I vostri complimenti sono linfa...
1999 : Concorso letterario a tema "Donne in viaggio per scoprire se stesse"io ho scritto questo :
" CINZIA "
Lo scompartimento era vuoto.
Il treno viaggiava a velocità sostenuta e lasciavo che il paesaggio sfiorasse il mio sguardo privo di interesse.
La mente era troppo occupata per godere di quello spettacolo meraviglioso.
Verdi vigneti si estendevano su colline che allungavano verso il cielo. Donne che il tempo aveva segnato, correvano su biciclette contadine con il fedele cane a tenere il loro passo, abbaiando giocoso al passare del treno.
Perchè proprio a me doveva toccare una simile croce ?
Avevo la mia vita, la mia indipendenza ed ora questa seccatura sottraeva tempo alle mie giornate, al mio ritmo.
Stavo andando a Molfetta, il paese natale dei miei genitori.
Zia Rosina, sorella di mio padre ed unica parente, era venuta a mancare, lasciandomi un'eredità molto scomoda : l'affidamento di sua figlia, una ragazza cerebrolesa.
Di mia cugina avevo solo vaghi ricordi.
Durante le estati trascorse dai nonni, l'avevo vista poche volte. Sapevo che avevamo dieci anni di differenza e ricordo che quando la vidi la prima volta, mio padre mi spiegò che era malata, ma io la trovai perfettamente normale.
Gli anni passavano, ma Cinzia, questo è il suo nome, rimaneva infantile nei comportamenti.
Quando i nonni morirono, smisi di andare al paese e pian piano dimenticai l'esistenza di Cinzia e dei parenti che avevo a Molfetta.
La mia vita, nella caotica Milano, prese il suo corso.
Mi laureai in architettura e poco tempo dopo persi entrambi i genitori.
Per annientare il dolore, mi buttai a capofitto nel lavoro e dopo un paio d'anni di gavetta, riuscii ad avviare uno studio di arredo d'interni, tutto mio.
Con grande soddisfazione ed un pizzico d'orgoglio, il lavoro andava molto bene e a poco a poco ebbi bisogno di assumere dei collaboratori.
Ora il mio studio è uno dei più rinomati di Milano e vanto la collaborazione di venti dipendenti. Sono una quarantenne pienamente soddisfatta della sua posizione. Il lavoro mi assorbe al cento per cento ed è per questo che non sopporto l'idea di sprecare tempo, dovendomi occupare di una faccenda che non mi riguarda.
Prima di partire avevo contattato telefonicamente il direttore di un istituto per persone con handicap, che si trova a Bari e avevo fissato un appuntamento per discutere l'eventuale ricovero di mia cugina. Da tre giorni Cinzia era presso questa struttura in attesa del mio arrivo.
Il treno era appena uscito da una galleria e il sole tornò a scaldare il mio viso. Guardando il paesaggio che scorreva veloce, tornai con la mente a otto anni prima, quando la zia Rosina rimase vedova.
"Come farai ora - le dissi - a badare a Cinzia e a mandare avanti la casa ?"
"Ci riuscirò - rispose - con qualche sacrificio, ma ci riuscirò."
"Non sarebbe più saggio metterla in un istituto? Se è un problema di soldi, posso aiutarti io."
Eravamo sedute al tavolo di cucina e zia Rosina, allungando un braccio, mi prese una mano tra le sue.
"Chiudere Cinzia in un istituto, significa farla moreire paino piano. Tu non sai cosa vuol dire vivere con lei... solo standole accanto puoi capirlo."
"Ma come farai ad andare a lavorare?"
"Cinzia frequenta una scuola speciale, vengono a prenderla al mattino e la riportano nel pomeriggio."
"E poi? Quando lei è a casa, come fai a muoverti ?"
"Se ho bisogno di uscire, la porto con me."
"Continuo a pensare che la soluzione migliore sarebbe quella di mettere Cinzia in un istituto, dove sarà seguita da persone competenti, che ti daranno la possibilità di vivere una vita normale."
"La vita normale è quella accanto a mia figlia. Non potrei mai chiuderla in un luogo a lei estraneo, circondata da persone che non conosce. Cinzia ha bisogno della'more della mamma, non può vivere senza l'affetto di persone a lei care. Tu hai la tua vita, il tuo lavoro e purtroppo non hai tempo per verificare quello che ti sto dicendo, ma ti assicuro che se passassi con lei anche un solo giorno, capiresti quello che voglio dirti."
Ed ora era arrivato il momento di scoprirlo.
Quando arrivai a Bari, andai direttamente all'istituto.
Un inserviente mi accompagnò fino alla stanza dove era stata sistemata Cinzia.
Ero ferma sulla soglia.
Cinzia era seduta sul letto con le gambe incrociate e stringeva al petto una bambola bionda, che aveva conosciuto giorni migliori.
Quando entrai nella stanza si voltò a guardarmi.
I boccoli castani oscillarono leggermente ed i suoi occhi nocciola fissarono il mio viso.
A guardarla sembrava una ragazza come tante, ma il suo cervello di trentenne, in realtà era quello di una bimba di non più di sei anni.
Dopo avermi osservata a lungo, Cinzia sorrise.
Scese dal letto, si avvicinò e mi prese per mano. Mi accompagnò sul letto accanto a lei e mi fece una carezza.
"Bella Chiara" - mi disse e mi diede un bacio su una guancia.
Come faceva a ricordarsi di me ? Erano passati otto anni dall'ultima volta che mi aveva vista.
Mi soffermai a guardare i suoi bellissimi occhi a mandorla.
Non li avevo mai guardati veramente, e solo ora mi accorgevo che avevano qualcosa di magico, di angelico.
Posando la testa sulla spalla disse : "Dov'è la mamma? Voglio andare a casa."
Forse, in un'altra situazione mi sarei fatta prendere dal panico, temendo una reazione violenta ad una risposta sbagliata, invece misteriosamente, Cinzia mi infondeva serenità e riuscii a parlare in tono pacato.
"La tua mamma è dovuta andare via, però mi ha chiesto di stare qui con te. Sei contenta se io sto con te ?"
Cinzia non rispose e mi mise tra le braccia la sua bambola.
"Che bella... e tua ?" - le chiesi.
Abbassò la testa e disse : "Anche lei non vuole stare qui. Vuole andare a casa."
Dovevo inventarmi qualcosa, trovare una giustificazione. Dissi la prima cosa che mi venne in mente.
"Non puoi andare a casa senza la tua mamma. Come fai a stare da sola."
"Quando torna la mia mamma ? Perchè è andata via ?"
"E' andata via per lavorare e tu devi stare qui fino a quando non torna. So che sei brava e non farai i capricci, me lo ha detto la tua mamma."
Cinzia riprese la sua bambola e la strinse al petto.
Posò la testa sul cuscino e iniziò a dondolarsi.
Credevo si cullasse per addormentarsi, ma voltandomi ad accarezzarle i capelli, vidi che stava piangendo.
Tutta la serenità e la pace che mi ero sentita dentro, svanì di colpo, lasciando posto ad una atroce angoscia.
Cinzia soffriva in silenzio.
"Perchè piangi ?"
Si dondolava e non rispondeva.
Non riuscivo a staccare i miei occhi da lei. Non riuscivo a smettere di accarezzarla. Improvvisamente quello che vedevo era una bambina sola, indifesa, che voleva la sua mamma.
Non c'era stato nessun moto di stizza, nessun capriccio. Aveva accettato la situazione senza opporsi ed anche ora mentre piangeva in silenzio, dimostrava una dignità pari ad un adulto.
In quell'istante capii che non sarei riuscita ad andare via. Le parole di zia Rosina mi ronzavano nella testa.
Non avevo il coraggio di varcare la soglia della stanza, sapendo di lasciare quella creatura nella più totale solitudine.
Continuavo ada accarezzarle i capelli.
"Non piangere Cinzia, ti prego."
"Voglio la mamma. Dille di tornare a casa."
Il viso bagnato di lacrime, il naso che colava e la disperazione impressa nel fondo dei suoi occhi.
Provai l'impulso di prenderla in braccio, sedermela sulle ginocchia e cullarla fino a farla calmare.
Cinzia, in modo del tutto inaspettato, aveva risvegliato il mio istinto materno. Tutto quello che volevo era prendermi cura di lei, volevo proteggerla, difenderla dagli estranei che l'avrebbero circondata.
Non potevo lasciarla lì.
Mi chinai per guardarla negli occhi.
"Lo so che tu e la tua bambola volete tornare a casa, ma ti va di venire a casa mia, fino a quando non torna la tua mamma ?"
Cinzia smise di dondolarsi e mi guardò. Le lacrime smisero di uscire dai suoi bellissimi occhi a mandorla e un sorriso dai denti irregolari le illuminò il viso.
Si sollevò di scatto e mi abbracciò... mi strinse così forte da farmi aderire le braccia lungo il busto.
Coprendomi il viso di baci, continuava a ripetere : "A casa di Chiara, a casa di Chiara. Cinzia va a casa di Chiara."
Ero così felice che mi vennero le lacrime agli occhi.
Quella donna-bambina mi aveva stregata !
Cinzia in pochi minuti mi aveva insegnato a riconoscere l'amore puro, disinteressato e aveva fatto affiorare alla luce la mia voglia smodata di riceverlo.
A Milano ero circondata da molte persone, ma ognuna di loro voleva qualcosa da me, ognuna di loro faceva il proprio interesse.
Ma ora c'era Cinzia... baci, carezze e abbracci, in cambio di cosa ? in cambio d'amore !!
Trascorsi ancora una settimana a Molfetta per poter sistemare tutte le questioni burocratiche.
Durante quella settimana, vissi con Cinzia a casa della zia Rosina e mi sorpresi a ridere e scherzare come un adolescente, a giocare seduta sul pavimento con le gambe incrociate, tra bambole e pupazzi vari.
La notte Cinzia dormiva abbracciata a me e al risveglio, la prima cosa che ricevevo era un bacio carico d'amore.
Il viaggio in treno, che all'andata mi parve non finire mai, al ritorno si svolse così velocemente da non rendermene conto.
Cinzia aveva passato quasi tutto il tempo con il naso attaccato al finestrino, subissandomi di domande su ogni cosa che vedeva.
Tornata a casa, la stanza che fungeva da stireria, divenne la camera di Cinzia.
Le comprai un letto ad una piazza e mezza, un armadio su cui dipinsi personalmente i personaggi dei cartoni animati e le comprai una casetta per la sua preziosa bambola.
Mi prodigai per cercare la scuola "speciale" migliore che la città offriva.
La iscrissi e poco tempo dopo, cominciai a prestare servizio volontario, tre pomeriggi a settimana.
Ora la mia vita era piena ed appagante, e il lavoro non era più la mia unica ragione di vita.
Sono trascorsi cinque anni da quel viaggio e sono stati gli anni più veri, più intensi e gioiosi di tutta la mia vita.
Se non avessi preso quel treno, non avrei mai scoperto la vera me stessa.
Chi è la vera Chiara ? Chi sono ora ?
Una spugna che assorbe amore e rilascia baci, carezze, canzoni, giochi di gruppo, passeggiate mano nella mano, abbracci e voglia di vivere a tutti quegli "esseri" che popolano la grande terra degli handicappati.
Grazie zia Rosina per aver fatto crollare i miei pregiudizi... e soprattutto grazie a te Cinzia, per avermi insegnato ad amare senza condizionamento alcuno.
Chiara
... la storia è inventata... ma Cinzia è vera... era veramente una ragazza cerebrolesa, ed era mia sorella... questo racconto l'ho dedicato a lei...