L' ALTRA DONNA, romanzo by felina67

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marina53
TOPIC_ICON1  view post Posted on 12/3/2008, 11:21




......e noi cominciamo a leggere
:001:
 
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felina67
view post Posted on 12/3/2008, 11:38




Facciamo la prova con il primo capitolo... :beb:

Il romanzo si intitola L'ALTRA DONNA... buona lettura




CAPITOLO 1


Eccola finalmente!
Davanti a lei c’era l’imponente entrata dello stabile in cui, di lì a pochi minuti si sarebbe sottoposta ad un colloquio di lavoro.
Clarissa, timida ventitreenne, non ha grandi pretese, vuole solo un lavoro che le garantisca l’indipendenza economica che ha sempre sognato. Se il colloquio la porterà ad un’assunzione, potrà dire di avere posato il primo mattone.
L’ascensore si fermò al secondo piano.
Un uomo in divisa le indicò un ufficio in fondo al corridoio.
Il cuore in gola mentre bussava alla porta, le mani sudate.
La segretaria la precedette nell’ufficio del Sig. Mattei, il capo del personale.
Clarissa strinse energicamente la mano dell’uomo che le stava di fronte.
Dallo sguardo che il Sig. Mattei le rivolse, capì che l’aspetto fisico aveva giocato un punto a suo favore. Indossava un tailleur color panna di taglio maschile che metteva in risalto la figura.
Alta più della media, snella, con una cascata di capelli ondulati color mogano, due occhioni nocciola vispi e sensuali, naso alla francese e labbra piccole ma ben tornite, sapeva di non passare inosservata, ma non aveva mai puntato sulla sua bellezza per ottenere qualcosa.
Mezz’ora più tardi si congedò dal Sig. Mattei con la promessa di essere richiamata nell’arco di sette giorni.
In cuor suo Clarissa sapeva che il colloquio era andato bene, ma fino a quando non fosse stata contattata telefonicamente, non poteva averne la certezza.

I giorni trascorrevano nell’attesa.
Clarissa teneva a quell’impiego. L’azienda per la quale aveva lavorato, aveva dovuto ridurre il personale e lei, essendo una degli ultimi arrivati, era stata licenziata.
Cinque anni prima si era diplomata in ragioneria con il massimo dei voti e nel giro di poche settimane era stata assunta come contabile presso una piccola azienda che vendeva materiale edile.
Ora avrebbe avuto la possibilità di entrare a far parte di una grande Società di Costruzioni milanese, in crescente espansione. All’interno dell’ufficio amministrati-vo sarebbe stata assunta come semplice contabile, ma con notevoli possibilità di far carriera.
Finalmente il quarto giorno arrivò la telefonata. Le comunicarono che sarebbe stata assunta per un periodo di prova di tre mesi a partire dal lunedì successivo.
Fra le tante candidate, lei era risultata la più idonea.

Il lunedì mattina Clarissa arrivò puntuale.
Dopo un breve colloquio con il Sig. Mattei, fu accompagnata nel suo ufficio e le venne presentata la ragazza con cui avrebbe lavorato.
Francesca l’accolse con un sorriso.
“Benvenuta a bordo.”
“Grazie.”
“Se non ti spiace, a te ho lasciato la scrivania vicino alla finestra, sai non sopporto gli spifferi. Riesco a prendere il raffreddore anche se mi vola vicino una mosca.”
Clarissa sorrise per quell’espressione insolita e provò subito simpatia nei confronti della nuova collega.
La mattinata trascorse in un baleno.
Francesca notò con piacere che Clarissa era molto precisa, ordinata e soprattutto apprendeva con straordinaria rapidità; ora le restava solo da scoprire se dietro tanta efficienza ci fosse anche una dose di simpatia.
Francesca era spigliata, esuberante e le piaceva molto chiacchierare, ma Clarissa le aveva dato l’impressione di essere una ragazza timida e taciturna.
All’ora di pranzo la condusse nella mensa aziendale.
Dopo essersi servite, le due ragazze si sedettero ad un tavolo piuttosto appartato; Francesca era intenzionata a scoprire qualcosa di più della sua nuova collega.
“Eccoci qua. Allora? Tutto bene?”
“Direi di sì.”
“Non mi è sembrato che tu abbia avuto grosse difficoltà.”
“No, effettivamente non ne ho avute.”
“E’ da molto che fai questo lavoro?”
“L’ho fatto per cinque anni. È stato il mio primo ed unico impiego.”
“Caspita che fortuna. Io prima di arrivare qui ho fatto di tutto. Dalla lavapiatti in un ristorante, alla commessa in un negozio di abbigliamento, poi alla fine grazie a varie conoscenze” – Francesca allargò le braccia e alzò gli occhi al cielo – “sono riuscita ad entrare nell’ufficio paghe e contributi di questo grande colosso.”
Clarissa la guardava sorridendo.
La trovava una ragazza molto affascinante, piena di brio e i suoi occhi avevano una luce particolare, una luminosità che nei suoi occhi non aveva mai visto. Mentre la osservava, pensava che avrebbe voluto somigliarle.
Francesca non era particolarmente bella, ma era molto affascinante.
Un baschetto biondo le incorniciava un viso scarno, con zigomi sporgenti. Le labbra sottili erano quasi sempre tirate in un sorriso.
Le folte ciglia ombreggiavano appena due grandi occhi azzurri.
Francesca tornò a fissare Clarissa.
“Quanti anni hai ?”
“Ventitre.”
“Alla tua età facevo la babysitter per un ricco signore della zona “bene” di Milano. Abitava in un attico in Via Broletto e non sapeva neanche lui a quanto ammontas-se il suo patrimonio. Praticamente i figli non li vedeva mai. Aveva due splendidi gemelli di quattro anni, Stefano e Roberto, ma sono sicura che se gli chiedevi di che colore fossero i loro occhi, non te lo sapeva dire.”
“E la madre dei bambini?”
“Era in una clinica all’estero per disintossicarsi da alcol e droga.”
“Li hai accuditi per tanto tempo?”
“Quasi due anni, poi il padre si è trasferito a Roma per lavoro e non li ho più visti.”
“Ne hai sofferto?”
“Sì, molto. In quel periodo ero sposata e dopo vari tentativi, avevo scoperto di non poter avere figli; puoi immaginare come fosse diventato morboso il mio attacca-mento a quei bambini.”
Per un attimo lo sguardo di Francesca si incupì; roteò una mano a mezz’aria come a scacciare brutti ricordi e tornò a sorridere.
“Sei sposata? Hai dei figli?” – chiese a Clarissa.
“Né l’uno, né l’altra e non sono neanche fidanzata.”
“Una bella ragazza come te, tutta sola?”
Clarissa sorrise.
“Sono un disastro nelle relazioni personali. Non ho mai avuto una vera e propria relazione e penso di non essermi neanche mai innamorata davvero.”
Clarissa mentì. Aveva sì amato, ma era accaduto una sola volta. Francesca disse: “Cara la mia ragazza, non sai cosa ti perdi.” – ma lei preferì spostare la conversazione sulla vita privata della collega.
“Hai detto che sei sposata, ma non porti la fede nuziale.”
“Sono separata da quattro anni, e da due convivo con Antonio, uno splendido architetto.”
“Non ti è bastato il matrimonio?”
“Cosa vorresti dire?”
“Io non so se… insomma, dopo un fallimento avrei paura a convivere di nuovo.”
“E secondo te, se una donna ha fatto uno sbaglio, non ha più diritto ad avere una vita felice?”
“Non è che non ne ha il diritto, è solo che io avrei paura, non riuscirei più a fidarmi di un uomo.”
“Anch’io mentre vivevo la separazione pensavo che non ci sarei più ricaduta. Odiavo gli uomini e fidarmi di loro era l’ultima cosa che mi passava per la mente, ma poi un giorno ho dovuto fare i conti con il mio cuore. Ho conosciuto Antonio ad una festa di amici comuni e non avevo nessuna intenzione di iniziare una relazione, ma più lo conoscevo e più lo amavo e alla fine ho capito che se nella mia vita è entrato un uomo duro e crudele, non significava che gli uomini fossero tutti così. Antonio era l’esatto opposto del mio ex marito e provando a fidarmi di lui, ho scoperto cos’è il vero amore e soprattutto ho capito cosa significa essere amati veramente. Credo che tu parli così solo perché non hai ancora provato.” – ma Clarissa aveva già sperimentato una cocente delusione d’amore e aveva giurato a se stessa di non ricaderci più. –“Può darsi, forse hai ragione tu.”
“Posso essere franca?”
“Certo.”
“Devi promettermi di non offenderti.”
“Prometto.”
“Ho la netta sensazione che tu sia… come dire… un po’ bacchettona.”
Clarissa fissò un istante Francesca, poi rise di gusto.
“Sai Francesca, credo tu abbia colpito nel segno.”
“Che ne dici se ti faccio un po’ di scuola? Scherzi a parte, mi piacerebbe diventare tua amica, me lo concedi?”
Clarissa non aveva mai avuto un’amica… non aveva mai avuto un’amica vera!
Non sapeva spiegarsi il perché, ma sentiva che Francesca era una persona di cui ci si poteva fidare; forse perché aveva dieci anni più di lei, o forse perché era schietta e sincera, ma per la prima volta in vita sua, decise di aprire il cuore ad un’estranea.
“Sarei felice se diventassimo amiche, perché mi piaci, mi piaci molto.”

I tre mesi di prova passarono così in fretta, che Clarissa si ritrovò tra le mani il contratto d’assunzione senza rendersene conto.
Alle diciassette e trenta, quando l’orario di lavoro era terminato, prese Francesca sotto braccio e la portò al bar per offrirle un aperitivo.
Durante i mesi trascorsi, la vicinanza di Francesca fu per lei un’ottima cura.
Sin da piccola Clarissa era stata una bambina taciturna e riservata.
Non aveva mai partecipato ai giochi di società, alle feste di compleanno dei suoi compagni, alle gite scolastiche. Si sentiva inferiore e aveva sempre paura di non essere all’altezza della situazione.
La sua condizione di orfana le pesava come un macigno e il terrore di essere accettata solo per questa sua diversità, la portava ad isolarsi e a vivere in un mondo tutto suo, fatto di elfi, di fate e di principi azzurri che venivano a salvarla per portarla nel loro castello incantato, dove l’avrebbero amata per il resto della vita.
All’età di cinque anni i suoi genitori morirono in un tragico incidente stradale. Lei si salvò per puro miracolo e dopo una lunga degenza in ospedale, venne adottata dagli zii paterni.
Zio Dino e zia Anna non le fecero mai mancare l’amore, ma Clarissa sapeva che non erano i suoi genitori, anche se si erano sempre comportati come tali.
Francesca fu l’unica persona a cui raccontò la verità sulla sua situazione famigliare. Giorno dopo giorno aveva imparato a conoscerla e a fidarsi di lei.
Anche Francesca nella vita aveva dovuto affrontare situazioni molto pesanti, a partire da un padre ed una madre che non facevano altro che litigare; sposare un ragazzo solo per poter uscire dalle mura domestiche e ritrovarsi in un inferno dove il marito, quasi sempre ubriaco, abusava di lei.
Clarissa ammirava il suo coraggio, perché nonostante tutto Francesca amava la vita e aveva avuto la forza di andare avanti, ed ora conduceva una vita appagante e piena d’amore.
Pian piano Clarissa riuscì ad acquistare fiducia in se stessa, ma sapeva che la strada da percorrere per uscire dal guscio era ancora molto lunga.
Ora, mentre brindava alla sua assunzione con l’amica, si sentiva emozionata.
Sapeva che la presenza di Francesca per lei avrebbe rappresentato un punto fermo, e le era grata per questo.
Quella sera, a tavola, Clarissa comunicò la bella notizia agli zii.
Passato il momento di euforia, diede fondo a tutto il suo coraggio e confidò loro l’intenzione di andare a vivere da sola.
“Ho una cosa da dirvi molto importante. Ora che finalmente ho trovato un posto di lavoro sicuro e ben retribuito, ho deciso di cercarmi un appartamento in affitto.”
Il silenzio calò nella sala da pranzo. Clarissa udiva soltanto i battiti del suo cuore.
La voce dello zio ruppe il silenzio.
“Perché vuoi andare via? Ti abbiamo forse proibito qualcosa?”
“No.”
“Ti abbiamo fatto mancare l’affetto, abbiamo sbagliato in qualcosa?”
“No zio, no! Siete stati sempre meravigliosi, non avrei potuto chiedere di più.”
“E allora perché vuoi andare via?”
la zia la guardava e Clarissa vide una profonda tristezza nei suoi occhi.
“Vi prego di non rendere questo momento ancora più difficile di quanto non lo sia già. Se voglio andare via è solo perché vorrei provare a me stessa di sapere badare alla mia vita. Voglio vedere se riesco a sopravvivere senza il vostro aiuto. Non che io non lo apprezzi, sia ben chiaro, ma voglio potermi considerare una persona indipendente. In tutti questi anni vi ho sempre avuto al mio fianco e vorrei che anche in questo momento mi sappiate capire come avete sempre fatto.”
“sei proprio sicura di volerlo?”
“Lo so zia cosa intendi dire, e so anche che non sarà facile i primi tempi, ma non voglio arrendermi senza prima aver provato. Se dovessi fallire, allora… sarà sempre aperta la vostra porta?”
“Certo, non dovresti neanche chiederlo.”
“E allora fatemi provare, datemi questa possibilità, non vi chiederò soldi, lo giuro, sarò indipendente in tutto e per tutto, ma datemi il vostro consenso.”
“Ci chiedi di capire, ma mettiti nei nostri panni. Per noi sei come una figlia e ti vogliamo bene più che a noi stessi, come puoi farci questo?”
“Ma io non voglio farvi soffrire. Se un giorno mi fossi sposata, non sarei andata via? E allora perché non far finta che mi sono sposata?”
La zia prese la parola.
“Non è la stessa cosa. Saresti sola. E se ti senti male? Come fai se hai bisogno di aiuto?”
“Vedi zia perché voglio farlo? Proprio per questo. Voglio essere in grado di poter badare a me stessa.”
Suo zio le posò una mano sul braccio e la guardò come se di colpo vedesse in lei una donna matura.
“Capisco quello che vuoi dire. Va bene Clarissa, fai come vuoi, ma almeno non allontanarti tanto. Prometti che cercherai un appartamento nei dintorni?”
“Farò del mio meglio zio, grazie.” – e alzandosi baciò la guancia dell’uomo, visibil-mente commosso.

La mattina seguente Clarissa comprò un giornale di annunci immobiliari e cominciò a fissare un po’ di appuntamenti.
Dopo una settimana di ricerche non aveva ancora trovato quello che cercava.
A distanza di due settimane, suo zio le disse :”So che non hai ancora trovato l’appartamento che cercavi.”
“Ci sono in giro i pazzi! Devi vedere che case. E i soldi? Non parliamo delle cifre. Ma cosa pensa la gente, che vado a rubare?”
“E’ proprio per questo che tua zia ed io abbiamo deciso di darti una mano e ti abbiamo fissato un appuntamento per sabato mattina.”
“Dove?”
“A tre isolati da qui affittano un appartamento di due locali, in una palazzina signorile. C’è il giardino ed è tutto recintato. La palazzina è di tre piani e l’apparta-mento che andremo a vedere è all’ultimo, così non avrai chi ti cammina sulla testa. È un posto molto tranquillo. Ci sono solo sei appartamenti e non ho visto bambini in giro.”
“Sei unico zio, l’ho sempre detto. Ma spiegatemi una cosa, se non volevate che andassi via, perché avete fatto tutto questo?”
“Perché ci siamo dovuti rendere conto che la “nostra bambina” non è più una bambina. Sei cresciuta Clarissa ed è ora che impari a camminare da sola. È giusto quello che ci hai detto e rispettiamo la tua voglia di libertà.”
“Mi avete lasciata senza parole.”
“Speriamo che l’appartamento ti piaccia.”

Per Clarissa quell’appartamento fu amore a prima vista.
L’entrata dava direttamente su un ampio salone inondato di luce, grazie ad una grande porta finestra dalla quale si accedeva ad una terrazza ornata di rampicanti ormai secchi.
A lato del salone c’erano due archi sopra ai quali erano stati decorati motivi floreali di un delicato verde pastello. Al di là del primo arco c’era una cucina, non molto grande, ma anch’essa illuminata abbondantemente da un’ampia finestra che si affacciava sulla terrazza. Oltre il secondo arco c’era un corridoio che conduceva al bagno e alla camera da letto.
Quella mattina stessa Clarissa firmò il contratto d’affitto.
La proprietaria dell’appartamento era una signora anziana e sola, che viveva sullo stesso pianerottolo dove sarebbe andata ad abitare Clarissa. Era rimasta vedova molti anni prima e il marito le aveva lasciato i due appartamenti al terzo piano.
Nell’arco di quegli anni aveva affittato solo una volta, ad una famiglia di tedeschi, che l’avevano lasciato sei mesi prima. Aveva messo un annuncio sul giornale per riaffittare l’appartamento, ma le persone che si erano presentate non le erano piaciute; ora invece era molto felice di avere come inquilina una ragazza giovane e ben educata. Era sicura che non si sarebbe pentita della scelta, perché provò subito simpatia nei confronti sia di Clarissa, che dei suoi zii.
Clarissa dal canto suo trovò la signora Giselli una padrona di casa fuori del comune. La cosa che maggiormente la colpì fu il suo spirito allegro e sbarazzino, insolito in una persona anziana.
Tra loro s’instaurò subito un affetto reciproco.

 
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stellina_29
view post Posted on 12/3/2008, 16:47




Chiara mi sembra la storia di mia figlia :kiuy: infatti lei per lavoro è andata fuori, leggendo Clerissa che cerca casa, ho pensato esattamente a mia figlia.. Chiara ma C'è il continuo? perchè sono curiosa come va a finire l'amicizia di francesca :kik:
 
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marina53
view post Posted on 12/3/2008, 19:46




dai..aspettiamo il seguito.....
 
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imma877
view post Posted on 12/5/2008, 12:27




devo dire che Clarissa caratterialmente mi somiglia moltissimo anche per quanto riguarda le esperienze amorose!!!Comunque complimenti a Felina :)
 
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4 replies since 12/3/2008, 11:21   87 views
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