Non guardare giù, privata

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.Urania
view post Posted on 26/1/2024, 16:43 by: .Urania
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Non guardare giù

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Un
sorriso, una battuta, uno sguardo dolce - empatico. Era quella l'impressione che avevo avuto di Lex. Quella di un ragazzo empatico. Che non ti guarda distrattamente. Che non passa con le mani ficcate in tasca ignorando ciò che ha accanto. Un osservatore. Ma oltre a ciò, un osservatore partecipante. Che come diceva Malinowski era l'unico modo per conoscere davvero ciò che si sta studiando. O qualcosa del genere. Ricordavo di averlo letto su qualche libro universitario di mio padre. Ed anche lì, il passato mi aveva urtato uscendo senza preavviso da una porta del lungo corridoio che stavo percorrendo. Non sapevo dove mi stava portando quel corridoio. Ma lo percorrevo ormai da parecchie settimane senza vederne la fine. Ma sapevo che dovevo andare avanti - questo sì. E le porte che incontravo durante il mio cammino spesso restavano chiuse anche quando ci passavo accanto. Altre volte, come in quei momenti, bastava un nulla, un filo di vento per farle aprire e per farmi inondare da una luce improvvisa. Mi accecava, poi mi mostrava qualcosa quando i miei occhi era pronti. E poi si richiudeva, senza permettermi di entrare veramente. E poi io continuavo a camminare.

Persa nei miei pensieri non ascoltai tutto ciò che Lex mi stava dicendo. Lo vidi solo allontanarsi, ad un certo punto. E intuii che potesse essere andato a chiamare l'amico. Mi sedetti sul bordo del letto e guardai le uniche cose che avevo sul comodino. Poche cose. Che ormai appartenevano al passato. Un orologio dal quadrante graffiato e il cinturino consunto. Un portafogli ammaccato. Una chiave di ottone. Quella chiave era l'unica cosa che attirava la mia attenzione e mi spingeva a chiedermi cosa fosse. Una chiave appesa ad una catenina sottile in oro. Ero combattuta se indossarla o meno.

D'un tratto mi arrivò una risata calda. Lontana ma non troppo. Forse proveniva dalla stanza accanto. E dei baci. Delle frasi concitate, intime. E ancora il rumore di qualche bacio scoccato troppo forte. Mi venne da sorridere. Abbassai lo sguardo sulla punta dei piedi e ripensai di nuovo a mia sorella.

Poi sulla soglia della porta comparve di nuovo Lex, accompagnato da un'altra persona. L'amico a cui erano destinati i ravioli - sicuramente. Vederli insieme mi agitò un po' il cuore. Come quando prende a battere all'improvviso per qualcosa che non ti appartiene ma ti investe in tutta la sua potenza. Affetto, amore, condivisione. E il sorriso è così contagioso che ti porta a fare lo stesso. E quindi sorrisi mentre li vidi avanzare verso di me. Un sorriso appena timido, senza denti, ma accogliente. Quell'improvviso cambio di programma non mi dispiaceva per niente.

Il braccio fasciato di Aston, bloccato sul petto, lo faceva avanzare piano ma Lex lo spintonò per portarlo nella mia direzione.

«Ciao Aston» lo salutai con un filo di voce. Sì, ero decisamente arrugginita. Me la schiarii prima di riprendere a parlare. «Piuttosto va a voi di condividere del cibo con una sconosciuta? A me fa solo piacere» chiarii, avendo paura di poter essere fraintesa. Spesso il mio silenzio e la mia introspezione venivano presi come snobbismo. E quindi mi lasciai andare ancora un po', sentendomi sicura. Sicura in loro presenza, anche se erano due sconosciuti. Ur, sono tutti sconosciuti per te adesso - ricordai a me stessa. Ma Lex era una di quelle persone che ti piacciono a pelle. Che ti ispirano fiducia a pelle. Perché sai che non chiede per cortesia ma per interesse. «Un po' di compagnia mi fa piacere. Sono sola da molto» aggiunsi, sorridendo poi per non dare un peso enorme a ciò che avevo detto. Non volevo scaricare addosso a loro quel peso. Non volevo che nessuno ne portasse nemmeno un pezzo. Lo avrei portato io, per tutto il tempo, sulle spalle, fino alla fine di quel corridoio infinito, finché non avessi capito qual era il suo posto. Qual era il mio posto.


 
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