Attesa, Privata

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Jean Grey.
view post Posted on 13/3/2024, 11:24 by: Jean Grey.
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Jean Grey
17 anni - carica di emozioni

««La verità è che ci sono cose più importanti».»
Era proprio vero. Si rispecchiava molto nel concetto espresso da Derek. Anche lei sin da bambina, da prima ancora di entrare a Hogwarts e ancor di più da quando il padre era morto, aveva sempre pensato che il suo unico obbiettivo dovesse essere studiare tutto, imparare tutto. Le erano bastati un paio di anni – che le erano parsi una vita, a dirla tutta – a farle cambiare idea. C’erano davvero cose più importanti dello studio. Le amicizie, le farfalle nello stomaco, il dolore, la vendetta, l’empatia, l’esperienza pratica delle cose: il mondo era fuori dai libri, questo ormai le era chiaro. Questo non voleva dire che lo studio non avesse la sua importanza o che non le piacesse, semplicemente non era più così centrale nella sua vita. E a quanto pare Derek la pensava allo stesso modo.
Continuò ad ascoltare le sue parole tra un sorso di gin e l’altro, senza lasciarsi sfuggire niente, nemmeno i suoi gesti e le sue espressioni. E a un certo punto Derek disse una cosa che, per quanto non l’avesse sorpresa più di tanto, le fece provare un tuffo al cuore. Derek era orfano. O comunque, era stato in orfanotrofio, quindi era cresciuto senza genitori, fossero questi morti o l’avessero abbandonato. Improvvisamente Jean capì. Dentro di sé lo aveva sempre sospettato, aveva immaginato che Derek si portasse appresso un peso notevole, e aveva sempre avuto la sensazione che questo peso fosse in qualche modo simile al suo. Lei aveva perso il padre da piccola, aveva ancora la madre ma da quando lui era morto le cose erano cambiate. Jean aveva iniziato a sentirsi responsabile per lei, come se dovesse essere lei il genitore di sua madre, nonostante nessuno glielo avesse chiesto. E di anno in anno aveva sentito Cara sempre più distante. Il loro rapporto aveva subìto una rottura da quando erano rimaste sole, e Jean non era certa che fosse sanabile. Probabilmente la sua situazione era molto diversa da quella di Derek, non ne sapeva niente, sapeva solo da mezzo minuto che era orfano. Ma, nel suo piccolo, pensava di poter comprendere almeno in parte il suo dolore.
Sentirlo parlare della sua connessione con gli animali, e a cosa questa fosse dovuta, fu un’emozione unica. Si sentì commossa da quanto profondo fosse come concetto. Non le sfuggì un tentennamento nel suo discorso, sembrava essere in procinto di dire qualcosa ma che avesse cambiato idea. Decise di non insistere: se avesse voluto dirle qualcosa lo avrebbe fatto di sua spontanea volontà.
««Dimmi di te, che passioni hai?». »
Altro domandone. Era incredibile come domande così semplici le fossero così estranee. Non parlava mai di queste cose, con nessuno, nemmeno con le amicizie più strette. Con Megan di norma le conversazioni erano o molto più leggere e cazzone oppure decisamente più impegnate, mentre con Connor non avrebbe certo potuto parlare di nulla che riguardasse la magia. Buttò giù un altro sorso mentre rifletteva. «Un po’ mi vergogno a dirlo, lo ammetto, ma non ho mai pensato nemmeno a questo. Vediamo un po’…» ci avrebbe pensato sul momento, avrebbe espresso a voce alta i propri pensieri. «In questi anni ho scoperto di essere portata per l’Erbologia, anche se ho sempre trovato strano questo fatto, visto che in realtà non mi piace tanto come materia. Invece ho scoperto di detestare Storia della Magia, quando in realtà prima di entrare a Hogwarts ero certa che sarebbe stata la mia preferita. Assurdo, vero?» Ridacchiò, era davvero assurdo come ogni sua certezza, anche la più banale, si fosse sgretolata al giorno uno a Hogwarts. «Per il resto, mi piacciono molto le lezioni pratiche, Incantesimi, Difesa. Al contrario di quanto pensavo da bambina, che stavo solo appresso ai libri, ho notato che apprezzo molto l’uso pratico della magia. Non so ancora nulla del mio futuro, ma in questo momento ti direi di essere più indirizzata verso una carriera pratica piuttosto che una che preveda di stare dietro una scrivania o a riordinare scaffali in biblioteca.» Sorrise, sia perché ogni volta che guardava Derek le veniva da sorridere, sia perché per la prima volta aveva avuto un pensiero concreto sul suo futuro, e tutto questo solo grazie a una semplice ma mai banale domanda. Probabilmente sorrideva anche per l’alcol: normalmente quella quantità di gin non l’avrebbe scombussolata, ma lo stomaco vuoto sicuramente non era d’aiuto. Non era certamente alticcia, ma si sentiva senza dubbio surriscaldata.
Dopo un altro sorso di un gin ormai quasi finito, sollevò lo sguardo e tornò a guardare il ragazzone seduto davanti a lei. Le piaceva davvero tanto quella situazione, più di quanto non avrebbe potuto pensare, e sperava che quella serata potesse andare avanti ancora a lungo. «Sappi che, se hai tempo e voglia, tra poco ne ordinerei un altro.» Non mancava moltissimo nemmeno a lui per finire il suo, quindi a breve, se lui fosse stato d’accordo, avrebbero potuto prenderne ancora dell’altro. Forse era il calore dell’alcol, o forse l’emozione di quella serata, ma Jean sentiva un bruciore al petto, e non riuscì a trattenersi. Sentiva il bisogno di dirlo, e l’avrebbe detto. «Derek, senti…» riuscì a mantenere il contatto visivo. «Non so se sei il tipo di persona che parla di queste cose, se non lo sei va più che bene così e anzi, ti chiedo scusa, però ti ho sentito dire una cosa e sento la necessità di dirtela anche io. Hai detto che stavi in un orfanotrofio, presumo che a un certo punto da bambino tu abbia perso i genitori in un modo o nell’altro… beh ecco, volevo dirti che anche io ho perso mio padre, da bambina. Avevo nove anni credo, a essere sincera il mio cervello tende a confondersi a riguardo. So quanto questa cosa mi ha segnato, e soprattutto so quanto ho odiato ogni sguardo di pietà o accenno di perbenismo che mi sia stato rivolto in questi anni, soprattutto quando ero ancora piccola. Quindi niente, volevo solo dirti che se qualche volta senti il bisogno di parlare di questo, o di qualunque altra cosa, con qualcuno che ti ascolti senza farti sentire un “povero orfanello”» mimò con le dita il gesto delle virgolette, per far intendere quanto detestasse essere additata in quel modo, «io sono qui.»
Disse tutto questo dal cuore, quasi di getto, semplicemente perché lei per prima avrebbe voluto sentirsi rivolgere quelle parole. Le poche persone con cui si trovava bene a parlare erano appunto quelle in grado di comprenderla senza giudicarla, che avevano la maturità e la sensibilità emotiva di capire quello che provava senza definirla, senza pregiudizio, senza pietismi. Sperava in cuor suo che Derek avesse già attorno a sé persone del genere con cui poter parlare, ma se così non fosse stato, o se ne avesse voluta una in più, lei sarebbe stata lì per lui.



 
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