Il Fwooper d'Oro

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 29/1/2024, 19:35
Avatar

Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

Group:
Studente Sotto Esame
Posts:
1,506
Location:
Toscana ☀️

Status:


f5MyTTb
mXjuUmC
cTSPTjP
Aosh2ag
S
ono stordita dalle giravolte quando tocco terra, mi sorreggo ad uno degli schienali di fronte mentre mi siedo composta all’arrivo di Mrs. Chittock. Nonostante i lievi capogiri, il mio entusiasmo non si frena e applaudo anch’io con energia. Emily Vannet ci ha deliziati con il suo ritorno, un ritorno in grande stile elogiato dal pubblico e dalla critica evidentemente, che le riserva uno dei premi più prestigiosi a mio parere. Le soprese non sembrano terminare però, prima di allontanarsi dietro le quinte tira fuori un nuovo asso dalla sua elegante manica. Il lancio dell’album, l’annuncio del titolo, lascia sbalorditi i presenti, ma nessuno può minimamente competere con ciò che provo quando l’informazione mi travolge. Se loro sono sbalorditi, io lo sono almeno il triplo.
Chocolate Babe.
Lo ripeto in un sussurro, ruota dolcemente sulla punta della lingua per accendere la memoria mentre lo assaporo. Mi porta indietro fino ad un Natale passato, ad un regalo che tu stesso mi hai fatto. Ti guardo, cerco i tuoi occhi con i miei stipati d'interrogativi. Vorrei chiederti se il collegamento è giusto, se non sono io ad essere pazza, ma mi trattengo e come sempre lo catalogo come uno dei miei sciocchi voli pindarici. E invece mi sbaglio, me ne dai conferma e allora esco allo scoperto ormai priva di dubbi «Il bigliettino.» ogni dettaglio sta scritto lì, una riga enigmatica che racchiude più di quanto io avessi già provato ad indovinare. No, non mi sono dimenticata, anzi «Lo conservo ancora sai?» un sorriso buffo, quasi impacciato, incurva le labbra. Lo custodisco con cura – un atteggiamento infantile forse, ma poco m’importa –, a testimoniare uno dei tanti meravigliosi momenti passati assieme «In un diario, tra le foto e i ricordi più importanti.» vicino alla prima polaroid che ci ritrae per la precisione, i nostri volti allegri e spensierati durante il Ballo delle Orme. Tanto altro è accaduto dopo, non è difficile credere fermamente che molto altro ci attenda poi. E chissà, il concerto posticipato potrebbe essere una delle varie occasioni che si affacciano sul nostro futuro «E sono sicura che a breve, tra quei ricordi, ci saremo noi mentre cantiamo a squarciagola ad un suo live!» sono elettrizzata alla sola idea, non lo nascondo. Se con un’unica canzone Mrs. Vannet è stata in grado di scatenare l’intero teatro, posso vagamente immaginare cosa significhi assistere ad un intero show progettato ad arte «Sappi che ho già le api frizzole in lista da portare, è stato così divertente volteggiare lassù che dobbiamo assolutamente replicare!» non riesco ad aggiungere altro, lo spettacolo continua e tutto muta per ricevere i nuovi ospiti.
L’atmosfera, nel silenzio che segue la premiazione, si colma di un qualcosa paragonabile alla pace dei sensi. Fumo bianco che richiama la natura, inspiro a pieni polmoni e vengo trasportata metaforicamente altrove. Mi trovo in una radura rigogliosa, le palpebre serrate, a bearmi di ciò che mi circonda. Ad allietare l’udito c'è solo il fruscio dell’acqua, il fischio del vento tra le fronde: è il suono della vita. Eppure, ad un certo punto, li sento davvero, non sono un’illusione. Riverberano nella Sala, mentre sul palco – anticipati da una singola frase, pronunciata da più persone contemporaneamente – fanno il loro ingresso sei musicisti, sono sospesi in aria e brillano di luce propria. Appaiono come astri a tutti gli effetti, si mischiano perfettamente alle stelle che adornano lo sfondo: sono i Figli del sole.
La natura tiene il ritmo e, prima che la loro esibizione cominci, le poltrone magicamente scompaiono e veniamo delicatamente accompagnati – in levitazione – fino al pavimento da dei tappeti. Sono stretti e rettangolari, di pregiata fattura orientale e dalle tinte accese.
Un gong.
Inizia la magia.
«The mountain thunders, we prostrate ourselves to it.» ci invitano ad imitarli: gambe incrociate, le mani giunte al petto ed infine un inchino in segno di rispetto, che affonda finché il corpo tocca la stoffa sottostante «Nadiyon ki maa, behte huye paani mein badbadaati hai.» le loro voci, perfettamente all’unisono, originano parole in lingue esotiche. È facile intuire che, probabilmente, sono di uso comune nei luoghi lontani in cui sono nati i protagonisti in scena. Le mani, ancora giunte, ora si sollevano assieme al busto, dritte verso il cielo. Il respiro si regolarizza, a tempo con la dolce melodia delle corde pizzicate. Mi pervade un senso di abbandono estremamente piacevole «Inasimulia hadithi ya Goddess Prithvi, Mama wa Asili na mlinzi wa watu.» le braccia, leggere come piume, diventano raggi e disegnano un cerchio nel ridiscendere. Scivolano lungo in fianchi, le dita che s’intrecciano all’altezza del ventre.
«Ine yahkam alma sode al-salam walgabat al-mubahja.» il mantra è scandito con regolarità, sgombera la mente e la riempie con immagini quasi oniriche. Infonde tranquillità, il corpo che lentamente si rilassa, i muscoli che si sciolgono e si distendono. Si rilassa come un bambino che ascolta la favola della buonanotte, con i suoi eroi e suoi cattivi «Pakshi ga rahe hain.» c’è la principessa, nel suo prosperoso regno «Pattiyon mein sarsarahat hoti hai.» un luogo fatato, con meraviglie dietro ogni angolo «Tah Prithvi ka abhivadan hai.» i toni di quell’insolito coro si fanno improvvisamente più tristi però, grigi come il cielo invernale di Londra «Tamtar.» un nuovo rintocco del gong scuote le membra, l’arpa e la lira scandiscono il ritmo di un forte acquazzone «Prithvi analia.» le braccia si distendono in avanti, i palmi verso l’alto e raccolti a formare una conca dove la pioggia è libera di sostare «Gos kazza ouaynah al-hezintan tejfan fe shams.» vi si ferma solo pochi istanti, poi fluisce via appena la bacinella improvvisata si richiude su sé stessa. E così, solida e sottile come una lama, corre incontro al mento che impaziente si piega, pronto per unirsi nel tipico mudrā indiano «Mapenzi yake yalimuacha […]» un saluto che, appunto, anticipa la fine che inesorabile incombe.
Le battute che restano scorrono rapide, forse troppo.
Persino il gong torna a farsi sentire un’ultima volta, il suo personale addio.
«Ode Prithvi, these flowers are for you.» tra le nostre mani sboccia un fiore di Loto, candido e delicato – fragile quanto l’animo umano. Silenziosi, gli Artisti ci indicano una figura femminile posta sulla destra del palco. Chiedono implicitamente di omaggiarla, ponendo il fiore ai suoi piedi. Mi alzo e, quando anche tu sarai pronto, ti seguirò verso l’altare. Fatta l’offerta il Loto si dissolve nel nulla, come se l’entità superiore lo stesse accogliendo davvero con gioia nella sua dimensione ultraterrena. Si dissolve anche il resto, l’atmosfera meditativa svanisce e tutto torna come prima: le poltrone, ogni cosa.
Per quanto sembri assurdo ora che siamo nuovamente alla normalità, ci hanno trascinati sul serio nel loro mondo di Dei e spiriti.
Le ovazioni che nascono e pian piano salgono d’intensità, si riversano su di loro a ringraziare per le intense emozioni trasmesse.
Code • Oliver


Eccoci qui con "Samasthiti, Montagna", dei Figli del Sole :gattello: Da immaginare con questa base (click), con il mantra che viene scandito sopra così (click) - da prendere in considerazione la parte cantata dai Bowland, ovvero:
Ba marg, Raha shavam,
Ranj pas az ranj, Tavan daham,
Dard dar zendegi,
Payane khosh, Aram shavam,
Aram shavam,
(Tramonta presto)
Aram shavam
(cadono le foglie)
Aram shavam,
(Cadono le case)
Aram shavam
(Cadono le nuvole)


Enjoy :music: :<31:
 
Top
view post Posted on 27/2/2024, 11:21
Avatar

Group:
Grifondoro
Posts:
19,257
Location:
TARDIS

Status:


l9cZLkZ
haS9GS6
cTSPTjP
Aosh2ag
D
iventa facile tessere il futuro, in tua compagnia. Immagino il concerto di Emily Vannet, il gusto del miele e del celestino in un tuffo a cielo aperto, un volo di musica, note e poesia. Ti sorrido all'idea di aver finalmente svelato il segreto dietro il biglietto dell'album in sospeso, un po' vorrei insistere sull'argomento e raccontarti tutte le sciocche, bizzarre avventure che hanno guidato la mia scelta del regalo. Chocolate Babe è un disco pop che avrebbe dovuto trovare via libera, sul mercato, già anni addietro; in parte, però, l'aspettativa è cresciuta a dismisura, tanto per me quanto per la folla intera. Mi accorgo di come gli applausi si protraggano per molto, moltissimo tempo. Gli spettatori, in sala, stentano a lasciare andare Emily Vannet. Posso comprendere tutti loro, d'altronde. La cantautrice è stata distante dalle scene pubbliche per lungo andare, il rientro sul panorama musicale è stato — stasera — eccellente, ma... breve. Mi sorprende, in senso buono. Non posso fare a meno di considerare Emily Vannet come una stella cadente, nell'accezione migliore della simbologia. Arriva, conquista, porta con sé una statuetta d'oro. Annuncia un album, fa impazzire chiunque in Teatro Magico e... niente di più. La vediamo sparire, un inchino dopo l'altro, uno scroscio di apprezzamento in lungo e in largo. Ho appena il tempo di annuire verso di te, Camille. Hai ragione: un concerto di Emily Vannet con te è un altro sogno nel cassetto, mi riprometto di non dimenticarlo e, soprattutto, di dare effettivamente un senso al misterioso biglietto della scatola di cioccolatini.
La sala, d'un tratto, si acquieta. Il distacco con l'esibizione precedente è nitido, a tratti perfino stridente. La musica smette d'essere dinamica, alla stregua delle creazioni esagerate di Emily Vannet. Diventa più... armoniosa, in chiave energica. Sfuma in una musica che i più, sulla stampa, hanno definito "balcanica", in declinazione tribale. Difatti, è un giro di chitarre, di mandolini e di lire. Gli strumenti a corda si uniformano, in contemporanea, alle stille tonali dei tamburi, dei triangoli e delle campane. Il gong, in espansione, riporta tutti noi in un'estasi di anima, cuore e mente. Presto è un incontro — un ritrovo singolare, in assoluto. Le immagini sfidano l'antica stregoneria, si pongono in disillusioni di continuo: una montagna, un cavallo, una sorgente d'acqua; e poi un altro, un altro elemento, un altro richiamo. Ricorda una storia, una trama fitta di pensieri e di promesse; e penso che non ci sia nulla di più pacifico, piacevole e profondo del momento. Ti guardo di sottecchi, Camille. Non pronuncio una singola parola, aspetto in silenzio. C'è una spensieratezza di fondo, ecco, che mi coglie quasi impreparato. Ho come l'impressione che il brano, in lingua mistica, possa risvegliarmi del tutto; è come se scoprissi una parte di me che ho tenuto in segreto, in dissolvenza.
Non colgo il senso della canzone, non posso. Eppure, è come se intimamente riuscissi. Né la conoscenza della lingua né il prezzo della trama che la band sta raccontando, in effetti, vogliono tenermi lontano. In qualche modo fanno di tutto per coinvolgere anche me. Ora comprendo il senso della critica, il modo in cui più giornali, artisti e studiosi della musica abbiano presentato I Figli del Sole al mondo magico. Risulta complesso poter descrivere il loro dono, ma... è travolgente.
Mi ritrovo con un fiore di Loto tra le mani, un respiro profondo che abbandona ultimamente le mie labbra. Sento di rinascere, di ritrovare un equilibrio — è un istante e, con tutta probabilità, cesserà presto. Ti seguo in processione, io che divento Credente di un culto fatto di canto e spiritualità. Omaggio la Statua — ogni sua simbologia — con il fiore, prima di tornare alla mia postazione. Sembra di aver sospeso il tempo, di aver potuto vivere una vita ch'è fuori di me. Ho difficoltà a riprendermi.
«ll Divino in me onora il Divino in te.» La voce di Glenda Chittock è un sussurro, si propaga dolcemente in tutta la sala e ci riporta con i piedi per terra. Letteralmente. Le poltrone sono di nuovo sotto di noi, il colore rubino dei tessuti quasi spezza con l'assetto soffuso che l'esibizione della band ha realizzato. Tuttavia, le luci riverberano come tanti Fuochi Fatui senza intromissione, l'uno dopo l'altro a focalizzare cortesemente l'attenzione del pubblico. Glenda Chittock, sul palco, è incantevole. Ha cambiato abito, favorendo infine una veste scintillante, di scaglie e gemme di smeraldo; il verde le dona molto, ma... c'è un colore che non le starebbe bene? Sorrido, mentre la presentatrice spende parole di successo e di apprezzamento vivido per I Figli del Sole. Sembrano ragazzini, così giovani: fratelli, sorelle, forse semplicemente amici. Mi piace il modo in cui si stringano gli uni alle altre, il contatto delle mani e delle braccia, l'intreccio gentile del capo poggiato sulla spalla di chi vicino. Si vogliono bene, sono in sintonia. Ho l'istinto di cercare il tuo sguardo, Camille. C'è molto, in questo momento: sento di avere la stessa vicinanza che hanno i cantautori, sul palco. Ed è qualcosa di unico, così infinitamente raro.
«Meravigliosi, meravigliosi! Hanno conquistato il panorama musicale in modo originale, trasportandoci in altri luoghi e altri tempi. Per me è un onore premiare I Figli del Sole con...» La sala è in attesa, sospende il fiato. Le luci sfavillano, il cuore trema. «Fwooper come Miglior Band Folk, Fwooper come Miglior Album Folk per Zenit e... Vi prego, unitevi a me per accogliere tra noi Andromeda Flanders!»
Non. Ho. Parole. Mi giro di scatto verso di te, Camille. Ti chiedo se anche tu abbia colto il senso del messaggio di Glenda Chittock. La folla è in visibilio, nascono applausi sempre più forti; c'è chi grida i nomi dei vari cantanti, chi innalza cartelloni con frasi di successo e di bellezza. E poi c'è una figura minuta che entra sulla scena, una donna tanto sottile e mingherlina da somigliare ad una creatura fatata. Ha un abito dolcissimo, di taffetà lilla, e lunghi, lunghissimi capelli che le scivolano in onde castane oltre la schiena e giù verso le caviglie. Ricorda una principessa, ha perfino una teiera brillante sul capo; dietro di sé la inseguono folletti, gnomi e un vero e proprio troll, e mi chiedo se sia un'esibizione teatrale o se siano creature vere e proprie in carne ed ossa.
«Lei è Andromeda Flanders» ti dico, e quasi fa ridere come rivelazione. Glenda Chittock si unisce all'applauso, e tutti ormai hanno colto il nome dell'altra. «L'autrice delle fiabe di bambini, ho amato "Boo, il Poltergeist buono".» Però, ecco... mi domando cosa ci faccia Andromeda Flanders alla Cerimonia del Fwooper d'Oro. Perfino io, appassionato di lettura e musica, stento a collegare le due cose. Forse tu ne sai più di me, Camille. Per fortuna, Glenda Chittock riprende parola. Ha con sé già due statuette d'oro che consegna, sulla fine del tripudio d'emozione, alla band accanto. E poi lascia che la schiera di troll, fate e folletti si sistemi tutto intorno, un quadretto idilliaco sul palcoscenico che i fotografi della Gazzetta non possono fare a meno di immortalare in una serie di flash.
«Andromeda Flanders è tra le narratrici più di successo del mondo magico, ha scritto così tante raccolte di fiabe per bambini da averne perduto il conto! Nell'ultimo periodo ha collaborato con I Figli del Sole per mettere in musica la fiaba La Principessa che divenne un Troll. La musica non ha tempo, non ha età. E oggi si portano a casa il Fwooper al Miglior Sonorus per Bambini. Bravi, bravissimi!»
C'è un altro boato di applausi e festeggiamenti, mentre una terza statuetta passa dalle mani di Glenda alla band, finché raggiunge per rispetto la scrittrice. C'è un discorso di ringraziamento, molto rapido e di certo sentimentale; eppure, le creature si distribuiscono tutto intorno, come in un cerchio. Dall'alto scende una torre, si espande un giardinetto fiorito. C'è un ponte levatoio, mentre una dolce musica di fondo sfuma tutto intorno. Mi mette di buonumore, fin da subito. Un'altra sorpresa?
Code • Oliver


Svelami i tuoi infiniti segreti.
 
Top
view post Posted on 22/3/2024, 20:19
Avatar

Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

Group:
Studente Sotto Esame
Posts:
1,506
Location:
Toscana ☀️

Status:


f5MyTTb
mXjuUmC
cTSPTjP
Aosh2ag
H
o un solo modo per definire questa serata: montagne russe. La vivacità e l’esuberanza di Emily Vannet che – assieme ai progetti per il futuro che stiamo costruendo – cedono il passo all’equilibrio, al senso di pace che deriva dalla musica dei Figli del Sole. Ampliano le nostre menti, guidandoci in un primo approccio alla pratica della meditazione. Mi toccano in una maniera che non osavo immaginare, facendo nascere in me molte domande a riguardo. È difficile staccarsi da queste sensazioni che salgono a fior di pelle, persino quando Mrs. Chittock cerca di attrarre la nostra attenzione. È come una madre che ci sveglia amorevolmente, accompagnandoci attraverso la sconnessione dovuta alla fase più profonda del sonno, fino al sollevamento delle palpebre e alla conseguente presa di coscienza. I premi che ricevono, poi, per quanto meritati non racchiudono tutto ciò che, secondo me, questa band rappresenta. Hanno un dono straordinario, è innegabile. Non so se, in condizioni comuni, sia anche solo minimamente imitabile un legame del genere. Incrocio il tuo sguardo e mi rispondo che sì, in fondo è possibile che esista anche senza l’aiuto della magia. Vorrei esprimere davvero tutto ciò che sento in questo momento, ma sono talmente tante cose che non so da dove partire. Anche se non apro bocca però, sono sicura che tu sarai capace di carpire ogni singola parola che sosta sulla punta della mia lingua. Non è immediato da spiegare, ma in tua presenza divento trasparente, una vetrina in cui puoi scorgere con chiarezza il contenuto. Pensieri e sentimenti che corrono avanti e indietro, dai più seri ai più frivoli. E persino buffi, come la reazione all’annuncio dell’arrivo di Andromeda Flanders. I miei occhi si fanno grandi, come quelli di chi ha l’onore di potersi godere in carne ed ossa il proprio idolo. Magari idolo è esagerata come definizione, ma ho sempre provato una sincera ammirazione nei suoi confronti. È lei che mi ha introdotto alla letteratura del mondo magico, la sua fantasia senza confini, le sono grata.
«Io-» mi accosto a te con fare confidenziale «Io temo di essere una sua fedele lettrice, ho tutti i suoi libri a casa.» confesso, senza celare l’entusiasmo dilagante per l’ingresso dell’autrice in sala «Anch’io ho amato "Boo, il Poltergeist buono", sai? Penso sia uno dei suoi lavori migliori!» mi sono immedesimata in quei giochi spensierati, li stessi che facevo con i miei cugini da bambina. Certo, nessun fantasma o simili erano coinvolti nelle nostre scorribande, ma poco cambia per me «Anche se probabilmente sono di parte. Un po’ perché è uscito in libreria nel periodo di Halloween, che io adoro, e poi il mio lato infantile si sente molto affine a quello dei personaggi.» ti accenno, appuntandomi di approfondire sulla via del ritorno. Ma con mio immenso stupore, il progetto che sta per presentarci riguarda qualcosa di antecedente. Si parla degli esordi della sua carriera. Un po’ mi si stringe il cuore, “La Principessa che divenne un Troll” è il primo libro che ho letto e divorato in una notte. E ora i paesaggi descritti nel racconto si stanno palesando davanti a noi, è come se gli avessero strappati alle pagine che li custodivano gelosamente.
La musica, sempre in stile etnico, torna a farsi sentire. La dolcezza di uno strumento appena percosso, delle corde pizzicate. Il brivido di un soffio di vento, provocato da un flauto dipinto con motivi tribali.
«In a faraway kingdom called Pangasia, a princess comes into the world.» Ayden, Blaze e Rovi aprono la narrazione, trasportandoci subito in un’atmosfera da favola, dentro una storia dal sapore antico. Le loro voci, calde e avvolgenti, si spandono per tutto il teatro. Le luci allargano il loro campo d’azione, dalle creature riunite in cerchio attorno alla torre danno pregio a una cittadella medioevale sullo sfondo. Un volto d’ombra compare, nodoso e minaccioso, sopra il castello che troneggia sul borgo.
«Very young, but beautiful enough to trigger the jealousy of a wicked witch.» scompare poi in un lampo, pari solo ad un incantesimo che si attiva e abbandona la bacchetta «She was thus transformed into an ungainly Troll.» il cerchio luminoso torna dunque sui protagonisti in scena. La giovane Troll è china, singhiozza piano, le manine tozze coprono il suo volto «Oh darling, don't cry / You can free yourself from the spell if the kiss of true love touches you.» ed ecco che le voci di Helaine, Malina e Zendaya si uniscono in coro ed esplodono con forza, sostituendo quelle degli altri componenti del gruppo. I piccoli gnomi si avvicinano alla figura al centro del palco, la consolano. Le offrono la loro amicizia, gesto semplice che le fa tornare il sorriso. Così, avvolta da un effimero buonumore, fa il suo ingresso nella torre alle sue spalle.
«Years pass, you grow up, in the mirror you see a creature with greenish skin / You look out from the isolated tower, a safe place, to let your dreams fly away […]» raggiunge la vetta con l’espressione assorta e piena di desideri inespressi, il buio infine la inghiotte. Ed è qui che, mentre la melodia prosegue, c’è un rapido cambio di scena. La principessa è di nuovo nel giardino, ma stavolta danza gioiosa «It's a spring day, the sun caresses your cheeks / You are there playing, rotating the gnomes and your laughter attracts an unexpected guest / Hidden behind a tree is someone who looks very much like you, has the same appearance as you, the one that people consider repulsive.» le voci sono ora al completo, all’unisono. Toni bassi, delicati, trasmettono tenerezza. Uno degli gnomi le afferra le mani di lei, che ricambia facendolo volteggiare gentilmente un paio di volte e lo lancia in aria. L’esserino fa un una giravolta, atterra perfettamente in piedi e ci dedica un lieve inchino. Intanto, mentre il pubblico è distratto dalle acrobazie, un altro teatrante si fa avanti, celato dagli alberi. È un secondo Troll, curioso, osserva ciò che accade nella radura. Non ha un aspetto regale, indossa abiti modesti. Ma le sue iridi brillano come gioielli di pregiata fattura, impreziositi dalla meraviglia che vi si specchia.
«Your eyes meet and you get scared / He calls you, he wants to reassure you, but you don't listen to him and run to hide in your refuge / Undeterred, the young Troll returns the next day, looking for you / And you, shy, look out of the tower window.» lei lo vede e si spaventa, fugge via. Il secondo atto si chiude, si apre il terzo ed ultimo. Un nuovo giorno sta finendo, sullo sfondo è dipinto un tramonto. La principessa è sul balcone, si gode ogni sfumatura di quello spettacolo della natura. Il giovane Troll torna da lei, la chiama. È un suono gutturale, ma a suo modo affettuoso. Lei lo comprende e si spoglia della sua timidezza, correndogli incontro.
«The days pass, you get to know each other / The feeling that unites you grows. It grows until your lips come together / They unite, but although the love is true and pure, nothing happens / You always remain the same.» l'intesa tra i due è palpabile, i corpi che si avvicinano sempre più finché le loro labbra non si sfiorano.
«But you will soon understand that love doesn't care about how people appear on the outside, but is linked to the soul / The soul is a much deeper light, full of surprises.» se la principessa è all’inizio sgomenta, pian piano comprende il significato di ciò che sta accadendo. Lui la trae a sé e la stringe forte, mentre le note in sottofondo sfumano e al loro posto li raggiunge uno scroscio di applausi, tra cui il mio.
Una delle mie fiabe preferite ha preso vita e io un po’ mi commuovo «Leggendo questo racconto ho cercato, non so quante volte, d’immaginare i personaggi, le loro espressioni. Beh, ecco, riuscire a vederle davvero, non solo nella mia testa, è qualcosa di unico...magico.» ti rivolgo frasi che escono tremanti, il corpo colmo di gioia.
Code • Oliver


Godiamoci lo spettocolo, "La principessa che divenne un Troll" va in scena :secret: :<31: Musiche dei Figli del Sole, immagina pure che suonino questa melodia mentre cantano / narrano la storia (click) :gattello: :<31:
 
Top
17 replies since 4/6/2023, 20:46   484 views
  Share