LA CAMPANIA E I RIFIUTI

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Bufalinho
     
    .

    User deleted


    Io ho detto qualcuno e ho parlato di comune perchè il sindaco è il primo ad accomodarsi sui binari.
    Dico solo che quella "forma di protesta" è di stampo fascista. Se non ho cattiva opinione di quelle persone che bloccano un pubblico servizio per settimane e scrivono sui muri della stazione "viva le Br" ed "ebrei porci" avrei dei seri problemi con me stesso.
    Personalmente mi ha creato disagio solo 2 volte poi ho deciso di cambiare mezzo di locomozione ed evitare Acerra.
    Sei tu che hai portato il discorso sul campanilismo. Io penso che in qualsiasi comune della Campania ad altra infiltrazione camorristica e con un basso livello culturale sarebbe potuta succedere una cosa del genere (quindi quasi tutti).
    Poi se tutto ciò non ti basta possiamo aprire un topic "la provincia di Caserta fa schifo" o meglio ancora il "centro di Caserta fa vomitare".
    Se rileggi il mio primo intervento [per anni hanno scaritato tonnellate di rifiuti tossici nella passività più totale (non mi dite che l'avete saputo da Saviano perchè non ci credo) ed ora che si vuole costruire un apparecchio che può risolvere un problema che mette a repentaglio la salute di milioni di cittadini vi ribellate] era una domanda che io mi ero posto, tu no?
    Ritornando alla questione, io non sono un tecnico. Mi posso basare solo sulla logica: Acerra non sarà stata sorteggiata al lotto, sarà stata fatta una valutazione su quale sia il posto più adatto per un inceneritore in Campania o no?

    Edited by Bufalinho - 3/11/2006, 10:45
     
    .
  2. Ifigenia
     
    .

    User deleted


    Te lo ripeto per la centesima volta: la valutazione di impatto ambientale è stata fatta ed Acerra è risultata non idonea!!!!
    Il sorteggio non è stato fatto al lotto, era stato scelto il territorio di Acerra per la disponibilità di spazio che forinva; sono stati stanziati i soldi per il termovalorizzatore e dopo, solo dopo sono state fatte le analisi per l'impatto ambientale (se hai sostenuto l'esame di geografia 2 ricorderai, sicuramente, che questo tipo di analisi va fatto prima)!!!
    A questo punto, noi cittadini di Acerra, venuti a conoscenza del fatto che il nostro territorio seppur vasto, non è idoneo alla costruzione dell'"inceneritore", ci siamo opposti!
    Se fosse successo nella tua città avresti fatto altrimenti?
    A volte la logica non basta...bisogna conoscere le situazioni per poter parlare.
    Saluti
     
    .
  3. Bufalinho
     
    .

    User deleted


    Se ci mostri questa valutazione d'impatto ambientale te ne sarei lieta. Tra l'altro non ho mai parlato di V.I.A.
    Mi sembra di assistere ad una quaestio medievale: metti tu in bocca all'avversario le obiezioni e rispondi. Se a te piace va bene.
    Io lo ripeto per l'ennesima volta, non sono un tecnico e avevo altri problemi sui quali non ho avuto la minima risposta.
    Cmq ho fatto una breve ricerca (ora mi manca il tempo ma cercherò di approfondire meglio) su google e ho trovato una serie di sentenze del tar sempre su ricorsi del comune di Acerra alla ricerca del cavillo legale. Una serie di sentenze che per la loro lunghezza non ho avuto modo di leggere. Come non ho capito la V.I.A. da chi, come, e se sia stata fatta (da una fugace lettura sembrerebbe sia stata fatta e se ne chiede un aggiornamento in quanto sarebbe stato cambiato il cdr).

    Infine non so se hai avuto modo di leggermi in tag (non so da quando leggi questo forum, sei apparsa solo dopo il mio intervento su Acerra) ma il mio primo intervento era stato:
    31/10 11:04 Bufalinho: Importante: cassonetto con relativa munnezza in fiamme sotto casa mia con spargimento di diossina in nubi che non si dissolvono nenache col vento, l'aria che respiriamo è nostra, aiutiamoci: un inceneritore...anche sotto casa mia. Meglio lui che il cassonetto e di gran lunga!
    Poi libera di continuare a dire che io non lo voglio a Caserta (tra l'altro il secondo inceneritore si sta costruendo a S. Maria la Fossa- CE).
     
    .
  4. particelladisodio
     
    .

    User deleted


    Il termovalorizzatore s'ha da fare assolutamente!
    Mentre noi siamo ancora a discutere sull'utilità e sull'impatto ambientale in altre nazioni europee come Germania Austria e Svezia sono già stati costruiti impianti ad altissima efficienza; peraltro alcuni di essi,come nel caso di Vienna, nel pieno centro cittadino! Termovalorizzatori che smaltiscono non solo i LORO rifiuti ma anche i NOSTRI con conseguente ulteriore guadagno!
     
    .
  5. Ifigenia
     
    .

    User deleted


    E' ovvio che non ho a portata di mano i documenti di V.I.A, ma sta sicuro che me li procurerò al più presto! Chiederò a dei miei amici ingegneri, che erano lì, presenti sul campo, quando queste valutazioni furono svolte!
    Avevo già letto il tuo intervento...nessuno dice che sia meglio la diossina respirata sotto casa...ma se tuo padre fosse morto per un tumore ai polmoni (a causa della diossina presente nell'aria), se un tuo amico avesse perso la vita a 23 anni per lo stesso motivo, se una tua zia per lo stesso tipo di tumore fosse morta a 35 anni, e se quasi tutta le gente del tuo paese morisse con la stessa malattia, sicuramente saresti più cauto nelle tue affermazioni!
    Comunque dammi un pò di tempo e ti posterò i dati!
    Se dai un'occhiata ad una prima sentenza del TAR,leggeraiche la VIA verrà operata 45 gg dopo l'inizio dei lavori (cosa assurda) e nella sentenza del 2004 (mi pare) c'è scritto che le valutazioni sono state fatte e i lavori possono procedere! Ma chi ha fatto queste valutazioni?
    Intanto, mentre richiedo la documentazione, se ti va, leggiti questo articolo scritto da un dottore in medicina democratica.
    Ps: se il territorio acerrano venisse realmente bonificato, e se, dopo una reale e attenta VIA, gli esperti (quelli veri) assicurassero alla cittadinanza che non si corrono gravi rischi per la salute, per me il problema non sussiste..che venga costruito pure l'inceneritore! Vogliamo solo garanzie reali!
    saluti


    L’INCENERIMENTO DEI RIFIUTI : E’ UNA DOMANDA O E’ LA RISPOSTA ?

    E se fosse una scorciatoia che conduce in un vicolo cieco ?
    Alcune note sui contributi di esponenti di Legambiente nel Dossier Rifiuti pubblicato da la Rivista de il Manifesto

    Queste note intendono portare un contributo nella discussione aperta con il Dossier Rifiuti pubblicato sul numero 54 de la rivista de il Manifesto.
    Quello su cui si vuole discorrere è una contraddizione rilevabile tra le premesse "canoniche" (perlomeno tali tra gli ambientalisti) sulla riduzione, prevenzione, riciclaggio e recupero dei rifiuti – come pure la necessità di intervenire sul quadro più ampio del modello di produzione e di consumo – e un passo successivo degli autori ove, chi più chi meno, propone o accetta l’incremento dell'incenerimento (per alcuni "termovalorizzazione") dei rifiuti.
    Vorrei far emergere tali contraddizioni pur concentrandomi su alcuni aspetti di carattere ambientale/sanitario relativi alla pratica dell'incenerimento, ancorchè "con recupero energetico" che vengono sottovalutati nel dossier.
    A proposito, Andrea Poggio e Duccio Bianchi affermano che "Le tecnologie e le pratiche gestionali (...) hanno radicalmente modificato il potenziale impatto ambientale sia di una discarica che di un inceneritore o di un impianto di compostaggio. Questi impianti (se hanno la tecnologia adeguata e se hanno una gestione corretta !) hanno emissioni e provocano comunque qualche disagio, ma non sono più una importante fonte di inquinamento"; Stefano Ciafani e Michele Buonomo vanno oltre e arrivano a dire - in riferimento al caso di Acerra - "noi di Legambiente saremmo i primi a spiegare ai cittadini che il termovalorizzatore non significa necessariamente emissioni di diossina o veleni simili” (fortunatamente non tutte le realtà di Legambiente hanno questa posizione).
    Partiamo da queste due osservazioni per portare all'attenzione quanto segue.

    Gli inceneritori, un modello di inquinamento portato a sistema
    Gli impianti di incenerimento sono notoriamente delle fonti di emissioni estremamente eterogenee (sia in termini qualitativi che quantitativi) di sostanze chimiche di diversa pericolosità per il semplice motivo che il loro combustibile è eterogeneo e che non esiste (e non esisterà) una forma di depurazione con una resa pari al 100 %. Uno dei pochissimi studi che ha affrontato il problema (e non si è fermato ai pochi parametri oggetto di normativa delle emissioni in atmosfera degli inceneritori) ha censito, per le sole sostanze organiche, oltre 250 singoli individui chimici.

    Molte delle sostanze emesse hanno altrettanto note caratteristiche di elevata tossicità, cumulabilità nell'ambiente e negli organismi, bassa degradabilità ambientale e metabolica, sono bioaccumulabili (si concentrano nella catena alimentare e "tornano" all'uomo attraverso il cibo : il 95 % della esposizione umana a diossine emesse da inceneritori o da altre fonti è dovuta all'alimentazione) oltre ad essere dei cancerogeni, mutageni, teratogeni e dei disturbatori endocrini.
    Per quanto concerne il rapporto tra emissioni, limiti normativi e conoscenze tossicologiche, rammentiamo che :la Commissione dell’Unione Europea ha recentemente evidenziato che i progressi tecnologici e normativi finalizzati alla riduzione dell’immissione ambientale di PCDD/PCDF e PCB hanno compiuto un percorso parallelo con l’incremento delle conoscenze degli effetti di tali tossici, il risultato è la necessità di ulteriori interventi di riduzione dell’esposizione.
    La Commissione ha infatti evidenziato che :
    - “Lungo la catena trofica si osservano fenomeni di bioaccumulo da ricondurre al rilascio di queste sostanze (diossine, furani, PCB, ndr) provenienti da discariche, suoli inquinati o sedimenti. La netta diminuzione dei cosiddetti <<livelli di base>> nell’ambiente osservata nell’arco degli ultimi 20 anni, si ripeterà difficilmente nei decenni futuri”;
    - “Sembra che le caratteristiche tossiche delle sostanze siano state sottovalutate: recenti studi epidemiologici, tossicologici e sui meccanismi biochimici riferiti in particolare agli effetti sullo sviluppo cerebrale, sulla riproduzione e sul sistema endocrino hanno dimostrato che gli effetti delle diossine e di alcuni PCB sulla salute sono molto più gravi di quanto precedentemente supposto, anche a dosi estremamente ridotte”;
    - “L’esposizione a diossine e a PCB diossino-simili supera la dose tollerabile settimanale (TWI…) e la dose tollerabile giornaliera (TDI…) in una parte considerevole della popolazione europea”; in particolare si riferisce che “dati più recenti e rappresentativi sull’assunzione giornaliera indicano che i valori medi di diossine e PCB diossino-simili assunti con la dieta alimentare nell’Unione europea sono compresi tra 1,2 e 3 pg/kg di peso corporeo/giorno” (a fronte del valore indicato dall’OMS nel 1998 che indica un TDI pari a 1 (obiettivo) e 4 (limite massimo) picog/kg di peso corporeo/giorno.

    In diversi casi - per rimanere all’Italia – gli episodi di “sforamento” per questi e altri contaminanti si sono verificati anche recentemente (pur se nascosti in tutti i modi e anche con la complicità di assessori “verdi”) e per impianti considerati “moderni” (Sesto San Giovanni, Pietrasanta, ma anche Milano – Figino 2 – che è stato inaugurato con banda musicale e Ministro Matteoli nel settembre 2003 dopo due anni dalla sua messa in funzione per i notevoli problemi riscontrati; per rimanere a quelli di diretta conoscenza di chi scrive).
    Inoltre, come ci ricordano dei ricercatori, in merito alla gestione corretta di inceneritori, è esemplare il caso belga : “I primi campionamenti in continuo sono stati installati nel Belgio nel 2000 dopo uno studio condotto sugli inceneritori. La ricerca ha evidenziato che l’ambiente circostante ad un impianto di incenerimento era inquinato da diossine. Però da misure effettuate risultata che l’impianto non inquinava, e che emetteva ben al di sotto del limite di legge dei 0,1 nanog/TE/Nmc. Studi empirici, che valutavano l’inquinamento dell’area circostante, ne presupponevano una concentrazione superiore a 10 nanog/TE/Nmc. Dopo che l’esercizio dell’impianto è stato vincolato all’installazione di sistemi di campionamento in continuo – sorpresa – sono stati trovati tra gli 8,2 e 12,9 ng TE/Nmc” (cioè 82 e 129 volte oltre il limite normativo).

    Un altro aspetto - in questo come in altri casi - non è solo l’entità dell'emissione ma quale sia il percorso dei contaminanti fino all'uomo.
    Infatti, una osservazione che viene esposta proprio dai sostenitori di tali impianti (come di altri ad elevato impatto) è da un lato l’ammissione della pericolosità degli inquinanti emessi ma, nel contempo, viene prospettata la necessità di considerare l'entità della ricaduta delle emissioni, analizzare i diversi percorsi ambientali (inalazione, ingestione o contatto dermico con il suolo, catena alimentare) fino all’uomo, confrontare il risultato con standard internazionali (per sostanze non cancerogene come pure cancerogene le quali, come è noto, non hanno una soglia, un "limite" ponderale al di sotto del quale, pur essendo esposti, il rischio è zero; solo l’assenza di esposizione a cancerogeni garantisce un rischio zero).
    Da un tale percorso di valutazione del rischio emergerebbe l'accettabilità o meno del rischio sanitario connesso all'impatto dell’impianto analizzato (qualcosa del genere avviene in ambito lavorativo con i cosiddetti TLV o MAC).
    Stanno parlando non di assenza di rischio ma della individuazione e quantificazione di un livello di accettabilità del rischio (condizione evidentemente sottoposta a incertezze e arbitrarietà connesse a molteplici ragioni, tecnologiche, di conoscenze tossicologiche, etiche come economiche e politiche).
    Qualcuno, tecnico e/o politico, stabilisce i parametri cui corrisponde l’accettazione d’ufficio per cui qualcun altro sarà esposto al rischio in nome di un presunto interesse collettivo (in questo caso lo smaltimento dei rifiuti).

    Questa filosofia è sottesa a quanto indicato da Poggio e Bianchi nel loro articolo, tant'è che fanno riferimento anche alla "stima di impatto sanitario effettuato per l'area fiorentina (che) ha mostrato per inquinanti critici come il cadmio e il mercurio una concentrazione aggiuntiva che nel punto massimo era inferiore di 5 ordini di grandezza (..) rispetto ai valori-limite per l'esposizione negli ambienti di lavoro" (una estrapolazione peraltro del tutto impropria in quanto non stiamo parlando di persone esposte per 35-40 anni di lavoro per 8 ore al giorno, ma persone che possono essere esposte anche, dalla nascita, per tutta la vita, giorno e notte; per non dire del silenzio su molti altri contaminanti che non hanno "valori-limiti" lavorativi).

    Potremmo fermarci qui rammentando quello che evidenziava Barry Commoner più di 20 anni fa : “… la prassi ambientale corrente è un ritorno all’atteggiamento del Medioevo di fronte alla malattia, quando questa – e con essa la morte – era considerata uno scotto inevitabile, un debito da pagare a causa del peccato originale. Questo tipo di filosofia è stato ora rielaborato in forma più moderna: un certo livello di inquinamento e un certo rischio per la salute sono il prezzo inevitabile da pagare per i vantaggi materiali offerti dalla tecnologia avanzata…. e il problema della fissazione degli standard diventa un campo di battaglia in cui si scontrano interessi economici, politici e morali contrapposti. Questi scontri sono elaboratamente ammantati di statistiche, in modo da poterli far passare per <<scienza>>” :
    Ma chi scrive ha anche voluto “vedere le carte” dei giocatori.

    I manipolatori delle correnti metodiche di valutazioni del rischio ci rammentano, in primo luogo, la distinzione tra pericolo (caratteristica intrinseca di una sostanza), danno (patologia) e rischio (probabilità che un pericolo, dovuto a caratteristiche intrinseche di un agente chimico o fisico che sia, si "materializzi" in un danno, in una malattia). Occorre pertanto che vi sia una concreta esposizione all’agente pericoloso e pertanto necessita una dettagliata valutazione del rischio, caso per caso.
    Per confutare gli allarmi di chi, come il sottoscritto, va a dire alla gente che un inceneritore (e altri impianti) emettono "veleni" (dato inconfutabile), si afferma che occorre valutare se questi veleni emessi possono raggiungere le persone, se sì, in quale misura, e, infine, se questa esposizione può rappresentare un rischio sanitario.
    Questa richiesta fa - paradossalmente - emergere un limite di un'altra "tradizionale" osservazione pro-incenerimento.
    Mi riferisco alla dichiarazione (presente anche tra le righe di quanto scrivono Bianchi e Poggio) che erano i vecchi inceneritori, con limiti alle emissioni più elevati, ad essere pericolosi mentre quelli moderni non rappresentano più in rischio significativo in quanto le emissioni sono sensibilmente inferiori.
    La richiamata necessità di una valutazione del rischio (risk assessment), invocata e presentata dai committenti degli impianti, per dimostrare la innocuità dell'impatto ambientale/sanitario di un inceneritore (o di un altro impianto con una emissione puntuale) parte proprio dalla negazione che le caratteristiche e l’entità dell'emissione sia un parametro definitivo per qualificare e quantificare il rischio : una data emissione da un camino, ci dicono, è solo la rappresentazione di un mero pericolo che non è detto si possa tramutare in un danno per l’uomo o che lo stesso sia proporzionale all’entità dell’emissione.
    Il dato emissivo è solo un input di base sul quale costruire il percorso (a partire dalla stima della ricaduta dei diversi contaminanti nelle aree limitrofe all'impianto ovvero considerando le condizioni meteoclimatiche come pure le condizioni fisiche dell'emissione, portata, altezza, temperatura, velocità etc). Dopodichè occorre ricostruire le possibili vie di accumulo ambientale e quindi la concentrazione nelle diverse matrici ambientali con cui i contaminanti raggiungono la popolazione esposta. Solo allora, previo confronto con gli standard, si possono tirare le fila e verificare la accettabilità del rischio .

    Avendo voluto vedere le carte di alcune valutazioni del rischio, posso segnalare alcuni recenti esempi seguiti in fase di istruttoria di “giudizio di compatibilità ambientale”.
    - Inceneritore di Trento : docenti del Politecnico di Milano hanno utilizzato valori di ricaduta diversi da quelli presentati nello studio di impatto ambientale (inferiori) e hanno concluso la loro valutazione stimando un rischio cancerogeno aggiuntivo pari a 4,4 casi alla 10 –7 (4,4 casi aggiuntivi di tumore per 10 milioni di persone esposte per 70 anni , dovuti all’inceneritore in questione, ovvero un ordine di grandezza inferiore al criterio indicato dalla Agenzia Ambientale Statunitense, l’EPA : non andare oltre a 1 caso alla 10-6, un caso di tumore aggiuntivo per un milione di esposti) . Un ricalcolo presentato da chi scrive, basato sui valori di ricaduta presenti nello studio (e non utilizzati nella valutazione), ha portato a ridefinire il rischio ad un livello ben più elevato e superiore al criterio dell’US EPA ovvero tra 1,6 e 7,5 casi per milione ;
    - Inceneritore (terza linea) di Forlì-Coriano : in questo caso oltre a “autoridursi” le concentrazioni delle ricadute dei contaminanti gli estensori dello studio ambientale per conto della società Hera, hanno deciso di considerare unicamente la via inalatoria tralasciando la via principale (quella alimentare) che, per esempio, “pesa” per circa il 95 % dell’esposizione umana a diossine;
    - Inceneritore società Energica di Faenza, in questo caso la valutazione del rischio è stata rimandata ad eventuali approfondimenti successivi all’istruttoria dello Studio di impatto ambientale richiamando comunque che i "campi di concentrazione degli inquinanti atmosferici a livello del suolo caratterizzati da valori ampiamente contenuti entro i limiti di legge". Oltre alla assenza di tale valutazione, si sottolinea l’aberrante principio, alquanto diffuso in questi studi, derivante dal passaggio citato : confrontare la ricaduta al suolo di un inquinante emesso da una data (singola) fonte con i limiti inerenti la qualità dell’aria (e ancor più a limiti da non superare ovvero di attenzione e/o di allarme) non ha alcun significato in termini di valutazione di impatto in quanto sarebbe davvero catastrofico che una singola emissione (o un singolo impianto) sia in grado di condizionare così fortemente la qualità dell’aria di una determinata area (questo sarà vero in situazioni estreme come quella di Porto Marghera ma non può essere un criterio “accettabile” nel caso di impianti come quelli in esame).
    - L’inceneritore FIBE di Acerra (per il quale non è mai stata svolta alcuna valutazione di impatto ambientale) è stato esaminato da chi scrive. Pur non disponendo di dettagli idonei sulle condizioni ambientali – e quindi costretti a qualche approssimazione - adottando la metodologia di valutazione del rischio sopra richiamata e nonostante le emissioni garantite fossero molto al di sotto dei limiti di legge, il risultato è stato di un rischio cancerogeno pari a 6,5 casi per milione (6,5 volte il criterio US EPA). In questo caso (ma anche in quello dell’impianto di Forlì e di Trento) si è tentato anche di pesare il contributo dei principali contaminanti (quelli soggetti a monitoraggio continuo e periodico) alla qualità dell’aria, calcolando un indice di rischio sulla falsariga dei metodi adottati in ambiente lavorativo per valutazione l’esposizione contemporanea a più agenti. Tenendo conto che le indicazioni (Norme UNI/EN per le esposizioni professionali) indicano parametri pari a 1/10 e a 1/4 nel rapporto tra concentrazione di esposizione e limite di riferimento (un indice superiore a 1 significa una palese inaccettabilità); in questo caso abbiamo riscontrato indici in un range tra 0,74 (limiti aria “vigenti”) e 1,92 (limiti obiettivo delle recenti direttive “per la protezione della salute umana”). In altri termini, l’apporto aggiuntivo dell’impianto in questione (senza considerare il cumulo con altre condizioni locali preesistenti, nel caso di Acerra alquanto pesanti) variava tra molto significativo e inaccettabile.

    E questi sono i casi in cui è stato possibile presentare osservazioni su valutazioni (studi di impatto ambientale) mentre il più delle volte anche questa possibilità viene negata (es. terza linea dell’inceneritore di Brescia) ai sensi di una norma emessa dall’allora ministro Edo Ronchi . In nome di una implicita accettabilità dell’impianto si fa strame, in primo luogo, della democrazia e quindi del diritto costituzionale alla salute e all’ambiente salubre.

    Il riduzionismo sotteso all’accettabilità dell’incenerimento dei rifiuti
    In sintesi ritengo vi sia un errore dovuto a "riduzionismo tecnologico" nell'affermazione che gli indubbi progressi nella tecnologia abbiano risolto i problemi di impatto. Oltre a quanto già detto, rammento che questi progressi, per gli inceneritori sono stati realizzati principalmente nei sistemi di abbattimento dei fumi ovvero nella capacità di trasferire gli inquinanti da una fase aeriforme (i fumi) a una fase solida (polveri, ceneri, scorie). Gli inquinanti non vengono distrutti ma, parzialmente trasformati, spostati in matrici di contaminazione diversa e solo un po’ più differita nel tempo (ad ogni inceneritore è "accoppiata" almeno una discarica per rifiuti non pericolosi e una per rifiuti pericolosi); anche in questo caso la osservazione di Lavoisier è ferrea : "nulla si crea e nulla si distrugge".

    Per dirla con quanto riportato nella Convenzione di Aarhus: “Va inoltre tenuta in considerazione la destinazione delle polveri raccolte da una migliore depurazione dei gas. Infatti, il vantaggio di una minore emissione nell’atmosfera di polveri e fumi di processo sarà sminuito da un impatto ambientale negativo derivante da un’errata gestione dei suddetti rifiuti”.

    Un ulteriore errore concettuale, conseguente a tale postulato, è considerare che ove un impianto rispetti dei limiti (come detto sempre discutibili ovvero che rappresentano il compromesso raggiunto in un dato periodo tra esigenze di tutela ambientale/sanitaria, esigenze economiche e livello tecnologico) è di per sè "permissibile".
    Tant'è che le direttive europee (sull'incenerimento e sulla riduzione e prevenzione integrara dell'inquinamento) mettono in guardia sia sul semplice trasferimento dell'inquinamento da una matrice all'altra che - proprio nel caso delle emissioni - affermando che il rispetto dei limiti "è una condizione necessaria ma non sufficiente" a garantire "un elevato grado di protezione dell'ambiente e della popolazione" che è uno dei principi della politica europea di tutela ambientale.
    Analogamente, l'approccio del "rischio accettabile" (espongo una popolazione, di lavoratori piuttosto che di cittadini, a un rischio ambientale/sanitario stimato "basso" o "moderato" in cambio di un beneficio collettivo, es. la produzione di una data merce o servizio) non dovrebbe far parte del "codice genetico" dell'ambientalismo altrimenti non avrebbero significato molte lotte (per fare un esempio contro gli OGM o le radiazioni non ionizzanti ove gli aspetti di pericolosità intrinseca sono ancora controversi), questo approccio è invece "tipico" dei tecnici che, pagati profumatamente, si trovano a produrre relazioni, documenti, consulenze, studi di impatto ambientale per organismi pubblici e privati, committenti che non gradirebbero certo delle conclusioni negative rispetto all'opera progettata.

    Sarebbe interessante sapere quale ambientalista (facciamo qualche esempio) ritiene che non vi siano motivi ostativi affinchè l'EVC potenzi (raddoppi) la capacità produttiva del Cloruro di Vinile Monomero e di PVC (guarda caso una delle plastiche meno riciclabili e a maggior impatto a livello di smaltimento per incenerimento o messa in discarica) a Porto Marghera, contando su tecnologie più avanzate rispetto a quelle che hanno fatto una strage di operai e hanno causato l'ecocidio della Laguna di Venezia .
    Sicuramente si tratta, per unità di prodotto, di impianti con minore impatto rispetto a quelli obsoleti (già a livello progettuale e realizzativo, negli anni '50 e '70) che andrebbero a sostituire, ma questa è una condizione sufficiente affinchè si continui a produrre questa sostanza incompatibile con l'ambiente e che ha caratteristiche di tossicità elevata (per i lavoratori e i residenti) ovvero è un cancerogeno, mutageno e teratogeno.
    Una situazione analoga può essere riferita alle decine di impianti turbogas che vengono proposti "a pioggia" al fine di ridurre la dipendenza estera per quanto concerne la produzione di energia elettrica e per soddisfare il fabbisogno futuro di energia che viene dato (dal Ministero e da altri organismi pubblici e privati) in progressivo e inarrestabile incremento.
    Il Ministero delle Attività Produttive vuole convincere i cittadini (in particolare quelli che si oppongo alla costruzione di grandi centrali termoelettriche a gas naturale) che si possono costruire un numero indefinito di queste centrali e che le stesse, prese singolarmente, rispettando i limiti previsti ed inquinando (per kwh prodotto) meno delle centrali tradizionali (a olio combustibile e a carbone), devono essere accettate pur a fronte di "limitati" impatti locali. Illuminante una nota del Ministro Marzano del 18.11.2003 al Ministro dell'Istruzione, all'Ambiente e della Salute, ove si addebita a un articolo di due ricercatori del CNR che ha fatto emergere la problematica delle polveri sottili connesse alla combustione anche del gas naturale , e per "prevenire un clima di agitazione diffusa" nonchè contestazioni sulla "presunta 'carenza' delle valutazioni di impatto ambientale sul tema delle polveri sottili (che) può costituire possibile motivo di ricorso anche nei confronti delle autorizzazioni già rilasciate", richiede una mobilitazione informativa a favore di tali progetti.

    Segnalo infine un’altra classe di studiosi, potremmo definirla – solo apparentemente – socratica, che tende a sfuggire da una presa di posizione e si nasconde dietro una presunta neutralità scientifica.
    Esemplare in tal senso uno studio di analisi delle conoscenze epidemiologiche in materia che, dopo aver ricordato le evidenze circa gli effetti dei microinquinanti emessi da impianti di incenerimento e aver valutato i (relativamente pochi) studi (su popolazioni e su lavoratori) alcuni dei quali evidenziano eccessi di alcune patologie nella popolazione esposta ed altri che non evidenziano tali eccessi, conclude per la necessità di “una nuova generazione di studi epidemiologici (con) una migliore definizione dell’esposizione in termini qualitativi e quantitativi, in particolare mediante una evoluzione delle misurazioni ambientali e lo sviluppo di bio-marcatori individuali di esposizione”.
    In una intervista due studiosi, di cui uno è tra quelli che hanno sottoscritto lo studio sopracitato, affermano che “lo smaltimento dei rifiuti è sempre potenzialmente pericoloso.” ma la pericolosità è accertata solo per i vecchi inceneritori e “L’evoluzione della tecnologia, il miglioramento delle modalità di combustione e un più attento monitoraggio hanno fornito ovunque risultati rassicuranti.”, con un messaggio ben diverso, tant’è che l’articolista titola Bruciare i rifiuti non è più pericoloso, parola di studioso, senza ricevere smentite o richieste di correzione.

    Accettando questo postulato tecnologico, si finisce per dare una “patente” di idoneità alle tecnologie “end of pipe” ovvero ad un approccio al problema dell’inquinamento provocato dalle attività antropiche che tralascia l’aspetto della prevenzione (eliminazione/riduzione della fonte di contaminazione). Ci si concentra sul potenziamento dei “filtri” posti subito prima del rilascio di un contaminante nell’ambiente (nei limiti di legge). L’industria ecologica (il businness ecologico dovrebbe rappresentare una bestemmia per un ambientalista) derivante si fonda sulla conferma del modello di produzione e di consumo che origina l’inquinamento e non tollera che sia messo in discussione : nulla cambia ma c’è un filtro in più, fine del problema e della discussione.

    Su un piano analogo la questione delle “compensazioni” (che spesso si confondono con le mitigazioni) che, Poggio e Bianchi, ci dicono devono essere non di carattere monetario (beni, servizi, sconti ai cittadini) ma ambientale.
    La monetizzazione del rischio è stata contestata negli anni ’60 dai lavoratori, era contenuta in uno dei referendum antinucleari e il principio di compensazioni ambientali (a fronte di un’opera impattante ma comunque indispensabile e la “migliore” possibile) è astrattamente condivisibile.
    Va però evidenziato che se si arriva a parlare di compensazioni (ambientali o monetarie che siano) significa che vengono riconosciuti degli impatti irreversibili ovvero permanenti e pesanti (ma i nuovi inceneritori non erano pressocchè innocui ?).
    Le compensazioni finiscono in realtà per divenire una contrattazione sulla salute collettiva. Ad esempio, lo Studio di Valutazione di Impatto Sanitario (VIS) citato nelle note di Bianchi e Poggio, e relativo al progetto di nuovo inceneritore di Firenze-Osmannoro nonché di altri impianti connessi, arriva a conclusioni del genere: “L’incremento percentuale di ciascun inquinante fra lo scenario attuale e futuro, relativamente ai soli sistemi di gestione dei rifiuti, è positivo per tutte le sostanze considerate ed appare rilevante in particolare per metalli pesanti, diossina e IPA”.
    Detto questo gli estensori della VIS, dopo una serie di considerazioni, concludono che “il Piano di gestione dei rifiuti possa risultare in una situazione di bilancio ambientale, e quindi sanitario, in pareggio (o addirittura migliorativa) rispetto alle attuali condizioni se, e solo se, al Piano stesso si accompagnano interventi di mitigazione che comportano scelte di gestione dell’intero territorio finalizzate al miglioramento della qualità ambientale, che si configurano come interne ed esterne al Piano stesso.” rimandando quindi ad ulteriori approfondimenti.
    Quindi, dato un territorio che ha bisogno comunque di interventi di miglioramento ambientale, gli stessi anziché studiati e promossi come necessari di per sé, trovano la loro strada e compimento solo se accompagnati dalla accettazione dell’inceneritore (o di altri impianti, tipico è il caso delle nuove centrali termoelettriche).
    Se vuoi il giardinetto o la pista ciclabile (i riferimenti non sono casuali) devi prenderti anche l’inceneritore (o la centrale termoelettrica o ….) .
    Alla fine tali interventi verranno compresi in accordi di programma tra gli enti, il gestore ed eventualmente anche associazioni ambientaliste, come nel caso di Brescia e di Milano, per poi essere stracciati alla prima occasione utile.

    L’incenerimento come paradigma dello spreco energetico e della perpetuazione dell’inquinamento e del prelievo indiscriminato e illimitato di risorse dal pianeta
    Uno dei postulati proincenerimento è quello del “recupero energetico” (da cui anche quello della “rinnovabilità” dei rifiuti), peraltro sottoposto a critica da Lucia Venturi sul dossier rifiuti in discussione.
    Tale postulato è anch’esso riduzionista e portatore di una falsificazione della realtà con conseguenze disastrose sotto il profilo ambientale ma anche culturale.
    E’ fondato sulla considerazione che una merce (ad esempio una bottiglia di plastica) divenuta rifiuto, sia nulla più di un combustibile. Si considera il solo potere calorifico inferiore contenuto nella bottiglia e utilizzabile (in piccola parte) per produrre energia termica e/o elettrica, ove combusto. In realtà se un chilogrammo di plastica equivale, all’incirca, a due chili di petrolio è altrettanto vero che per estrarre, trasportare, raffinare, trasformare e produrre quella bottiglia di plastica, è stata utilizzata una quantità ulteriore ed elevata di energia. Questa energia “invisibile”, se la bottiglia viene bruciata, viene dissipata, “sparisce” (va ad alimentare l’entropia del mondo); viceversa se venisse riciclata una parte anche di questa energia potrebbe essere immessa nel ciclo economico e di consumo e verrebbe ridotta l’entropia comunque inevitabile (ovviamente sarebbe meglio non usare le bottiglie di plastica).
    Non è solo una questione di recupero energetico, ma proprio di impatto ambientale: il ciclo della trasformazione del petrolio in plastica produce impatti (e non da poco !) lungo tutta la filiera; è strano che degli ambientalisti non considerino questo aspetto: bruciando la nostra bottiglia di plastica non facciamo che perpetuare tutto il ciclo produttivo e di consumo fondato sull’illimitata predazione delle risorse del pianeta e sullo spreco delle stesse.
    E’ questo il mondo sostenibile che si ha in mente? L’incenerimento dei rifiuti è parte integrante di una economia insostenibile, rappresenta esemplarmente un modo per rimandare il problema di altri 25-30 anni (la durata di un inceneritore) ovvero per sbolognare il problema alla generazione successiva (nella presunzione che poi questa abbia ancora abbastanza tempo per affrontare il problema che sarà ancora più grave di oggi) e nel frattempo continuare ad aggiungere inquinamento (un po’ meno per volta rispetto al passato) all’inquinamento esistente. In questa prospettiva le “quattro R” avrebbero un ruolo di sola facciata.
    Ancora maggiore è il problema per quanto concerne i rifiuti industriali.

    Non solo, ma quello che verrebbe confermato è proprio quello che nel dossier si dice di voler contrastare ovvero il considerare i rifiuti come fonte rinnovabile.
    Si tratta di una prospettiva confermata e promossa in norme recenti , con effetti paradossali e da respingere nettamente.
    Per fare un esempio, in recenti studi si parte dalla considerazione che le emissioni di gas serra dall’incenerimento da rifiuti siano “neutre” (come indicato dalle direttive europee con riferimento alla parte biodegradabile dei rifiuti e, per il governo attuale, da estendere a tutti i rifiuti); queste emissioni non vanno pertanto “conteggiate” nei bilanci nazionali dei “gas serra”. Anzi l’incenerimento determinerebbe di per sé anche una riduzione di emissioni ad effetto serra in quanto questo combustibile sostituisce (fa risparmiare) le emissioni corrispondenti alla combustione di combustibili fossili per produrre la stessa quantità energia con una centrale termoelettrica tradizionale o, ancora peggio, se i rifiuti venissero posti in discarica (quindi l’effetto benefico della combustione dei rifiuti viene “contato” due volte).
    In pratica i rifiuti vengono considerati aventi il medesimo effetto di fonti rinnovabili “vere” come il sole, il vento, il moto ondoso, la geotermia.
    Da un contributo neutro all’emissione (l’emissione c’è ma vi sarebbe comunque in relazione al ciclo del carbonio) si passa a un risparmio di emissione e, dulcis in fundo, questo risparmio viene posto equivalente a una capacità di assorbimento di anidride carbonica che in natura viene svolto dalle piante. In sintesi, si arriva a dire che se venissero inceneriti in Italia 21 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno (la quantità di rifiuti che oggi finiscono in discarica) i tanti camini svettanti nel cielo equivarrebbero alla forestazione di una superficie pari a 18.842 kmq ovvero quasi pari a quella della regione Veneto ! (L’effetto benefico della combustione dei rifiuti sull’effetto serra viene contato tre volte !).
    Questa è il risultato logico della accettazione dell’incenerimento dei rifiuti, al posto di foreste, camini, e bisogna anche essere contenti perché si raggiunge così l’obiettivo posto dal Protocollo di Kyoto !
    A conferma di questo aberrante meccanismo, il recupero energetico (e la conseguente mancata emissione di gas serra dovute ai rifiuti come alla filiera produttiva delle merci corrispondenti se venissero ogni volta realizzate a partire da materiali vergini) ottenibile dal riciclaggio e dal recupero come materia, non viene conteggiata, vale zero per la contabilità stabilita internazionalmente nella regolamentazione del Protocollo di Kyoto. Incenerimento – riciclaggio, 3 a 0 !
    Ogni ulteriore commento in proposito appare superfluo.

    Nimby, Banana, Nima, Prometeo oppure un altro mondo possibile ?
    Per chiudere queste note, pur parziali, va da sé che chi scrive è conscio che nel campo dei rifiuti (ovvero delle merci), come in altri, non vi sono miracoli attivabili solo con la buona volontà dei più consapevoli e sensibili.
    Occorre una “transizione” tra l’attuale situazione grandemente viziosa (l’usa e getta) e una virtuosa (di chiusura del cerchio), chi scrive è però convinto che lo strumento dell’incenerimento non è idoneo a tale passaggio.
    I principali motivi sono stati qui illustrati in termini di impatto ambientale (non solo degli impianti ma della filiera sottesa) quanto di perpetuazione dello spreco e di irrigidimento delle forme di gestione dei rifiuti. In sintesi l’incenerimento rappresenta una ipoteca difficilmente sopportabile per un percorso di fuoriuscita dal perverso ciclo aperto dei rifiuti e delle merci. Anche perché la questione non è solo tecnica ma è principalmente sociale, non vi sono scorciatoie : l’incenerimento finirebbe per essere una scorciatoia che conduce però in un vicolo cieco.
    Possiamo indirettamente rendercene conto da alcuni esempi lombardi : nel 1994-1995 la prospettiva era la realizzazione di 21 impianti di incenerimento (10 esistevano già) per bruciare il 150 % dei rifiuti urbani e assimilati allora prodotti (la raccolta differenziata era al livello del 5 % in regione).
    E’ stata l’opposizione diffusa della popolazione a questi impianti (e la relativa crescita di conoscenza e consapevolezza) a costringere gli amministratori a iniziare la strada di una raccolta differenziata efficace con risultati spesso oltre le aspettative (la regione Lombardia attualmente è intorno al 40 % ma vi sono estese realtà che hanno raggiunto valori ben oltre il 50 % e anche oltre il 70 %).
    Le realtà che sono a livelli molto più bassi di raccolta (Brescia, Pavia, la città di Milano) sono quelle ove l’incenerimento ha vinto o comunque la fa da padrone del sistema.
    Nella vicenda lombarda vi sono ovviamente luci ed ombre, a fronte di ampi margini di miglioramento nelle raccolte nonché negli interventi di riduzione, tornano alla carica i fautori dell’incenerimento (un partito trasversale molto più dell’ambientalismo).
    Ma basta por mente al fatto che oltre il 70 % del potere calorifico (l’inceneribilità) di un rifiuto urbano è rappresentato da plastiche e materiali cellulosici (carta) per individuare dove va indirizzato lo sforzo maggiore per rendere inutili gli inceneritori, ancor prima di aver risolto in toto il problema della gestione di rifiuti (che poi significa non avere merci a fine vita che non possono essere in alcun modo reimmesse in cicli produttivi ovvero che possano essere unicamente destinate all’abbandono).

    Nel confronto sul tema dei rifiuti – proprio perché è un tema sociale - ha peso anche lo spregio nei confronti di chi si oppone (come stanno sperimentando gli acerrani, accusati anche di essere filocamorristi) con l’accusa di essere preda della sindrome di NIMBY (Not In My Backyard – Non nel mio giardino) o, ancora peggio, alla sindrome BANANA (Build Absolutely Nothing Anywhere Near Anything – Assolutamente non nel giardino di nessuno).
    Premesso che chi scrive si annovera tra i bananisti, potrei contrapporre a tali epiteti, lo spirito prometeico (il fuoco come purificatore del mondo) o quello NIMA (Not In My Appointment – Non nella mia legislatura) adottati per definire come il problema sia già risolto (con gli inceneritori) o, allargando le braccia, per dichiarare che al momento non siano possibili radicali interventi sulla questione e pertanto qualcun altro, in futuro, potrà attuare forme di gestione diverse dall’incenerimento (e dalle relative discariche di supporto, non dimentichiamolo mai).
    Comunque sia, deve essere chiaro che chi scaglia contro l’opposizione agli inceneritori (o altri impianti di elevato impatto) chiamando in causa le sindromi NIMBY o BANANA, a significare una vera e propria malattia sociale degli oppositori, a ben guardare, adotta un modello di pensiero simile a quello dei totalitarismi (di destra o di psuedosocialismi) che considerano l’opposizione una forma di malattia, quasi inspiegabile.
    In realtà l’utilizzo di questo strumento di spregio all’opposizione qualifica chi lo usa e non chi lo subisce.
    Inoltre non appare considerato (ma in realtà è questo quel che fa più paura per i businnessmen ecologici pubblici e privati) che “A motivare l’opposizione del pubblico agli inceneritori non è stata la preoccupazione per la santità del proprio cortile, ma piuttosto la qualità dell’ambiente che gli oppositori condividono con il resto della società…” , sta anche all’ambientalismo nostrano far divenire una istintiva opposizione in una critica al modello di produzione e di consumi e nella affermazione di altro mondo possibile, senza inceneritori e senza rifiuti.

    Marco Caldiroli (Medicina Democratica – Movimento di Lotta per la Salute)
     
    .
  6. Bufalinho
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (particelladisodio @ 3/11/2006, 15:57)
    Il termovalorizzatore s'ha da fare assolutamente!
    Mentre noi siamo ancora a discutere sull'utilità e sull'impatto ambientale in altre nazioni europee come Germania Austria e Svezia sono già stati costruiti impianti ad altissima efficienza; peraltro alcuni di essi,come nel caso di Vienna, nel pieno centro cittadino! Termovalorizzatori che smaltiscono non solo i LORO rifiuti ma anche i NOSTRI con conseguente ulteriore guadagno!

    Finalmente si guarda la luna e non il dito.
    Per completare metto anche il mio ultimo intervento in tag
    2/11 9:17 Bufalinho: In Europa gli inceneritori sono al centro delle città, come a Vienna e Copenaghen


    CITAZIONE (Ifigenia @ 3/11/2006, 16:29)
    Avevo già letto il tuo intervento...nessuno dice che sia meglio la diossina respirata sotto casa...ma se tuo padre fosse morto per un tumore ai polmoni (a causa della diossina presente nell'aria), se un tuo amico avesse perso la vita a 23 anni per lo stesso motivo, se una tua zia per lo stesso tipo di tumore fosse morta a 35 anni, e se quasi tutta le gente del tuo paese morisse con la stessa malattia, sicuramente saresti più cauto nelle tue affermazioni!

    In primis mi faccio una grattatina (non si può mai sapere)
    Questo francamente lo potevi evitare non aggiunge nulla alle tue argomentazioni.


    CITAZIONE (Ifigenia @ 3/11/2006, 14:28)
    Te lo ripeto per la centesima volta: la valutazione di impatto ambientale è stata fatta ed Acerra è risultata non idonea!!!!

    CITAZIONE (Ifigenia @ 3/11/2006, 16:29)
    Se dai un'occhiata ad una prima sentenza del TAR,leggeraiche la VIA verrà operata 45 gg dopo l'inizio dei lavori (cosa assurda) e nella sentenza del 2004 (mi pare) c'è scritto che le valutazioni sono state fatte e i lavori possono procedere!

    Queste due affermazioni sono piuttosto contraddittorie

    Comunque da quello che ho capito (poco perché mancano quasi del tutto fonti ufficiali) una V.I.A. fu fatta a suo tempo e diede via libera alla costruzione. Poi la comunità locale ha trovato una serie di problemi e ha chiesto una seconda valutazione che non ho capito se è stata fatta oltre i 45 giorni previsti o non è stata fatta proprio appellandosi allo stato d’emergenza (che conferisce poteri straordinari ai commissari).

    Scusa se non leggo tutto il tuo post ma è lunghissimo (saremo circa sulle 35000 battute) e la fonte non mi sembra la più attendibile di questo mondo. Medicina democratica dovrebbe essere il nome di una associazione sindacale, non penso sia una specializzazione.
     
    .
  7. Ifigenia
     
    .

    User deleted


    Fidati, non c'è alcun bisogno che ti faccia una grattatina...mica ti sto secciando!
    Sebbene le mie affermazioni non abbiano aggiunto nulla alle mie argomentazioni, credo di avere il diritto(come chiunque)di poter dare voce ad uno sfogo.
    Per quanto riguarda poi la questione della VIA,ho fatto un attimo confusione io:
    Iniziarono i lavori gestiti dalla Fibesenza aver operato un VIA...la cittadinanza la richiese e dopo che fu fatta (più di 1 volta se non erro, ma mi informerò), Acerra risultò non idonea...nonostante ciò la costruzione del termovalorizzatore va avanti...
    Mi ripeto: non sono contro l'inceneritore, neanche a me piace vedere la mia città (come tante in Campania) sommersa dai rifiuti...vorrei solo che l'area venisse realmente bonificata!
    Se costruire un termovalorizzatore significa migliorare la qualità della vita (perchè si evitano gli annosi problemi relativi allo smaltimento dei rifiuti), a me non va bene, va benissimo! Quello che chiedo, è che Acerra e i suoi cittadini vengano tutelati poichè l'inquinamento,ora come ora, in questo nostro territorio è elevatissimo!
    Saluti
     
    .
  8. Bufalinho
     
    .

    User deleted


    E soprattutto, dovunque sia costruito, che vengano fatti dei controlli periodici.
    Che siano assunti tecnici capaci per merito e non somari raccomandati.
    Dovrà essere compito di TUTTI vigilare su queste cose.
     
    .
  9. Ifigenia
     
    .

    User deleted


    Mai furon dette parole più sante!
    Vogliamo tutti le stesse cose, ma alle volte capirsi sembra difficile ^_^ !
    Comunque è da un pò che i disoccupati non occupano la stazione...non si sa mai, magari se decidi di prendere il treno passando per Acerra stavolta ti va bene :P
    Saluti
     
    .
  10. Bufalinho
     
    .

    User deleted


    Ormai posso anche invitarti a cena. :)
    Ps. No grazie il treno lo evito anche perchè costa il doppio del bus (in fondo fu una fortuna per me).

    Edited by Bufalinho - 4/11/2006, 16:09
     
    .
  11. GaborKinski
     
    .

    User deleted


    Quel che si dovrebbe fare è uno studio comparato tra i danni patologici arrecati dal termovalorizzatore è quelli che potrebbero provocare le montagne dei rifiuti che giacciono nelle vie della Campania.
     
    .
  12. Mordecai
     
    .

    User deleted


    vi invito a leggere: https://www.forumcommunity.net/?t=4568019

    Ragazzi gli inceneritori provocano il cancro, le zone in cui c'è un inceneritore hanno percentuali di cancro più alte che nelle altre zone..


    Qui di seguito vi allego un'intervista a Stefano Montanari, scienziato italiano che studia le nanoparticelle (che vengono prodotte dall'inceneritore anche se di ultimissima tecnologia), è un po' lunga ma molto molto interessante.
    Ho evidenziato le parti più importanti, a mio parere

    Intervista a Stefano Montanari - di Vania Gaito - per Bispensiero.it

    Ha fatto una conferenza di tre ore al palazzo della Provincia di Salerno, fra poco lo aspettano a piazza Flavio Gioia, sempre qui a Salerno, perché spieghi a cinquemila persone, che aspettano lui e Beppe Grillo, perché non bisogna costruire gli inceneritori.
    Ha l’aria di chi ha dovuto imparare a parlare con tanta gente tutta insieme.
    Sospetto fortemente che la sua indole sia più riservata, tipica di molti uomini di scienza. Ma è gentile, mangia con gusto le trofie, si lascia riempire il bicchiere.
    “È stanco, professore?”
    “Sono quasi tre anni che faccio questa vita. Dormo tre ore per notte. Ho dovuto imparare. Sorride. Del resto è importante.”
    “Il microscopio?”
    “Sì. Ne sa qualcosa?”
    “Molto poco, professore. Quello che ne scrive Beppe. Ne parla solo lui.”
    “Sa, Beppe si arrabbia quando lo dico, ma se non fosse stato per lui non avremmo mai avuto l’opportunità di averne un altro. Beh, è così.”
    “Mi racconta com’è andata questa faccenda del microscopio?”
    “È andata che questo microscopio è l’unico che permette di esaminare i tessuti in particolari condizioni. Vede, di solito quando si esamina un tessuto con un comune microscopio, c’è la necessità di mettere il tessuto sottovuoto e di ricoprirlo con una particolare sostanza. Con questo, invece, possiamo esaminare il tessuto così com’è. Niente sottovuoto e niente sostanze. Lo fa la Philips. In verità lo fa anche un’altra azienda, ma quello della Philips è migliore, per i nostri scopi.” Prende una forchettata di pasta. Ma è preso dal discorso e si dimentica di mettersela in bocca. “La faccenda del microscopio è complessa. Ha pazienza?”
    “Ho pazienza.”
    “Allora gliela racconto. Andò così. Mia moglie, che è molto più brava di me, è un fisico della materia. All’epoca lavoravamo in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica della Materia e la Comunità Europea sovvenzionò la ricerca che stavamo conducendo. Con quei fondi comperammo il microscopio. Per due terzi lo pagammo con i fondi ricevuti, per un terzo lo pagammo io e mia moglie coi soldi nostri. Eravamo in perfetta buona fede, con l’Istituto di Fisica non c’erano mai stati problemi. Poi arrivò la riforma Moratti. L’Istituto fu inglobato dal CNR e il microscopio ci fu richiesto indietro.”
    “Così, senza spiegazioni? Lo avevate pagato anche voi!”
    “Già. Solo che la parte che noi avevamo investito nell’acquisto del microscopio risultò dai documenti come una donazione privata. Non avevamo nessun appiglio. E loro non avevano bisogno di darci spiegazioni. Se lei presta qualcosa a qualcuno, e poi lo rivuole, non deve mica dare spiegazioni. Basta dire che lo rivuole.”
    “E adesso il microscopio dov’è?”
    “In un laboratorio, smontato e imballato. Assolutamente inutilizzato.” Si mette finalmente in bocca la sua forchettata di pasta. Fa caldo, si toglie la giacca.
    “Come incontrò Beppe? Lui dà una succinta versione di questa storia.”
    “Lo incontrammo attraverso uno scienziato svizzero che ci conosceva entrambi. Parlò a Beppe di questa faccenda del microscopio e Beppe si mise in contatto con me. Se non fosse stato per lui oggi non sarei qui. È vero quello che racconta. Fu così coinvolto in questa storia che ci diede l’incasso di una serata, da dare come anticipo su questo nuovo microscopio. Aveva anche pubblicato l’elenco dei cibi in cui erano state trovate le famose nanoparticelle.
    “Professore, io ho un dubbio: ma se non vi avessero tolto il microscopio, noi comuni mortali questa faccenda delle nanoparticelle quando l’avremmo saputa?”
    “Mai” sorride. “Non era mica una novità, sa. Ne parlavamo da un po’. Alle conferenze. Sulle riviste specializzate. Ma cosa vuole che sia? Le leggono, in tutto, un migliaio di persone nel mondo. Non penso neanche che siamo stati i
    primi a “vederle”. Credo che ci siano stati molti scienziati, prima di noi, ad averle viste. Solo che hanno creduto a un difetto della lente, forse. Ad un po’ di sporco, non saprei. Ma non posso credere che nessuno le abbia mai viste.”
    “Torniamo un attimo indietro, professore. Lei ha detto che non avremmo mai saputo dell’esistenza delle nanoparticelle, se non vi avessero tolto il microscopio. Non eravate disposti a dircelo o non ve lo lasciavamo dire?”
    “Guardi, noi lo avremmo detto tranquillamente. Anzi, ci abbiamo provato con ogni mezzo. Ma non era solo il problema dei mezzi di informazione che, come dice lei, “non ce lo lasciavano dire”. Noi siamo scienziati. Siamo sconosciuti ai più. Mi dica la verità: se io fossi venuto da lei senza Beppe Grillo, lei mi avrebbe ascoltato? E stasera, senza Beppe, in quanti mi avrebbero ascoltato?”
    “Non lo so. Alla gente non piace assumersi responsabilità. E anche solo ad ascoltare ci si assume una responsabilità. Non si può far finta di nulla. Mi racconta come avete scoperto queste famose nanoparticelle?”
    “Per caso” sorride. “Assolutamente per caso. Capitò così. Ci arrivò un campione di tessuto del fegato di un paziente. Lo esaminammo, e trovammo una cosa assolutamente inaspettata: nel tessuto erano presenti delle particelle infinitesimali di ceramica.”
    “Ceramica?”
    “Sì. Una ceramica particolare, di quella che viene utilizzata per le protesi dentarie. Così ci mettemmo in contatto col medico che ci aveva inviato il campione. E scoprimmo che in realtà il medico non voleva inviare quel campione a
    noi, ma ad un altro collega. Però ormai c’eravamo, così gli raccontammo cosa avevamo trovato. E ci facemmo anche dare informazioni dettagliate sul suo paziente e sui disturbi che accusava.”
    “E quali erano questi disturbi?”
    “Aveva una febbre tenacissima, che durava per mesi, poi spariva per qualche tempo, poi ricompariva. Resisteva ad ogni forma di cura. Incontrammo il paziente e scoprimmo che aveva una protesi dentaria fissa e soffriva di bruxismo. Sa, quel disturbo fastidiosissimo che fa stringere le mascelle e digrignare i denti. Così, infinitesimali particelle della ceramica della protesi si staccavano, il paziente le ingoiava, finivano nel sangue e si depositavano nel fegato. Gli facemmo togliere la protesi, fece una cura a base di cortisone per combattere l’infiammazione e la febbre passò.”
    “Ma voi comprendeste subito cos’erano, quelle particelle?”
    “Assolutamente subito. Discutemmo neanche cinque minuti. E poi, dopo quel paziente, cercammo altri casi simili. Eravamo convinti che certi disturbi avessero quella causa. Così andammo a cercare anche referti autoptici, esaminammo le patologie cosiddette “da uranio impoverito”. Il resto lo sa.”
    “Me lo racconti lo stesso.”
    “Trovammo le nanopolveri. Praticamente funziona così: Lei conosce la legge di Lavoisier? Bene, la legge dice che in natura nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma. Non è quindi possibile distruggere nulla, ma solo tramutarlo in qualcosa di diverso. La nostra illusione è di distruggere qualcosa solo perché non la vediamo più. In realtà abbiamo trasformato quel qualcosa in qualcosa d’altro. Infinitamente più piccolo e quindi invisibile all’occhio. Ma è solo un’illusione.”
    “Come nel caso dei rifiuti?”
    “Esattamente. Succede che non li vediamo più e pensiamo di averli distrutti. In realtà li abbiamo moltiplicati, perché per incenerire una tonnellata di rifiuti, per esempio, è necessario aggiungere degli elementi che aiutino il processo. E alla fine, come “materiale di risulta” abbiamo due tonnellate di scorie pericolosissime e praticamente ineliminabili, e i rifiuti ridotti in nanopolveri.”
    “Mi spiega bene di cosa sono fatte le nanopolveri?”
    “Praticamente di qualunque materiale. La pericolosità delle nanoparticelle non risiede tanto nel materiale di cui è fatta, ma nella sua piccolezza. Dagli studi che abbiamo effettuato risulta che le nanoparticelle sono in grado di penetrare nella cellula, legandosi alle proteine. E perfino nel nucleo. Innescando un cataclisma genetico. Le racconto una cosa: in Sardegna c’è un poligono di tiro. Bene, abbiamo trovato un’incidenza altissima di malformazioni genetiche negli animali da pascolo. Agnellini senza occhi, o con le orecchie al posto degli occhi e altre cose peggiori che non le racconto. È che ci sparano, capisce? Le nanopolveri si depositano sull’erba, le pecore brucano l’erba, mangiano le nanopolveri, poi partoriscono agnellini deformi. Perché questa è la tragedia che aggrava la tragedia: le nanoparticelle si trasmettono al feto.”
    “Ma lei è proprio sicuro che la pericolosità risieda nella piccolezza delle particelle e non nel materiale?”
    “Guardi: ad alte temperature si creano miscugli di materiali praticamente inesistenti in natura.
    Tuttavia.. lei è un’animalista?”
    “Sì”
    “Anche mia moglie lo è. Tuttavia glielo dico comunque. Lei capirà che era necessario. Ecco, noi dovevamo dimostrare che era la piccolezza del materiale ad essere pericoloso, non il materiale in sé. Sicché prendemmo dei topi. Poi prendemmo dei dischetti di un materiale usato per fabbricare le protesi. Biocompatibile. Li innestammo sottopelle ai topi, sul lato destro del corpo. Gli stessi dischetti li riducemmo in nanoparticelle, e le innestammo sottopelle sul lato sinistro del corpo. Nel cento per cento dei casi, sul lato destro del corpo dei topi si formò un “callo” attorno al dischetto, mentre sul lato sinistro si sviluppò un tumore.”
    “Non posso fare a meno di dispiacermi per i topi. Molto.”
    “Era necessario. Anche mia moglie si dispiacque. Ma era necessario. Volevamo dimostrare quello che sostenevamo. Fino a quel momento eravamo andati avanti per induzione, attraverso processi inferenziali. Questo esperimento non prevedeva livelli di tolleranza d’errore, i cosiddetti livelli alfa. Il nostro livello alfa era zero. Dovevamo dimostrare, attraverso un processo deduttivo, che quello che avevamo scoperto era vero. Capisce, ora, che era necessario?”
    “Cioè dovevate dimostrare che tutti i topi si sarebbero ammalati? Non alcuni sì e altri no?”
    “Esatto. Tutti. Altrimenti avremmo considerata fallito l’esperimento.”
    Per un po’ mangiamo in silenzio. Intorno c’è un vociare di gente che ci esclude. Lui mangia solo una volta al giorno, me lo ha raccontato mentre venivamo al ristorante attraverso vicoli e piazzette del centro storico chiuso al traffico in permanenza da decenni. Mi ha raccontato di essere stato un atleta, ha vinto quindici maratone a squadre. Ha ancora un fisico da maratoneta: asciutto, nervoso, resistente. Non fuma.
    “Professore, fa così male davvero il tabacco?”
    “Peggio di quanto lei creda. Al di là dei danni al cuore, ai polmoni e via dicendo, la sigaretta è un vero concentrato di nanoparticelle. Vede, il tabacco ha delle foglie lunghe così” fa un gesto con le mani per indicare circa una trentina di centimetri. “Per fumarlo c’è bisogno che il tabacco venga essiccato e perda tutta l’acqua. Le nanoparticelle presenti su una foglia di trenta centimetri non evaporano mica. Restano anche su una foglia di pochi centimetri, ma chiaramente sono “ad alta concentrazione. Lei accende la sigaretta e le inala ad ogni boccata. Peggio non potrebbe essere.”
    “Ma queste nanoparticelle, da dove vengono?”
    “Potenzialmente ogni cosa può diventare una nanoparticelle. Basta infilarla in un forno ad altissima temperatura. È il calore che trasforma la materia. Può è alta la temperatura, più un oggetto viene ridotto in particelle piccolissime.
    Finora abbiamo preso in considerazione, per i termini di legge che abbiamo oggi, quelle polveri chiamate PM10. Ma quelle sono polveri “grandi” rispetto alle nanoparticelle, che sono infinitamente più piccole. Parliamo di PM2 e PM1,
    addirittura di PM0.1. E poi c’è il fatto che, bruciando diversi materiali insieme, si formano nanoparticelle di sostanze che in natura non esistono.
    “E cosa accade quando una nanoparticella entra nell’organismo?”
    “È come una pallottola. Mettiamo per esempio una nanoparticella di ferro. Noi assimiliamo il ferro: mangiando i carciofi, o le uova. Ma il ferro che assimiliamo attraverso i cibi è della grandezza di un atomo, di una molecola. Il nostro organismo lo assimila e lo mette, per esempio, nel sangue, per trasportare l’emoglobina e l’ossigeno. La nanoparticella di ferro è molto più grande di un atomo, di una molecola. Non possiamo scinderla, assimilarla. Sicché
    entra nel nostro organismo esattamente come una pallottola. E si mette in qualche organo: per esempio il fegato, per esempio un rene. Sa che succede? Che il fegato, il rene, riconoscono il corpo estraneo, e cercano di difendersene. Un processo simile a quello che avviene con i trapianti, con gli impianti di organi artificiali. Il corpo decide se quello che vede come estraneo è compatibile o non lo è. Se lo ritiene compatibile, lo accetta. Se non lo ritiene compatibile,
    lo rifiuta. Cerca di isolarlo. Gli crea intorno delle capsule che racchiudano la nanoparticella. E da lì si sviluppa un tumore.”
    “E se la nanoparticella è sufficientemente piccola da entrare nel nucleo della cellula?”
    “Praticamente scombina il DNA. E il DNA è la sede del nostro codice genetico. Per questo nascono agnellini senza occhi, con le orecchie al posto degli occhi. Le cellule hanno una membrana, intorno, e il nucleo ha un’altra membrana. In teoria, dovrebbero far passare solo gli ioni. Gli ioni sono atomi, pezzi di atomi. Allo stato attuale non sappiamo come possa succedere. Non sappiamo come faccia la nanoparticella a “passare” due membrane. Abbiamo bisogno di continuare la ricerca.”

    “Studiate su cellule vive? O su cellule staminali?”
    “Su cellule vive sì, su cellule staminali no. La ricerca sulle cellule staminali è differente, si pone altri obiettivi.”
    “Per esempio quali?”
    “Le premetto che non è il mio campo di ricerca, per cui non si aspetti grandi dettagli. All’inizio della sua vita, una cellula del fegato, per esempio, è esattamente uguale alla cellula di un osso. È detto stadio di “indifferenziazione”. Metta caso che una persona abbia un infarto. Nel punto del cuore in cui c’è stato l’infarto, le cellule muoiono. Si è provato a sostituire queste cellule morte con delle cellule indifferenziate provenienti da un tessuto osseo. Bene, per un certo periodo ha funzionato. Poi è accaduta una cosa inaspettata: quella parte di cuore è diventata d’osso. Evidentemente le cellule in questione non erano allo stadio dell’indifferenziazione, ma un pochino oltre, anche se sembravano indifferenziate. Ne sappiamo poco. Le uniche cellule realmente indifferenziate sembrano essere le cellule embrionali. Ma, le ripeto, siamo ad uno stadio quasi teorico. Non potrei darle dati certi, solo supposizioni. Del resto gliel’ho già detto, non è il mio ambito di ricerca.”
    “E della clonazione cosa ne pensa, visto che siamo quasi in argomento?”
    “Cosa dovrei pensare? Dal un punto di vista della ricerca è interessante, ma si pongono problemi che esulano l’ambito della ricerca. Problemi di ordine etico, soprattutto. Non è detto che tutto quello che si può fare debba essere fatto, e questo vale anche per la ricerca. E poi c’è anche questo: una delle teoria della biologia dice che ogni cellula nasce “presettata” per riprodursi un certo numero di volte. Per esempio 100 volte. Se andiamo a clonare una cellula che si è già riprodotta 40 volte, per esempio, ne nascerà una cellula figlia già vecchia, la cui speranza di vita è inferiore di 40 volte rispetto alla cellula madre. Per cui, gli organismi clonati, avrebbero un’aspettativa di vita più breve, secondo questa teoria. Sarebbero decisamente inferiori rispetto agli organismi da cui hanno avuto origine.”
    “Professore, lei crede in Dio?”
    “Io sì” sorride come se avessi detto qualcosa di divertente “Certo non credo in un Dio antropomorfo. Non credo in un Dio con la barba, i capelli bianchi e il camicione lungo. Ma credo in un Dio. E non creda che sia incompatibile con l’essere uno scienziato.”
    “Professore, accadrà davvero? Costruiranno gli inceneritori, e ci inonderanno di nanoparticelle, e moriremo di tumori ignoti, e i nostri figli nasceranno senza occhi o con le orecchie al posto degli occhi? Lei dorme poco da quasi tre anni,
    io stanotte non dormirò e non so per quante notti ancora non dormirò. Sicchè deve dirmelo: accadrà davvero? Lasceremo che accada davvero?”
    Sorride. Ha un sorriso gentile, riservato ma rassicurante.
    “Io ho bisogno di cinque anni, Vania. Ho bisogno di cinque anni e di persone come lei, come voi. Ieri ci hanno consegnato il nuovo microscopio. È molto, molto più potente di quello che ci è stato tolto. Per poco più di un terzo l’abbiamo pagato. Ci hanno fatto uno sconto eccezionale. È che sono venuti a vedere uno spettacolo di Beppe, e il giorno dopo, al preventivo era stata aggiunta la voce “Sconto Beppe”. Praticamente l’azienda ha rinunciato a tutti i suoi guadagni. Ce lo ha dato a prezzo di costo. Sono stati gentili, di più non avrebbero potuto. Fra cinque anni io sarò ancora qui, e lei sarà ancora qui. Non parleremo neanche più degli inceneritori. Forse arriveranno anche a costruirli.
    E sarà uno spreco di denaro, perché non potranno mai entrare in funzione.”
    “Guardi che io la prendo per una promessa. Mi toccherà chiamarla ogni tanto per sollecitarla a non dimenticarsene?”
    Beppe si alza, ci alziamo anche noi, ci avviamo alla porta.
    “Non me ne dimenticherò.” Mi sorride, gentile e rassicurante. “Appuntamento qui fra cinque anni.”
    Usciamo nell’aria della sera, camminiamo a passo svelto per i viottoli semideserti. Poi il viottolo sfocia in una piazza gremita, una marea viva, in mezzo alla quale ci fanno largo un cordone di vigili urbani. Io resto a poca distanza dal palco, lui sale, con la sua ventiquattrore piena di libri, il suo sorriso gentile, le sue poche ore di sonno per notte, la sua ostinazione nella verità.
    Ci vediamo fra cinque anni, professore.
     
    .
  13. Bufalinho
     
    .

    User deleted


    Massimo non volermene ma io sto cercando da tempo roba ufficiale, roba dell'Oms o roba del genere. Ho letto velocemente l'articolo ma mi pare che citi un caso, statistiche senza conferme. Come ho già detto più volte vorrei capire perchè in tutta Europa gli inceneritori sono al centro della città. Mi sembra che in quei paesi siano molto più che attenti alle problematiche ecologiche.
    Qui, come nell'articolo precedentemente postato, c'è il parere di uno studioso semisconosciuto e dal mio punto di vista (profano) sembra anche poco documentato.
    Eppure basterebbe poco: non ci vuole molto a fare delle statistiche sui luoghi dove sono installati gli inceneritori.
    Poi devo fare outing: a me gli allarmismi ecologisti (per intenderci quelli che tra 30 anni il pianeta finisce le risorse) mi hanno sempre convinto poco. Ho una personale diffidenza verso le associazioni ambientaliste.
    Per quanto riguarda la raccolta differenziata credo che sarà sempre complementare e mai sostitutiva rispetto alla discarica o l'inceneritore. In Campania poi è un discorso futuribile e forse fantascientifico che cozza con l'attualità dell'emergenza.
    Perfettamente d'accordo sui rifiuti tossici ma il fatto si sapeva, ben prima di Saviano. Lo sapevo per racconti da quando andavo al liceo e ho visto alcuni servizi in tv (uno mi pare qualche anno fa a Ballarò).

    Vorrei capire il reale livello di pericolosità dell'inceneritore (sicuramente qualcosa dalla ciminierà uscirà). Inquina quanto una macchina (ho sentito parlare di polveri sottili che più o meno facevano gli stessi danni delle nanopolveri) quanto 100 macchine, come una fabbrica, come una sigaretta.
     
    .
  14. tristanotradito
     
    .

    User deleted


    Buf su www.napoliassise.it trovi materiale autorevole.

    Per la questione inceneritore, le altre regioni dove ce ne sono di attivi non sono inquinate come la zona di Acerra; possono quindi sopportare l'inquinamento risultante necessariamente dalla combustione dei rifiuti senza superare gli standard fissati dalla Comunità europea, che ovviamente non sono frutto di filantropia ma di un compromesso tra le comunità che decidono di avvalersi del benessere permesso dalla tecnica e le industrie che lo offrono loro, perché pare che il progresso tecnico non possa proprio non avere dei costi anche in termini di salubrità.
     
    .
  15. Mordecai
     
    .

    User deleted


    Sottoscrivo.
     
    .
450 replies since 20/6/2006, 20:24   6427 views
  Share  
.