa, la signora Alba Giselli.
Passata l’ottantina, senza figli, né parenti di alcun grado, portava avanti la sua esistenza in maniera indipendente e con tanta di quella grinta da far impallidire un adolescente al confronto.
Nonostante tutto, Alba era una donna che infondeva tranquillità solo a guardarla.
Clarissa l’aveva trovata simpatica sin dal primo incontro.
Una mattina si trovarono sul pianerottolo ad aspettare insieme l’ascensore.
“Buon giorno signora.”
“Che brutto quel “signora”, ti prego non chiamarmi così, mi fa sentire vecchia. Chiamami Alba, dammi del “tu” e mi farai felice.”
“Va bene Alba.”
“Stai andando al lavoro?”
“Sì e sono anche in ritardo. Ma lei… scusa volevo dire tu dove vai così presto?”
“A comprare il pane e il latte.”
“Quando hai bisogno di qualcosa, chiedi pure… faccio la spesa per me e la faccio anche per te.”
“Grazie cara, sei davvero molto gentile, ma non potrei mai approfittare.”
“Sciocchezze, lo faccio volentieri.”
“Di una cosa ho bisogno senz’altro.”
“Dimmi…”
“Mi servirebbe qualcuno che mi aiuti a finire la torta di mele che ho preparato ieri sera.”
“Adoro la torta di mele! Invito accettato… dopo cena verrò senz’altro a mangiarne una fetta.”
“Bene, allora ci vediamo questa sera?”
“Ah ci conti… scusa, contaci.”
A quella sera ne seguirono molte altre e Clarissa si affezionò così tanto alla signora Alba, da considerarla come una nonna.
Le piaceva parlare con quella donna, era un’ottima ascoltatrice e persona saggia, Clarissa faceva sempre tesoro dei suoi consigli.
Dal canto suo la signora Giselli adorava la ragazza. Ne apprezzava l’educazione e ne ammirava la bellezza, ma soprattutto le era grata per le attenzioni che le dedicava. Non passava un giorno senza che l’andasse a trovare e spesso la portava con se a casa degli zii, e le faceva trascorrere una giornata serena .
Le piaceva quando Clarissa le confidava le sue ansie, le sue paure, perché dandole consigli riusciva in qualche modo a sdebitarsi per tutte le attenzioni che la ragazza le rivolgeva.
Quella sera avrebbero cenato insieme e la signora Giselli aveva deciso di prepara-re la sua famosa torta di mele.

Al lavoro Clarissa aveva appena finito di inserire dei dati nel computer e si stava rilassando un momento guardando fuori dalla porta dell’ufficio. In quel momento era sola, Francesca era stata chiamata dalla responsabile dell’ufficio economato.
Stava pensando di passare da un fioraio andando a casa; voleva comprare un mazzo di margherite a nonna Alba, sapendo quanto le piacessero, ma il brivido che le percorse la schiena, la distolse da quel pensiero.
I suoi occhi avevano incontrato un altro paio d’occhi.
Leggermente allungati ai lati, neri e grandi come chicchi d’uva, circondati da ciglia lunghe e folte. Lo sguardo che si scambiarono fu intensissimo.
Clarissa ebbe la sensazione di essere spogliata lentamente. Sentì una fitta allo stomaco e non riuscì più a sostenere quello sguardo. Arrossendo abbassò la testa e tornò al suo lavoro.
Con la coda dell’occhio vide che quella persona stava entrando nell’ufficio di fronte al suo.
Aspettò che la porta si chiudesse e si alzò per chiudere quella del suo ufficio.
Al tempo stesso, l’altra persona stava cercando di rallentare i battiti del cuore.
La vista di quella ragazza lo sconcertò, fu rapito dal suo fascino.
Non aveva mai visto quel viso prima di allora. Voleva saperne di più.

Quando Francesca rientrò in ufficio, trovò Clarissa seduta alla scrivania che con aria del tutto assente, fissava un punto indefinito sulla parete di fronte a lei.
“Hai visto un fantasma?”
Clarissa trasalì, non l’aveva sentita entrare.
“Oh Franci, meno male che sei tornata.”
“Ti assicuro che ne sono contenta anch’io. È più forte di me, ma quella donna non la sopporto, proprio non la reggo, speriamo che vada presto in pensione. Ma tu? Hai avuto qualche problema?”
“No.”
“E allora perché hai quella faccia?”
“Sono stata rapita da uno sguardo.”
“Cosa?”
“Ero qui che stavo lavorando e avevo lasciato la porta aperta. Alzo gli occhi un attimo dalla scrivania, e mi trovo davanti un ragazzo che non ho mai visto. I nostri sguardi si sono incontrati e ho sentito la bocca dello stomaco che si contraeva. Non sono riuscita a sostenere quello sguardo, così ho abbassato gli occhi.”
“E quello che c’è intorno agli occhi, com’è?”
“Affascinante! Sì… senz’ombra di dubbio.”
“Non l’avevi mai visto prima?”
“No.”
“Descrivimelo un po’”
“E’ alto, magro e vestito distintamente.”
“Mi serve qualcosa di più.”
“Ha i capelli neri e corti, lineamenti leggermente marcati e occhi a mandorla. Se ti può aiutare è entrato nell’ufficio qui di fronte.”
“Allora è sicuramente un programmatore.”
“Perché?”
“Solo loro vanno e vengono dal CED. Ora che ci penso, dalla tua descrizione potrebbe trattarsi solo di due persone, uno dei due però non è una persona molto affidabile.”
“Guarda che non ho strane idee in testa.”
“Ma se ti ha fulminata!”
“E cosa vuol dire?”
“Senti, ho un’idea. Sicuramente oggi in mensa lo vedrai, indicamelo e ti farò sapere qualcosa su di lui.”
“Ma se non l’ho mai visto prima, come fai a sapere che ci sarà?”
“Perché se è un programmatore, spesso è in trasferta, ma se ora è qui significa che è tornato in sede.”
Clarissa non riusciva a distogliere il pensiero da quello sguardo che l’aveva scombussolata dentro. Cercava di trovare una spiegazione razionale, ma più ci pensava, meno ci riusciva.
Quando arrivò l’ora di pranzo, era agitata. Davanti alla porta della mensa disse: “Senti Francesca lascia stare, non importa, non voglio sapere niente di quel tipo.”
“Perché?”
“Non voglio e basta.”
“Non ti capisco proprio.”
Clarissa spalancò la porta della mensa con mani tremanti. Teneva gli occhi bassi per paura di incontrare nuovamente quello sguardo. Riempì il vassoio e si fermò ad aspettare Francesca. Si voltò per guardare a che punto fosse, ma non la vide… i suoi occhi furono calamitati da un paio di occhi neri.
“Clarissa ti muovi? Sono qui.”
Francesca le era passata davanti e l’aspettava un po’ più in là.
“Ti va bene quel tavolo giù in fondo?”
“E’ qui!”
“Eh?”
“Quel ragazzo è qui. Sta facendo la fila” – Francesca spostò lo sguardo – “Indossa una giacca blu, con una camicia color albicocca?”
“Sì.”
“Complimenti! Nel mazzo devo dire che hai scelto il migliore.”
“Io non ho scelto nessuno. Me lo sono trovato davanti.”
“Mi raccomando, non ti agitare.”
“Perché?”
“Sta venendo verso di noi.”
Il ragazzo in questione si avvicinò a Francesca.
“Ciao Franci.”
“Ben tornato. Da quanto sei qui?”
“Sono rientrato stamattina.”
“Ti fermi un po’ o ti fanno ripartire subito?”
“Mi hanno detto che dovrei fermarmi per un mese, ma lo sai anche tu come vanno le cose qui dentro.”
“Guarda il lato positivo, visiti molte città e sei anche pagato.”
“Sai che consolazione.”
“Punti di vista caro. Ora ti lascio andare a mangiare altrimenti si raffredda tutto.”
“Buon appetito.”
“Anche a te, ciao.”
Quando le due ragazze si sedettero al tavolo, Clarissa diede volutamente le spalle alla sala. Al pensiero di essere osservata dal programmatore, sapeva che non avrebbe toccato cibo.”
“Grazie Franci.”
“Per cosa?”
“Per non avermelo presentato.”
“Ci mancava solo quello. Mi saresti svenuta tra le braccia.”
“Era così evidente?”
“Praticamente eri violacea e penso che a furia di fissare il vassoio avrai imparato a memoria ogni singola disposizione dei maccheroni.”
“Che figura da idiota.”
“Non preoccuparti, anche a lui sono diventate le guance rosse. Mi sa che hai fatto colpo.”
“Perché?”
“Non hai visto com’era nervoso? E poi che motivo avrebbe avuto per arrossire?”
“Non so.”
“Ma per la tua presenza, no?”
“Sì proprio.”
“Sono tre anni che lo conosco e ogni volta che mi ha parlato non è mai successo, non penso che si sia improvvisamente innamorato di me.”
“E’ quello poco affidabile?”
“Non mi avevi detto che non volevi sapere niente?”
“Bugia!”
“Ah, vieni allo scoperto adesso.”
“Dai, non prendermi in giro.”
“Va bene… no, non è lui.”
“E’ fidanzato?”
“Non lo so, non abbiamo mai parlato di questo. In tre anni non l’ho mai sentito parlare di ragazze, però questo non significa che non ne abbia una.”
“Come si chiama?”
“Attilio, ma i colleghi lo chiamano Attila.”
“Perché?”
“Perché dove passa fa danni, o meglio ancora, fa strage di cuori.”
“Strage di cuori?”
“E’ una storia che risale a molto tempo fa, ma non te la voglio raccontare adesso.”
“E’ una storia brutta?”
“Quando sarà il momento te la racconterò, ora è troppo presto. Comunque per quello che lo conosco è un ragazzo tranquillo, e soprattutto e simpatico.”
“Quanti anni ha?”
“Non vorrei sbagliarmi, ma credo sia intorno alla trentina.”
“Li porta bene.”
“Sono d’accordo. Ma dimmi un po’, ti piace davvero?”
“Non posso saperlo, non lo conosco.”
“Ecco che torna a galla la puritana. Sarò più esplicita: ci usciresti insieme una sera?”
“Ma… io credo… sì, ci uscire e come!”
“Oh, finalmente una confessione.”
”Capirai, basta guardarmi in faccia per capirlo.”
Per tutto il pomeriggio Clarissa non fece altro che pensare ad Attilio. Non riusciva a toglierselo dalla testa e Francesca la prendeva in giro.
Quella sera aprì il suo cuore alla persona che più sapeva ascoltarla.
“Che botta Alba, che botta! Non avevo mai provato una sensazione così prima d’ora. Quando mi guardava sentivo i brividi in tutto il corpo, capisci? Uno scono-sciuto, un perfetto estraneo mi guarda ed io mi sciolgo. Sono rimasta sconvolta.”
“Direi che questo è il classico colpo di fulmine.”
“Un colpo lo è stato di sicuro.”
L’anziana donna sorrise.
“Povera piccola, vorrei tanto che non patissi le pene d’amore, ma servono sai? Fanno bene al cuore e allo spirito, lo mantengono giovane e scattante. Comunque il mio consiglio è quello di saper aspettare, abbi pazienza e vedrai che qualcosa accadrà.”

Francesca, non dando ascolto alle proteste di clarissa, s’informò un po’ meglio sulla vita privata di Attilio e quando ne seppe abbastanza, decise di raccontare all’amica quello che aveva scoperto.
Finito di mangiare le due ragazze avevano preso l’abitudine di fare una passeggia-ta prima di rientrare in ufficio, e proprio durante una di quelle passeggiate, Francesca parlò a Clarissa.
“Senti, sediamoci un po’ su quella panchina, ho delle cose da dirti.”
Si accomodarono e Francesca cominciò.
“Devi promettermi che qualsiasi cosa abbia da dirti, non ti arrabbierai, altrimenti non comincio neanche.”
“Dipende.”
“No! Se me lo prometti continuo, altrimenti… niente, non parlo.”
“Va bene, ti prometto che non mi arrabbierò.”
“Bene. Durante questi giorni ho raccolto delle informazioni su Attilio.”
“Francesca!”
“Hai promesso. Continuo o lascio stare?”
“A che servirebbe? Ormai il danno l’hai fatto, tanto vale che continui.”
“Non ho combinato nessun danno, non ti preoccupare, sono stata molto discreta nella mie indagini. Non sarebbe ora che tu imparassi ad avere un po’ più di fiducia in me?”
“Ho voglia di prenderti a schiaffi, ma se ti guardo non ci riesco. Sei in assoluto l’unica ragazza che so di poter chiamare amica, senza aver paura di essermi sbagliata.”
Francesca in uno slancio d’affetto le baciò una guancia.
Quello che hai detto è molto bello, e ti giuro che non ti darò mai l’occasione per rimangiartelo.”
“Lo so… nonostante tutto so che sei veramente mia amica.”
“Ti stavo dicendo che ho raccolto informazioni su Attilio. Ho scoperto che ha ventinove anni, abita fuori Milano, esattamente a Vigevano. Ha la ragazza, ma sembra che non sia una cosa seria, perché non ne parla mai. E adesso tieniti! Qualcuno mi ha detto che ha chiesto chi fossi.”
“Io?”
“No, la befana!... ma certo, chi altri?”
“Davvero? E chi te lo avrebbe detto?”
“Un suo collega con il quale ho un po’ di confidenza. Mi ha detto che quando ti ha vista, gli ha chiesto se sapeva chi fossi.”
“Allora mi ha notata!”
“Te l’avevo detto no?”
“E poi?”
“Gli ho detto che sei la mia nuova collega e ti chiami Clarissa, poi ci siamo salutati e lui è andato via dicendo che lo avrebbe riferito ad Attilio.”
“Se fino adesso avevo paura ad incontrarlo. Ora sono terrorizzata.”
“Perché?”
“Perché mi vergogno. Se me lo trovo davanti divento di tutti i colori.”
“Per me invece dovresti fare finta di niente, devi fare l’indifferente. Se non gli fai capire che ti interessa è facile che faccia il primo passo e che tenti di conoscerti.”
“Ma non riesco a non arrossire.”
“Quando te lo trovi davanti non guardarlo, comportati come se non ci fosse.”
“Fai presto tu!”
“E’ più facile di quello che credi.”
“Speriamo in bene, non vorrei fare la figura dell’idiota.”
“Segui i miei consigli e vedrai che tutto andrà bene.”

Nei giorni che seguirono i due ragazzi si videro solo in mensa, ma Clarissa faceva sempre in modo di dare le spalle ad Attilio. Non sarebbe riuscita a sostenere lo sguardo del programmatore; solo il pensiero della sua presenza le faceva aumen-tare i battiti cardiaci.
Odiava il fatto di non riuscire a controllarsi e si stupiva dell’effetto che quel ragazzo aveva su di lei.
Nello stesso tempo Attilio era sempre più attratto da quella ragazza di cui cono-sceva solo il nome. Avrebbe voluto conoscerla, ma era un po’ disorientato dalla sua indifferenza. Dopo averla vista quel famoso pomeriggio, si era ritrovato spesso a pensare a quei magnifici occhi color nocciola e a quella cascata di riccioli mogano, e la cosa che lo impensieriva era che più passava il tempo, più si ritrovava a pensare a lei. Senza dubbio si sentiva attratto da Clarissa e questo lo aveva portato a prendere una decisione: prima di essere mandato in trasferta un’altra volta, doveva conoscerla, doveva rivolgerle la parola.
Il giorno dopo quando arrivò in mensa vide che Francesca e Clarissa erano già arrivate. Decise di andare a sedersi con loro, ma a mano a mano che si avvicinava al loro tavolo, sentiva il coraggio venirgli meno.
Si fermò un attimo e dopo aver fatto un lungo respiro, proseguì.
“Ciao Francesca, posso sedermi con voi?”
“E come no, siediti qui vicino a me.”
Clarissa sentì che le sue guance stavano cambiando colore e fece uno sforzo per non alzarsi e andare via.
“Conosci Clarissa?”
“Non ho ancora avuto il piacere.”
Allungò una mano e andò a stringere quella di Clarissa. Quel contatto gli provocò un brivido lungo la schiena e quando i loro occhi si incontrarono sentì il cuore andare in tumulto.
Durante tutto il pranzo non riuscì a parlare, si sentiva intimorito dalla forte attrazione che provava per lei.
Clarissa non alzò quasi mai gli occhi dal piatto e Francesca si trovò a dover gestire una situazione estremamente imbarazzante. Aveva capito che i due si piacevano, ma aveva anche capito che avevano “paura” uno dell’altra.
Nel pomeriggio, durante la pausa caffè, Francesca prese Clarissa in disparte.
“Allora, hai visto che ha funzionato?”
“Dio come mi sentivo in imbarazzo, avrà pensato che sono una con la puzza sotto il naso, non gli ho mai rivolto la parola.”
“Ma non hai visto che anche lui non sapeva dove guardare? Forse era più in imbarazzo di te.”
“Che situazione assurda!”
“Invece è bellissima. I primi batticuore, gli sguardi intimiditi. È così romantico.”
“Ti posso assicurare che per me c’è solo un grande imbarazzo:”
“Ti piace vero?”
“Molto. È veramente un ragazzo affascinante. Ora capisco perché lo hanno so-prannominato Attila.”
“Forse è arrivato il momento che tu sappia perché lo chiamano così.”
“Se è una storia brutta non voglio saperla.”
“Non è brutta, diciamo… preferisco che tu lo sappia da me, piuttosto che da qualche malalingua invidiosa. Io ti dirò come sono andate realmente le cose, e tu trarrai le tue conclusioni. D’accordo?”
“D’accordo.”
“Un paio d’anni fa c’era una ragazza che lavorava con i programmatori. Dopo poco tempo si era presa una cotta con i contro fiocchi per Attilio. Lui se n’era accorto e aveva fatto di tutto per non incoraggiarla. Lei però non demordeva e un giorno l’ha chiuso a chiave nell’ufficio e gli è letteralmente saltata addosso. Quando si è vista respingere per l’ennesima volta, è andata dal direttore generale e l’ha denunciato per molestie. Attilio fu allontanato immediatamente, ma per fortuna quella stronza capì di aver fatto una cosa ingiusta e prima di dare le dimissioni, raccontò com’erano andate realmente le cose. Otto mesi dopo, un’altra impiegata s’innamo-rò di lui. Questa era molto più intraprendente della prima e gli chiese di uscire a cena.”
“E lui?”
“Non c’è mai uscito. È sempre stato sulle sue, non l’ha mai illusa, anche perché era molto più grande di lui, ma lei ha sempre sperato. Alla fine si è fatta trasferire perché non ce la faceva più a stare qui.”
“Era proprio innamorata.”
“Aveva persino lasciato il marito per lui.”
“Addirittura? Ma allora lui l’aveva incoraggiata in qualche modo.”
“No, mai! Era lei che si era intestardita, lui è sempre stato onesto e corretto nei suoi confronti… non solo con lei, ma anche con tutte le altre. Ne ha fatti battere di cuori il tuo bel programmatore, sai?”
“Io sono la vittima di turno?”
“Non ce ne sono state vittime. Non è mai uscito con nessuna della ditta, forse tu sarai la prima.”
“La prima? Dopo il pranzo di oggi non mi rivolgerà neanche la parola.”
“Io non credo…”
quella sera a cena Clarissa si confidò con la signora Giselli.
“Vedi Alba, io non so perché lui mi piaccia così tanto, in fin dei conti non so nean-che chi sia. Potrebbe essere un mascalzone, o la persona più buona del mondo, l’unica cosa che so per certo è che credo di essermi presa una bella cotta.”
“Per quello che mi hai raccontato, sono d’accordo con Francesca. Se fossi in te, darei tempo al tempo e penso che la situazione si sbloccherà. L’importante è non forzare la mano. Tu comportati come hai fatto fino ad ora e vedrai che quando sarà il momento di capire, capirai.”


 
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cucciolina72
view post Posted on 14/3/2008, 14:52




Felina sei bravissima..... continua così.....hai un gran talento..!
grazie!
 
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stellina_29
view post Posted on 14/3/2008, 16:24




:rir: stavo sulle spine, volevo leggere il 2 capitolo... brava chiara ora scrivi il resto piu' leggo piu' mi incuriosisce :rir: :rir:
 
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2 replies since 14/3/2008, 14:24   43 views
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