Non guardare giù, privata

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.Urania
view post Posted on 1/1/2024, 17:30 by: .Urania
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Non guardare giù

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Il
davanzale freddo mi dava un certo sollievo. Mi sentivo il corpo bollente da quella mattina ma a quel punto ero abbastanza sicura di non avere la febbre - con tutti i controlli che facevo ogni giorno l'avrebbero saputo, i dottori. Che poi ero sotto osservazione perché nemmeno nel Mondo Magico era così frequente un risveglio da un coma di 3 anni. Continuavano a chiedermi ''Come stai?'' oppure ''Come ti senti?'' e a me veniva in mente quando mio padre rispondeva ''Come se mi avesse appena risputato una lavatrice'' e quindi sorridevo ma poi piangevo anche un po' e mi asciugavo rapidamente gli occhi. In quelle settimane avevo pianto moltissimo, più di quello che ricordavo di aver mai fatto - almeno, se ricordavo tutto. Più trascorrevo il tempo in quella stanza più mi sembrava di allontanarmi dal mondo esterno e mi sembrava che la verità mi stesse sfuggendo come sabbia tra le dita. Avrei mai recuperato certi ricordi? Avrei capito davvero cosa era successo quella notte? Cosa c'era stato in gioco di così pericoloso da ridurre tutti noi in quello stato? In quei giorni mi era capitato di pensare spesso anche ai miei colleghi rimasti uccisi. E alle loro famiglie, rimaste uccise come la mia. Chissà cosa era successo dopo. Avevano celebrato dei funerali collettivi? Avevano sepolto la mia famiglia? I parenti di mio padre italiani e quelli irlandesi erano stati avvisati? Erano venuti qui e mi avevano saputo in coma? E quelli inglesi? A Londra avevo ancora qualche zia di secondo grado, qualche cugina di mia madre. Loro avevano saputo? Era venuto a trovarmi qualcuno in quegli anni oppure ero rimasta in questo letto completamente... da sola? Era soprattutto questo, che spesso, non mi faceva dormire la notte. Era molto diverso l'essere una persona indipendente, cercare la solitudine e la tranquillità di una vita riservata - ed essere completamente sola. Sola al mondo. Perché in fondo al tuo cuore sai - e speri - che sopravviverai ai tuoi genitori ma non pensi mai che tua sorella possa morire così giovane e andarsene per sempre. Una sorella che è anche un'amica, una confidente e che, sei sicura, ti accompagnerà per il resto della tua vita. E quando pensavo a quelle cose fermare le lacrime era davvero impossibile. Come in quel momento, e per correre a recuperare le lacrime rotolate giù sulle guance persi l'equilibrio e mi cedettero le gambe.

«Oh-» esclamai e poi caddi sul sedere con la gamba destra malamente piegata; emisi un lamento sordo e strinsi i denti. Che male. No, così non andava bene per niente.

Ma non feci in tempo a rialzarmi che dei rumori attirarono la mia attenzione. Sollevai di scatto la testa quando sentii un vociare frettoloso sulla soglia della porta. Un uomo, un ragazzo, entrò di spalle con una serie di cose tra le mani. Una busta, dei fiori, una borsa. Un tono allegro rimbalzò sulle mura della stanza.

«Coooonsegna espressa, mio dolce fiorellino!» esclamò ancora di spalle. Che fosse Natale?

«Lo so che non stai nella pelle, ma non ti alzare e se sei nudo resto fermo, così ti puoi rivestire o, ehm... o non farlo minimamente.» Era ancora di spalle, era alto, giovane, biondissimo e super su di giri. Sembrava proprio quegli elfi che girano per le corsie degli ospedali a Natale a distrubuire doni.

«E per il pranzo ti ho portato quei ravioli di XiaoXì, all'angolo dove ti ci infogni. Ne ho presi talmente tanti che mi dovrai aiutare a finirli e sì, visto che ti sei fatto macerare la destra, ti imbocco i-» Ravioli cinesi? A Natale? Infogni?

«Ma che....»
«...oh»

Finalmente mi guardò. Io che mi ero completamente dimenticata di essere ancora a terra corrucciai la fronte cercando di capire cosa non mi tornasse. Non sembrava vestito così pesantemente da essere Natale. E poi era umano. Forse...

«...Mi sa che hai sbagliato camera» dissi con un accenno di divertimento nella voce. Tutto mi sarei aspettata fuorché riuscire a divertirmi dopo settimane di... agonia.

Il sorriso però mi morì subito sulle labbra quando mi ricordai di essere spalmata a terra. Cercai un appoggio tastando con la mano sinistra alle mie spalle ma il muro era liscio. Quindi salii alla cieca cercando il davanzale, sperando che non fosse troppo alto. Mi bruciava tantissimo la caviglia e sperai di non aver aggiunto quella rogna alla mia corsa verso la guarigione.


 
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