La Stirpe delle Cacciatrici

Esprimi un Desiderio

Stagione 3 - Anywhere but Home

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    PART II

    Nel frattempo lì vicino


    “Ok, Ted. Grazie, a dopo.” Jo chiuse il cellulare e se lo mise in tasca. Poi si rivolse a Jason. “Ted mi ha detto che risolverà la tua situazione in giornata. Ha accennato a qualcosa come una specie di lascia passare temporaneo per questioni di sicurezza nazionale. Ho preferito non approfondire, ma, per il momento, il tuo nome risulterà nella lista degli intoccabili.” Sorrise soddisfatto. “Mi ha anche detto che, qualche giorno fa, ha intercettato la strana richiesta di una società televisiva, per l’esclusiva aerea della zona che si estende da un punto preciso del Grand Canyon, qui vicino, fino a due siti di Boulder City, per i prossimi dieci giorni. Sembra si tratti ‘della puntata pilota di un reality show’.” concluse facendo un sorriso e accompagnandolo con il gesto delle virgolette mentre diceva le ultime parole.
    “E possono farlo?” chiese Jason titubante.
    “Caro ragazzo, a certi livelli possono fare questo e altro,” gli rispose Jo. “Ben alzato, figliolo,” disse poi vedendo Mike scendere dal camper.
    Questo lo salutò con un gesto della mano. Portava gli occhiali da sole, segno evidente dei postumi della sbronza colossale della notte prima.
    “Mal di testa?” gli chiese Jason.
    “Un po’, in realtà è la luce che al momento mi infastidisce. Suppongo che passerà. Com’è finita con Ted?” chiese infine a Jo.
    “Jason è a posto, invece dicevo che ci sarà uno strano movimento aereo sulle nostre teste nei prossimi dieci giorni.” Mike lo guardò interrogativamente e Jo gli fece un cenno come per dire che gli avrebbe spiegato tutto dopo. “La cosa importante adesso è decidere come procedere.”
    “Suppongo che non potremo avvicinarla durante la prova,” disse Mike. “Restare qui mi sembra totalmente inutile.”
    “Il problema è che non sappiamo dove andranno dopo,” disse Jason titubante.
    “In realtà io credo di averlo capito.” Gli altri due uomini guardarono Jo, confusi.
    “Ti ricordi cosa ci ha detto Joss relativamente alle prove? I partecipanti che perdono devono allontanarsi di almeno cinquanta chilometri entro cinquanta minuti dal luogo della prova.”
    “Ma solo se perdono,” gli fece eco Mike. “Continuo a non capire. Come fai a essere sicuro che il gruppo di Andrea perderà?”
    “Non lo sono, ma so fare i miei calcoli.” Sorrise Jo. “Caro genero, mentre ieri tu ti davi alla pazza gioia io ho fatto un po’ di ricerche e ho scoperto che, la zona recintata per il ‘reality show’ è un lungo canyon con un’entrata, ma senza uscita. Così mi sono chiesto come avrebbero fatto i perdenti a lasciare il sito e a percorrere tutti quei chilometri in così poco tempo. Inoltre, per cercare di saperne di più, questa mattina prima dell’alba sono andato a fare una piccola escursione. Non leggo bene il labiale, ma, tra le altre cose, mi è sembrato di capire che i mezzi dei partecipanti saranno trasferiti a Boulder City.” concluse sorridendo soddisfatto.
    Quando si rese conto che i suoi compagni di viaggio continuavano a non capire, disse. “Andiamo, vi offro la colazione da qualche parte e vi spiego.” sospirò deluso e salì al posto di guida, mentre Mike e Jason, dopo essersi scambiati uno sguardo più significativo di mille parole, salirono sul retro.

    Grand Canyon

    Dopo aver sistemato le tende per la notte, e verificato il contenuto delle casse, si resero conto che avrebbero dovuto attendere a lungo prima che potesse arrivare il loro turno. Cosa avrebbero fatto per tutti quei giorni? Soprattutto sapendo che Andrea era a due passi da loro e che non potevano fare nulla per avvicinarla. Rischiavano di perdere la calma e giocarsi male la prova che avrebbe potuto portarli alla finale. Per fortuna qualcuno aveva pensato bene di acquistare dei ricordini dal negozio annesso all’albergo e qualcun altro si era portato dietro una radiolina a batterie.
    “Chi ha voglia di farsi un bel poker?” chiese Eliza sorridente. “Chi ha voglia di un po’ di musica?” chiese Sam sorridente. Parlarono così in contemporanea che gli altri non capirono nulla.
    “Uno alla volta, prego,” disse Ronnie.
    “Prima io,” anticipò Eliza. “Ho portato le carte per il poker.”
    “E io ho portato una radiolina,” disse Sam.
    “Io voto per lo strip poker con il sottofondo musicale,” aggiunse Dean, con un sorrisetto malizioso, mentre sistemava una delle casse in modo da poterci giocare sopra.
    Si accodarono tutti tranne Joss, che, disse, preferiva ripassare qualche formula magica veloce, considerata la presenza di numerosi gruppi di streghe e stregoni.
    “E dai Joss, avrai tempo per quello. È solo il primo giorno,” gli disse Eliza, mettendo il broncio.
    Dopo lunga insistenza Joss si convinse a giocare, ma solo per quel giorno.
    Fiera e soddisfatta Eliza mescolò il mazzo e quando tutti si furono seduti sul terreno attorno alla cassa passò cinque carte ciascuno. Quando gli altri le videro però ci fu un trambusto generale.
    Dean, ridendo, chiese a Gwen se fosse fisicamente possibile la posizione stampata in una delle carte che aveva in mano, mentre lei piegava la testa prima a destra e poi a sinistra, per trovare l’inclinazione corretta, Ronnie strabuzzò gli occhi e Sam guardò Eliza in tralice, incapace però di trattenere una risata. Joss guardò le sue carte, le posò sulla cassa, si tolse gli occhiali e li pulì.
    Eliza, nel frattempo, rideva felice di averli giocati tutti.
    “Lo sai che non si può giocare a poker con queste carte, vero?” le disse l’osservatore.
    “Già!” annuì ripetutamente lei con la testa. “Infatti il gioco consiste nello sceglierne una fra quelle che hai in mano, e metterla in pratica con il vicino alla tua sinistra.”
    Joss e Dean si guardarono e il ragazzo si alzò di scatto, mentre Ronnie e Gwen si buttarono sul terreno tenendosi le pance dal gran ridere ed Eliza invece guardò Sam, che era appunto sulla sua sinistra, e gli mostrò una delle sue carte. “La mia preferita!” gli disse sbattendo le palpebre.
    “Oh! Ooooh!” fece Sam arrossendo leggermente. Poi guardandola scoppiò a ridere anche lui.
    Nel parapiglia generale non si resero conto che Andrea li stava osservando dall’angolo vicino al limite tra le due zone.

    In realtà Eliza aveva comprato sia le carte con le posizioni del Kamasutra che quelle per il poker e i primi due giorni passarono tranquilli, tra una giocata e l’altra e i pasti. Avevano molte scorte di cibo e acqua, le ore scorrevano relativamente veloci e ogni tanto un elicottero passava sulle loro teste. Ma loro non ci facevano caso.
    La mattina del quarto giorno Dean fu svegliato da alcuni rumori, si strofinò gli occhi e mentre sbadigliava aprì la cerniera della sua tenda mettendo la testa fuori, che ritirò dentro velocemente. E ancor più velocemente richiuse la cerniera, emettendo dei gridolini strozzati che svegliarono Sam e Joss.
    “Che c’è, Dean?” gli chiese il fratello con un occhio aperto e uno chiuso.
    Dean indicò con l’indice l’esterno della tenda e, con gli occhi spalancati dalla paura, balbettò. “Cocò… cocò… ”
    “Dean, cocò cosa?! C’è una gallina mannara là fuori?” gli chiese Sam mentre Joss aggrottava la fronte.
    “Noooooooo… ssssh… abbassa la voce o ci sentirà,” mormorò Dean con la voce bassa e gli occhi ancora spalancati.
    “Chi ci sentirà?” chiese Joss ancora assonnato.
    “Cocò… coguarooooo!” sussurrò Dean.
    “Cazpu!”
    “Ssssssssssh!” Dean mise una mano sulla bocca del fratello.
    In quel momento qualcosa di grosso spinse contro un lato della tenda e i tre si accalcarono sul lato opposto.
    “Dobbiamo avvertire le ragazze,” mormorò Joss mentre prendeva il telefono. “Le chiamo o mando un messaggio?”
    “Quale delle tre usa la vibrazione?” sussurrò Sam.
    Joss annuì e chiamò Ronnie. Dopo qualche secondo l’osservatore chiuse la telefonata con un’espressione delusa. “È spento,” disse.
    “Avevamo deciso di accenderli a rotazione per conservare la carica della batteria,” gli ricordò Sam. “Provo con Gwen.” Ma anche quello dell’altra slayer era spento. “Siamo nei guai, credo abbiano lasciato acceso quello di Eliza e, se non vado errato, la sua suoneria si sente a chilometri di distanza.”
    “Non abbiamo molta scelta. È già un miracolo che i cellulari abbiano campo all’interno del canyon,” sussurrò Dean che continuava a guardarsi intorno per riuscire a scorgere la sagoma del coguaro, cosa pressoché impossibile visto che la tenda che avevano acquistato era fatta con materiale impermeabile e piuttosto spesso.
    Joss annuì e chiamò, pregando in cuor suo che la ragazza avesse inserito la vibrazione. Dovette provare un paio di volte prima di riuscire a prendere la linea, ma, alla fine, la sua perseveranza lo premiò. Il telefono squillò a lungo, dalla loro tenda non sentirono alcuna suoneria, quindi, perlomeno, le preghiere dell’osservatore erano state esaudite. Nel frattempo il grosso felino continuava a passeggiare indisturbato intorno alla loro tenda e ogni tanto spingeva verso l’interno con il muso. Finché non si fermò proprio di fronte all’entrata e si distese facendo alzare gli angoli più vicini.
    “Sta aspettando l’ora di pranzo,” esalò Dean con la voce in farsetto.
    Nel frattempo Joss continuava a chiamare Eliza finché qualcuno rispose.
    “Joss, che vuoi?”
    “Abbassa la voce, per carità divina!” sussurrò Joss tenendo il telefono vicino alla bocca e la mano davanti.
    Ma che c’è?” chiese ancora Gwen che era stata svegliata dalla vibrazione del cellulare abbandonato tra lei ed Eliza e finito sotto una sua coscia durante la notte.
    “Fuori dalla tenda c’è un coguaro e noi non possiamo uscire perché si è praticamente disteso davanti all’entrata.”
    “Oh, cazzo! E io che dovrei fare, secondo te?”
    “Ma che ne so, chiama le altre intanto e per carità, non mettete il naso fuori senza aver controllato. Potrebbe essere affamato,” sussurrò infine Joss.
    “Va bene, metti il vibracall. Le sveglio e ti richiamo.”
    Dopo una decina di minuti che a Joss e ai fratelli sembrarono un’eternità, il cellulare vibrò.
    “Sì,” rispose Joss, “Sì, è ancora qui davanti.”
    Dopo qualche secondo in ascolto rispose solo, “Ok, fate attenzione.” Poi si rivolse a Dean e Sam.
    “Le ragazze hanno un piano, appena l’animale si sposta dall’entrata dobbiamo uscire dal retro della tenda e prendere le armi dalla sacca che hanno lasciato proprio qua dietro.”
    “Moriremo! Lo so!” disse Dean.
    “No, mi rifiuto di diventare il pasto di un gatto, anche se si tratta di un gatto molto grosso,” gli rispose Sam. “Io sono pronto,” Rivolgendosi a Joss che annuì.
    Per fortuna la sera prima le ragazze avevano deciso di spostare la loro tenda molto lontana da quella degli uomini, in quanto, dissero, qualcuno russava furiosamente e non volevano passare un’altra notte insonne. Così ebbero la possibilità di muoversi più liberamente e senza essere notate dal coguaro.
    Dopo qualche minuto Joss e Sam videro che l’animale si stava alzando, attirato probabilmente da qualcosa, così tagliarono una parte del retro della tenda e uscirono dall’apertura così ottenuta. Mentre Sam controllava la posizione del coguaro, Joss aprì la sacca, prese una balestra con i dardi e gliela porse, mentre Dean gli mostrò la pistola, già pronta e carica. L’aveva avuta nella tenda dal primo momento, ma per lo spavento se n’era dimenticato. Sam lo rimproverò con lo sguardo, mentre lui, silenziosamente, si giustificava. Lentamente si sporsero da dietro la tenda e notarono che il gattone stava guardando verso la parete rocciosa di fronte a lui e, seguendo il suo sguardo, videro Eliza abbarbicata e accovacciata su uno spuntone, che li salutava sorridente. “Non è che qualcuno di voi è stato morso da un coguaro mannaro? No, eh?!”
    L’animale ruggiva e ringhiava, probabilmente era affamato, e faceva avanti e indietro studiando evidentemente un modo per raggiungere la ragazza.
    A quel punto accaddero tre cose: Gwen uscì dalla tenda correndo verso una delle casse con il cibo, da cui estrasse un paio di grossi pezzi di carne essiccata, Eliza urlò ancora di più per attirare l’attenzione del coguaro e Ronnie spuntò da dietro la tenda puntando la sua pistola verso l’animale.
    Il coguaro riuscì a scorgere il movimento alle sue spalle pur tenendo sempre sotto controllo la ragazza arrampicata sulla roccia, poi decise che l’altra era più facile da acchiappare e spostò la sua attenzione su di lei. A quel punto Gwen gli lanciò a ripetizione i pezzi di carne essiccata e uno lo colpì dritto sul naso. L’animale arretrò scuotendo la testa infastidito. “Cazzo, speriamo che non s’incazzi,” disse Gwen mentre correva verso la tenda di Joss per ripararvisi anche lei dietro e prendere un’arma.
    Ma il coguaro dopo aver ruggito un altro paio di volte odorò la carne che la ragazza gli aveva lanciato, con fare dubbioso la leccò e poi, dopo averne ingoiato un pezzo, si mise l’altro in bocca e si allontanò verso un punto della parete rocciosa meno ripida. Con un paio di agili salti, sparì dalla loro vista.
    A quel punto fecero tutti un sospiro di sollievo mentre si accasciavano al suolo ed Eliza scendeva dallo spuntone.
    Dopo aver bevuto dell’acqua ed essersi calmati, Sam chiese, “Come ci regoliamo per quando tornerà?”
    “Ma che sei scemo?” gli chiese Dean, sbattendo sul terreno la tenda che aveva recuperato da una delle casse fornite dall’organizzazione, per sostituire quella ormai inutilizzabile.
    “Sa che qui c’è del cibo, sicuramente tornerà.”
    “Vorrà dire che faremo i turni di guardia da stasera in poi. Avremmo dovuto cominciare a farli comunque. Anche se manca ancora una settimana alla fine della prova, gli altri gruppi potrebbero fare prima di quanto non pensiamo. Se venissimo attaccati mentre dormiamo, sarebbe la fine,” disse Joss asciugandosi il sudore dalla fronte, non si capiva se provocato dal caldo afoso di quella mattina o dallo spavento per il coguaro.
    “In coppia?” chiese Gwen.
    “Meglio,” rispose Dean guardando ancora verso il punto da cui si era arrampicato il coguaro.
    “Io comunque, se il coguaro dovesse tornare, non vorrei doverlo uccidere,” disse Ronnie. “Pensate che, con quello che abbiamo, potremmo costruire una specie di trappola?” chiese.
    Joss si grattò la testa e le rispose. “Vediamo cosa c’è tra le attrezzature che abbiamo comprato. Se dovessimo riuscire a catturarlo, alla fine della prova potremmo avvertire Belisarius o Morpheus che potrebbero comunicarlo alle autorità competenti.”

    Nessuno di loro si rese conto che Marcus li stava osservando semi nascosto da una roccia e un po’ deluso che fossero riusciti a sopravvivere all’attacco dell’animale.
    La mattina precedente era stato svegliato da strani rumori e urla ed era uscito dalla tenda pensando che, finalmente, il gruppo detentore del traslatore fosse arrivato alla zona sei.
    In realtà quello che vide lo gelò. Il coguaro aveva attaccato i suoi vicini e aveva ferito gravemente due componenti del gruppo, che si erano salvati solo perché erano riusciti ad arrampicarsi sulla parete rocciosa. Mentre il terzo, che era stato azzannato alla gola, non ce l’aveva fatta.
    Poi l’animale aveva ingoiato parte delle loro provviste, e portato via il possibile, mentre Marcus si era richiuso nella sua tenda per non attirare la sua attenzione. I tre uomini non avevano avuto scampo perché il coguaro era entrato nella tenda e li aveva aggrediti nel sonno. Chissà perché poi l’avevano lasciata aperta, la notte faceva un freddo bestiale nel Grand Canyon.
    Poco male, un gruppo in meno di cui preoccuparsi. Cercò di riaddormentarsi, ma dopo poco sentì il rumore di un elicottero che si avvicinava e restava in aria proprio lì vicino. Uscì dalla tenda e vide che il velivolo era fermo oltre il punto più alto del canyon. Due uomini imbracati si calarono fino al suolo con i cavi e verificarono le condizioni dei tre. Parlottarono per un po’ con i due feriti poi dall’elicottero fu calata una barella e il terzo venne caricato e issato. Subito dopo gli altri due risalirono con i soccorritori.
    Marcus pensò. “Ecco come ci porteranno a Boulder City.” sorrise.
    Dopo quell’avvenimento però Marcus si mise in allarme, se l’animale fosse tornato affamato non era certo una tenda chiusa che lo avrebbe fermato, forse un qualche incantesimo di protezione, ma non aveva alcuna voglia di sprecare energie perciò ordinò alla slayer di fare la guardia notturna. Avrebbe dormito di giorno.

    La notte era piuttosto fredda nel Canyon, non c’era fuoco che riuscisse a riscaldarla, né piumini che potessero lenire il dolore alle ossa provocato dall’umidità. Tra l’altro restare sveglia tutta la notte con la sola compagnia del fuoco scoppiettante le metteva ansia, le sembrava di essere accerchiata da ombre minacciose. Ogni rumore, ogni soffio di vento, ogni scricchiolio la facevano sobbalzare.
    Per distrarsi e non morire assiderata decise di muoversi, si stirò e piegò le ginocchia un paio di volte, poi girò la testa per smuovere il collo e rimase imbambolata nel vedere sopra di lei una immensa distesa di stelle luccicanti. Mai viste tante e tutte insieme. Era lo spettacolo più bello che avesse mai visto, ne fu talmente rapita che non seppe dire per quanto tempo era rimasta lì, immobile, a guardare. Per un attimo la vista le si offuscò e la testa le girò così, suo malgrado, fu costretta a lasciare quella vista spettacolare, immagine perfetta della potenza degli Dei che l’avevano creata. Fece qualche altro piegamento, si mise il piumino sulle spalle e si diresse verso il limite più lontano della loro zona.
    Anche il gruppo successivo doveva aver visto il coguaro, perché un fuoco scoppiettava anche lì e due persone erano sedute a gambe incrociate con le mani rivolte verso il fuoco. Dal suo punto di osservazione poteva vedere una canna spuntare dal fianco del ragazzo che le dava le spalle, probabilmente aveva un fucile poggiato in grembo. Poi il suo sguardo si posò sulla ragazza di fronte a lui, per un attimo pensò di conoscerla, ma nella sua mente la ragazza aveva i capelli molto più lunghi mentre questa li aveva decisamente molto corti. Inspirò profondamente, cercando di sentire il suo odore, un aroma di agrumi misto a ciclamino la raggiunse e la fece sussultare.
    Le mani e le ginocchia cominciarono a tremare, ma lei si rifiutò di allontanarsi da lì. Guardò in basso, era pericolosamente vicina al limite, nella sua mente si formò uno strano pensiero, se solo avesse fatto un passo, un piccolo passo, sarebbe stata finalmente libera. Ma libera da cosa? Non riusciva a trovare una risposta a quella domanda.
    Un tocco leggero sulla testa la fece trasalire, si girò, non c’era nessuno lì con lei, ma una voce che aveva una tonalità maschile e femminile allo stesso tempo, echeggiò nella sua testa, “Il perdono è la chiave. L’amore è il potere. Una slayer lo sa.”
    A quelle parole Andrea si strinse nelle braccia, ebbe la netta visione di un uomo dal sorriso beffardo che accarezzava un grosso lupo nero mentre le parlava, ma lei non riusciva a capire cosa le stesse dicendo. Per un attimo provò sollievo e una profonda serenità, poi tornò alla realtà.
    Si girò verso il suo falò che era quasi spento e corse per farlo riprendere. Non aveva voglia di diventare il pasto di un coguaro a causa di una stupida distrazione, ma che le diceva la testa?

    Passarono altri tre giorni, ma l’animale non si fece più vedere proprio come i componenti del gruppo di Marcus.
    La mattina del settimo giorno, Gwen e Sam, che avevano appena finito il turno di guardia, prepararono il caffè e si accorsero che l’ultima bombola della cucina da campo era quasi vuota. Nel frattempo gli altri componenti del gruppo uscirono dalle tende e si avvicinarono a loro.
    “Sei sicuro che sia l’ultima?” gli chiese la slayer.
    “Sì, ho controllato ieri,” rispose il ragazzo un po’ corrucciato.
    “Dovremo accontentarci del cibo in scatola. Vado a vedere se le scorte sono sufficienti,” gli disse Gwen. Quando tornò aveva l’aria preoccupata. “È rimasto ben poco, mi sa che saremo costretti a razionare un po’ di più nei prossimi tre giorni.” A quelle parole Eliza e Dean fecero una smorfia.
    Poi dei rumori dalla zona sette attrassero la loro attenzione e Sam disse, “Se siamo fortunati non dovremo aspettare così tanto.”
    “Oppure è tornato il coguaro e sta prendendo a morsi il culo di Marcus,” replicò Eliza accompagnando le parole con un sorrisone.
    “Dammi il cinque, sorella,” le disse Ronnie ridendo e porgendole la mano aperta. L’altra slayer gliela schiaffeggiò e improvvisò qualche passo di highland scozzese.
    “Che cos’era quello?” le chiese Joss alzando un sopracciglio.
    “Tu non comprendi la vera arte!” gli rispose Eliza incrociando le braccia al petto e facendo finta di offendersi.
    “Andiamo a vedere cosa succede, burlona,” la redarguì dolcemente Joss.
    Tutti insieme si spostarono verso il limite della loro zona e, in effetti, si resero conto che la prima impressione di Sam era corretta.
    Sul campo di battaglia i due gruppi si stavano già confrontando. Ma il gruppo delle streghe che stava lottando contro quello di Marcus, non era di certo quello che aveva iniziato il percorso. Ricordavano perfettamente la loro presenza all’incontro mattutino con Belisarius, quindi l’oggetto era già passato di mano.
    La lotta era iniziata, probabilmente, con qualche scaramuccia per testare il livello di preparazione magica da entrambe le parti, ma quando Kiki lanciò la prima palla di fuoco, costringendo le cinque streghe a distanziarsi, non ci furono dubbi su chi avrebbe vinto.
    Marcus aveva l’aria soddisfatta.
    Una delle streghe però, apparentemente la più anziana, cominciò a levitare e li distrasse giusto il tempo per permettere alle altre di richiudere i ranghi e creare uno scudo di energia. Poi ridiscese e si unì a loro.
    Le cinque, con le mani distese di fronte, avanzavano come un sol uomo, lentamente, ma inesorabilmente. Allora Andrea e Marcus si avvicinarono allo scudo di energia e ci poggiarono sopra le mani, spingendo a loro volta. All’inizio le streghe si fermarono, ma non successe altro. Poi i due ritirarono le mani al petto e spinsero riuscendo a piegare e fare ondeggiare l’energia, mentre Kiki continuava a lanciare sfere di fuoco.
    La strega anziana si portò i pugni al petto e subito dopo spinse in avanti aprendo le mani e scaraventando Marcus e Andrea a qualche metro di distanza. Mentre Kiki teneva le streghe impegnate con le sue sfere di fuoco, lo stregone e la slayer si alzarono e lui le disse qualcosa. Andrea annuì e si allontanò verso la parete del canyon nascosta alla vista delle streghe, e cominciò ad arrampicarsi, mentre lo stregone correva a dare man forte a Kiki.
    Dal loro punto di osservazione le slayers, Joss e i fratelli potevano vedere tutto perfettamente, ma non capirono quale fosse il piano di Marcus.
    Lo stregone e Kiki, a cui lui aveva sussurrato qualcosa, stavano costringendo le cinque ad arretrare verso un punto ben preciso.
    A un certo punto Kiki e Marcus si presero per mano e spinsero contemporaneamente con quella libera, le cinque streghe arretrarono di diversi passi e Andrea si lanciò dal punto su cui si era arrampicata, atterrando quella al limitare più esterno del gruppo.
    Lo scudo di energia vacillò, Marcus e Kiki lanciarono rispettivamente una sfera di energia e una di fuoco che fece arretrare ancora le streghe, un paio di loro caddero mentre le altre riuscirono a mantenere lo scudo, anche se più debole. La slayer si rialzò velocemente, afferrò per le braccia la strega su cui si era lanciata, la trascinò lontano dal suo gruppo, la tirò su e la spinse contro la parete con violenza. La ragazza rimbalzò malamente finendo faccia a terra a soli dieci passi dal gruppo di Joss.
    Allora Marcus si girò verso Andrea e le urlò, “Uccidila.”
    La slayer afferrò la strega che aveva già il viso sanguinante, la costrinse ad alzarsi e la sbatté ancora contro la parete rocciosa, stavolta tenendola ferma per il collo con una mano. A nulla valsero i tentativi della ragazzina, che non doveva avere più di diciotto anni, di liberarsi.
    Andrea cominciò a stringere il collo facendo agitare la piccola strega e tutto sotto gli occhi stupefatti delle sue amiche.
    “Dobbiamo fermarla,” gridò Eliza.
    “E come pensi di fare?” le chiese Dean di rimando.
    “Se la ucciderà la perderemo per sempre,” urlò ancora Eliza muovendosi verso il limite. Ronnie allora la bloccò, poi si girò verso Andrea e gridò, “Hey, brutta stronza rachitica. Sono qui, pazza furiosa, perché non te la prendi con qualcuno grosso quanto te, eh?”
    “Ma che…” stava dicendo Eliza all’amica, quando Andrea si girò verso di loro.
    A quel punto Dean e Sam fecero un passo indietro. “Woooh woooh… che cazzo è quella?” chiese Dean.
    Andrea aveva gli occhi totalmente neri, le occhiaie ancora più profonde dell’ultima volta che l’avevano vista, i canini allungati e sporgenti e i tratti del viso piegati in una smorfia carica di cattiveria.
    “Dopo,” disse Ronnie sporgendosi verso il limite ancora di più, “Andrea, sono qui, siamo qui. Guardaci, siamo noi le tue amiche, ti ricordi?” le chiese addolcendo il tono di voce. Allora Eliza capì e si accodò. “Sì, siamo qui. Torna da noi.”
    “Ti vogliamo bene,” aggiunse Gwen. “Ci manchi, tesoro.”
    Joss allora ebbe un’illuminazione e le urlò, “Perdonaci, te ne prego. Noi ti perdoniamo.”
    Andrea allora piegò la testa, i tratti del viso si rilassarono, sebbene i segni della trasformazione fossero rimasti invariati, e allentò leggermente la presa sul collo della strega, che riprese a respirare anche se affannosamente.
    “Andrea, torna da noi, ti prego,” le sussurrò Ronnie con le lacrime agli occhi.
    La ragazza lentamente si girò verso la strega, poi aprì di scatto la mano che ancora la tratteneva e si allontanò, dicendole. “Vattene.”
    La strega, dopo il primo attimo di smarrimento, troppo debole per correre e tenendosi il collo con una mano, si trascinò lentamente verso le sue compagne reggendosi sulla parete rocciosa, mentre Andrea si girava di nuovo verso le sue amiche che ancora la chiamavano. Allora fece un passo incerto verso di loro, poi un altro e un altro. Ma il ciondolo cominciò a lampeggiare e lei cadde in ginocchio e scosse la testa, le mani artigliarono la terra, le lacrime cominciarono a sgorgare e il viso tornò normale per la frazione di un secondo, per ritrasformarsi subito dopo, mentre le sue amiche, anche loro ormai in ginocchio, continuavano a chiamarla. Marcus e Kiki erano riusciti a fare arretrare le streghe e l’uomo non si rese conto di ciò che stava accadendo alle sue spalle.
    Andrea continuava ad avanzare carponi verso il limite e ogni tanto grugniva e scuoteva la testa. Quando fu a due passi da loro lanciò un profondo urlo di dolore e alzò la testa.
    Il suo viso era rigato dalle lacrime e una smorfia di dolore le trasfigurava i tratti. Era come se non fosse in grado di alzarsi, allungò un braccio verso la loro direzione, cercando di dire qualcosa e Ronnie vide il suo incubo trasformarsi in realtà.
    Allora urlò il nome dell’amica con tutto il fiato che aveva in gola.
    Andrea riuscì a muoversi, come se quella reazione le avesse dato la carica, e, carponi, continuò ad avanzare incurante del dolore lancinante alla testa e alle mani che, a ogni passo, continuavano ad artigliare il terreno, come per dare la spinta a tutto il corpo, mentre le sue amiche la incitavano con maggiore foga.
    Nel frattempo la strega sopravvissuta era quasi riuscita a riunirsi alle sue sorelle e quando Marcus la vide si rese conto che qualcosa non andava.
    Si girò in tempo per vedere Andrea attraversare il limite e accasciarsi al suolo raggomitolandosi subito dopo, e urlò. “Noooooooooooo,” provocando alla ragazza una violenta crisi epilettica. Il corpo di Andrea era scosso da spasmi incontrollabili, si dimenava e la testa continuava a sbattere al suolo. Gli sforzi di trattenerla delle sue amiche non valsero a nulla.
    Ma, nel frattempo, quell’attimo di distrazione fu fatale per Marcus. La strega anziana raccolse le forze e lanciò una sfera di energia contro di lui, abbastanza potente da mandarlo a sbattere contro una parete.
    Marcus urtò contro la nuda roccia così violentemente che svenne, e a quel punto Kiki si accasciò al suolo come se fosse stata una bambola di pezza e Andrea si dimenò per qualche altro secondo, ma poi rimase immobile.
    Le slayers piangevano e cercavano di risvegliarla, mentre lei aveva il cuore così accelerato che sembrava volesse esploderle nel petto e le mani impastate di sangue e sabbia del deserto. Joss si allontanò, tornando dopo qualche minuto con una bottiglietta d’acqua e delle salviette umidificate. Versò l’acqua su un fazzoletto e lo torse sulle labbra semiaperte di Andrea, poi le ripulì le mani con altra acqua e concluse l’opera con le salviette. I tagli sulle mani non erano profondi, ma sanguinavano ancora, così l’uomo strappò il fazzoletto a metà e gliele avvolse nei due pezzi di stoffa.
    Dean e Sam, nel frattempo, videro le streghe entrare nella tenda della zona neutrale e notarono che anche loro erano in pessime condizioni, una zoppicava e due reggevano una terza con le sue braccia attorno alle spalle, senza considerare la più piccola che aveva mezzo viso sporco di sangue e terra.
    Molto presto il rumore di un elicottero attirò la loro attenzione. Il velivolo rimase sospeso sopra le loro teste, e due uomini imbracati con le corde di sicurezza si calarono fino al suolo. Prima controllarono Marcus e Kiki che furono imbracati a loro volta e trasportati fino all’elicottero. Poi uno dei due uomini ridiscese e si avvicinò ad Andrea.
    La controllò senza dire una parola e cominciò a imbracarla con la corda libera che si era portato dietro.
    Stava per fare il segnale di via all’elicottero, quando Gwen lo fermò. “Dove la portate?”
    “Non sono autorizzato a dirvelo,” rispose quello freddamente.
    “La prego,” lo supplicò Eliza con le lacrime agli occhi.
    L’uomo abbassò lo sguardo sulla ragazza svenuta e allacciata a lui con l’imbracatura, poi lo alzò sullo strano gruppetto. Sul suo volto apparve compassione mista a confusione.
    “All’ospedale di Boulder City. Ma io non ve l’ho detto,” disse infine autorizzando con un gesto della mano quelli sull’elicottero a tirarli su.
    Le slayers e Joss rimasero con le teste rivolte verso l’alto per un po’ dopo che l’elicottero si fu allontanato.
    “Facciamola finita con questa prova,” ringhiò Ronnie.
    “Peccato che non dipenda da noi,” le rispose Sam girandosi verso la tenda nella zona neutrale.

    Nel frattempo sull’elicottero uno dei soccorritori controllò i segni vitali dei tre. “Hey, Bob. Questa non ha battito,” disse cominciando a praticarle il massaggio cardiaco. L’uomo di nome Bob, si avvicinò e lo aiutò con la respirazione artificiale. Dopo un po’ la ragazza riprese a respirare, aprì gli occhi per un istante, ma poi li richiuse.
    “È svenuta, ma respira normalmente e anche il battito è normale,” disse Bob tenendole il polso.
    “Meno male, mi sarebbe dispiaciuto se fosse morta, ho sempre avuto un debole per le rosse,” disse l’altro sorridendo.
    “Io invece adoro le brune. Anche quando sono messe male come quella,” disse Bob guardando Andrea con un’espressione preoccupata. “All’ospedale si prenderanno cura di loro e magari, se ne avremo il tempo, potremo andare a trovarle.” concluse Bob dando una pacca sulla spalla dell’altro.

    Grotta buia e umida da qualche parte negli Stati Uniti

    Il neonato era poggiato sulla pietra fredda dell’altare, ma non piangeva, stava lì e ogni tanto girava la testa da un lato. Accanto a lui qualcuno aveva poggiato un pugnale rituale molto ben affilato, di fronte all’altare in piedi con le braccia tatuate rivolte verso l’alto una donna cantava una strana cantilena, accompagnata da altre tre donne, tutte abbigliate con tuniche rosse. Un anziano vestito elegantemente in sedia a rotelle aspettava con malcelata impazienza. Quando il canto finì la donna afferrò il pugnale, lo alzò in aria e, prima che potesse infliggere il colpo mortale, fu sbalzata contro una parete della grotta e si contorse come se avesse avuto le convulsioni.

    Alcune ore più tardi nel Grand Canyon

    “Premesso che non ho alcuna intenzione di fare incazzare l’esimio osservatore, ma qualcuno vorrebbe gentilmente spiegarci cos’è successo laggiù, prima?” chiese Dean indicando col pollice il posto dove, solo poche ore prima, avevano assistito alla trasformazione in senso lato di Andrea.
    Da quando l’elicottero l’aveva portata via, nessuno aveva proferito parola. Ognuno di loro si era chiuso in un impenetrabile mutismo, tranne Dean e Sam che, parlottando tra loro, avevano fatto ipotesi e speculato non poco sulla reale condizione fisica e mentale di Andrea.
    Eliza era seduta a terra con la testa nascosta sulle ginocchia che stringeva con le braccia, Gwen giocherellava con il mazzo di carte da poker, Joss leggeva uno dei suoi libri di magia e Ronnie, che aveva appena finito di rimontare la sua pistola, alzò gli occhi verso Dean.
    L’impressione che dava era che stava cercando di decidere se rispondere o sparargli, e farla finita per sempre con quelle domande. Decise di rispondere. “Cosa vuoi sapere di preciso?” gli chiese di rimando.
    “Non so voi cosa abbiate visto, ma io pensavo agli occhi neri da posseduta e ai canini sporgenti da licantropo semi-trasformato,” le rispose Dean sedendosi per terra e poggiando la schiena contro una delle casse.
    “Joss, glielo spieghi tu? Io proprio non ce la faccio,” disse Ronnie girandosi verso l’osservatore.
    “Eh? Come?” l’uomo alzò gli occhi dal suo libro con aria confusa.
    “Ah, bene!” sospirò Ronnie.
    Gwen allora posò le carte nella loro custodia e disse. “Glielo spiego io. Un giorno Andrea è stata quasi uccisa da un licantropo e, per salvarle la vita, è stata sottoposta a una trasfusione del sangue dello stesso lupo. Vi basta come spiegazione?” chiese infine.
    L’espressione di Sam era titubante, così Gwen continuò, “Non si trasforma durante la luna piena, gli occhi neri e i canini le spuntano quando è particolarmente incazzata o in pericolo e ha acquisito alcune capacità lupesche. L’odorato, la forza e la capacità di comunicare telepaticamente con licantropi e anche lupi normali. Adesso siete più soddisfatti? Spero di sì perché non ho altro da dirvi e, onestamente, non so neanche io cosa significhi la luce emessa dal ciondolo,” concluse la ragazza.
    “La luce? Quale luce?” chiese Dean.
    “Ma perché tu non l’hai vista?” chiese Joss come se si fosse risvegliato all’improvviso da un lungo sonno.
    “Neanche io l’ho vista,” disse Sam.
    “Oh, mio Dio! Oh, mio Dio!” cominciò a gioire Joss mentre posava il libro che aveva in mano e ne prendeva un altro da terra accanto a lui.
    “Joss, cosa c’è?” gli chiese Ronnie.
    L’uomo sfogliò rapidamente alcune pagine, poi tornò indietro, posò il secondo libro, prese il terzo e cominciò a imprecare. Infine si fermò e lo chiuse di scatto.
    “Ero sicuro di averlo letto!” esclamò asciugandosi con il braccio le lacrime di stizza che non era riuscito a controllare.
    “Letto cosa?” gli chiese Ronnie.
    “Accidenti, accidenti! Dove diavolo l’avrò letto.” disse infine sconfitto ma come se parlasse solo a se stesso.
    “È bello essere presi in considerazione con così tanta sollecitudine,” disse ironicamente Ronnie. L’osservatore la guardò senza capire e lei continuò alzando la voce di qualche ottava. “Scusa se mi ripeto, Joss. Ma di che cazzo stai parlando?”
    “Oh, sì! Voi sapete che la magia raramente si manifesta, giusto? Fin da quando è cominciata questa storia mi sono chiesto com’era possibile che la luce emessa dal ciondolo fosse così visibile. È assolutamente possibile che voi ragazze, con i vostri sensi da slayer, la possiate vedere. Ma che la veda anche io che sono totalmente umano? Questo è davvero molto strano,” concluse.
    “Siamo sicuri?” chiese Dean guardando l’osservatore di traverso. “Con quello che sta venendo fuori su di voi non mi stupirei se anche tu fossi stato morso sulle chiappe, che so, da un mutaforma e avessi acquisito qualche strano potere,” concluse il ragazzo.
    Joss però neanche lo considerò, preso com’era dai suoi ragionamenti, alzò l’indice e continuò, “Adesso abbiamo un’altra informazione : Dean e Sam non possono vederla, ma Mike e Jo invece si. Questo significa che la luce viene vista solo da persone che le vogliono bene. Qui il potere non c’entra niente considerato che anche Sam ne ha uno non ben identificato-”
    “E basta con questa storia del mio potere,” bofonchiò Sam.
    “e non l’ha vista comunque,” continuò Joss imperterrito, “L’amore è il potere. L’amore è il potere e il perdono è la chiave,” continuando a ripetere la stessa frase si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro, “Gesù, sono certo di aver letto qualcosa da qualche parte su questa faccenda. Il problema è che, in questo momento, non ricordo né dove né cosa io abbia letto. È dannatamente frustrante!”
    “E allora che si fa?” chiese Eliza che, sentendo il discorso di Joss, aveva alzato la testa dalle ginocchia.
    “Beh, intanto potrei dirlo a Mike. Magari è un’informazione che può essergli utile,” disse Joss.
    “E cosa gli vuoi dire?” chiese Gwen. “Sai, Mike, ricordo qualcosa che ho letto da qualche parte, ma non chiedermi i particolari perché quelli proprio mi sfuggono?” esclamò sarcastica la ragazza.
    “In effetti, no, intendevo che potrei dirgli che non tutti vedono la luce, ma solo le persone che provano amore per lei, sarebbe un piccolo indizio ma unito agli altri magari potrebbe essere utile,” disse sconsolato l’osservatore.
    Le ragazze si guardarono tra loro e annuirono. “Joss, il messaggio dice anche che - una slayer lo sa – Penso sia importante anche questo,” disse Ronnie.
    “Giusto, vero, sì, credo. Dirò anche questo a Mike, deve essere tutto collegato.” Concluse Joss.
    Dean e Sam a quel punto si scambiarono uno sguardo d’intesa e quest’ultimo annuì. Poi rivolgendosi a tutti disse. “Mi dispiace per quello che è successo alla vostra amica, ma abbiamo ancora la prova da affrontare. Non è il caso di buttare giù almeno una specie di piano di attacco? O qualcosa del genere?”
    Dopo qualche attimo di silenzio Gwen ritrovò la voce, “La prima cosa da capire è chi potrebbe avere il trasla-come-si-chiama,”
    Avevano parlato gran parte del pomeriggio per organizzare un piano che potesse prevedere e anticipare la maggior parte degli scenari possibili. Mentre Ronnie ed Eliza, che avevano il primo turno di guardia per la notte, si presero due ore per riposare.
    Quando anche gli altri andarono a dormire Gwen si ritrovò da sola nella tenda e non riuscì a chiudere occhio. Pensava ad Andrea e alle ripercussioni a cui sarebbe andata incontro. Marcus aveva perso la prova a causa sua e i lividi che le aveva visto sui polsi e sul collo non lasciavano presagire nulla di buono. Per un attimo sperò che lui fosse entrato in coma o che addirittura fosse morto. In quel caso magari Andrea sarebbe stata libera dal suo controllo e loro avrebbero dovuto solo gestire il trauma di ciò che aveva subito. Anche se forse dire ‘solo’ sminuiva la reale condizione della sua amica.
    Alla fine si addormentò di un sonno agitato dagli incubi.

    Ospedale di Boulder City – qualche ora dopo

    Le infermiere uscirono dalla camera con un’espressione sbigottita. “Ma che gli fanno fare in questo reality? Va bene che si parla di sopravvivenza in ambienti ostili, ma mi sembra un po’ esagerato farli ridurre in quel modo. Non credo che lo guarderò,” disse la più alta.
    “Io invece sono proprio curiosa,” le rispose l’altra non notando lo sguardo sbalordito della collega. “Più per un interesse sociologico che altro,”
    “Non ti capisco,”
    “È semplice. Vorrei cercare di capire cosa spinge la gente a fare certe cose,”
    “E pensi che lo capirai guardando un reality? C’è sempre la possibilità che sia tutto predeterminato,”
    “Se fosse come dici tu, non avremmo avuto tutti questi pazienti durante la settimana. Non pensi?”
    “In effetti. Hey, Bob. Come va?” l’infermiera alta salutò l’uomo appoggiato mollemente al bancone del ricevimento dove le due stavano tornando.
    “Hey, Angela. Passavo da qui per caso e mi sono fermato apposta,” sorrise lui languidamente.
    “Il tuo fascino non mi fa effetto, caro. Ho quattro figli maschi e quando mi sorridono in quel modo gli preparo il ciambellone. Di cosa hai bisogno?” gli chiese lei mentre l’infermiera più bassa lo guardava con un’espressione che dimostrava chiaramente che, a differenza della collega, su di lei il fascino di Bob faceva presa, eccome.
    “Ma cosa ti viene in mente?” chiese lui con lo sguardo più innocente che gli riuscì. Ma quando capì che non l’avrebbe convinta, continuò. “Ok, hai ragione. Niente… mi chiedevo come stanno le due ragazze che abbiamo portato questa mattina.”
    L’infermiera fece una smorfia. “Beh, la rossa si è già svegliata e sembra un po’ confusa, ma fisicamente sta bene. L’altra non ha ripreso conoscenza e fisicamente è messa male. Ha il corpo pieno di ferite e lividi, persino sui polsi e sul collo,” disse quell’ultima frase abbassando il tono di voce e guardandosi in giro con circospezione. Tenendo il tono basso, continuò, “I medici pensano si possa trattare di violenza domestica. Magari ha scelto di partecipare al reality per fuggire da una brutta situazione familiare. La cosa che preoccupa di più è il livello di denutrizione, la disidratazione e i valori del sangue sballati. Al momento stiamo cercando di normalizzare tutto con gli integratori endovena, ma la psicologa sta aspettando che si svegli per poter parlare con lei. Allora sapremo qualcosa di più certo,”
    “Droghe?” chiese Bob.
    “Il tossicologico è pulito, niente droghe, ma perché quest’interesse?”
    “Nessun motivo in particolare. Suppongo si tratti di deformazione professionale,” rispose l’uomo pensieroso. Notando con la coda dell’occhio un movimento sulla sua destra si girò e vide la ragazza con i capelli rossi che si avvicinava lentamente. Aveva sulle spalle la coperta e se la stringeva sul petto come se avesse freddo.
    “Hey, Angela,” esclamò indicando con il pollice verso la ragazza barcollante.
    L’infermiera alta si affacciò da sopra il bancone per guardare nella direzione indicata da Bob, e quando vide la ragazza, disse. “Ossignore,” uscì da dietro il bancone e corse verso di lei, “Signorina, perché si è alzata? Andiamo, la riporto in camera.”
    Kiki scosse la testa. “Volevo solo sapere dove son...” si interruppe per un attimo, poi continuò, “Beh, ecco. Sono qui da sola?” chiese infine trattenendo le lacrime a stento.
    “Perché non ha suonato il campanello?”
    “Sentivo il bisogno di camminare. Sono morta? Forse per un po’?” chiese con aria stralunata.
    A quella domanda l’infermiera trasalì. “Venga con me, mi faccia contenta e si sieda qui.” L’infermiera accompagnò Kiki fino ai sedili di fronte al bancone dell’accettazione da cui lei era uscita.
    Nel frattempo Bob aveva osservato tutta la scena in silenzio.
    “Lei è stata portata qui questa mattina insieme a una ragazza bruna e a un uomo. Lui si è già svegliato, ma i medici hanno deciso di sedarlo dopo che ha avuto una crisi… diciamo, ecco, isterica scoprendo di essere in ospedale. Fisicamente sta bene perciò sarà dimesso, probabilmente, domani mattina. La sua amica invece, beh…” l’infermiera si interruppe non sapendo bene se fosse il caso di dire tutta la verità.
    “Per favore, sembro fragile ma posso gestire una brutta notizia,” le disse Kiki.
    L’infermiera sospirò. “No, no, la sua amica è viva, ma non si è ancora svegliata e purtroppo non è in buone condizioni.”
    “Posso vederla?” le chiese Kiki.
    “Penso di sì, magari la sua presenza la aiuterà a rimettersi più velocemente,” Le sorrise l’infermiera. “L’accompagno, ma prima,” si girò verso Bob, “vorrei presentarle uno degli uomini che vi ha salvati. Bob.”
    I due si strinsero la mano e dopo qualche convenevole di rito, Kiki si alzò e lo abbracciò, lo baciò su una guancia e gli sussurrò, “Grazie,”
    All’uomo luccicarono gli occhi per la commozione. “Dovere, signorina,” le rispose, anche se era chiaro che, in quel momento, se avesse avuto dei dubbi sulla sua professione, sarebbero spariti.
    Poi l’infermiera accompagnò Kiki nella stanza di Andrea e, quando la vide, così magra ed emaciata, la strega scoppiò a piangere e, tra i singhiozzi, le disse, “Perdonami, Andrea. È tutta colpa mia, ti prego perdonami.”
    Quando si fu calmata ripensò a quello che era successo negli ultimi mesi e si rese conto che, sebbene ricordasse tutto con estrema chiarezza, era come se avesse vissuto la sua vita guardandola dall’esterno. Il ricordo della donna insieme a Marcus nella sua stanza la colpì come un ceffone in pieno volto e solo allora si rese conto di essere stata magicamente plagiata. Chiuse gli occhi per scacciare quell’immagine, ma non riuscì a farlo e così, poggiando il viso sulle braccia incrociate sul lettino dell’amica, scoppiò a piangere di nuovo, mentre i pensieri le scorrevano liberi nella mente.
    Fu allora che la mano di Andrea si mosse come se avesse avuto uno spasmo. Kiki alzò gli occhi su di lei e vide che l’amica aveva gli occhi aperti, il colorito era quasi normale anche se le occhiaie profonde e scure la dicevano lunga sul suo effettivo stato di salute. Andrea fissò i suoi occhi comprensivi in quelli di Kiki, poi, come se non ce la facesse a tenerli aperti, li richiuse e una piccola lacrima scivolò lungo la tempia.
    La disperazione della strega cominciò quindi a trasformarsi in rabbia e il senso di colpa in odio verso l’essere che stava quasi per rovinare le loro vite.
    Strinse la mano di Andrea e, dentro di sé, giurò vendetta.

    Grand Canyon – Mattina successiva


    La notte era stata relativamente tranquilla, le streghe non si erano mosse, probabilmente avevano riposato per recuperare le forze, e il coguaro non si era né visto né sentito.
    La mattina dopo sul tardi, le cinque donne uscirono dalla tenda e la più anziana fece un gesto verso il gruppetto già pronto. Joss si avvicinò di qualche passo per sentire cosa avesse da dirgli la strega. “La nostra consorella ci ha raccontato cos’è successo ieri. Non abbiamo capito molto, ma volevamo ringraziarvi. Se non ci foste stati voi, lei adesso probabilmente sarebbe morta. Ciò non toglie che faremo tutto ciò che è in nostro potere per vincere questa prova.”
    Joss annuì e tornò al suo posto tra Gwen, che aveva in mano una spada corta, e Ronnie che invece aveva un pugnale. Sam, Dean ed Eliza invece non erano con loro e non si vedevano da nessuna parte.
    Le streghe notarono la loro assenza e la più anziana disse qualcosa alle sue consorelle prima di uscire dalla zona neutrale.
    A quel punto Joss aprì il libro di magia che aveva in mano e cominciò a leggere ad alta voce una formula magica in una lingua che sembrava aramaico. Le streghe, una accanto all’altra, alzarono lo scudo e avanzarono, mentre Joss cambiò le parole dell’incantesimo e cominciò a recitarne un altro in latino.
    La strega più anziana si fermò obbligando anche le altre a fare lo stesso. C’era qualcosa di strano nell’atteggiamento di quei tre, ma quello che proprio non capiva era il comportamento dell’uomo che continuava a cambiare incantesimo. Guardò in alto, poi alla sua destra e alla sua sinistra, ma, pur non notando nulla di strano rimase immobile.
    “Non funziona,” sussurrò Gwen.
    “Forse dovremmo fare qualcosa,” le rispose Ronnie. “Io attacco a destra e tu a sinistra?” chiese.
    “Andate. Occhi aperti,” rispose Joss che, subito dopo, iniziò a recitare un altro incantesimo.
    Le ragazze allora si mossero e corsero verso i due lati prescelti. Le streghe alle estremità più esterne della cordata si misero spalla contro spalla e, quando le due slayers furono alla loro portata, lanciarono una sfera di energia a testa. Gwen si buttò a terra e riuscì a evitare di essere colpita, mentre Ronnie fu presa in pieno e venne sbalzata contro la parete rocciosa. “Nyyyyyyx!” gridò Gwen cercando di capire se poteva trovare uno spiraglio per raggiungerla.
    Essendo rimasto solo l’osservatore tra loro e il traguardo, le streghe ripresero ad avanzare, mentre le due di spalle, camminando all’indietro, tenevano ancora sotto tiro le slayers a terra, senza però lanciare altre sfere di energia.
    “Aspetta, aspetta… aspetta…” , “ADESSO!” gridò Eliza.
    La corda nascosta sotto uno strato di terra si issò e le streghe inciamparono e caddero una sull’altra. Nel frattempo Joss gridò tre parole in latino e una di loro si illuminò per un attimo. Contemporaneamente Dean, Sam ed Eliza uscirono da dietro le pieghe della parete rocciosa del canyon dove erano nascosti. Si fiondarono sulle donne e lanciarono loro addosso la rete che avevano costruito con le corde, che per fortuna avevano portato in abbondanza, per catturare il coguaro alcuni giorni prima. Mentre i fratelli cercavano di trattenere le altre streghe, Eliza frugava quella che si era illuminata.
    Alla fine la slayer urlò, “PRESO!” E cominciò a correre verso il cartello dell'arrivo, mentre Joss si avvicinò a passo svelto al gruppo a terra, per fermare qualunque altro attacco magico.
    La strega più anziana nel frattempo si liberò le mani e cominciò a caricare energia per lanciare una sfera e fermare la corsa della ragazza, ma Dean la atterrò con il peso del suo corpo. Ruzzolarono e anche lui rimase incastrato con la rete, mentre anche le altre quattro streghe si dimenavano per liberarsi. Ci fu un devastante parapiglia durante il quale Dean fu colpito allo stomaco e Sam all’inguine, una delle streghe si ruppe un braccio e cominciò a urlare. Proprio in quel momento Eliza arrivò a destinazione e urlò, “Tana libera tutti! Hey, mi sentite? Abbiamo vinto!”

    Le streghe a quel punto smisero di lottare, Dean e Joss tentarono di soccorrere quella che si era rotta il braccio, mentre Sam tentava di riprendersi dal colpo all’inguine e Gwen corse da Ronnie che, da quando era stata colpita, era rimasta immobile sul terreno.
    “Tesoro, tesoro sveglia.” Ma quando Gwen la girò si accorse che la sua amica aveva una ferita aperta sul lato destro della testa, proprio sopra l’orecchio. Doveva aver sbattuto contro una roccia e sanguinava. “Merda, merda, ho bisogno di aiuto qui,” gridò Gwen attirando l’attenzione di Joss e dei fratelli che corsero da lei. Eliza, mantenne la sua posizione per paura di essere squalificata e dal suo punto di osservazione riuscì solo a capire che qualcuno si era fatto male. Cercò di attirare la loro attenzione, ma il rumore di un elicottero coprì la sua voce.
    Due uomini si calarono con le corde e verificarono le condizioni dei feriti.
    La prima a essere issata su una barella fu Ronnie, insieme alle tre streghe più malconce, sebbene Gwen avesse insistito per salire prima lei per accompagnare l’amica.
    “Signorina,” le disse il tizio dell’elicottero afferrandola fermamente per le braccia, “si ricorda di me?” La ragazza lo guardò e capì che si trattava dello stesso uomo che aveva portato via Andrea il giorno prima, così annuì.
    “Le prometto che faremo di tutto per salvare la sua amica. Sull’elicottero abbiamo ciò che serve per darle il primo soccorso, e dove la stiamo portando sono bravissimi, ma adesso deve lasciarmi andare. Ogni minuto è preziosissimo.”
    Gwen suo malgrado annuì e lo guardò andare via. Dopo qualche minuto un altro elicottero sorvolò la zona e portò via le due streghe rimaste e Dean e Sam.
    Gwen e Joss corsero allora da Eliza e le spiegarono cosa fosse successo, provocandole una crisi isterica. Mentre la ragazza, che ancora non voleva muoversi da lì per paura di essere squalificata, continuava a inveire contro O’Malley e la sua stupida gara, Gwen e Joss andarono a recuperare, quantomeno, i loro borsoni. Fu allora che il terzo elicottero si fermò proprio sopra le loro teste e li prelevò per portarli fino a Boulder City.

    Ospedale di Boulder City –


    “Femmina, circa ventitre anni, ferita alla testa, ci sono tracce di terra all’interno, riteniamo possa aver sbattuto contro una roccia. Abbiamo pulito la ferita. Registrata tachicardia e temperatura corporea elevata. Non sembra aver subito fratture. Non ha ancora ripreso conoscenza. Fra cinque minuti atterriamo. Passo.” L’elicotterista chiuse la conversazione e si preparò per l’atterraggio sul tetto dell’ospedale.
    Dopo cinque minuti aveva completato l’operazione mentre alcuni sanitari si avvicinavano di fretta spingendo una barella.
    Mentre Ronnie veniva trasportata in sala operatoria un inferocito Marcus ritirava il foglio delle dimissioni e usciva dall’ospedale come se avesse avuto il diavolo alle calcagna. Un messo quella mattina gli aveva portato una busta che conteneva una lettera di Belisarius in cui gli comunicava che la sua auto insieme ai bagagli raccolti nel Grand Canyon si trovavano presso l’Hoover Dam Lodge, dove era stata prenotata una camera per lui e le sue compagne. Avrebbe avuto a disposizione quella sistemazione per un giorno ancora, ma poi avrebbe dovuto organizzarsi con i suoi mezzi. Prima di uscire dall’ospedale Marcus aveva chiamato un taxi che non si fece attendere a lungo.

    Durante il breve tragitto tra l’ospedale e l’Hoover Dam Lodge, la mente dello stregone oscillò tra la paura di quello che gli sarebbe accaduto adesso che aveva perso la prova ed era uscito dalla gara, la rabbia nei confronti delle donne che gli avevano rovinato i piani e la vita, il rancore e infine l’odio verso tutto il mondo e il destino che gli aveva giocato un brutto tiro ancora una volta. Cercò allora di concentrarsi per trovare una soluzione al suo problema e sebbene fosse tutto un po’ improvvisato sperò che questo potesse bastare.
    Arrivò in albergo e si fiondò in camera nella speranza di trovare la borsa dove aveva nascosto il portatile con cui comunicava con l’organizzazione. Non avrebbe voluto farlo, ma sapeva che, se fosse sparito, avrebbe dovuto fuggire per tutta la vita e quella prospettiva non era tollerabile. Morire non era nei suoi piani più immediati, ma meglio la morte di una vita in cui avrebbe dovuto guardarsi le spalle ogni momento.
    Trovò il portatile e lo aprì, fece il gesto di chiamare un paio di volte senza riuscirci. Poi si decise.
    “Signore,” disse quando l’uomo sul monitor apparve, “devo comunicarle una brutta notizia.”
    “Lo sappiamo già, Marcus. Dirle che siamo delusi è poco.”
    Lo stregone abbassò gli occhi, poi, dignitosamente li rialzò e rispose. “Sono pronto ad affrontare qualunque punizione vogliate infliggermi, signore. So benissimo che non ho il diritto di chiederlo, ma ho avuto un’idea che vorrei esporle. Poi potrete fare di me ciò che vorrete.”
    L’uomo sul monitor alzò un sopracciglio. “Anche a un condannato a morte si concede l’ultimo desiderio,” rispose, mentre alcune gocce di sudore imperlavano la fronte di Marcus.
    “Posso spiegarle cosa avevo in mente, signore?” chiese lo stregone con voce tremante.
    “Autorizzato,” disse semplicemente l’altro.
    Appena Marcus ebbe finito di esporre il suo nuovo piano, l’altro uomo alzò lo sguardo dal monitor, segno che non era solo nella camera, poi si rivolse a Marcus, “Bene, direi che per adesso la sua vita è salva. A questo proposito siamo adesso in grado di archiviare l’altra pratica, le invierò a stretto giro di posta l’incantesimo che le avevamo promesso.” così dicendo interruppe la video chiamata lasciando un Marcus scosso, ma sollevato.

    Nel frattempo - Hoover Dam Lodge - Boulder City –

    Gwen, Joss ed Eliza scesero dall’elicottero e si ritrovarono sul tetto di una costruzione. Li accolse un signore molto gentile, che si presentò. “Buongiorno, sono il signor Norton. Vi do il benvenuto all’Hoover Dam Lodge. Se volete seguirmi vi accompagno alle vostre camere.”
    Scendendo dal tetto, le slayers e Joss scoprirono che si trovavano in un albergo che, tra le altre cose, offriva ai suoi ospiti gite turistiche in elicottero, per vedere il Grand Canyon dall’alto. Questo spiegava la presenza della pista di atterraggio proprio sopra il tetto.
    Prima di ritirarsi nelle loro camere, Joss chiese all’uomo dove si trovasse l’ospedale e quello gli rispose che, essendo molto vicino, gli conveniva prendere un taxi piuttosto che andare con il camper. Si offrì quindi di chiamargliene uno lui stesso e l’osservatore accettò specificando che avrebbero perso una mezz’ora per lavarsi e cambiarsi. Prima di entrare in camera si rivolse alle ragazze. “Facciamo una doccia veloce e poi andiamo.”

    Hoover Dam Lodge – Ingresso - Boulder City

    I tre uomini erano comodamente seduti nel salottino dell’ingresso dell’albergo in cui avevano preso due camere doppie comunicanti sei giorni prima. Avevano capito, o almeno Jo aveva spiegato a Mike e Jason, che i piani di volo per cui era stata fatta la richiesta comprendevano lo scalo sull’ospedale e su quell’albergo. Non potendo trattenersi a lungo davanti all’ospedale avevano dovuto optare per il secondo, pur sapendo che si trattava di un azzardo. All’inizio avevano deciso di dormire sul camper, ma poi si resero conto di attirare troppo l’attenzione parcheggiati di fronte a un albergo che, probabilmente, aveva camere libere. Così alla fine, pregando la loro buona stella di non essere scoperti dallo stregone, avevano prenotato per gli otto giorni successivi.
    All’improvviso Mike si abbassò e quasi cadde col sedere sul pavimento.
    Jason e Jo lo guardarono basiti e lui fece loro segno di guardare verso la reception.
    I due uomini si girarono e solo allora si resero conto che Marcus, che solo Jo riconobbe, stava ritirando le chiavi di una camera.
    “Tirati su, genero, non ci ha visti. Dalla sua espressione si vede che ha altre cose per la testa,” gli disse Jo. “Che dici, avrà perso la prova?” gli chiese infine mentre Mike si rimetteva lentamente a sedere sulla poltroncina.
    “Avete visto Andrea?” chiese il dottore.
    “Era solo,” gli rispose Jason, serio. “Allora è quello lo stregone?” chiese infine il licantropo.
    “Sì, ma dove sarà Andrea?” chiese Mike preoccupato.
    A quel punto la porta dell’ascensore di fronte si aprì e ne uscirono trafelati Joss, Eliza e Gwen. Li videro dirigersi quasi correndo verso l’uscita e Jason, con uno scatto fulmineo, prese il giornale e se lo mise davanti alla faccia.
    Invece Mike, senza pensarci due volte, li rincorse e li intercettò subito prima che salissero su un taxi. Dopo i saluti e gli abbracci di rito, Mike disse, “Abbiamo visto Marcus entrare nell’albergo da solo. Voi sapete dove si trova Andrea?” chiese non riuscendo a nascondere la sua paura di sentire la risposta.
    I tre si guardarono dubbiosi, poi Joss rispose. “Se non era con lui… ecco… potrebbe essere ancora all’ospedale.”
    “Dio, Joss, cos’è successo?”
    “Dottore, senti,” esclamò Eliza, “Ronnie si è spaccata la testa poche ore fa-” Mike la interruppe con un gesto della mano. “Posso venire con voi?”
    Eliza allora lo spinse sul sedile posteriore del taxi e poi si fiondò dentro anche lei, gridando, “Forza, voi due lumache. Andiamo, andiamo, andiamo,” disse infine al tassista che la guardava sconvolto dallo specchietto retrovisore.
    Dal taxi Mike chiamò Jo dicendogli che stava andando all’ospedale con le ragazze e Joss e che lo avrebbe richiamato appena possibile, e inoltre gli chiese di farsi sentire nel caso lo stregone avesse deciso di spostarsi da lì.

    Arrivati al bancone del ricevimento si informarono sulle due ragazze e seppero che Andrea si era svegliata, ma era ancora debole. I medici sconsigliavano di dimetterla, almeno per i prossimi giorni. Mentre Ronnie era ancora in sala pre-operatoria. L’infermiera, vedendo le loro espressioni disperate, gli consigliò di salire al secondo piano e di aspettare fuori dalla sala. Il primo medico che fosse uscito da lì gli avrebbe potuto dare notizie di sicuro più fresche di quelle che aveva lei.
    I quattro seguirono il consiglio, ma Mike fremeva sapendo che la sua piccola si trovava lì, sola e in preda a chissà quale turbamento. Aveva resistito all’aeroporto, ma stava cominciando a stancarsi di resistere al suo istinto.
    “Non so se sia una buona idea, Mike. Dopo quello che abbiamo visto ieri potrebbe essere devastante per lei incontrarti,” gli disse Joss, mentre l’altro si passava le mani tra i capelli. “Devo vederla, Joss. Capisci? Devo. Anche solo per un attimo.”
    “So quello che provi, ragazzo.” gli disse l’uomo poggiandogli la mano sulla spalla. Eliza, con le lacrime agli occhi si fiondò tra le braccia del dottore e Gwen fece lo stesso. Mike le strinse a sé e si lasciò coccolare da quell’abbraccio affettuoso e consolatorio per qualche minuto.
    Quando tutti si furono calmati, Mike decise di chiedere aiuto a una delle infermiere e li lasciò con la promessa che sarebbe tornato prima possibile per avere notizie di Ronnie.
    Mentre aspettavano, Gwen si rese conto che mancava qualcuno all’appello. “Che fine avranno fatto Sam e Dean?” chiese ad alta voce a nessuno in particolare.
    Eliza spalancò gli occhi, “Li abbiamo dimenticati!”
    “Erano ancora vivi quando sono saliti sull’elicottero,” rispose Joss con un tono del tutto indifferente.
    Le ragazze lo guardarono basite. “Che c’è? È vero!”
    “Non sei preoccupato neanche un po’?” chiese Gwen.
    “Quei ragazzi sanno badare a sé stessi. Anche se, in effetti, sarebbe il caso di chiamarli.” Tossicchiò infine tirando fuori il cellulare dalla tasca.
    “Sam, tutto bene?” chiese quando il ragazzo rispose.
    Dopo qualche attimo in ascolto, disse, “Noi siamo al secondo piano, in attesa che qualcuno esca dalla sala operatoria e ci dia notizie di Ronnie. Ci raggiungete qui, appena avrete finito?”
    Annuì un paio di volte e poi lo salutò, “Sì. Va bene, a dopo.” E chiuse rivolgendosi poi alle ragazze. “I fratelli stanno bene, come avevo detto. Sono al pronto soccorso per i controlli di routine, ma hanno finito, quindi a momenti saranno qui.”
    A quel punto l’ascensore si aprì e ne uscì Belisarius che li guardò con un’illeggibile espressione stampata sul volto. Si avvicinò e li salutò, poi disse. “Mi dispiace per la signorina Kingsley. Spero che l’operazione abbia un esito positivo. Anche se in verità sono qui perché la signorina Jonson ha qualcosa che ci appartiene.”
    “Io di tuo non ho proprio nulla, te lo garantisco,” gli rispose Eliza torva in volto.
    Belisarius alzò un sopracciglio, mentre Gwen la sgomitava e Joss si toglieva gli occhiali dicendo, “Il traslatore, Eliza.”
    “Eh?! Ah! Ooooh! Sì, è vero!” disse la ragazza sorridendo e senza mostrare neanche un briciolo di imbarazzo.
    Si mise la mano in tasca, prese l’oggetto che aveva la forma di una grossa pila, ma in uno strano materiale che sembrava plexiglass, e lo diede a Belisarius.
    “Bene,” disse l’uomo. “Come sapete avete vinto la prova e siete passati di diritto alla finale.”
    “Hip Hip Hurrà per noiiiii.” disse Eliza a bassa voce. Ma Belisarius non si scompose e continuò, “Morpheus mi ha detto di comunicarvi che entro due giorni verrà personalmente per mettervi a parte dei passi successivi. Ma non preoccupatevi, avrete tempo per riposare e rimettervi in forze.” Così dicendo, abbassò la testa in segno di saluto e se ne andò.
    “Quel tizio continua a farmi venire i brividi.” disse infine Gwen dopo che Belisarius fu entrato nell’ascensore.

    Dovettero aspettare un’ora prima di avere notizie di Ronnie. Nel frattempo Sam e Dean avevano portato loro degli snacks e delle bibite energetiche presi in un distributore, e fecero notare ai tre che forse non era il caso di stare lì tutti insieme visto il loro piccolissimo problema con la legge, ricevendo per tutta risposta un “Non me ne frega un cazzo della legge, non ci muoviamo da qui neanche se ci sparano,” da una Eliza piuttosto agitata.
    Mike nel frattempo era tornato dalla sua piccola escursione. Dopo le presentazioni con i fratelli, il dottore chiese cos’era successo ad Andrea e Ronnie durante la prova, poi raccontò di essere riuscito a entrare di nascosto nella camera della moglie che dormiva serenamente.
    “È ancora un po’ pallida e non aveva più il ciondolo, di certo l’avranno sottoposta a esami diagnostici con l’uso di macchinari e devono averglielo tolto. L’ho cercato nella camera, ma è probabile che le infermiere lo abbiano conservato al sicuro pensando che fosse di valore. Purtroppo glielo restituiranno al momento delle dimissioni. Una parte di me spera che lei decida di non riprenderlo,” Gli altri lo ascoltarono in silenzio, ognuno con un pensiero diverso che, per rispetto, tennero per sé.
    Proprio in quel momento un medico con il camice verde uscì dalla sala operatoria e si tolse la mascherina e i guanti. Tutti si alzarono, tranne Mike e Dean che erano già in piedi, e lo raggiunsero. “Lei è il padre?” chiese guardando Joss.
    “Ahem… sì. Dunque?” chiese l’osservatore un po’ in imbarazzo.
    “Sua figlia starà bene.” Eliza e Gwen emisero un sospiro di sollievo. “Abbiamo avuto difficoltà a stabilizzarla, siamo un po’ preoccupati per l’alta temperatura corporea, ma per fortuna la scatola cranica è intatta. Quando è arrivata qui la ferita aveva già smesso di sanguinare e non abbiamo dovuto neanche suturare, la TAC non ha rilevato anomalie quindi riteniamo sia improbabile che abbia subito danni cerebrali. Per sicurezza, per le prossime ventiquattro ore la terremo sotto osservazione in terapia semi-intensiva. Ma se devo dare un parere, ritengo che si rimetterà in breve tempo.” Sorrise alla fine il medico mentre Joss lo ringraziava sentitamente. Quando li salutò Gwen ed Eliza si abbracciarono e saltellarono tenendosi le mani e Joss si asciugò il sudore sulla fronte e, forse, qualche piccola lacrima di sollievo, mentre Mike gli dava delicate pacche sulla spalla.
    Non potendo fare altro, decisero di chiamare un paio di taxi per andare in albergo. Joss, i fratelli e le ragazze sarebbero tornati il giorno dopo, mentre Mike si mantenne sul vago, non sapendo cosa avrebbe deciso di fare lo stregone. In cuor suo sperava che, dopo essere stato eliminato, avrebbe lasciato in pace la sua donna.
    Arrivato in albergo si diresse direttamente in camera dove trovò soltanto Jo.
    “Jason?” gli chiese.
    “Il tuo amico ha detto che preferisce restare sul camper. Ha detto che non è ancora pronto a incontrare le slayers e Joss, e che, comunque, dal camper potrà controllare che lo stregone non si allontani dall’albergo,” gli rispose Jo con aria dubbiosa.
    “Cazzo,” esclamò Mike dandosi una pacca sulla fronte. “Che idiota sono!”
    “Non avevamo già stabilito che sei un genio?” gli chiese Jo alzando un sopracciglio. Mike lo guardò serio. “Ok. Scusa, ironia fuori luogo. Che succede?”
    “Succede che dobbiamo a quel ragazzo molto più di un ‘semplice’ favore. Lui e Ronnie, beh… non si sono lasciati nel migliore dei modi, ma si vedeva lontano un miglio che il legame tra loro era profondo. Io sono convinto che si amano ancora e, onestamente, non so come la prenderà Jason sapendo che Ronnie è in ospedale.”
    “L’unico modo per scoprirlo è dirglielo. Ma forse è il caso che tu lo faccia quando non ci sono, non siamo in confidenza e non voglio metterlo in difficoltà con la mia presenza.”
    Mike annuì. “Ordino la cena per noi due e la porto al camper, se non ti dispiace mangiare da solo.”
    “Affatto, genero. Pensavo in ogni caso di restare in camera, non vorrei incontrare quel tizio al ristorante.”
    “Pensi che potrebbe riconoscerti?”
    Jo scosse la testa, poi alzò lo sguardo serio su Mike ed esclamò, “No, è perché penso che potrei sparargli. Voi tenete gli occhi aperti, verso mezzanotte verrò a darvi il cambio.”
    Più tardi sul camper, dopo aver cenato, Mike e Jason si sedettero nella cabina di guida e il dottore lo guardò con la coda dell’occhio. Sembrava tranquillo e rilassato, mentre cercava una stazione alla radio del camper.
    “Che c’è?” gli chiese Jason senza neanche voltarsi verso di lui.
    “Ahem… che intendi?”
    Il licantropo si girò a guardare Mike, “Sento le rotelle del tuo cervello che vorticando producono uno stridore infernale insopportabile. Allora, che c’è?”
    Mike tossicchiò. “È vero, devo dirti una cosa. E non esiste un modo delicato per dirtelo, perciò te lo dico e basta. Ronnie è all’ospedale ma sta bene,” si affrettò a concludere.
    I tratti del viso di Jason si contrassero in una smorfia preoccupata, ma non disse nulla.
    Così Mike continuò, “Ha sbattuto la testa su una roccia durante la prova, ma i medici hanno emesso una prognosi più che buona. Quando è arrivata all’ospedale la ferita aveva già smesso di sanguinare, credo grazie al suo potere di slayer. Guarirà, starà bene.” concluse il dottore dandogli una pacca sulla spalla.
    Jason aveva i pugni stretti e le braccia tremavano un po’ a causa della tensione. “Vorrei… tanto vederla con i miei occhi. Dannazione, ci andrei anche subito se avessi il coraggio di…” si interruppe sbuffando.
    “Puoi farlo, se lo desideri,” gli disse Mike.
    Jason scosse la testa in un no silenzioso. “Ah, dottore, è più complicato di così.” Sospirò. “Quello che le ho fatto, che ho fatto all’altra slayer.” Il licantropo scosse di nuovo la testa come a voler allontanare quei pensieri. “Non sono cose che si dimenticano. Anche se lei mi ha detto di avermi perdonato.”
    “Te l’ha detto? Quindi, vi siete sentiti.” Jason annuì e Mike sorrise. “Allora forse è arrivato il momento che tu perdoni te stesso.” Dopo un breve silenzio il dottore continuò.
    “Amico, ascolta, qualunque cosa tu abbia fatto sotto l’influenza di quell’essere malvagio non è imputabile a te.”
    “Sì, ma-” , “Fammi finire, Jason. Dentro ogni uomo vive una bestia, che può scatenare la sua violenza in qualunque momento e con qualunque scusa. La crudeltà e quella strana voglia di spargere sangue è insita in ogni essere umano, credimi, da medico che ha lavorato in un pronto soccorso per molti mesi, te lo posso garantire. Tra te e un uomo ‘normale’ c’è solo una differenza e cioè che la tua parte animale può manifestarsi, ma questo non significa che tu sia più crudele di qualunque altro uomo nel mondo. Compresi i presenti.”
    Jason osservò Mike di traverso per tutto il tempo. “Mi stai dicendo che anche tu sei ‘crudele’?” gli chiese il licantropo con tono beffardo.
    “Ah, se ti raccontassi i pensieri che mi sono passati per la testa negli ultimi mesi e in particolare nelle ultime settimane, stenteresti a credermi.” Mike scosse la testa, poi continuò, “Per certi versi ti invidio, amico. La tua libertà quando diventi lupo, la possibilità che hai di correre libero da ogni razionalità e responsabilità e di lasciarti guidare solo dall’istinto senza gli orpelli che ci impone la società. La maggior parte di noi si aggrappa alle regole civili per paura di quello che potrebbe fare se si lasciasse andare, non per reale convinzione o per amore della ragione. Ma la verità è che a tutti piacerebbe dare libero sfogo al lato oscuro che ci ostiniamo a nascondere. Ti confesserò una cosa che non ho mai ammesso neanche con Andrea: sono geloso di te, invidio la tua connessione con lei. È una cosa che io non avrò mai.” Jason aggrottò la fronte, ma lo lasciò continuare, “Lo so che non è razionale, ma una parte di me vorrebbe essere come te. Vorrei avere il tuo coraggio e la tua forza.”
    Il licantropo rise sommessamente, “Tu non sai di cosa parli, dottore. Quando le mie mani si sono sporcate di sangue innocente, a una parte di me è piaciuto.”
    “Tu sei stato uno strumento e per quanto ne so, hanno dovuto faticare moltissimo per piegarti. Anche se questo ha voluto dire più sofferenza per te, significa che i tuoi principi e la tua indole sono stramaledettamente forti. La domanda che devi porti, secondo me, è, qualunque cosa tu abbia fatto mentre eri sotto il controllo di quel mostro, lo avresti fatto comunque, se fossi stato libero di scegliere? Anche se una parte di te ha goduto nel fare del male, adesso che non sei più sotto ipnosi, lo rifaresti?”
    A quelle domande seguì un lungo silenzio, spezzato solo dalla musica della radio.
    All’improvviso Mike sbottò. “Oh, Jason, se solo avessi avuto le tue capacità e il tuo potere, non saremmo a questo punto, oggi. Io e Andrea saremmo a casa a gustarci quel magnifico caffè italiano e la ciambella con le fragole che prepara lei quando vuole coccolarmi.”
    “Scusa?” chiese il licantropo sbarrando gli occhi, “Andrea, ti prepara la ciambella alle fragole? La stessa Andrea che conosco io? Quella tutta kung-fu e ti rompo il culo?”
    Mike rise. “Sì sì, proprio lei.”
    “Questo sì che mi spaventa a morte.” Risero allentando enormemente la tensione che si era creata all’interno del camper negli ultimi minuti.
    Quando Jason tornò serio, disse, “Grazie, Mike, sei un brav’uomo e un vero amico. Penserò a quello che mi hai detto, cercando di dimenticare la parte della ciambella,” rise, “ma comunque non voglio andare da Ronnie, per il momento. Quando la incontrerò vorrei avere delle risposte da darle sulla ‘condizione’ in cui l’ho catapultata.”
    Mike aggrottò la fronte. “Parli della licantropia? Ma Ronnie non è un licantropo, Andrea mi ha spiegato che con la luna piena non si è trasformata, ha solo acquisito alcune caratteristiche, per così dire, lupesche, ma nulla di più.”
    “Hai informazioni vecchie, dottore.” Sorrise Jason amaramente. “Le è successo qualcosa ultimamente, e io l’ho percepita come solo due licantropi possono fare.” Jason scosse la testa come a voler allontanare da sé quell’ultima frase.
    “Si è trasformata?”
    “Solo parzialmente, a quanto mi è sembrato di capire. Ma tutto questo non ha alcun senso, Mike. Non dopo un anno da quando…” Jason si interruppe ricordando quel giorno maledetto.
    “Amico, se c’è una cosa che ho imparato frequentando una slayer, è che non si arrendono mai. Non so come facciano, ma trovano sempre il modo di tirarsi fuori dai guai. Ronnie non è sola e i suoi amici faranno di tutto e di più per scoprire cosa le sta succedendo.”
    “Spero solo che questa ‘cosa’ le dia il tempo di finire la gara.” disse Jason sospirando.
    Mike ci pensò su qualche secondo, poi esclamò, “Possiamo chiedere aiuto a Jo, se vuoi. Ha un sacco di conoscenze nell’ambiente del sovrannaturale, qualcuno deve pur sapere qualcosa su questo argomento.”
    “Non lo so, amico. Tuo suocero non mi sembra molto propenso ad aiutare ‘gente’ come me. Se non fosse stato per te mi avrebbe sparato la prima sera, e se non fosse per sua figlia, di sicuro, non mi avrebbe cercato se non per farmi fuori.”
    “Jo ha le sue idee, ma ti posso garantire che ha più cuore di quanto non sembri ed è anche molto intelligente. Sono pronto a scommettere che, quando finirà tutta questa follia, riconsidererà tutto ciò di cui era certo sui licantropi, se già non lo sta facendo. Alla fine ti sorprenderà, vedrai.”
    “Ti credo, ma aspettiamo di non avere altra scelta prima di chiedergli aiuto, se non ti dispiace.”
    “Ma certo, la mia era solo un’idea. Se c’è una cosa che Jo ama più dei suoi principi è sua figlia. Stai pur certo che, al momento opportuno, Andrea saprà cosa dirgli per fargli fare tutto ciò che vuole lei.”
    “Non ho dubbi su questo.” I due uomini sorrisero, consapevoli entrambi che ciò che teneva Mike aggrappato all’idea che Andrea sarebbe tornata sana e salva da lui, era solo la speranza.
    Non sapevano ancora nulla di certo sulla sua situazione e non sapevano se Jason sarebbe riuscito nell’intento di liberarla dal controllo dello stregone. Per allontanare quei pensieri, Mike infine disse, “Se può farti stare meglio e lo stregone non si muove, domani andrò a trovare Ronnie e mi assicurerò personalmente delle sue condizioni.”
    Jason annuì, poi disse, “Arriva il nostro cambio,” indicando Jo che usciva dall’hotel e si avvicinava a passo svelto al camper.
    Quando arrivò all’altezza dello sportello si affacciò al finestrino e disse, “A nanna voi due femminucce, che adesso è il turno dei veri uomini cazzuti.”
    Jason alzò un sopracciglio e Mike aggrottò la fronte, poi il licantropo si girò verso il dottore e gli chiese, “È sempre così spiritoso?”
    “Abbi pazienza, Jason, soffre di un grave caso di cretinità senile.”
    Jo alzò un sopracciglio e disse, “Un giorno sarete ripagati con la stessa moneta, voi due.”

    Il giorno dopo

    Dopo essere stato autorizzato ad andare avanti con il suo ben studiato piano e dovendo lasciare la camera, Marcus ne prenotò una al Boulder Dam Hotel, che si trovava a metà strada tra l’Hoover e l’ospedale.
    Il giorno precedente lo aveva passato pianificando il prossimo passo e cercando un posto adatto dove metterlo in pratica. Per sua fortuna il deserto era abbastanza vicino e lì avrebbe potuto fare ciò che voleva senza essere disturbato.
    Nel primo pomeriggio si diresse all’ospedale per portare via le ragazze.
    Quando entrò nella camera trovò la strega affacciata alla finestra, ma già vestita. “Kiki?” la chiamò.
    La ragazza fece uno sforzo immane per non aggredirlo, ma, non sapendo cosa avesse in mente e non conoscendo con esattezza la magia che aveva usato per controllare Andrea, decise di fare buon viso a cattivo gioco. Si girò verso di lui, cercando di mantenere un atteggiamento calmo e obbediente.
    “Sei vestita,” le disse lui, “Ti avevo portato un cambio.” concluse mostrandole la borsa che aveva portato.
    “Una delle infermiere è stata tanto gentile e mi ha fatto lavare i vestiti che indossavo due giorni fa. Ed eccomi qui.”
    “Possiamo andare allora.”
    “Dove? Abbiamo perso la prova e siamo fuori dalla gara, ormai,” disse lei cercando di non sembrare troppo sorpresa.
    “È vero, ma abbiamo altre cose da fare insieme. Andiamo a prendere Andrea.” concluse Marcus con un tono che non ammetteva repliche.
    La trovarono a letto, era sveglia e stava parlando con una signora grassottella, con i biondi capelli raccolti in uno chignon, che stava seduta sulla sedia accanto al suo letto. Quando entrarono la donna si voltò verso di loro e sorrise, mostrando due fossette agli angoli della bocca, poi disse semplicemente, “Non abbiamo ancora finito qui. Aspettate fuori, prego.”
    Marcus la guardò con un’espressione rabbiosa, ma lei non si lasciò intimidire e ribadì, “Prego.” indicandogli la porta alle loro spalle.
    Lo stregone era su tutte le furie, ma decise che non sarebbe stato conveniente agire impulsivamente, per poi dover affrontare un’infinita serie di problemi che gli avrebbero fatto perdere molto più tempo e molte più energie. Era sempre stato bravo a tenere un profilo basso e, considerati i lati positivi di quel tipo di comportamento, decise di farlo anche questa volta. Così uscì e si diresse verso la saletta d’attesa dei visitatori, portandosi dietro Kiki.
    “Allora, tesoro,” disse la donna osservando la cartella che aveva in mano, “quelli erano tuoi parenti?”
    “No… cioè sì.” le rispose Andrea.
    La donna la guardò confusa, e la ragazza si spiegò meglio, “Non sono miei parenti geneticamente parlando, ma è l’unica famiglia che conosco.”
    “E come va con loro?”
    Andrea ci pensò un po’ su, poi rispose, “Come va in tutte le famiglie del mondo, suppongo. Alti e bassi.”
    La donna scrisse qualcosa su uno dei fogli della cartella, poi la chiuse, se la poggiò sulle ginocchia e alzò lo sguardo su di lei, dicendole, “Domani vorrei tornare a trovarti, se per te va bene.”
    Andrea annuì e la donna si alzò e la salutò. “Allora, ci vediamo domani.”
    Quando Marcus la vide passare dal corridoio, si precipitò nella camera di Andrea, seguito da Kiki.
    La ragazza aveva ancora la flebo attaccata al braccio, solo quando si avvicinò al suo letto lo stregone vide con orrore che non portava più il ciondolo e dovette ancora una volta fare forza su sé stesso per non farsi prendere dall’ira.
    Le tolse l’ago dal braccio senza un briciolo di delicatezza e le ordinò di alzarsi e vestirsi. Lei lo fissò per un po’, aveva le idee confuse e si sentiva un po’ annebbiata, ma quando lui le disse quasi ringhiando e con la fronte aggrottata, “Non farmelo ripetere,” lei si alzò e si vestì. Tutto davanti agli occhi spalancati di Kiki, che sperò che Marcus non avesse notato il suo turbamento.
    Si diressero verso l’accettazione e l’infermiera, quando vide Andrea, quasi gridò, “Dove la sta portando?!”
    “Vuole uscire,” disse semplicemente Marcus.
    “Ma non può, non si è ristabilita.”
    “È maggiorenne e vaccinata, e se vuole uscire dall’ospedale non potete impedirglielo.”
    L’infermiera, per nulla spaventata dal tono rude di Marcus, si mise le mani sui fianchi e chiese, “Perché non lo dice lei stessa, allora?” Marcus rivolse il suo sguardo su Andrea, e lei disse, “Voglio andare.”
    “Ma…” cercò di opporsi l’infermiera, ma Andrea la fermò, ribadendo, “Voglio… andare.”
    “Io non capisco, ma non posso impedirglielo. Dovrà firmare dei moduli, prima.” concluse tirando fuori da un cassetto un paio di fogli di carta e una penna. Spiegò ad Andrea che firmando quei moduli avrebbe esonerato i medici, che sconsigliavano le sue dimissioni, da qualunque responsabilità per qualunque cosa le fosse successo dopo.
    Mentre Andrea compilava il modulo, l’infermiera andò a ritirare una piccola busta con dentro i suoi effetti personali e a Marcus brillarono gli occhi quando vide il ciondolo.
    La ragazza ci poggiò gli occhi sopra mentre restituiva il modulo compilato e firmato all’infermiera, poi allungò una mano verso il ciondolo. Ma si fermò a pochi centimetri. Lui le soffiò in un orecchio, “È tuo di diritto, prendilo.”
    Andrea esitò qualche altro secondo, poi lo afferrò con mano tremante e se lo allacciò al collo, sotto gli occhi confusi dell’infermiera che aveva visto, nel comportamento della ragazza, qualcosa di molto strano.
    Li guardò uscire e sospirò pregando che quella ragazza avesse preso la decisione più giusta.
    Prima di tornare in albergo, Marcus si fermò in un fast food e si fece consegnare tre pasti da portare via. Arrivati in albergo cenarono, anche se Kiki notò che era ancora molto presto, nella zona comune delle camere attigue che aveva prenotato.
    Quando finirono lo stregone ordinò a Kiki di andare in camera sua e restarci finché non l’avesse chiamata. Lei, suo malgrado obbedì e quando entrò sentì la chiave girare nella toppa un paio di volte. Quel maledetto l’aveva chiusa dentro! Corse alla finestra e si affacciò ma erano in un piano alto, anche se avesse voluto, non sarebbe potuta scappare da lì. Un moto di rabbia la assalì e diede un pugno contro il bordo della finestra. Poi fece qualche respiro profondo e decise che, qualunque cosa lui avesse in mente di fare, questa volta non l’avrebbe trovata impreparata. Si sedette a gambe incrociate nel bel mezzo della camera e cominciò a meditare per rafforzare la sua aura e recuperare le forze.

    Nel parcheggio dell’Hoover Lodge

    “Ti dico che non è uscito,” insisteva Jo.
    Mike era tornato dall’ospedale dove gli avevano detto che, qualche minuto prima, un uomo era andato a prendere Kiki e Andrea.
    Ma Jo, che stava facendo il turno di guardia nel camper, era certo di non aver visto lo stregone uscire, né a piedi né in auto. Insisteva col dire di aver controllato tutte le auto con lo zoom della macchina fotografica e non si capacitava di quanto Mike gli stava dicendo. Alla fine decise di entrare in albergo e chiedere di Marcus alla reception. Dopo dieci minuti tornò nel parcheggio.
    “Il maledetto è andato via stamattina, per sicurezza ho chiesto se ci fossero altre uscite e il receptionist mi ha detto che ce n’è una sul retro. Deve essere uscito da lì,” disse guardando Jason, che aveva fatto la guardia proprio di mattina, con aria comprensiva.
    “Cazzo!” ringhiò Mike, “Come abbiamo fatto a non pensarci!”
    “Siamo stanchi, figliolo. Può capitare,” esclamò Jo mentre prendeva il cellulare.
    Dopo un paio di squilli l’uomo all’altro capo rispose. “Jo, ciao.”
    “Hey, Ted. Ho ancora bisogno del tuo aiuto.”
    “Che questa volta non avrai.” disse quello freddamente.
    “Ma, Ted-”
    “No, non posso, Jo. Mi dispiace.” e chiuse.
    Jo guardò il suo cellulare con un’espressione indefinibile. Se lo rimise in tasca e disse freddamente agli altri due. “Siamo soli.”
    Dopo due ore durante le quali i tre uomini cercarono di capire come muoversi, il cellulare di Jo squillò. Sul display apparve la voce ‘sconosciuto’.
    L’uomo rispose un po’ incerto. “Pronto.”
    “Hey, amico, sono Ted.” Jo allora strabuzzò gli occhi, ma non ebbe il tempo di dire nulla perché quello continuò trafelato, “Jo, ascoltami attentamente, non ho molto tempo. Ti sto chiamando da un numero sicuro. C’è un po’ di agitazione da queste parti, ieri sono venuti alcuni agenti a farmi un sacco di domande su di te e su tua figlia. Io gli ho detto che ti conosco, ma che non sapevo altro. Non mi hanno creduto, sapevano delle chiamate e del fatto che ti ho dato qualche informazione. Allora gli ho spiegato che stavo solo facendo un favore a un vecchio amico che sta cercando di ricucire il rapporto con sua figlia. Non so se sono riuscito a convincerli, ma il fatto è che mi controllano. Qualcosa bolle in pentola, ma non ho idea di cosa sia. Subito prima di essere convocato, sono riuscito a scoprire che il tuo ‘amico’ ha preso una camera al Boulder Dam. Non so se può esserti utile o se lo sapevi già. Da qui in poi continuerò a fare del mio meglio, ma sarà difficile per me tracciare la sua posizione. Tu capisci?” gli chiese infine.
    “Sì, Ted, capisco perfettamente. Come facciamo con Jason?” gli chiese allarmato.
    “Lui è coperto. Non potranno risalire a me perché ho fatto gestire la pratica da Enriquetta. Te la ricordi?” gli chiese con tono malizioso.
    “Oh, sì! La splendida.” sospirò Jo. “Dalle un bacio da parte mia quando la vedi.”
    “Adesso scusa, ma devo proprio andare.”
    “Hey, amico. Ti devo la vita. A buon rendere.”
    “Figurati, mi dispiace non poter fare di più.”
    “Hai già fatto più del tuo dovere. Ci sentiamo presto, anche solo per prenderci un caffè quando tutto questo sarà finito.”
    “Volentieri. Magari lo diciamo anche a Enriquetta, so che ne sarebbe felice.” disse Ted ancora con un tono malizioso. “Ciao, amico.” L’uomo chiuse e Jo sospirò, alzando poi lo sguardo verso i due davanti a lui e raccontandogli quello che l’amico gli aveva appena detto.
    Si diressero di filato al Boulder Dam, ma purtroppo non sapevano che tipo di auto avesse noleggiato Marcus a Las Vegas e, nel parcheggio di fronte all’albergo, ce n’erano molte. Per non commettere lo stesso errore del giorno prima fecero una ricerca e scoprirono che c’era un’uscita laterale, ma nessun parcheggio sotterraneo. A quel punto non potevano fare altro che aspettare e sperare di non perderli di nuovo.
    Mentre cenavano, Mike disse a Jason di essere riuscito ad avere notizie fresche su Ronnie. A parte un livido sulla fronte e intorno all’occhio, a detta dei suoi amici, la caduta non aveva avuto conseguenze sulla sua più che affascinante e luminosa indole. Insomma, stava bene, per quanto una come lei potesse stare bene bloccata in un letto d’ospedale. Gli disse di aver parlato con Joss in privato per chiedergli di non dire alle ‘ragazze’ – e a una in particolare - che lui si trovava in America, e che l’osservatore gli aveva confessato di non averlo fatto e che non aveva neanche intenzione di farlo, almeno non per il momento. La tensione che Jason aveva accumulato in quelle ore, si dissolse e, grato, ringraziò il dottore.
    Il dopo cena fu relativamente tranquillo finché Jo, che in quel momento stava controllando le auto che entravano e uscivano dal parcheggio, a serata inoltrata, non li chiamò dicendo che Marcus e Andrea stavano tornando.
    Gli altri guardarono verso la direzione indicata da Jo e notarono che la ragazza sorreggeva lo stregone come se fosse ubriaco. Li videro sparire all’interno dell’albergo e subito dopo Jo segnò mentalmente la targa della BMW con i vetri oscurati da cui erano scesi.

    Qualche ora prima nel deserto

    Il fuoco era acceso ed emanava una luce intensa, ma stranamente, nessun calore. Scoppiettava allegramente e le fiamme salivano verso il cielo come se avessero voluto raggiungerne il punto più alto.
    Andrea guardava dentro quel fuoco come ipnotizzata mentre Marcus, con un libro aperto in mano, recitava una litania in una strana lingua.
    Poi le si avvicinò e le ordinò di inginocchiarsi di fronte a lui. Lei obbedì. Le poggiò una mano sulla fronte e riprese a recitare la litania alzando, man mano, la voce sempre di più.
    Andrea teneva gli occhi chiusi e ogni tanto il suo corpo aveva degli spasmi finché Marcus urlò un’ultima parola. La ragazza aprì gli occhi che erano diventati totalmente bianchi. Dopo qualche secondo il bianco virò al nero che poi si restrinse riportando alla normalità sia l’iride che la pupilla.
    Andrea alzò lo sguardo inespressivo sullo stregone pallido come un morto. Lui abbassò lentamente lo sguardo verso di lei e disse, “Voglio che tu faccia una cosa per me, stanotte.”
    La ragazza annuì.

    Andrea guidò fino all’albergo e fu costretta ad accompagnare Marcus fino in camera. Lo fece stendere sul letto, gli tolse le scarpe e lo coprì con il piumino. Lui si addormentò profondamente e lei uscì seguita a ruota da Kiki che, nel frattempo, era riuscita ad aprire la porta della sua camera.

    “Hey, Andrea sta uscendo. È a piedi,” disse Jason sporgendosi verso il parabrezza del camper.
    “È sola?” chiese Mike che si era appisolato sul sedile del passeggero.
    “Sì… no,” disse Jason. “Ha qualcuno alle calcagna, ma non è lo stregone. Andiamo?” chiese guardando gli altri due.
    I tre uomini si fiondarono giù dal camper e dovettero correre per raggiungerla.
    La strada era ampia e non avevano nessun posto dove nascondersi per non farsi notare, ma continuarono a starle alle costole.
    Poi Andrea cambiò direzione e sparì alla vista. Anche l’altra ragazza girò l’angolo e, quando i tre uomini arrivarono sul punto dove le due avevano svoltato, furono investiti da qualcosa e ruzzolarono.
    Si resero conto allora che era stata Kiki ad atterrarli, probabilmente sbalzata da Andrea che adesso torreggiava su di loro con le mani sui fianchi.
    Li guardò uno dopo l’altro come se non li conoscesse, poi si rivolse alla strega, che a fatica si era rialzata. “Amici tuoi?” le chiese indicandoli con un pollice.
    La strega li guardò mentre i tre uomini si alzavano da terra anche loro. Fece un cenno a Mike e a Jo, che già conosceva, quando posò gli occhi su Jason, capì di non averlo mai visto prima.
    “Anche se fosse?” le chiese.
    Andrea piegò la testa su un lato con un’espressione maligna sul volto e cambiò argomento. “Perché mi stavate seguendo?” chiese continuando a guardare Kiki.
    “Dove stai andando?” La strega le rigirò la domanda.
    Andrea aggrottò le sopracciglia. “Non sono affari che ti riguardano. Torna in albergo e lasciami stare.”
    “Andrea,” la voce calda e armoniosa la fece sobbalzare. Lentamente i suoi occhi si posarono su tutti i presenti fino ad arrivare al giovane alto e muscoloso che l’aveva chiamata. Strinse gli occhi come se volesse guardarlo meglio e fece un passo incerto verso di lui.
    “Chi… cazzo sei tu?” gli chiese mentre lo squadrava.
    “Dovresti ricordarti di me, lupa,” rispose Jason. “Ma dovresti anche ricordarti di loro.” le disse indicandole Jo e Mike.
    Quest’ultimo tremava visibilmente, era così emozionato nell’avere la moglie sveglia, così vicina e dopo così tanto tempo, che non riuscì a trattenere l’impulso di allungare una mano verso di lei.
    La sfiorò appena, ma fu come sentire la scossa e lei si allontanò rapidamente.
    “Hey. Giù le mani,”
    “Piccola i…”
    “Zitto,” gli urlò lei mettendosi le mani sulle orecchie per non sentirlo e stringendo gli occhi per non vederlo.
    “Siamo tutti qui per te, bambina.” le disse infine Jo.
    “Per me? Per me? Io non so neanche chi siete, e voi sareste qui per me? Ma che cazzo blateri.”
    “Bambina, io sono tuo padre e lui è tuo marito. Certo che siamo qui per te.”
    Andrea spalancò gli occhi. “Mio che?” chiese guardando alternativamente Jo e Mike e allontanandosi di qualche passo mentre loro avanzavano.
    “Ho paura che mi abbiate scambiata per qualcun altro,” disse Andrea freddamente.
    “Andrea, no…” cercò di dirle Jason.
    “Bastaaaaaa,” urlò infine la ragazza rimettendosi le mani sulle orecchie.
    Poi, con la coda dell’occhio, vide un movimento alla sua sinistra e i suoi sensi fecero il resto. In meno di un secondo gli occhi diventarono neri e i canini si allungarono.
    Colpì sul volto il giovane che aveva davanti, afferrò per il bavero della camicia l’altro uomo accanto a lui e lo spinse con violenza contro la strega. Poi con un guizzo afferrò le manette che l’uomo più anziano aveva in mano, gliele mise e le fece scattare. Quindi lo atterrò con un unico pugno e gli si mise a cavalcioni sullo stomaco.
    Era successo tutto così rapidamente che nessuno degli altri ebbe la capacità di reagire, ma quando si riebbero dalla sorpresa quello che videro li gelò.
    Andrea stava dando due pugni ben assestati al viso dell’uomo sotto di lei. Mike e Jason si rialzarono e cercarono di raggiungere i due, ma con un gesto della mano e senza neanche girarsi, Andrea li sbalzò lontano.
    Avvicinò il viso a quello di Jo e soffiò, “Tu, scarafaggio. Che pensavi di fare?” Nel frattempo estrasse un coltello dal risvolto interno della giacca, si raddrizzò e alzò il braccio teso sulla testa, pronta a colpire.
    Jason con uno scatto riuscì a raggiungerli e le si accovacciò davanti guardandola dritta negli occhi. “Guardami, Andrea. Guardami, lo so che mi conosci,” La slayer alzò lo sguardo verso di lui, per un attimo non successe nulla, poi fu come se vedesse il volto dell’uomo riflessa in una pozza d’acqua, l’immagine tremò e il volto dell’uomo lasciò il posto a quello di un lupo nero e di nuovo tornò il volto dell’uomo con un sorriso beffardo. Per un attimo provò sollievo e una profonda serenità, poi tornò alla realtà … l’uomo davanti a lei era lo stesso della sua visione, ma il suo sguardo era preoccupato e concentrato su di lei. Andrea si ritrasse, guardò la sua mano che stringeva il coltello, scosse la testa e guardò l’uomo steso sotto di lei e fu come ricevere un pugno nello stomaco.
    Il viso di Jo era una maschera di sangue, un occhio quasi completamente chiuso e il labbro gonfio. Una lacrima rosata gli scivolò lungo la tempia, aprì l’unico occhio che poteva, guardò sua figlia tristemente, e le disse con un sospiro sommesso. “Io ti voglio bene e ti perdono, bambina. Spero… spero che un giorno tu possa perdonare me.”
    L’espressione confusa di Andrea a quel puntò mutò, i suoi occhi tornarono normali e i denti si ritrassero, la ragazza piegò la testa mentre abbassava leggermente il braccio, una grossa lacrima le solcò il viso e una profonda tristezza si impadronì di lei. Sembrò che una domanda le avesse attraversato la mente, aprì la mano che reggeva il coltello e quello cadde sull’asfalto facendo un rumore metallico che rimbombò nel silenzio della notte.
    Andrea abbassò la testa, poi si alzò di scatto e corse via come una furia mentre la luce del ciondolo cominciò a lampeggiare velocemente. Per fuggire da quel dolore la ragazza corse e continuò a correre a perdifiato, non sapeva verso dove. Doveva allontanarsi e far sparire tutta quella sofferenza.

    Nel frattempo Mike si era avvicinato a Jo per capire in che condizioni fosse. L’uomo era sveglio, ma gravemente ferito così il dottore decise di chiamare un’ambulanza. Jason controllò le condizioni di Kiki che, a causa del secondo urto, era svenuta. Riuscì pian piano a farla riprendere e insieme si avvicinarono a Mike e Jo.
    “Mio Dio, come l’ha ridotto.” disse la strega. Poi alzò gli occhi su Mike e continuò, “Vorrei poter restare, ma devo tornare da lui.” Mike cercò di parlare, ma lei lo zittì con un cenno della mano, “Devo tornare al più presto per evitare che Marcus scopra che non sono più sotto il suo controllo. È solo colpa mia se Andrea si trova in questa situazione e io non l’abbandonerò al suo destino. Devo andare, scusa.” Così dicendo si alzò e corse via, mentre Mike rimase accanto a Jo e Jason si alzò dicendogli, “Se tu resti con lui io seguo Andrea.” Mike acconsentì. “Chiamami se succede qualcosa.” gli urlò dietro.
    Prima che l’ambulanza arrivasse, Jo diede a Mike le chiavi delle manette per farsele togliere e poi gli disse cosa avrebbe dovuto raccontare nel caso che all’ospedale avessero chiamato la polizia.
    Nel frattempo l’ambulanza arrivò e ne scesero due paramedici che allontanarono il dottore per verificare le condizioni dell’uomo a terra.
    Senza dire una parola lo caricarono sull’ambulanza, mentre Mike si informava in quale ospedale lo avrebbero portato. Gli risposero che ce n’era uno solo e che non poteva sbagliarsi.

    Nel frattempo un’ombra al di là di una siepe si dileguò lentamente e si confuse con il buio della notte.


    To be continued

    Edited by paparedda72 - 17/4/2023, 18:31
     
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    PART III

    Da qualche altra parte degli Stati Uniti.


    La sacerdotessa guardava attentamente dentro la ciotola che conteneva un liquido rosso e denso, che sembrava decisamente sangue.
    Aggrottò la fronte, mentre un grosso serpente che le strisciava intorno ai piedi, sibilò e si raggomitolò sul terreno, proprio dietro di lei.
    Quando la donna vide ciò che le interessava, prese la ciotola e versò il contenuto in un pozzo ricavato nella pietra della grotta dove si trovava.
    Freja stava cercando di decidere cosa fare, sapeva che doveva essere successo qualcosa di cui lei non sapeva nulla. Laila non si faceva sentire da diverse settimane e percepiva delle vibrazioni diverse dagli altri componenti dell’Aurore Sanglant con cui lei si rapportava regolarmente.
    Aveva notato un cambiamento nel comportamento di Marcus, peccato che le sue visioni non le permettessero anche di ascoltare o di vedere passato e futuro.
    Da quando aveva allentato il legame con la ragazza, durante la loro traversata sul Mississippi, non era più riuscita ad avvicinarla. Aveva taciuto a Laila il fatto che bisognava ripetere il trattamento di persona e di sicuro in assenza di Marcus, per ripristinare il controllo su di lei e piegare totalmente la sua volontà e, questa volta, in maniera definitiva. Quando aveva svolto il rituale la prima volta, era riuscita a mischiare il suo sangue a quello della ragazza quando le aveva stretto la mano, grazie a una piccola lametta nascosta tra le sue dita. Ma non era stato sufficiente. Per rendere il legame indissolubile era necessario versare molto più sangue di qualche goccia. Ma non poteva certo chiedere a Marcus di portarle la slayer, perché, come minimo, lui si sarebbe insospettito e le avrebbe fatto delle domande a cui non aveva voglia di rispondere. All’inizio l’aveva sottovalutato, probabilmente influenzata dall’opinione che Laila aveva di lui, ma col passare del tempo aveva capito che Marcus non solo era pericolosamente subdolo, ma anche estremamente potente e spietato. Inoltre aveva la stramaledetta capacità di nascondere le sue reali potenzialità per rendersi invisibile e poter colpire quando meno ce lo si aspettava. E uno stregone con queste caratteristiche non era affatto da sottovalutare, Laila aveva commesso un errore imperdonabile e probabilmente irreparabile. E poi quell’incidente durante il rituale dopo il quale si era sentita spezzata dentro. Doveva essere capitato qualcosa che aveva fortemente indebolito il suo legame con la ragazza.
    Quella notte, proprio mentre stava studiando un modo per ricostruirlo senza che Marcus se ne accorgesse, come per istinto aveva deciso di controllare.
    Aveva immediatamente preparato l’occorrente per avere una visione e aveva visto la ragazza insieme a Marcus nel deserto. Maledetto! Quindi lui sapeva benissimo come legare la ragazza a sé, perché allora rivolgersi a Laila? Forse perché avrebbe avuto bisogno di troppo tempo per riprendere le forze? Con Marcus tutto era possibile, ormai lei lo aveva capito. Poi nella sua visione aveva visto la ragazza dirigersi a piedi da qualche parte in città, aveva visto i tre uomini che seguivano lei e la strega, si rese conto che questa non era più sotto il controllo dello stregone e si chiese come potesse essere possibile. Capì dai gesti dei quattro che stavano tentando di fermarla per qualche motivo e intuì che, probabilmente, la conoscevano. Quando la vide alzare il coltello per uccidere, un brivido le attraversò la spina dorsale. Ma poi, all’improvviso, qualcosa nella slayer era cambiato, vide l’uomo accovacciato di fronte a lei parlarle, e, subito dopo la ragazza era scappata.
    Sebbene Marcus avesse usato tutto il suo potere per controllarla, non era riuscito nell’intento che si era prefissato. Lei non aveva obbedito, e non a causa della sua incapacità, ma di qualcosa di molto diverso che ancora non riusciva a capire. La slayer era diversa da qualunque altro essere che avesse mai visto. Non più potente, ma più caparbia. La sua personalità, forse, non era così prevedibile e controllabile come avevano pensato. Inoltre, nella malaugurata ipotesi che quegli uomini conoscessero il modo per annullare il suo rituale, e lo avessero messo in pratica prima che lei potesse rinnovarlo, lei avrebbe perso il vantaggio e il suo ormai flebile legame con la ragazza sarebbe svanito per sempre. E questo nuovo rituale di Marcus avrebbe di sicuro fatto scudo al suo. Doveva inventarsi qualcosa, e anche in fretta.
    Immersa nei suoi pensieri non si era neanche accorta dei quattro uomini che erano entrati nella grotta.

    Ospedale di Boulder City

    Mike entrò all’ospedale quasi correndo e chiese all’infermiere del pronto soccorso notizie su Jo, che di sicuro era già arrivato.
    L’uomo lo guardò da sopra gli occhiali e gli chiese freddamente se fosse un parente. Mike cominciò a innervosirsi e gli rispose che si trattava del suocero. L’infermiere alzò il telefono e, dopo qualche minuto di attesa, disse, “C’è qui il genero del signore che hanno appena portato con l’ambulanza.”
    “Mmh mmh! D’accordo, glielo dico.” Posò la cornetta e poi gli disse, accompagnando le parole con un cenno del capo verso i sedili della sala d’attesa. “Si accomodi laggiù. Due agenti stanno arrivando.”
    “Non ho capito,” disse Mike.
    “Suo suocero aveva evidenti ferite di aggressione. In questi casi siamo tenuti a chiamare la polizia.” gli disse l’infermiere con fare arcigno.
    “Va bene, ma nel frattempo non potrebbe dirmi come sta?” L’uomo alla scrivania alzò un sopracciglio e Mike allora capì. Gli mostrò le nocche e disse, “Se fossi stato io a picchiarlo dovrei avere delle lesioni sulle nocche o almeno segni di lotta sui vestiti. Lei ne vede?”
    L’infermiere lo squadrò e gli rispose, “Attenda laggiù.”
    Mike avrebbe tanto voluto picchiare quel deficiente, ma non era proprio il momento di avere problemi con la legge, perciò andò a sedersi in sala d’attesa.
    Gli agenti di polizia arrivarono dopo pochi minuti, scambiarono qualche parola con l’infermiere, lanciarono uno sguardo su Mike e poi entrarono nella sala visite.
    Ne uscirono dopo dieci minuti e si diressero direttamente da Mike. Si presentarono e poi, quello più anziano, gli disse, “Dottor Taylor, suo suocero è sveglio. Ci ha raccontato cos’è successo.” “Dunque?”
    Quello lo guardò in tralice. “Lei non ne sa niente?”
    “Io so quello che lui ha detto a me quando l’ho trovato per strada. E cioè che un tizio armato di coltello ha tentato di derubarlo e, quando ha visto che non aveva denaro con sé, lo ha picchiato.” disse Mike sperando di essere convincente.
    Il poliziotto annuì, “Suo suocero ci ha detto di aver lasciato il portafogli a lei prima di andare a fare una passeggiata.”
    “È esatto. A lui piace camminare dopo cena, dice che gli concilia il sonno. E di solito lascia i documenti a casa.” disse Mike, “Stasera però ci ha messo un po’ troppo tempo e così mi sono preoccupato e sono andato a cercarlo.”
    “E come faceva a sapere dov’era?” gli chiese l’altro agente.
    “Mi aveva detto che avrebbe fatto solo il giro dell’isolato e ho percorso lo stesso tragitto.”
    “Quindi voi abitate in zona?”
    “A dire la verità mio suocero è in visita e stiamo facendo un piccolo tour negli Stati Uniti con un camper, quindi era il giro dell’isolato dell’albergo in cui risiediamo attualmente,” concluse Mike.
    Gli agenti si guardarono e annuirono.
    “Va bene, dottor Taylor.”
    “Adesso posso entrare per vedere come sta?”
    “Certamente, signore. E ci scusi per il disturbo.”
    “Di nulla. Voi fate solo il vostro dovere.”
    Si salutarono e Mike corse da Jo che era davvero in pessime condizioni. L’occhio era ancora chiuso e tumefatto, ma per fortuna non aveva avuto bisogno di punti. Non sapendo se avesse sbattuto la testa, i medici insistettero che rimanesse sotto osservazione, almeno per quella notte.
    Jo invece non era della stessa opinione e avrebbe firmato la richiesta di dimissioni se Mike non avesse insistito perché restasse.
    Gli disse che Jason era alle calcagna di Andrea e che, se ci fossero state delle novità, di certo li avrebbe chiamati.
    Mentre Jo veniva accompagnato in una camera, Mike inviò un messaggio a Jason per dirgli dov’erano e il licantropo rispose che Andrea era corsa all’ospedale ed era rimasta lì davanti per un po’, lui non aveva più tentato di avvicinarla per evitare di fare un casino, poi lei era corsa via di nuovo e era rientrata in albergo. Al momento lui era appostato dentro il camper. Se ci fossero state novità li avrebbe avvertiti.

    Il giorno dopo, verso l’ora di pranzo, Jo stava già scalpitando per uscire da ‘quella prigione senza sbarre’, come aveva chiamato lui l’ospedale. Non aveva alcuna intenzione di mangiare la sbobba che, di sicuro, gli avrebbero propinato in quel posto, facendola passare per un pasto di alta cucina.
    “Eh, sì. Andrea ha preso il carattere accondiscendente proprio da te,” gli disse Mike ironico.
    L’uomo aveva ancora evidenti lividi su tutto il volto e l’occhio non era del tutto aperto, ma Mike, mostrando il suo tesserino professionale, assicurò al medico di guardia che sapeva come fare le medicazioni necessarie e che se ne sarebbe occupato lui.
    Così uscirono, andarono al take away più vicino e tornarono al camper dove Jason stava ancora facendo la guardia all’entrata dell’albergo.
    Dopo pranzo il licantropo andò a riposare e Mike rimase a controllare, ma di quei tre non sembrava esserci alcuna traccia. Più di una volta si domandò perché non si era fatto dare il numero di cellulare da Kiki, ma non riuscì a darsi una risposta coerente. Semplicemente non ci aveva pensato.
    Quando Jason si svegliò, Mike gli chiese, “Pensi che ti abbia riconosciuto?”
    “Penso di sì, amico. Ho cercato di comunicare con lei telepaticamente, ma ho trovato un muro. Ho preferito non forzare, non volevo fare danni irreversibili. A lei… o a me stesso,” disse infine abbassando gli occhi.
    “Se non te la sentissi di andare avanti, io lo capirei.” gli disse Mike, “Ci rimarrei di merda, ma ti capirei,”
    Jason alzò gli occhi su di lui e sorrise. “Te l’hanno mai detto che sei un maledetto manipolatore?” gli chiese.
    “E a te l’hanno mai detto che sei maledettamente affascinante?” gli chiese di rimando Mike sparandogli un sorriso a trentadue denti.
    Jason rise. “L’adulazione non è necessaria, dottore. Non avevo intenzione di mollare comunque, ma un aiuto mi farebbe comodo. Qualunque cosa le abbiano fatto non credo che da solo potrei fare qualcosa.”
    Mike annuì. “In giornata chiameremo i rinforzi, sta tranquillo.” Poi cambiò argomento. “Stasera voglio andare a trovare Ronnie.”
    Jason annuì, ma non rispose.

    Quando Mike arrivò davanti alla porta della camera di Ronnie sentì la voce di una donna e, subito dopo, lo scoppio di risate. Eliza doveva aver fatto una delle sue solite uscite folli. Per un attimo il dottore tornò indietro nel tempo con la mente, a quando tutto era più semplice. Sospirò e poi bussò.
    Nessuno rispose, ma dopo qualche secondo la porta si spalancò. Il volto di Eliza passò dall’arruffato serioso al sorpreso fino ad allargarsi in un luminoso sorriso.
    Si spostò da davanti la porta per farlo passare e disse, “Guardate chi è venuto a trovate l’invalida.”
    Nel frattempo Mike entrò. “Ciao a tutti.” li salutò sorridendo.
    Gwen si alzò per abbracciarlo e Ronnie lo guardò storto.”Non dovresti essere incollato al culo di qualcuno, tu?” gli chiese puntandogli l’indice dritto in faccia.
    “Vedo che ti senti meglio,” rispose Mike. “C’è chi mi sostituisce, per adesso. In caso di necessità non sarà un problema riacchiappare quel culo.” Così dicendo le diede un bacio in fronte e le porse una scatola di cioccolatini che aveva comprato appositamente per lei. Neanche a dirlo tutte e tre le ragazze vi si tuffarono e si litigarono i più buoni.
    “Ma non ce n’è neanche uno con il liquore?” chiese Eliza delusa.
    “Eh, no. In teoria erano per la malata che, sempre in teoria, sta assumendo farmaci. Il liquore è sconsigliato in questi casi,” rispose Mike.
    Eliza fece un’espressione disgustata. “Allora eviterò di finire all’ospedale e mi farò regalare la cioccolata con altri metodi,” farfugliò con la bocca piena facendo poi un sorrisetto malizioso.
    “Ah, non guardare me,” disse Mike ridendo.
    “Veramente tu non eri neanche nei miei pensieri, dottore. Non perché tu non sia abbastanza prestante, anzi, se ti incontrassi per strada ti fischierei dietro senza dubbio alcuno. Ma sei già preso, e per giunta da una mia amica, e io preferisco gli uomini liberi preferibilmente che non siano già stati assaggiati da qualcuno che conosco. Viceversa invece è tutto un altro paio di maniche,” concluse seria la ragazza subito prima di lanciarsi in bocca l’ultimo cioccolatino.
    Mike rise mentre Joss si tolse gli occhiali per pulirli. Poi il dottore chiese notizie sullo stato di salute di Ronnie.
    Per fortuna le sue capacità rigenerative avevano fatto la differenza ed i medici erano increduli per la sua strabiliante rapidità di guarigione. Le avevano quindi comunicato che, il giorno dopo, sarebbe potuta uscire.
    Certo, sul lato destro del viso era ancora evidente un ampio livido giallognolo, ma per fortuna non aveva subito fratture, né commozioni cerebrali e già si lamentava del cibo che le passavano in quello, come lo aveva chiamato gentilmente lei, osmerdale.
    Dopo qualche minuto qualcuno bussò timidamente alla porta, ma stavolta Eliza gridò, “Avanti.”
    Quando vide Morpheus affacciarsi dalla porta, fece una smorfia e grugnì, “Ah, sei tu!”
    “Stava aspettando qualcun altro?” le chiese Morpheus facendole un mezzo inchino.
    “Sì. Il mio caffè,” gli rispose lei mettendo il broncio.
    “Se lo avessi saputo ne avrei portato un’intera caraffa,” le disse il vampiro con un’espressione languida.
    “Tanto non te l’avrei data lo stesso. E non te la darei neanche se dovessi regalarmi un camion di cioccolatini,” replicò Eliza con aria di sufficienza. Mentre le ragazze sogghignavano e Mike si girava dall’altra parte per non ridere in faccia al vampiro.
    “Non capisco di cosa parla, signorina Jonson.” disse Morpheus con aria dubbiosa.
    “Temo dovrai fartene una ragione,” gli rispose Eliza.
    Poiché lo scambio verbale avrebbe potuto protrarsi per ore, Morpheus decise di rivolgere la sua attenzione a Ronnie. “Signorina Kingsley, è un sollievo vederla in così buone condizioni,” esclamò con un sorriso.
    “E per me è un sollievo vedere che hai cambiato stilista,” gli rispose Nyx notando che il vampiro indossava un completo nero di lino, con pantaloni non attillati. Quando però Morpheus si tolse la giacca e Nyx notò la camicia blu con disegni cachemire e i volant verticali sull’abbottonatura, sbuffò, “Come non detto.”
    Morpheus sorrise estasiato, poi, non vedendo Dean e Sam chiese quasi come se si aspettasse delle brutte notizie, “Noto che manca qualcuno all’appello. Spiacevolezze di cui non sono a conoscenza?”
    “Il suo dubbio è più che legittimo, visti i trascorsi, ma grazie al cielo non c’è alcun problema. I ragazzi sono solo andati a prendere delle bibite, suppongo che saranno qui a momenti. Ma qual è il motivo della sua visita?” chiese Joss.
    “Non vogliamo aspettare i fratelli?” chiese di rimando Morpheus lanciando uno sguardo dubbioso verso Mike.
    Joss allora gli rispose, “Non è necessario. Sarà nostra cura metterli a parte di qualunque cosa si siano persi. E lui,” disse indicando Mike, “è un amico. Può parlare.” Il vampiro rimase in silenzio per un po’ “Non credo sia una cosa regolare,”
    “Cosa non sarebbe regolare? Che lei non sa chi sono o che il suo capo per chissà quale oscura ragione, abbia organizzato una gara senza senso logico per far vincere a qualcuno un premio che potenzialmente, cadendo nelle mani sbagliate, potrebbe aprire tutte le porte dell’inferno e trasformare la terra nel parco giochi di Satana?” chiese Mike.
    Dopo qualche attimo in cui le ragazze spostarono lo sguardo da Morpheus a Mike, partì un applauso e urla da tifoseria ad inneggiare la tirata poco diplomatica del dottore. Quando il casino si affievolì Morpheus si raddrizzò appena e sussurrò “Comunque non esiste,” percependo su di sé gli sguardi un po’ confusi dei presenti, tossicchiò e continuò, “Satana, non esiste, è un’invenzione della chiesa cattolica,”
    “Quel che è,” ribadì Mike guardandolo in tralice.
    “Come volete, dunque. Per prima cosa vorrei confermarvi quello che vi ha già detto Belisarius e cioè che ormai siamo alla fine della gara. Era già in programma una pausa per dare il tempo agli ultimi tre gruppi rimasti di riposare e prepararsi per il rush finale. Quindi la signorina Kingsley avrà tutto il tempo di riprendersi completamente. Ovviamente tutti i particolari dell’ultima prova vi saranno comunicati solo fra una settimana, alla fine del periodo di pausa.” Si interruppe per un attimo, quando qualcuno entrò nella stanza. Erano Dean e Sam che salutarono lui e distribuirono le bibite a chi ne aveva fatto richiesta. A quel punto Morpheus continuò.
    “Vorrei anche comunicarvi che il signor O’Malley si è personalmente occupato di un paio di questioni di vostro interesse. La prima riguarda il vostro problemino con la legge. Poiché con i metodi diciamo pure, non convenzionali, non siamo approdati a nulla, il signor O’Malley ha deciso di bussare alle porte giuste e ha chiesto, come favore personale, di verificare più a fondo la veridicità delle informazioni in loro possesso. Al momento stanno già svolgendo indagini interne, ma noi riteniamo che in breve tempo non sarete più ricercati.”
    “Davvero?” chiese Joss stupito.
    “Signore ti ringrazio!” esclamò Gwen, mentre Dean e Sam si scambiavano un paio di sguardi d’intesa.
    “La seconda faccenda di vostro interesse riguarda il signor Sheckenberg e la signorina MacMahon.”
    A quelle parole la tensione cominciò a salire, “Vada avanti.” gli disse Joss non prima di aver pulito i suoi occhiali.
    “Sì. Devo cominciare da qualche tempo prima che la vostra amica passasse al gruppo del signor Sheckenberg. I nostri sensitivi hanno percepito nei segni vitali della signorina MacMahon qualcosa di strano, come se questi fossero, diciamo, meno intensi. In seguito, dopo il suo passaggio all’altro gruppo, si sono fatti più flebili e intermittenti fino a una notte in cui sono spariti del tutto per riapparire, diverse ore più tardi, quasi completamente mutati.” A quel punto Mike cominciò ad irrigidirsi mentre Gwen alzò un sopracciglio e, a quel gesto, Morpheus alzò una mano. “Non lo so signorina Blackburn, molte delle cose che mi comunicano i sensitivi mi risultano oscure e incomprensibili. Il fatto è che loro hanno ritenuto di dover avvertire il signor O’Malley, vista la straordinarietà della situazione.”
    Morpheus prese un respiro e continuò, “La verità è che neanche loro riuscivano a capire come fosse possibile. Ora, dovete sapere che il signor O’Malley è una persona molto pignola, quindi per evitare situazioni ambigue ha deciso di far stilare un Clef de Sang. Questa faccenda lo ha turbato molto, tanto più che la lampada che ha messo in palio, in passato, è stata presa di mira da soggetti davvero poco raccomandabili e quindi i controlli sugli invitati alla gara sono stati effettuati con grande cura e attenzione. Ma poiché c’è sempre un margine di errore, nel dubbio che il contratto potesse essere stato aggirato in qualche modo ha deciso di selezionare un gruppo di sensitivi che si occupassero esclusivamente della signorina MacMahon. Questo è stato possibile perché ormai gran parte dei gruppi erano stati eliminati e di conseguenza alcuni sensitivi potevano occuparsi di un unico caso specifico.”
    Joss si tolse gli occhiali di nuovo e li pulì sospirando, Morpheus gli diede il tempo di riprendersi e poi continuò, “Capisco che siete stanchi e mi dispiace, ma ho la necessità che conosciate tutta la storia. Posso continuare?” chiese quindi guardando tutti i presenti uno a uno.
    Quando fu sicuro riprese il racconto, “Alla fine, sebbene non fossero riusciti a capire l’esatta pratica utilizzata, tutti sono stati d’accordo su un fatto: la mente della signorina MacMahon è stata manipolata. La sua aura è risultata oscurata e disarmonica e la sua essenza vitale veniva percepita a intermittenza non regolare. Persino i suoi pensieri, quando presenti, non risultavano coerenti. Non so come spiegarlo in termini semplici.” Morpheus si interruppe un attimo e assunse un’espressione pensosa mentre si accarezzava il mento.
    Così Ronnie intervenne, “Era come se nella sua testa ci fossero due persone distinte e separate?”
    Morpheus sorrise, “Sì, in un certo senso, è così.” concluse il vampiro spostandosi sulla sedia con una smorfia.
    “Quindi?” chiese Eliza già stanca di ascoltare quell’interminabile fiume di parole, “Con questo dove vuoi andare a parare?”
    “Signorina Jonson, vorrei ribadire un concetto. Sebbene io non conosca le reali motivazioni del signor O’Malley, posso garantire con assoluta certezza che questa gara non è stata indetta per il mero divertimento di vedervi saltellare tra una difficoltà e l’altra.”
    “Ah no?” chiese Gwen ironica, “In ogni caso, quello che Eliza, penso, voleva sapere è se ci stai dicendo che Andrea è impazzita.” chiese infine.
    “No. Quello che voglio dire è che la sua condizione attuale non è ordinaria. Voi meglio di me sapete che, a un certo punto della vita, bisogna scegliere da che parte stare, da quella del bene o da quella del male. Una volta fatta la propria scelta si agisce di conseguenza.”
    “Si può sempre tornare indietro comunque, no?” chiese Sam.
    “Beh, non sempre signor Winchester. C’è un punto di non ritorno oltrepassato il quale è impossibile tornare sui propri passi. Durante il tragitto si possono anche avere dei ripensamenti, ci si può domandare se si è fatta la scelta giusta, è umano. Nella mente della vostra amica questi ripensamenti sono troppo frequenti e repentini per essere normali, inoltre, durante l’ultima gara, Belisarius ha chiaramente percepito due voci distinte e separate. Una ordinava di uccidere l’altra si rifiutava.” concluse Morpheus soddisfatto.
    “Scusate, continuo a non capire,” disse Mike, “cosa succede in realtà a mia moglie?”
    A quella rivelazione Morpheus trasalì, poi lo guardò e sorrise compiaciuto. “Signor?”
    “Taylor, ‘dottor’ Taylor,” rispose Mike accentuando il tono sul titolo e con la certezza che il vampiro conoscesse molto bene la sua identità.
    “Ah, dottore, giusto. Mi creda se le dico che anche per me questa storia risulta oscura, ciò che però ho imparato nei lunghi anni della mia vita…” All’alzata di sopracciglia di Mike, Morpeus si corresse, “non-vita… è che con la magia si può fare quasi tutto. Io credo che la sua signora sia stata attirata in una trappola e che vi sia caduta a piè pari.”
    “Sì, va bene, ma in soldoni, a cosa ci serve sapere tutto questo?” chiese Gwen.
    “A come potete tirarla fuori dall’abisso oscuro in cui è precipitata, se ancora vi interessa farlo.” rispose il vampiro spostando lo sguardo su ognuno dei presenti nella stanza.
    “È ufficiale. Sei un idiota,” rispose Eliza sospirando, mentre Ronnie sbuffava, “Certo che ci interessa, coglione,” E Gwen alzava gli occhi al cielo dicendo, “Mi pare ovvio, testa di cazzo.”
    “Quello che non mi spiego è perché a lei dovrebbe interessare,” disse Joss guardando il vampiro in tralice.
    Quello per tutta risposta alzò le mani e sorrise, “No, no, avete capito male. A me non interessa, ma al signor O’Malley, sì. Secondo il Clef de Sang gli organizzatori della gara sono super partes, quindi non possono intervenire direttamente in questa situazione. Ciò non toglie che darvi le informazioni che vi servono per risolvere la faccenda, non solo non crea discordanze con il contratto, ma vi da il peso dell’onestà e della correttezza del signor O’Malley. Stiamo facendo lo stesso con altri gruppi che hanno avuto ‘problemi’ diversi dai vostri e li stiamo aiutando a risolverli. Posto che la signorina MacMahon non potrà in alcun modo rientrare nella vostra squadra o nella gara in generale, abbiamo deciso di informarvi di quanto abbiamo scoperto per darvi la possibilità di riportarla alla sua condizione naturale. Nel caso fosse necessario la Congrega dei Grigi sarà a vostra disposizione, da parte nostra continueremo a seguire i movimenti della signorina MacMahon se non altro fino alla fine della gara. Dopo gli avvenimenti della notte scorsa riteniamo sia assolutamente necessario.” disse Morpheus alzando gli occhi verso Mike.
    “Perché, cos’è successo ieri notte?” chiese Joss.
    “Ops… non lo sapete?” chiese di rimando il vampiro con aria fintamente dispiaciuta.
    “Beh, ieri notte i segni vitali della signorina MacMahon sono spariti di nuovo, per riapparire solo qualche ora più tardi. Per fortuna il nostro Belisarius era ancora sulle sue tracce, dietro ordine diretto del signor O’Malley, e ha visto chiaramente che le intenzioni, o meglio, gli ordini ricevuti dalla signorina erano quelli di… beh, non esiste un modo delicato di dirlo quindi lo dirò e basta… la signorina aveva l’ordine di uccidervi. Tutti.”
    I presenti si guardarono tra loro sconvolti e senza sapere cosa dire.
    “E la regola del Clef de Sang?” chiese Gwen a mezza voce.
    “Quella non si è attivata per diverse ragioni. Quando i suoi segni vitali sono riapparsi la signorina, o forse dovrei dire signora?” chiese più a sé stesso che ad altri. “Bah, suppongo sia lo stesso. Comunque, quando i sensitivi hanno percepito di nuovo la signorina, lei aveva già respinto quell’ordine. In lei non c’era alcuna intenzione di uccidere voi o chiunque altro, ma per sicurezza era stata inviata una squadra di solutori per bloccare ogni azione violenta nei vostri confronti.”
    “Cosa?!” quasi gridò Ronnie, Morpheus alzò le mani come a bloccarla, “No, no, la squadra aveva semplicemente l’ordine di bloccarla senza farle del male, portavano armi caricate a tranquillanti, ma a quanto ho capito non hanno dovuto intervenire perché alcune persone l’hanno convinta a ritirarsi,” disse rivolgendosi a Mike, che mantenne i suoi occhi fissi in quelli del vampiro senza dire una parola.
    “In ogni caso, secondo Belisarius la signorina non è ancora del tutto perduta.” concluse soddisfatto. “A questo punto io ho detto ciò che dovevo, quindi adesso toglierò il disturbo.” disse alzandosi.
    “Hey, non avere fretta amico.” Lo bloccò Dean. “Se avete notato queste stranezze due mesi fa, perché ce lo stai venendo a raccontare solo adesso?”
    A quella domanda Morpheus alzò un sopracciglio sorpreso, raddrizzò la schiena impettito e sorrise, “Io ci ho provato, ma il signor Reynolds mi ha risposto testualmente: Lo spostamento di un partecipante da un gruppo ad un altro è previsto dal regolamento della gara, no? Non capisco di cosa dovremmo discutere, eccetera ecc…”
    “Jooosss!” esclamarono in coro le slayers, interrompendo Morpheus e rivolgendo all’osservatore sguardi infuocati, mentre lui alzava le mani in segno di resa e mormorava, “Scusate, scusate. È vero ho sbagliato, ma lei,” disse a Morpheus con lo sguardo corrucciato, “ricorda sempre così bene tutto ciò che le viene detto?”
    Il vampiro stavolta rise di gusto, “Solo le cose che, in seguito, potrebbero essermi utili.”
    Ancora ridendo, Morpheus fece un inchino e si accomiatò ricordando ai presenti che entro sette giorni avrebbero ricevuto le indicazioni per la prova successiva.
    Quando il vampiro fu uscito, Mike raccontò a grandi linee quello che era successo la sera precedente, poi disse, “Comunque, il vampiro non ci ha detto nulla che non sapevamo già.”
    “In realtà questo non è del tutto vero, Mike.” disse Joss sorridendo soddisfatto. “Come avevo già precisato in precedenza, il ciondolo funziona solo se chi lo porta lo ha richiesto e indossato di sua spontanea volontà. Non avevamo alcuna prova che Andrea fosse stata plagiata o indotta a farlo con l’inganno. Adesso invece abbiamo la parola incontestabile di un gruppo di sensitivi noti ovunque per la loro onestà. A prescindere da come potremo liberarla dall’influsso magico del ciondolo e dalle ripercussioni che, di certo, nella sua mente ci saranno, nessuno avrà nulla da ridire sul suo rientro legittimo al Concilio, a cui potremo dunque appoggiarci per ottenere l’aiuto che probabilmente ci servirà.” concluse guardando una per una le sue ragazze.
    “Eh vai!” Gwen e Ronnie si diedero il cinque, porgendo poi le mani a Eliza. Rimasero così mentre Eliza senza alzare lo sguardo dalle sue unghie sussurrò, “Oh, merda!”
    Tutti si girarono verso di lei e la ragazza alzò lo sguardo sconvolto dicendo, “L’ha mandata per ucciderci, allo sbaraglio, in una missione potenzialmente suicida… come un fottutissimo kamikaze del cazzo!”

    Bene bene, finalmente tutti i pezzi sono al loro posto, tutto è come doveva essere, tutti sono dove devono essere, possiamo procedere verso il traguardo. È stata dura, quelle quattro sono delle vere testone poco intelligenti e lungimiranti. Ma per fortuna loro ci sono io, che vigilo e controllo e, ogni tanto, ci metto lo zampino.
    Il finale, comunque andrà, sarà glorioso.
    A tutti i disfattisti, pessimisti e impiastri dico : ma la donna di sua mano sollevò il grande coperchio dell’orcio e tutto disperse, quella curiosona, alla fine però sola lì rimase Speranza!
    Se dovesse servirvi sapete dove andare a cercarla!
    Cià.


    to be continued

    Edited by paparedda72 - 17/4/2023, 19:36
     
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