Fenici

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  1. shardus
     
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    NECROPOLI DI TUVIXEDDU

    sito archeologico: necropoli punico-romana
    dove: Cagliari, sul colle di Tuvixeddu-Tuvumannu
    epoca: VI secolo a.C.- I sec. d.C. (età repubblicana)
    civiltà: Punica e Romana
    Due parole su Cagliari città fenicia
    Karalis è la latinizzazione del nome punico di Cagliari, Krl , da leggere, probabilmente, Karel, Città di Dio.

    La città , che fu fondata dai Fenici nel VII sec.a.C., conobbe una frequenza preistorica dal VI al II millennio a.C. nei promontori di Tuvixeddu e di S.Elia. Il primo insediamento della città fenicia, aperto verso lo stagno di Santa Gilla, si trovava nelle zone dell'odierna Piazza del Carmine e della stazione ferroviaria. In linea con gli altri centri fenici, l'antica Karalis aveva l'acropoli (l'attuale zona di Castello), un tophet (probabilmente in località S.Paolo) e alcune necropoli.

    La necropoli di Tuvixeddu
    la necropoli di Tuvixeddu è la più famosa necropoli dell'antica Krl.
    È una delle più grandi e importanti del Mediterraneo, per varietà tipologica e per il discreto stato di conservazione delle tombe (oltre 1100 tra puniche e romane).
    Si pensa che la necropoli di Tuvixeddu /Tuvumannu fosse la necropoli più importante della città punica, mentre le altre sarebbero state legate a quartieri di nuova espansione lontani dal settore occidentale o, come nel caso della necropoli di Bonaria, ad un insediamento extraurbano.

    Perché proprio a Tuvixeddu?
    la scelta geografica della necropoli non pare essere stata casuale: i Punici avrebbero avuto bisogno di un ampio colle calcareo sia per l'abbondante utilizzo di calcare per le costruzioni (è probabile che a loro si debbano ricondurre le prime cave), sia per la possibilità di impiantare delle tombe a pozzo, di origine cartaginese.

    Le tombe
    la necropoli punica di Tuvixeddu/Tuvumannu presenta due tipologie di tombe con numerose varianti: le tombe in terra e le tombe in roccia.

    tombe in terra
    appartengono alle fasi finali della necropoli, sono difficili da riconoscere e da conservare per la loro natura di semplice avvallamento e per la superficialità nel terreno.
    Possono essere tombe a fossa (rettangolari, per un unico inumato), o a enchitrysmos ( il corpo, solitamente di una persona di giovane età, era posto in un'anfora tagliata e poi in una fossa).

    tombe in roccia
    sono la maggioranza e si dividono in tre varianti: a fossa, a pozzo semplice e a pozzo con camera ipogeica.

    tombe a fossa: sono strutture rettangolari o trapezoidali ricavate fra le tombe a pozzo e influenzate da queste per la profondità e per l'orientamento.

    tombe a pozzo semplice: rare; sono a pianta rettangolare. La deposizione avveniva direttamente sul pavimento o in una fossa chiusa poi da lastroni.
    tombe a pozzo con camera ipogeica: la maggior parte delle tombe di Tuvixeddu/Tuvumannu sono di questo tipo.

    Un pozzo d'accesso (liscio, con tacche o pedarole per la discesa), conduce a una camera sepolcrale, alla quale si accede tramite una porta rettangolare, chiusa da un portello (un blocco monolitico).

    Il vano funerario è solitamente rettangolare, con soffitto e pavimenti piani: presenta fosse in forma di loculi rettangolari sul pavimento, e banconi di roccia nei lati lunghi.
    Sulle pareti si possono trovare nicchie per il corredo, talvolta decorate con figure simboliche, come il simbolo di Tanit.

    Le due tombe principali
    tipo: a camera ipogeica. Furono scoperte dal Canepa negli scavi del 1973 e del 1981.
    Sono le cosidette tombe "Del Sid" e "Dell' Ureo".

    Tomba del Sid
    sotto il soffitto presenta un fregio in ocra rossa e in azzurro, e nelle tre pareti (esclusa quella d'ingresso) una nicchia rettangolare con tre betili in rosso all'interno.
    Il nome particolare deriva dalla raffigurazione di un personaggio maschile barbato, con elmo e lancia, identificato da F.Barreca con il dio guerriero fenicio-punico Sid.

    Tomba dell'Ureo
    lungo le pareti laterali, un fregio di palmette e fiori di loto in rosso scuro, e nella parete di fondo, un fregio costituito da un ureo alato (il serpente con disco solare, tipicamente fenicio), con ai lati due fiori di loto e due gorgoneion (il volto mostruoso con serpenti ai lati).

    Gli scavi
    I primi scavi della Shad Elonim ("Campo degli Dei", nome fenicio che indica la necropoli), risalgono al 1855 ad opera del canonico Giovanni Spano. Si sono poi susseguiti negli anni gli scavi del Taramelli, Crespi ed Elena, fino agli ultimi eseguiti da Donatella Salvi nel 1997.


    http://www.sardiniapoint.it/1625.html
    image
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    La necropoli di Tuvixeddu è la più grande necropoli punica ancora esistente nel bacino del Mediterraneo, nasconde migliaia di reperti, e dire che volevano costruirci sopra dei bei palazzoni...

    PS - e se anzichè Shad Elonim fosse Shrd Elonim..? ;)
     
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  2. Ithokor
     
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    Non condivido questa affermazione:
    "Karalis è la latinizzazione del nome punico di Cagliari, Krl , da leggere, probabilmente, Karel, Città di Dio."
    Il linguista Pittau a questo proposito ha scritto un'interessante articolo:

    TOPONIMO CAGLIARI

    Cagliari (Cágliari; antico Karalis, Caralis, spesso plur. Carales) (capoluogo di provincia e capitale della Sardegna) - La odierna denominazione locale è Castéddu = «Castello», la quale indica anche il rione alto della città, la sua roccaforte. Fino all'inizio del Novecento la città veniva chiamata anche Castéddu Mánnu «Castello Grande» per dintinguerlo da Casteddu Sardu «Castelsardo», che era il «Castello Piccolo».
    È da respingersi con decisione la tesi corrente, secondo cui Cagliari sarebbe stata fondata dai Fenici; la testimonianza di Claudio Claudiano (I,520), che la dice «fondata dai potenti Fenici di Tiro», non ha alcun valore perché è troppo tardiva. D'altra parte è assurdo ritenere che, molto prima dei Fenici, i Protosardi non avessero messo occhio e provato interesse per questa località, caratterizzata come era da facili approdi, sia ad oriente che ad occidente, munita di un colle dirupato facilmente trasformabile in roccaforte, ricca di importanti saline e posta all'imboccatura di quella laguna di Santa Gilla, che non solo era molto pescosa, ma portava anche fino ad Assemini, nella direzione delle risorse agricole del Campidano e di quelle minerarie dell'Iglesiente.
    D'altronde risulta accertato che nell'area di Cagliari lo stanziamento umano è molto più antico dell'arrivo dei Fenici in Sardegna, dato che risale al periodo eneolitico e forse a quello neolitico, come risulta dai ritrovamenti effettuati a Sant'Elia, a San Bartolomeo ed a Monte Claro.
    Inoltre è quasi del tutto certo che il toponimo Karalis/Caralis - come ha già sostenuto Max Leopold Wagner (LS 141) - è sardiano o protosardo, dato che esso trova riscontro nei toponimi sardiani Carále di Austis e Carallái di Sorradile. Inoltre esso è da confrontare coi toponimi antichi Kárhalis o Kárhallis della Panfilia e Karhalléia della Pisidia, in Asia Minore (PW; LS 141; OPSE 102). Il quale accostamento interviene a confermare la tesi della venuta dei Sardi dall'Asia Minore (cfr. Ardali, Arzachena, Bargasola, Libisonis, Scandariu, Sindia, Siniscola, Tiana).
    Ma assai più importante è osservare che il toponimo Karalis/Caralis è molto probabilmente da collegare con gli appellativi sardiani cacarallái, crialléi, crièlle, chirièlle, ghirièlle «crisantemo selvatico» (margherita di colore giallo) (Chrysanthemum coronarium, segetum; FPS 63, 64; RED 159) e «macerone» (Smyrnium olusatrum), e garuléu, galuréu, galiléu «pòlline depositato nel miele» (che è di colore "giallo oro") (Orune, Oliena, Nùoro), tutti da confrontare - non come derivati, bensì come imparentati geneticamente - con l'etr. garouleou «crisantemo (selvatico)» (ThLE 417; LELN 100; OPSE 102, 116, 143, 211-212; LISPR) e probabilmente col greco khlorhós «giallo» (indeur.; GEW, DELG).
    Con quest'ultimo accostamento è molto probabile che trovi la sua esatta spiegazione il fatto che nell'Ottocento viaggiatori forestieri definivano Cagliari "gialla", colore che veniva attribuito alla città perché la roccia della sua roccaforte "il Castello" - che in quei tempi era di certo assai più visibile di adesso - era per l'appunto "gialla". Si veda Alberto La Marmora, Itinerario dell'isola di Sardegna, tradotto e compendiato con note dal canonico Giovanni Spano, Cagliari, 1868, pag. 14: «color bianco giallastro della roccia calcarea»; pag. 25: «La pietra calcarea di quest'edifizio [la Torre dell'Elefante] è tirata dall'antica pietraja di Bonaria, pietra forte giallastra. Vedi Parte Terza, descrizione Geologica: cap. VII, pag. 257». Grazia Deledda nel 1899, nella rivista Natura ed Arte, n. 12, scriveva testualmente: «Cagliari è fatta di case giallastre» (cfr. G. Deledda, Versi e prose giovaninili, a cura di A. Scano, Milano, 1938, pag. 218; nuova edizione riveduta da Carmen Scano, Milano, 1972, pag. 232). Ma anche in epoca più recente, cioè nel 1932, Elio Vittorini definiva Cagliari «È fredda e gialla. Fredda di pietra e d'un giallore calcareo africano». In conclusione è molto probabile che in origine Karalis/Caralis significasse «(la Roccia o Rocca) Gialla» (con ciò rinunziamo alla differente spiegazione da noi prospettata in LCS cap. I).
    La trasformazione dell'antico toponimo in quello attuale è di certo avvenuta attraverso le seguenti forme, tutte storicamente documentate: Caralis > Calaris > Callari > Cagliari. L'ultima forma è effetto della pronunzia spagnola della penultima. In epoca classica il toponimo ricorreva spesso nella forma del plurale: Karales, Carales. Come capitava per altre città antiche, il plurale voleva sottolineare la grande estensione della città; ed è quanto ha indicato lo stesso Claudiano, quando ha scritto: tenditur in longum Caralis «Cagliari si distende in lunghezza».
    Risale almeno all'epoca romana la forma del suo etnico Caralitanus e Carallitanus (RNG 309), con una ambigua intensità della consonante liquida che trova riscontro anche nelle forme del toponimo Calari e Callari (questa seconda forma è tuttora attestata ad Ollolai) e perfino nella pronunzia di quella consonante nell'odierno dialetto campidanese.

    Estratto dall'opera di M. Pittau, Dizionario della Lingua Sarda, Fraseologico ed Etimologico, II vol, Ettore Gasperini Editore, Cagliari, 2003.
     
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    Una volta tanto sono d'accordo con Pittau. fermo restando che l'antica città SHARDANA di KAR.ALIS non era kastedhu 'e susu... ma si trovava più vicino al mare... il nome KAR.ALIS contiene il nome Kar=roccia (sumero-akkadico)... posto sulla roccia... città sulla roccia. Riferito forse proprio alle rocce alle spalle di "Santa Arenera".. Quanto alla necropoli "punica", studiandola più attentamente si trovano le solite tracce di Egitto, che non sono certo dovute a cartaginesi o fenici, ma a chi l'egitto lo frequentava da millenni: i soldati di ventura shardana arruolati nell'esercito del faraone. In una delle grotte vi è una pittura parietale con tanto di sfingi alate... :o: iol fatto che sembrino puniche, è perchè furono usate anche in un periodo contemporaneo ai cartaginesi... non per questo erano cartaginesi. Forse che le nostre case, non più in ladiri o granito, perchè sono costruite in cemento sono italiane o comunque NON sarde... :rolleyes:
    karalis era città shardana, come Nura, Tharros, Bosa, Solki, bithia... Nabui... :B):
    shar :vandal:
     
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