L' angolo delle citazioni

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Shiva!
view post Posted on 14/2/2005, 16:36




Qui potete scrivere tutti gli aforismi e le citazioni che + vi piacciono!!!

Voglio continuare a essere folle, vivendo la vita nel modo in cui la sogno e non come desiderano gli altri.

E' proprio la possibilità di realizzare un sogno che rende la vita interessante (Paulo Coelho

La stupidità deriva dall'avere una risposta per ogni cosa. La saggezza deriva dall'avere, per ogni cosa, una domanda. (Milan Kundera (1929), scrittore ceco)

quella sera capii che tutte le persone che crediamo cattive o crudeli in realtà sono solo sole..." (Dal Film "Big Fish")

Nessuno può mostrare troppo a lungo una faccia a se stesso e un'altra alla gente senza finire col non sapere più quale sia quella vera (- Nathaniel Hawthorne -)

Non esiste separazione definitiva finchè esiste il ricordo. (Isabel Allende)

In qualsiasi direzione vai, vacci con tutto il cuore. (Confucio)

Conquista te stesso, non il mondo. (Renée Descartes)


 
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Sè#9
view post Posted on 14/2/2005, 20:44




CITAZIONE (Shiva! @ 14/2/2005, 16:36)

Nessuno può mostrare troppo a lungo una faccia a se stesso e un'altra alla gente senza finire col non sapere più quale sia quella vera (- Nathaniel Hawthorne -)


santa verità!
 
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Simo 84'
view post Posted on 14/2/2005, 23:08




E...Confucio...studiato qualche mesetto fa...ricordo alcune sue citazioni bellissime,poi le metterò...ma questa è forse una delle + belle...

Il maestro disse a un suo allievo: Yu, vuoi che ti dica in che cosa consiste la conoscenza?
Consiste nell'essere consapevoli sia di sapere una cosa che di non saperla. Questa è la conoscenza.


Ed è verissimo no?La sete di sapere non finisce mai ed uno nn potrà mai dire di avere imparato tutto perchè nella vita nn si smette mai di capire ed apprendere nuove cose.E se una persona si rende conto di ciò...conosce già una cosa molto importante...

poi metto pure Platone...
Nessun male può accadere ad un uomo giusto, sia durante la vita che dopo la morte.
permettetemi di non condividere "per quel che posso non condividere",ovvero per la prima parte dell'aforisma visto che cosa ci sia dopo la morte nn lo so.E cmnque in un certo senso condivido ugualmente perchè se una persona giusta e leale vive un'esistenza travagliata e ingiusta...piena di problemi e brutte cose...beh...LA MORTE E' GIA' LA FINE DEI SUOI MALI e questo trova una TRANQUILLITA' che in vita non ha trovato.Beh...se la intendo così platone ha ragionissimo...^^

CIAOOOO
 
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skysea10
view post Posted on 15/2/2005, 16:35




"Ho bisogno di credere che qualcosa di straordinario sia possibile... (dal film "A beautiful mind")

"Mi sento leggero,non superficiale" (dal film "Un amore perfetto")

"Non devi accontentarti di sopravvivere, devi pretendere di vivere" (dal film "La finestra di fronte")

"Chi rinuncia ai propri sogni è destinato a morire" (dal film "Flashdance")



Edited by skysea10 - 15/2/2005, 16:38
 
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Shiva!
view post Posted on 15/2/2005, 16:48




Bellissime citazioni skysea ... lle ultime due sono praticamente la mia filosofia di vita!!



Amore non è guardarci l'un l'altro, ma guardare insieme nella stessa direzione. (Antoine de Saint Exupéry)

Siamo angeli con un'ala sola e possiamo volare soltanto abbracciati.(Luciano De Crescenzo)

Non penso mai al futuro. Arriva così presto. Albert einstein


Edited by Shiva! - 15/2/2005, 16:49
 
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skysea10
view post Posted on 15/2/2005, 17:20




a proposito di Antoine de Saint-Exupèry....

"Non si vede bene che col cuore.L'essenziale è invisibile agli occhi"

-"Un giorno ho visto il sole tramontare quarantaquattro vole.Sai...quando si è molto tristi si amano i tramonti..."
- "Eri molto triste quel giorno?"
Ma il Piccolo Princibe non rispose

Da "Il Piccolo Principe"
 
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Simo 84'
view post Posted on 16/2/2005, 15:28




Ci sono pittori che dipingono il sole come una macchia gialla, ma ce ne sono altri che, grazie alla loro arte e intelligenza, trasformano una macchia gialla nel sole.

by Pablo Picasso,un mito inconiabile.

(ps:un mito di per se è già inconiabile,ma io sono un artista ^^ e mi concedo questa licenza,olè)
 
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skysea10
view post Posted on 16/2/2005, 16:29




"I TUOI SOGNI DEVONO SEMRE VOLARE ALTO..."

Dal film "MI CHIAMO SAM"

(un film a dir poco stupendo!)
 
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Sè#9
view post Posted on 17/2/2005, 21:17




presa dalla mia firma:

"Non c'è nulla di quanto Dio ha fondato su una causa naturale costante, e che perciò avviene ogni giorno, che non ci sembrerebbe un miracolo degno di ammirazione se avvenisse una volta sola." (John Donne)

oppure:

"Nella storia cambiano i modi ma non la logica"
 
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Simo 84'
view post Posted on 17/2/2005, 21:39




Nella storia cambiano i modi ma nn la logica...essì,verissimo...
e per di +,aggiungo io...la storia spesso si ripete...e questo spesso è male^^

CIAOO
 
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Shiva!
view post Posted on 18/2/2005, 16:12




Abbiamo un filosofo qui olèèèèèèèè

Dato che siamo in tema di citazioni prese dalla firma . . ekko qui le mie

La vera gloria non sta nel non cadere mai ma nel risollevarsi sempre dopo le cadute." Confucio.

"Quello che non mi ha ucciso mi ha reso più forte." Nietzche

"La vita è troppo corta per permettere di annoiarsi un'ora soltanto." George Courteline

"Vivere è una delle cose più rare al mondo, la maggior parte della gente esiste e basta." O. Wilde (un mito)

"Voglio continuare a essere folle, vivendo la vita nel modo in cui la sogno e non come desiderano gli altri."

E questa è un po' la mia filosofia di vita . . . specificanzo . . . la mia PAZZA filosofia di vita

 
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Simo 84'
view post Posted on 19/2/2005, 23:56




Se incontrerai qualcuno persuaso di sapere tutto e di essere capace di fare tutto non potrai sbagliare,
costui è un imbecille!

In effetti è così...Confucio esprime un concetto semplice e scontato,ma che spesso ci dimentichiamo!!

Bella pure quest'altra,sempre del mitico Confucio:
Imparare senza pensare è fatica perduta. Pensare senza imparare è pericoloso
Forse nn è così??^^

CIAOOOOOOO
 
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Simo 84'
view post Posted on 28/2/2005, 21:21




Io continuo con questi aforismi...del resto sono una cosa bellissima,è tutto il giorno che non faccio altro che leggermene dai libri!E' un discorso di sistematicità ed esistenza.La sistematicità è caratteristica fondamentale di un trattato scientifico. Quello aforistico è, invece, lo stile per eccellenza antisistematico, ossia una ricerca mai interrotta, acquisizione di punti di vista sempre nouvi, e diversi, senza timori di contraddizioni: è infatti la vita stessa ad essere multiforme e complessa, intimamente contraddittoria...^^Tutto ciò credo sia meraviglioso!Cmnque senza andare fuori tema,come si dice gergalmente...

La fortuna è donna: è necessario, volendola tener sotto, batterla e urtarla. E però, sempre come donna, è amica dei giovani, perché sono meno rispettivi, più feroci, e con più audacia la comandano. Questa frase è stata detta da N.Machiavelli...uno che nn adoro per nulla,troppo cinico e freddo,troppo razionale^^ Cmnque rientra in un lungo contesto riguardante l'esistenza o meno della fortuna nella nostra vita... secondo me la fortuna,per la quasi totalità dei casi (99,99%),ce la creiamo noi ed unicamente noi con i nostri comportamenti.Come ci creiamo il nostro destino o che cmnque mi fermo e dico pure che questo aforisma di machiavelli lo trovo abbastanza azzeccato e veritiero.


CIAOOO
 
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Simo 84'
view post Posted on 1/3/2005, 15:32




Ieri ho messo un aforisma di N.Machiavelli...lo ho riletto e riletto,e mi sono appassionato alla cosa e mi sono tornate in mente tante cose di un grandissimo della lingua italiana...uno che possiamo definire tranquillamente pure...filosofo!
Machiavelli è uno scrittore colto e raffigurato in tutte le sue mutevoli espressioni di politica, di teatro, di storia, ecc., ma sempre e costantemente involto in un’unica grande costruzione unificatrice determinata dalla sua straordinaria vitalità intellettuale e dalla sua eccezionale abilità letteraria.Sia Jean-Claude Zancarini sia Jean-Louis Fournel, difatti, hanno tratto dalla loro esperienza di traduttori francesi dell’opera machiavelliana la concezione della lingua dello scrittore fiorentino come in continua evoluzione, alla ricerca di un nuovo rapporto con la realtà effettuale definita dalla crisi della politica tradizionale in quel primo Cinquecento italiano. Proprio la rottura operata da Machiavelli degli schemi fin allora seguiti in politica necessitava di una parallela evoluzione della lingua della politica, mutamento ben colto dai due studiosi nell’opera stessa del Segretario fiorentino. Questa nuova lingua della politica «molto meno definita di quanto non si pensi spesso», si sostanziava nel variabile uso di alcuni “termini chiave” del lessico machiavelliano individuati da Fournel principalmente nei vocaboli «popolo» e «plebe», la cui definizione, appunto, non è mai univoca ma bensì sempre sottoposta alla prova della storia, costantemente verificata mediante l’esame dei fatti, alla ricerca di una piena rispondenza della lingua alle nuove esigenze della politica, sempre meno fossilizzata nelle formule rituali – individuate già da Gilbert in suo celebre articolo di tanti anni fa – tipiche di una dimensione ancora scissa tra la componente cristiana e quella umanistico-comunale, e sempre più aperta alle nuove dinamiche che il periodo successivo alle cosiddette “guerre d’Italia” – che sfocerà appunto nella conseguente rivoluzione machiavelliana della politica – aveva portato.
Mettere in luce le diverse facce di Machiavelli, le sue diverse valenze di scrittore, commediografo, storico e teorico della politica, è, d’altronde, una ben marcata tendenza della moderna critica machiavelliana, costantemente alla ricerca di una visione unitaria ma rispettosa delle diverse sfaccettature del messaggio machiavelliano.Proprio questi ultimi due, tra i più autorevoli studiosi del Segretario fiorentino curatori e coordinatori di alcune sezioni dell’Edizione Nazionale delle Opere di Machiavelli, nei loro rispettivi interventi hanno voluto mettere in rilievo altri due aspetti della lingua machiavelliana: quello teatrale e quello amministrativo . Denis Fachard è infatti uno degli studiosi più attivi nella ricerca relativa al periodo cancelleresco di Machiavelli, e il quadro che esce dal suo intervento al convegno è quello di un uomo interamente calato nella realtà del suo tempo, totalmente impegnato nel suo lavoro quotidiano di segretario della Seconda Cancelleria, uno dei punti nevralgici della Repubblica fiorentina. La «lingua di Machiavelli Segretario» in questo caso sarà necessariamente confezionata con «vari toni e registri linguistici» che egli «era indotto a modulare a seconda dell’evoluzione costante della ‘qualità dei tempi’». Il Segretario fiorentino nel redigere gli scritti cancellereschi – di cui Fachard ci offre qualche saggio in appendice – doveva dunque adeguare la propria scrittura al destinatario, all’occasione della scrittura, alla contingenza, insomma, del variare degli interlocutori e delle circostanze. In sintesi, questi «scritti di governo», come li ebbe a definire Fredi Chiappelli, riassumono quindi in loro il tema stesso del convegno e mettono ancora in luce la poliedricità di Machiavelli sin dal periodo giovanile. Le «lingue di Machiavelli» le troviamo in nuce e in potenza condensate nella lingua di Machiavelli Segretario di Cancelleria.
La versatilità di Machiavelli e la sua capacità letteraria si miscela nelle sue opere tanto che perfino nelle lettere di legazione possiamo rintracciare un procedere tipico di generi letterari molto differenti da quello della scrittura epistolare diplomatica del tempo. In particolare, della legazione in Francia del 1500 – tanto cruciale per le sorti della Repubblica fiorentina – Jean-Jacques Marchand ha limpidamente disvelato il procedere narrativo tipicamente teatrale; fin dall’inizio l’incontro con i personaggi della corte e con il re stesso è calato «in un’atmosfera avventurosa, con le allusioni alla distanza percorsa e ai pericoli di epidemia affrontati per raggiungere la corte», viene subito delineato «un quadro della precarietà e del carattere inconsueto del luogo dell’udienza: una cittadina con pochi palazzi, che non può accogliere tutto il seguito del re...». Insomma, Marchand comprende immediatamente come i toni linguistici di Machiavelli non si limitino a quello ufficiale della relazione diplomatica, ma si confondano immediatamente con quelli della narrazione teatrale ove una sorta di «regia» nell’esposizione del Segretario fiorentino tende a mettere «in scena» l’incontro diplomatico. Il miscelarsi di diversi registri linguistici completa l’opera di caratterizzazione dei diversi personaggi incontrati da Machiavelli nel procedere della sua legazione: dal tono alto riservato al re di Francia, passando alle preoccupazioni più concrete e al conseguente adeguamento dello stile ad un valore meno aulico dei resoconti delle discussioni con il cardinale Rouen. Le varie «lingue di Machiavelli», dunque, si ipostatizzano ancora una volta in una, in questo caso quella diplomatica.
La relazione diplomatica è, d’altronde, una delle manifestazioni più chiare di quella «esperienza delle cose moderne» che Machiavelli si vantò di avere avuto. E proprio il carattere di radicale trasformazione dell’esperienza diplomatica si può percepire nelle lettere di legazione di Machiavelli. Il confronto operato da Corrado Vivanti fra le parallele e coeve esperienze di ambasciatori sia veneziani sia concittadini del Segretario fiorentino e quelle di quest’ultimo rivela la profondità dell’analisi politica da lui inserita nella relazione diplomatica. L’ambasciatore veneziano Contarini che nei suoi resoconti diplomatici offre minuziosi resoconti relativi alla Francia di Carlo VIII, non difettando certo di dettagli nella descrizione del paese, dei suoi eserciti e via dicendo, risulterà in conclusione incapace di dare una corretta analisi politica della situazione andando «decisamente fuori strada a proposito del contenzioso territoriale che oppone il Re di Francia ai tre maggiori potentati del tempo, Massimiliano d’Asburgo, Ferdinando d’Aragona ed Enrico VII Tudor (----->LA GUERRA DELLE DUE ROSE...BELLISSIMA!!I LANCASTER E I TUDOR!!). In nessuno dei tre casi – riguardanti rispettivamente la Franca Contea, il Rossiglione e la Normandia – vede la possibilità di soluzione e giudica probabile il ricorso alle armi. Non arriva a prevedere che due anni dopo Carlo VIII, preso dal miraggio della spedizione contro Napoli [...] avrebbe accettato condizioni gravose» da tutti i personaggi citati . Machiavelli, invece, non solo offre valutazioni di ben altra levatura politica e non si limita al «ruolo di informatore», ma assume quello di «collaboratore politico» implicitamente indirizzando la politica fiorentina. Rivoluziona, dunque, il ruolo dell’ambasciatore dandogli maggiore autonomia: laddove un altro ambasciatore veneziano, coevo di Machiavelli, Vincenzo Quirini «non mira a proporre un indirizzo politico da seguire», egli invece ha come ultimo scopo proprio questo tentativo di indirizzare la politica del suo governo.
Machiavelli è erede della «civiltà fiorentina», lettore non solo di Boccaccio, ma anche di Passavanti. «Belfagor» discepolo ideale di una cultura fiorentina rappresentata soprattutto dalla novellistica. Quello che emerge è dunque un Machiavelli radicato nell’ambiente cittadino, ma, allo stesso tempo, lontano dalla cultura ellenizzante dei tempi di Lorenzo il magnifico; come aveva indicato già il Dionisotti in un suo celebre saggio egli guarda più alla tradizione della novellistica toscana, è lontano dai fasti laurenziani e vicino alla lingua dei Boccaccio e dei Sacchetti, alla cultura del “motto arguto” e della beffa. Guglielminetti si pone sulla stessa linea marcata dal Dionisotti, mettendo in risalto anche la posizione del Machiavelli del «Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua» – nonostante le controversie probabilmente attribuibile allo scrittore fiorentino – nettamente orientata ad un «elogio del fiorentino parlato [...] ma anche quale risulta dalla ‘Commedia’», nonché della lingua del Boccaccio: «Machiavelli fa presente che egli ‘afferma nel «Centonovelle» di scrivere in vulgar fiorentino’». Machiavelli, dunque, debitore della «laicizzazione, o secolarizzazione, del linguaggio narrativo» ereditato dalla lezione di Boccaccio, ma anche della grande tradizione linguistica fiorentina che ebbe il suo maestro indiscusso in Dante.Non è però, come ho detto, solo il Machiavelli letterato quello che emerge dalle pagine del libro. Sara Mamone, ad esempio, ci porta alla scoperta della «Mandragola» come commedia destinata a rivoluzionare il teatro mediante l’irruzione in esso della «scena di città». Il «definirsi della scena di città come luogo dell’azione scenica»fu un processo che a partire dalle nuove scoperte prospettiche della fine del Quattrocento porterà alla compiuta sintesi tra quest’ultima e la drammaturgia. La «Mandragola» nel suo allestimento del 1518 innovò profondamente sulla base di questo assunto la storia degli allestimenti teatrali. Grazie alla collaborazione di architetti scenografi come Bastiano da Sangallo quindi Machiavelli diviene innovatore anche del linguaggio drammaturgico, anche se egli privilegerà sempre il momento testuale rispetto a quello prettamente teatrale, «rifugiandosi in esso» per evitare le «trappole drammaturgiche» e supplire alle sue «eventuali mancanze», come fa notare Sara Mamone.
La dimensione cittadina della «Mandragola» è, d’altronde, elemento centrale dell’opera machiavelliana e viene posta in rilievo anche dall’intervento di Roberto Alonge, il quale apre la sua relazione facendo notare come il «tema della ricchezza» predominante nel personaggio di Callimaco sia «contrassegno di classe della borghesia fiorentina». Il tema borghese cittadino tuttavia non si esaurisce certo nel personaggio di Callimaco; Alonge delinea alcuni tratti della personalità di messer Nicia che lo inserirebbero di fatto in quella medesima categoria e addirittura lo porrebbero in rilievo come personaggio chiave nella determinazione della commedia come «cittadina». Certo Alonge ha ragione nell’affermare l’appartenenza di questo ed altri personaggi della «Mandragola» al mondo cittadino, ma esagera nel porre in rilievo la centralità di Nicia, secondo lui vero e proprio «motore della commedia»; in particolare, un po’ strana appare la sua presunta ossessione di paternità, rilevata dal relatore come tratto tipico dell’appartenenza alla borghesia fiorentina, il «luogo degli affetti», la «radice del clan familiare» espressione tipica di quel ceto cittadino.
Non meno atipica la figura di Lucrezia che si ricava dall’intervento di Roberto Alonge. Madonna Lucrezia è difatti nelle pagine di Alonge un personaggio il cui «senso etico» è forte e nitido, il cui vantaggio nel triangolo che si viene delineando al termine della commedia machiavelliana non sarebbe, insiste lo studioso nella sua relazione, sul «piano sessuale», ma, al contrario, vi sarebbe anche in lei una voglia di maternità, il desiderio di avere quei figli che sa che non potrebbe mai avere da Nicia.
Come che sia di ciò, sicuramente il gruppo sociale borghese cittadino, è raffigurato dal grande scrittore fiorentino nelle sue più interne contraddizioni, fatte di falsi moralismi, e di modalità omogeneizzanti come la ricerca dell’utile.
Il linguaggio di Machiavelli, nel suo teatro – mostrano correttamente gli interventi dei vari oratori del convegno – è quindi un ennesimo lato di quel cubo costituito dalla grande versatilità del Segretario fiorentino. La lingua di città è, nelle sue commedie, «la lingua di Machiavelli», ed assieme una delle «lingue di Machiavelli».
Non manca l’analisi dei legami del Segretario fiorentino con il mondo dell’arte e della musica. Abbastanza numerosi furono, come si evince dalla relazione di Alessandro Cecchi, i contatti di Machiavelli con gli artisti fiorentini dell’epoca. Nelle lettere di legazione e nelle commissarie appaiono citati infatti i nomi di famosi artisti del Rinascimento quali ad esempio Leonardo il cui progetto di deviazione del corso dell’Arno, allo scopo di fiaccare la resistenza pisana all’assedio fiorentino, fu personalmente seguito da Machiavelli;anche se in realtà finì in un clamoroso fallimento. Ma nelle lettere di legazione vediamo anche un Machiavelli tutto intento a procurarsi disegni o quadri per conto di amici o colleghi di Cancelleria, come quando nel 1499 cerca di procurarsi un ritratto di Caterina Sforza da portare al suo collega e confidente Biagio Buonaccorsi. Certo, in Cancelleria trovò secondo la tradizione fiorentina molti colleghi umanisti, in primo luogo Marcello di Virgilio Adriani – del quale però non si può consentire col Cecchi che avesse maggiore «consuetudine coi testi» rispetto a Machiavelli –, nei quali trovare terreno fertile per questo tipo di richieste.
Ma, come ho detto, anche l’interesse di Machiavelli per la musica ci rivela un lato inedito della sua personalità letterario-artistica. Le musiche scritte da Verdelot per le sue commedie, infatti, «rappresentano il punto di partenza per un nuovo modo di concepire gli intermedi» verso il «nascente universo del madrigale» , la cui importanza non va affatto trascurata, come ci spiega Cristina Santarelli nel suo intervento.
Emerge insomma un Machiavelli, a volte parzialmente inedito, colto in tutte le sfaccettature del suo grande talento letterario, storico e politico. Uno scrittore rappresentato in un melange di «lingue» di volta in volta dedicate al teatro, alla politica, alla storia, ecc., che si ipostatizzano nell’opera del Segretario fiorentino avendo ognuna il tratto comune del genio e della profondità letteraria.

Bello sì...ma secondo me troppo razionale^^
CIAOOO ^^
 
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Simo 84'
view post Posted on 19/3/2005, 14:41




Ognuno di noi ha un paio di ali ma solo chi sogna impara a volare.
- Jim Morrison -
 
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