Heron.

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view post Posted on 24/1/2023, 17:04
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Ocean eyes.

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«Ricordati che hai l’appuntamento con il Professor Drake, Meg.»
Il suono squillante della voce di Grace fece spalancare di nuovo gli occhi a Megan che, quella mattina, si era rigirata tra le coperte senza avere alcuna intenzione di alzarsi in piedi.
«Che odio!» soffocò un grido tra le pieghe del cuscino. Nessuna lezione ci sarebbe stata quel giorno, un buon modo per riposare se non fosse che aveva dovuto per forza prendere appuntamento con il professore di Divinazione, dopo aver saltato le ultime due lezioni dell’anno. La sera prima aveva cercato di ripassare con più attenzione ogni dettaglio dell’Oculomanzia e della Litomanzia, prendendo spunto dagli appunti che l’amica le aveva dato, e sperava fosse abbastanza per prendere un ottimo voto.
«Su!» incalzò Grace togliendole le coperte da dosso. Il Caposcuola scalciò indispettita mentre la biondina si poggiava lungo le gambe per farla stare ferma. «Cosa hai tre anni?» la stuzzicò con sorrisetto sornione.
A quell’accusa Megan placò gli spasmi volontari e si rizzò con la schiena portando le ginocchia al petto. La fronte andò a poggiarsi tra le ginocchia mentre cercava la forza di trascinarsi fuori dal suo nido.
«Che ore sono?» chiese
«Le nove e mezza» rispose l’amica mentre finiva di sistemarsi. «Ti ho portato il caffè e uno zuccotto»
«Grazie» biascicò con il viso ancora nascosto.
Quella mattina Hogwarts splendeva sotto un cielo terso e riscaldato dal leggero torpore del sole sulla calda pietra millenaria. L’inverno si mostrava evidenziando ogni sua sfumatura: dal ghiaccio alla neve e dai profumi dei fiori, che resistevano sotto lo strato imbiancato e lasciavano spuntare le loro testoline nei giardini e nelle zone limitrofe della scuola.
Un profondo respiro prima di volgere lo sguardo verso la finestra, dove la luce penetrava tra i lunghi tendaggi blu. Si costrinse a tenere gli occhi aperti, a lasciare che il cobalto venisse inondato dalle fredde cromie della stagione, poi finalmente scese. Si preparò velocemente: un morso alla colazione e il caffè preso tutto d’un fiato, fino ad abbandonare la stanza.

Varcata la soglia d’uscita della Sala Comune, Megan si sentì sollevata dei pochi passi che avrebbe dovuto compiere per arrivare all’ufficio del professore. Conscia dell’interrogazione che avrebbe dovuto affrontare cercò di trovare la tanto sperata calma che, salite le scale, l’abbandonò totalmente. Pretendeva il massimo da se stessa, soprattutto in vista dei GUFO ormai alle porte. Sperava di poter soddisfare le aspettative del docente, di poter rimediare all’assenza dovuta da una semplice influenza che l’aveva costretta al letto per tre giorni sotto consiglio del nuovo infermiere di Hogwarts.
Dinanzi alla porta di cedro, Megan rimase affascinata da come quest’ultima fosse ornata: incastonata nel muro, dinanzi lunghi filamenti di spago decorati con vetri variopinti e campanelle. Il Caposcuola cercò la maniglia e vi poggiò la mano spingendo il peso in avanti, lasciandosi accogliere dal tintinnio dei campanellini e da un sottofondo musicale che le acuì i sensi. Luci tenui e colori caldi accompagnarono i successivi movimenti. Naso all’insù mentre passava sotto alle lunghe corde decorate che si alzavano al suo passaggio.
«È permesso?» chiese. «Professor Drake, buongiorno» aggiunse subito dopo, sino a scorgere gli angoli della scrivania.

 
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view post Posted on 14/2/2023, 02:02
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Francis Dhevan Drake꧂
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Non c’era niente di meglio che iniziare il mattino con un po’ di meditazione. Il tepore lasciato sulla pelle mentre gli occhi restavano dolcemente chiusi era dato da un insolito sole invernale. Seduto lì, a gambe incrociate, proprio davanti una finestra del mio ufficio, assaporavo come ogni raggio toccasse ogni lembo del mio viso, carezzando dapprima la fronte per poi scendere man mano fino a delineare il contorno delle mie labbra. La respirazione era naturale ma profonda, una mano era posizionata sul ventre e l’altra sul cuore. Ad ogni inspirazione il ventre accumulava prana gonfiandosi e facendo sì che la mano si sollevasse appena, una scia di energia risaliva facendo allargare le costole e sollevare il petto, portando l’altra mano a sollevarsi a sua volta. Espirando si rilassavano le spalle, il petto scendeva e con esso si restringevano le costole. Il ventre si svuotava inglobando il palmo della sinistra. Un tocco di incenso fumava disperdendone un’odore di legno che ricordava quello dei templi giapponesi. Un odore che sapeva di sacro e che avrebbe aperto quella giornata stessa alla sacralità.

Il momento meditativo fu interrotto al momento giusto da un’ulteriore presenza insolita oltre quella del sole. Avevo aperto gli occhi conscio dell’arrivo di quest’ultima e per questo non mi sorprese sentirne la sua figura che si muoveva districandosi tra i tendaggi dell’ufficio. Nella stanza adibita al sorseggio del tè era già - quasi - tutto pronto. Dei cuscini variopinti, alcuni dai motivi orientali, altri monocolore ma dai toni accesi, erano stati posizionati tutt’attorno a un tavolino rotondo di medie dimensioni e ad un altro più piccolo e quadrato subito accanto. Una teiera fluttuava in aria sbuffando vapore e ansiosa di versare il tè mentre delle tazze intorno attendevano pazientemente di essere lambite dal tocco di un mano che le avrebbe poi portate alla bocca di chi ne avrebbe gustato il contenuto. L’odore dell’incenso indugiava ancora nell’aria, facendosi più leggero e cingendo in un pacifico abbraccio chiunque si fosse trovato nell’ufficio. Mancava solo un piccolo ma importantissimo ed essenziale dettaglio: il tè.

Sarebbe stata una giornata decisamente speciale e non solo per il tepore che finalmente si poteva avvertire nelle membra. Per questo, in quanto giornata speciale, si necessitava di un tè celebrativo che avevo a lungo conservato in uno dei cassetti della mia scrivania. Così, mi diressi verso quest’ultima spostando libri e scartoffie. Forse qualche pietra o altro aggeggio divinatorio iniziò a cadere da un lato e dall’altro perché, preso dall’ansia, presi a cercare più velocemente per non fare attendere oltre.

”Eppure avrei giurato fosse qui!” esclamai portando l’indice sulle labbra e il pollice a toccare il mento. L’altra mano impettita si era adagiata su di un fianco.

”È permesso? Professor Drake, buongiorno” sentii poco più in là.

”ECCOLA” urlai di entusiasmo senza rendermi conto che anche la signorina Haven avrebbe udito. Già, la signorina Haven - giovane promessa Corvonero - aveva avuto premura di prenotare un incontro per recuperare delle lezioni a cui era stata assente. Ma la mia sorpresa non era tanto per il suo arrivo quanto per il fatto che il mio sguardo si fosse posato accidentalmente sul divano accanto la scrivania, proprio quello sul quale avevo lasciato preventivamente la scatola contenente la collezione di tè Excalibur. Dimenticandomene.

La presi tra le mani e - tralasciando completamente l’aver quasi esalato l’ultimo respiro nell’urlare di sorpresa - accolsi Megan andandole incontro.

”Certo certo, venga pure…”

Le feci cenno aprendo un palmo, nell’altra mano tenevo stretta la scatola di tè. La invitai quindi a venirmi accanto e seguirmi verso la sala dove avremmo sorseggiato quei gustosi tè aromatizzati.

”Allora, mi pare fosse intenzionata ad un recupero giusto? Le dispiacerebbe ricordarmi a quali lezioni è stata assente?”

Le chiesi mentre avanzavamo e ci facevamo largo tra i tendaggi. La domanda era retorica. Ovviamente sapevo benissimo i temi svolti nelle lezioni a cui la studentessa era mancata. Tuttavia, volevo che si sentisse a suo agio e, soprattutto, volevo rimanesse ignara del fatto che possedessi un preciso elenco di ogni assenza per ogni singolo allievo. E non perché prendessi sul personale la mancata presenza degli studenti.

La ragazza, però, non sarebbe stata ignara soltanto del mio registro presenze ma anche del fatto che qualcun’altro, prima di lei, era già arrivato nel mio ufficio.

Il passaggio per la sala da tè era bloccato da un ultimo tendaggio da svelare.

Prima di aprirlo ed accomodarci mi fermai.

”Mi racconti un po’: qual è la cosa che le è piaciuta di meno negli argomenti che ha studiato da sola? Poche frasi, giusto per sapere…”

Le sorrisi per incoraggiarla ma, in qualche modo, avrebbe potuto capire di essere sotto osservazione.

E non solo la mia.

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view post Posted on 1/3/2023, 22:43
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Un grido e Megan sobbalzò portando la mano destra sul petto. Trattenne il respiro per un solo istante, poi buttò fuori l’aria. L’odore d’incenso la travolse e gli occhi si mossero in direzione del docente che spuntò improvvisamente e con un segno le permise di avanzare nella stanza; lo affiancò proseguendo attraverso i lunghi tendaggi.
Il cuore aveva chetato i battiti e il respiro era tornato regolare. Gli sorrise con gentilezza ascoltando con attenzione ciò che aveva da dirle, sorpresa dalla domanda di cui era certa sapesse la risposta.
Si morse le labbra arricciando appena il naso. La lezione era già iniziata? La stava già mettendo alla prova? L’ansia tornò a vorticare nello stomaco ma con risolutezza la giovane Corvonero condusse lo sguardo in avanti, mascherando egregiamente lo status nel quale si trovava.
«Esattamente professore, purtroppo ho saltato due lezioni quali: Oculomazia, Vicky Trent ed Edward Michael e poi la Litomanzia.»
Anche il tono della voce risultò del tutto calmo, un controllo impeccabile.
La domanda successiva, però, le fece fare il primo passo falso. Le piaceva molto divinazione la trovava illuminante e nella sua vita aveva avuto modo di sperimentarla e di essere spettatrice di eventi che, tutt’oggi, sentiva affiorare come pezzi di un relitto naufragato nell’oceano dopo un’indomabile tempesta. Il ricordo faceva male.
«Non so, probabilmente quello che sto per dirle potrebbe rendere le cose più difficili» arrestò il passo prima di poter varcare l’ultimo tendaggio che l’avrebbe condotta alla sala da tè: non gli avrebbe mentito, non ne sarebbe stata in grado. Così le dita tremarono appena, strinse i pugni per fermarne il fremito involontario; le unghie a spingere sui palmi con forza. «Quest’anno Divinazione è stata piuttosto deludente. Ho avuto molta difficoltà nell’approcciarmi con gli argomenti trattati durante l’intero corso, nonostante le sue ottime capacità di insegnamento che sicuramente mi hanno spinta a non mollare la presa e ad andare avanti comunque» cercò lo sguardo di Dhevan mentre le labbra si distesero in un sorriso amaro. «Non ho un esempio specifico su cui soffermarmi, sono sincera, il mio è un discorso generico e prettamente personale. Tuttavia, come credo avrà potuto notare, ho studiato molto volentieri la storia degli Indiani d’America e l’uso della Capnomanzia.»
La verità poteva essere un’arma a doppio taglio e Megan sperava che la lama non la colpisse in pieno. Da quello che aveva potuto comprendere il professor Drake era una persona aperta al dialogo e accettava pareri contrastanti; lo aveva potuto verificare durante gli allenamenti di Quidditch per il Torneo Crownspoon, dei quali conservava un ottimo ricordo.

 
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view post Posted on 19/6/2023, 12:10
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Francis Dhevan Drake꧂
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Un fruscio di sdegno scosse il silenzio creato dalla risposta della signorina Haven. Probabilmente era dovuto al movimento di una gamba che, indagatrice, si accavallava sull’altra. Quasi mi parve di avvertire perfino il sollevarsi di un sopracciglio, aggrottato nella curiosità di carpire meglio quanto si stesse dispiegando oltre il velo che ancora ci separava. Uno sguardo pungente penetrava ogni singolo filo di cotone intrecciato nelle fibre del tendaggio.

Non mi aspettavo una tale franchezza da parte della ragazza e tutto ciò che arrivò al mio cuore fu la parola “deludente”. Forse il mio sguardo avrebbe tradito la mia volontà di risultare impassibile ad una dichiarazione simile, ma feci il possibile per accogliere in serenità quanto la Corvonero avesse da dire. Non era passato molto da quando ero docente, quindi attribuii la sua delusione al fatto che il programma seguisse ancora il vecchio programma lasciato in eredità dall’insegnante precedente. Quale che fosse il caso, avrei tentato di comprendere meglio il dispiacere della giovane al fine di farle recuperare il suo interesse per la materia.

“Bene, avrà modo di spiegarmi meglio insieme al nostro ospite. Sono certo che riusciremo a…”

Il tono emesso fu un misto tra tristezza ed imbarazzo, forse fretta di recuperare e prendere in mano la situazione. Quello che la ragazza avrebbe potuto dire avrebbe potuto comportare delle conseguenze anche per me e il mio lavoro. La sincerità era un dono di pochi. Un dono che apprezzavo molto, ma sarebbe stato più apprezzato in altre circostanze.

Fu sull’onda di quel pensiero che fui interrotto da una voce decisa e spigolosa. Dovetti prendere un respiro profondo perché la mia mano non tremasse davanti alla studentessa. Non temevo l’ospite o la sua reazione, ma l’idea di ritornare ad essere un girovago squattrinato.

”Venga pure signorina Haven… mi dica un po’…”

Le mie dita indugiarono qualche istante sul tendaggio prima di scoprirlo e rivelare lo sguardo pungente di una impettita donna bionda vestita con pesanti abiti di stoffa.

”Sedetevi entrambi!”

Per un attimo ebbi un flashback del mio colloquio da docente. Accanto a me il povero Mr. Rickford guardava la segretaria del castello con passione e desiderio. Istantaneamente tutto il dispiacere e le paure svanirono. L’unica cosa che mi interessava davvero era notare l’espressione che avrebbe avuto in viso Megan. Gli allenamenti e le partite di Quidditch ci avevano dato modo di avvicinarci, riscoprendo con lei e tutto il team la leggerezza dell’adolescenza. Non che l’avessi mai persa, ma si sa che crescendo il cuore si indurisce e una finta maschera di serietà va sempre indossata nei contesti opportuni - come quello ad esempio - .

Lucille Darmont sovrastò con la sua figura apparentemente innocua sia me che la studentessa. Se pensavo che quello fosse il mio ufficio… beh mi sbagliavo. Lucille ne aveva preso possesso e sembrava del tutto intenzionata a prendere in mano anche le redini di quel colloquio.

Mi accomodai a schiena dritta senza proferire parola attendendo che Megan facesse lo stesso. La sua posizione sarebbe stata direttamente frontale alla donna. A separarle ci sarebbe stato solo il tavolino tondo sul quale del tè fumante veniva versato da una teiera incantata che levitava a mezz’aria riempiendo tre tazze.

”OculomaNzia eh? Forse ad essere deludente non è solo la materia del Prof. Drake” disse la bionda con divertita arroganza ponendo particolare enfasi su quella “n” che Megan aveva omesso.

Le mani incrociate sulle gambe accavallate di Lucille si dispiegarono mostrando i palmi alla giovane Corvonero.

”Mi dica, signorina Haven… cosa vede nei miei occhi?”

I suoi piccoli occhi erano come chiodi neri piantati in un muro bianco, peccato che il muro fosse la signorina Haven.

L’oculomanzia era una tecnica divinatoria molto avanzata e spesso rischiosa, prevedeva molti crismi che in quella situazione sarebbe stato difficile mettere in atto. Cosa avrebbe fatto Megan? Cosa si aspettava da lei Lucille?

Ma soprattutto: quali fumi d’incenso avevo inalato per farmi venire in mente di creare quella strampalata situazione?


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view post Posted on 26/7/2023, 15:41
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Megan annuì alle parole del professore e lo seguì per pochi passi. Poi, si arrestò subito dopo. Sentì la voce di un donna e gli occhi blu si spalancarono.
«Miss Darmot!» Disse con un velo di stupore.
Per quale motivo era lì?
Megan avanzò oltre il tendaggio, seguendo le indicazioni.
«Non avevamo mai avuto il piacere di incontrarci in questo modo, perdoni il tono sorpreso.»
Si sedette impassibile mentre le parole di Lucille seguivano il filo preciso che ben si collegava con il discorso aperto dalla Corvonero poco prima.
«Immagino di sì.» Rispose a quell’affermazione alzando il sopracciglio destro, ricambiando la stessa arroganza in maniera più gentile, sottile poteva dirsi: era molto brava in questo.
Il Caposcuola si sedette prendendo posto dinanzi alla sua interlocutrice. Misurandone l’aspetto e testandone il carattere, poteva dirsi quasi d’accordo su quanto girava sul suo conto. Una donna frustrata, che si divertiva a terrorizzare chiunque volesse mettere piede ad Hogwarts per lavorare, così si diceva. Veniva descritta con un carattere freddo, la voce irritante e l’aspetto bellissimo che ben cozzava con tutta una serie di cose negative che parevano rappresentarla. Si raccontava che un giorno era riuscita a far scappare una giovane futura docente appena attraversata la soglia del suo ufficio. Megan non credeva molto alle voci di corridoio, poneva la giusta attenzione quando passava e si imbatteva in passeggere conversazioni sul conto di quella donna senza avere una vera e propria posizione in merito. Non le importava più di tanto, in realtà. Le considerava ‘chiacchiere da salotto’, utili ad intrattenere gente troppo annoiata e di cui era stata vittima anche lei stessa.
Aveva incontrato Miss Darmot spesso al primo piano, durante una pausa e l’altra, ma non le aveva rivolto mai più di un saluto di circostanza.
Non sapeva niente di lei.

Megan posò per un solo istante lo sguardo sul professore. Era seduto di fianco a lei, poco distante, con una postura rigida e lo sguardo fisso ad osservare la scena. Le sembrò a disagio, quasi intimorito. Subito si rese conto di quanto aveva detto poco prima riguardo al programma del quinto anno e il senso di colpa lasciò mancare un battito. Non voleva in alcun modo che il professore pagasse le conseguenze delle sue personali considerazioni sugli argomenti trattati durante l’anno in corso.
Poi, abbandonò quel pensiero. La verità poteva colpire duramente, avere delle conseguenze ma fintanto che fosse stata verità niente poteva contrastarla. Così, si pulì la coscienza.
Tentò di trovare la calma, quella necessaria per affrontare un’interrogazione e portare a casa un voto che non le abbassasse la media.
Chiuse gli occhi per un attimo, poi tornò ad osservare Lucille. Guardò il modo in cui si era sistemata: gambe accavallate, postura regale e occhi ghiaccio puntati davanti a sé.
Guardava Megan e si aspettava una risposta.
La Corvonero si tirò appena su con la schiena, un respiro profondo ad anticipare i successivi gesti. Si trattava di mettere insieme una serie di nozioni apprese durante le lezioni di Divinazione e le ricerche in biblioteca; utilizzando le proprie capacità al fine di dare per appreso ciò che aveva imparato.
«Mi dia le mani.»
Il tono della sua voce, caldo e mellifluo, coprì il silenzio che si era fatto spazio in quella stanza. Persino l’odore d’incenso parve sparire per una frazione di secondo.
«Ora non deve fare altro che guardarmi. Non tenti di fuggire via, né di nascondersi.»
Le parole continuavano a scorrere senza cambiare in alcun modo il suono. Megan avrebbe voluto che la donna ponesse su di lei la totale attenzione; sottrarre il velo che poggiava sul suo corpo. Lucille avrebbe dovuto mostrarsi così come realmente era.
La Corvonero era cosciente del fatto che la connessione, così come le era stato insegnato, fosse certa mediante uno speciale anello le cui potenzialità potevano essere sfruttate solo da un divinatore. Tuttavia, sperava che potesse essere abbastanza applicare parzialmente quella serie di regole da seguire; d'altronde, avevano un tavolo tondo davanti e le mani si sarebbero presto unite a quelle di Lucille.
Se ne avessero avuto la possibilità, le iridi oltremare avrebbero indugiato a lungo in quelle cristalline della donna. La mente in contrasto con qualsiasi tipo di pensiero che avrebbe potuto distrarre la sua attenzione.
Ci sarebbe stata lei e Miss Darmot. Nessun altro avrebbe potuto interrompere quello che sarebbe stato l’inizio di una connessione.
D’improvviso, il buio avrebbe accecato i suoi occhi. In dissolvenza le immagini poco chiare di un futuro probabile. Non ci sarebbe stata certezza sul tempo ma avrebbe potuto notare la sagoma sfocata di un bambino nella penombra di una stanza.
O così almeno le sarebbe sembrato.

 
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view post Posted on 28/9/2023, 21:45
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Francis Dhevan Drake꧂
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Spigoli. Quadrati. Rettangoli.

Cigola picchiettante e non teme i brividi. Potente, quasi inflessibile.

Buio.

Sopra, sotto, nulla ha senso o direzione; nemmeno le parole.

Una sagoma sfocata appare agli occhi di Megan: un bambino. Se avesse messo a fuoco la vista, la ragazza si sarebbe presto resa conto che quello, però, non era un bambino qualunque. Se, per questo, non era neanche un bambino.

Era lei, Lucille.

In lontananza Megan avrebbe udito il gioioso cinguettare di volatili, il fruscio di chiome arboree. Le danze di animali e foglie, la ricreazione della natura. Avrebbe potuto avvertire lo sbocciare dei fiori e il ronzio degli insetti avidi di nettare. Tutto le sarebbe arrivato sfiorandola passivamente come una carezza mai ricevuta. Proprio lì, nello spazio tra quella mano e la pelle, c’era quello che provava la donna che poco prima le sedeva innanzi.

Una sensazione, un luogo forse.

Scatti, ricordi. Noce. Legno? Labirinti.

Si susseguivano labirinti di scale, inerpicati i gradini l’uno sull’altro senza alcun senso apparente. Solo per lei avevano senso.

Tranquillità.

Nella penombra di uno sgabuzzino si rifugiava. Il suono della natura era solo un sottofondo per Megan ma non per la giovanissima Lucille che, in quella stanza, poteva rifuggire le severe regole di una madre.

Un gradino dopo l’altro, un passo dopo l’altro, un gradino sempre più in alto.

O sempre più in basso.

Con uno scatto le mani delle due si distaccarono come fossero due magneti dalla parte dello stesso polo. La visione non era esattamente quello che Megan o Lucille avrebbero sperato.

La ragazza avrebbe avvertito chiaramente un senso di nausea e vertigine accompagnato dalla consapevolezza che ciò che le era arrivato non era certo un presagio futuro…

Se avesse avuto la giusta prontezza di riflessi avrebbe potuto notare - per un unico e breve istante - un accenno di amarezza misto a disprezzo negli occhi di Lucille. Gli occhi che lei aveva letto e penetrato rubandole uno squarcio del suo passato.

Un silenzio agghiacciante calò nell’ufficio.

La colorazione vivace dei tendaggi e le luci soffuse parvero irradiare soltanto sfumature di grigio in netto contrasto con un vivido rivolo rosso che scendeva giù da una delle narici della Corvonero.


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Allora Megan, praticando l’oculomanzia hai ricevuto una visione del passato di Lucille.

Come avrai letto, l’esperienza ti ha portato ad avere sanguinamento dal naso, nausea e vertigini.

Riprendendo queste sensazioni e descrivendo il tuo pensiero rispetto quanto visto dovrai prendere un’importante decisione:

Quanto, come e cosa dirai della visione per risultare credibile e preparata agli occhi sia del docente che di Lucille? Come romperai il silenzio che si è creato?
 
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view post Posted on 17/10/2023, 20:33
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Il respiro era corto, il cuore batteva lento ma il suono era talmente intenso che a Megan parve non sentire altro che la profondità dell’abisso in cui ora si trovava.
Navigava in quella dimensione che si frapponeva tra il tangibile e l’intangibile. Sentiva la mano di Lucille tra le sue ma il presente era di colpo svanito; qualcosa stava accadendo. Lasciò cadere i pensieri, scivolare via lungo il pavimento dando spazio a quella visione nella sua interezza.
Non vi era più l’accogliente ufficio del professor Drake ad abbracciarla, i lunghi tendaggi erano svaniti di colpo.
Buio. Nient'altro che densa oscurità.
Megan provò smarrimento, eppure quello stato le parve così familiare da non lasciarla vacillare nemmeno un istante. Tracciava un percorso definito pur non conoscendone i passi, lasciandosi semplicemente andare a quello che provava. Sì spinse più affondo. Rifuggì ad un brivido che le percorse la schiena mentre poneva il suo sguardo in avanti, sulla figura che distingueva nella penombra.
Chi sei? Tacque. La speranza che potesse ottenere una silente risposta l’aveva portata a fare un passo avanti, ma non si mosse.
Rimase a guardare. Spettatrice.
Poi di colpo il tepore del sole l’accolse. Sentì il cinguettio incessante fuori dalle pareti che la ospitavano; il vento che soffiava leggero e immaginava le fronde degli alberi muoversi in hna danza eterea; poi, avvertì il profumo della primavera nella sua maggiore fioritura che inebriava i suoi sensi e il ronzio lontano di piccoli insetti attraversare lo spazio.
Erano sensazioni, tuttavia le sembrava di viverle in prima persona e ne era affascinata.
Il tutto durò qualche istante, le emozioni si plasmarono ancora una volta portando Megan più a fondo. Era una bambina, adesso la vedeva chiaramente: i capelli biondi e il viso tondo caratterizzato da un paio di grandi occhi color ghiaccio.
Lucille? La chiamò, le labbra serrate.
La testa vorticò e il senso di nausea sopraggiunse rischiando di interrompere di già quel contatto. Resistette, i secondi necessari per dare spazio ad altre immagini e immobile tentò di andare avanti.
Cosa c’è?
Fiato corto, cuore in tumulto nel petto ansante.
Scale. Gradini. Il suono della natura in un sottofondo lontano.
Era come scorrere le pagine di un libro illustrato dall’inizio alla fine, tenendo la carta tra il pollice e l’indice: i fogli si posavano l’uno sull’altro con rapidità, poteva cogliere pochi dettagli. Fu certa di vedere, però, un luogo isolato in un tempo che non apparteneva al presente né al futuro.
Megan si muoveva nel passato.
C’era una stanza, la porta si chiuse alle spalle della bambina.
Lucille, la chiamò senza un filo di voce.
Poi, un’effimera e falsa tranquillità l’avvolse: quello che vedeva le parve un rifugio in cui la piccola si nascondeva, ma lei aveva la sensazione che non fosse abbastanza.
Di cosa aveva paura?
Mostramelo!, un ordine silenzioso.

Le mani si staccarono di colpo. Il vuoto risucchiò quella visione e fu come essere estratti da una parete troppo stretta e riprendere aria senza essere in grado di contenerla. I polmoni si gonfiarono minacciando di implodere nel petto, le pupille si strinsero di colpo accecate da una brusca luce pallida e il cuore pulsava nelle vene, fluendo con maggiore pressione mentre la bile risaliva lungo la trachea costringendola ad un conato che trattenne con estrema difficoltà. Come se non bastasse una fitta di dolore si diramò lungo le tempie, estendendo la sua morsa dalla fronte sino a dietro la nuca.
Era tremendo. Megan adesso poteva davvero rendersi conto dei pericoli che quella pratica poteva portare e pregò che la sensazione passasse in fretta.
Un rivolo di sangue scese dalla narice destra, le labbra ne assaggiarono di già il sapore ferroso che leccò via subito.
Provò disgusto e una smorfia piegò la bocca verso il basso.
«Scusate, io...» disse portando le dita a toccare il sangue. Gli occhi blu si concentrarono sulle sfumature vermiglie in contrasto con la candida pelle, poi lo tamponò con la manica della divisa lasciando una striscia rossa sullo zigomo.
«Ehm, immagino vogliate sapere l’esito» tentò con voce incoraggiante e fece un profondo respiro aspettando che le fosse stato concesso di proseguire.
*Bevve un sorso di tè caldo, il liquido le bruciò in gola e il sentore acido risalì in bocca. Dei!, Faceva schifo ma in quel tepore ritrovava la forza necessaria per affrontare l’esito di quella prova che sperava non dover ripetere.
Lucille la guardava, Megan aveva posato uno sguardo rapido su di lei non appena riprese coscienza della situazione, le era bastato per rendersi conto quanto non le piacesse affatto ciò che aveva appena dovuto vivere. O almeno così le sarebbe parso.
Per un istante desiderò uscire di lì, prendere una boccata d’aria nel corridoio, affacciarsi dalla finestra e sentire il vento pizzicarle la pelle. Aveva bisogno di riflettere, di formulare un qualsiasi pensiero che potesse darle un briciolo di credibilità: inventando una magistrale bugia, oppure dire semplicemente la verità.
Non aveva alcun diritto di rivelare il passato di Miss Darmot, vero; tuttavia, credeva che una reazione improvvisa da parte della donna a quella futura rivelazione, sarebbe bastata per considerare la lezione superata.
«Ho visto una bambina, Miss Darmot» Megan posò la tazza, le dita tremarono appena.
«Una bambina che scappava, che trovava un luogo nel quale potersi sentire al sicuro. Un luogo che conosceva bene» portò le mani in grembo le labbra si tesero in un sorriso amaro.
«Tutte quelle scale… quei gradini» la guardò finalmente.
«Era lei? Vero?» Chiese sapendo già la risposta e sentì una fitta al cuore.
Improvvisamente ebbe l’urgenza di abbracciare quella bambina, di dirle: Va tutto bene.

Megan scosse appena il capo, schiuse gli occhi e prese un lungo respiro.
Gli occhi saettarono verso Dhevan mentre scostava una ciocca corvina davanti al viso.
«Ho visto il passato, professore» disse, «una serie di attimi che Miss Darmot deve aver vissuto.»



*Parte da considerarsi ipotetica, soggetta a valutazione del professore.
 
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view post Posted on 3/3/2024, 22:29
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"Sciocchezze!”

sbruffò Lucille arricciando labbra e sopracciglia mentre il colorito in volto tradiva una nota di amarezza mista ad incredulità. Avevo sempre pensato sottovalutasse i poteri incredibili dell’arte divinatoria e la sua reazione non mi stupì affatto.

Stava evidentemente bluffando.

Megan aveva colpito nel segno e aveva toccato tasti che spesso nell’arte vengono ignorati: i tasti delle emozioni, il sapore dei ricordi, il viaggio della propria anima in questo mondo, in altri mondi, presenti, futuri, passati. Paralleli, contemporanei, multidimensionali.

L’ignoto catafratto che si cela dietro un sottile velo di raso e che improvvisamente si svela proteiforme.

Megan aveva appena avuto modo di provare in prima persona, così come Lucille, l’enorme potere nascosto in un’arte così tante volte criticata e maltrattata a causa della sola non esperienza o del giudizio affrettato.

“Ne ho abbastanza di lei” disse la Darmont impettita, senza che il suo sguardo si posasse su me o sulla Haven. A chi dei due si riferiva? Feci per parlare ma mi zittì con un indice eloquente.

“Mi faccia avere notizie della Signorina Haven in segreteria”

Prese con sé una delle mie tazze, il tè al suo interno ancora fumante non lasciò che un’unica bianca scia di tepore a segnalarne ancora la presenza finché con lei non scomparve oltre i veli, i libri e, infine, oltre la porta del mio ufficio.

Immaginai quella scia seguirla per tutto il castello e pensai chissà cosa ne sarebbe stato della mia bellissima tazza ottocentesca da tè. Ora che la segretaria se n’era andata non riuscii a trattenere una risata poco professionale guardando di gusto Megan.

“L’hai fatta grossa eh? Ti è andata bene che abbia continuato a restar seduta per tutte le volte che l’hai chiamata Darmot!”

Poi, senza perdermi in chiacchiere, presi a gesticolare con la mia bacchetta fino a far comparire un piccolo tavolo quadrato proprio davanti a noi.

“Come ti senti Megan? Dammi tranquillamente del tu o verrai bocciata all’istante… e sii sincera sul come ti senti perché quello che hai fatto finora non è nulla rispetto la prossima prova…”

La osservai cercando di carpirne le espressioni ma, soprattutto, il suo stato psicofisico dopo tutto quel trambusto. Un altro colpo di bacchetta rivelò l’oggetto dell’ultima prova cui avrei sottoposto la ragazza. Non avevo dubbi sul fatto che ce l’avrebbe fatta e cercai di trasmetterle quanto più possibile il mio supporto ma anche parte delle mie conoscenze. La divinazione era un’arte da esperire, non da studiare sui libri. Chissà cosa le sarebbe rimasto di questo nostro incontro, pensai. Chissà se potrà in qualche modo aiutarla ad affrontare il suo percorso.

Già, il suo percorso.

Davanti a loro il tavolino attendeva che lo sguardo della giovane vi si posasse. Su questo avrebbe potuto osservare tre pietre di forma e colore diversi. Poco più in là una candela desiderava il calore di una fiamma.

“Ecco Megan, è il momento di testare la tua attitudine e la tua preparazione sulla litomanzia. Scegli una, due o tutte e tre le pietre per eseguire il rito di lettura. La domanda la pongo io: Dove risiede la felicità di Megan Milford Haven?”

Un ultimo colpo di bacchetta e lo stoppino si accese di un rosso dalle sfumature scarlatte e aranciate. La luce intorno a loro si affievolì gradualmente lasciando i loro volti tinti della luce emanata da quella sola candela.

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© Esse




Allora Megan, Francis ti ha sottoposto all'ultima prova prima di considerare svolte le tue lezioni di divinazione mancanti. Come ben avrai notato si tratta di una prova di Litomanzia che consisterà nel leggere la risposta alla domanda del Prof. attraverso le colorazioni e i riflessi della fiamma sulle pietre che sceglierai.

Libera scelta sul cosa dirai, come lo dirai ma cerca di essere il più veritiera e introspettiva possibile.

Per dubbi o domande scrivimi in DM.
 
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view post Posted on 17/4/2024, 20:04
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Ocean eyes.

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La reazione della donna fu la conferma. Megan portò gli occhi su di lei, la vide irrigidirsi e dare voce ai suoi pensieri mettendo dubbi laddove non vi era alcuna possibilità di smentita. Megan aveva visto. Una traccia sfocata di un passato terribile. Aveva provato pena per quella bambina e ora provava pena per quella donna che, dietro un muro, alto e invalicabile, aveva costruito la sua fortezza. E solo allora Megan si rese conto che tra lei e Darmot non ci fosse poi così tanta differenza. Tuttavia, lasciò cadere qualsiasi pensiero a riguardo. Era lì per mettere in pratica le sue conoscenze, apprendere al meglio quella materia e prepararsi all’esame finale.
In tal modo, non riuscì a trattenere un sorrisino soddisfatto mentre Darmot compiva la sua uscita teatrale svanendo sotto i suoi occhi. Una scia di tè nell’aria.
«L’hai fatta grossa eh? Ti è andata bene che abbia continuato a restar seduta per tutte le volte che l’hai chiamata Darmot!» intervenne il professor Drake, subito dopo.
«È il suo cognome, no?» Megan alzò le spalle e restituì la stessa espressione. Poi si concentrò sulle sue mani. Strinse i pugni per scaricare la tensione. Esplorare la magia divinatoria per la prima volta in quel modo sembrò risucchiarle tutta l’energia che aveva a disposizione. Si sentiva sfinita. Inspirò ed espirò profondamente.
«Beh, non troppo bene» bevve un sorso di tè. Ne saggiò il sapore con calma, sentendolo scorrere lungo la gola e riscaldare lo stomaco vuoto. «Non avevo mai provato nulla di simile, professore. E sinceramente non so come mi sento a riguardo» gli lanciò un’occhiata, forse nella speranza di poter cogliere una qualche rassicurazione. Spostò poi lo sguardo sul tavolino, gli occhi blu indagarono sulle tre pietre apparse dinanzi a sé, davanti ad una candela. Poggiò la tazza e tornò a posare le mani sul grembo. Litomanzia, pensò. Quel pensiero anticipò le parole del professore. Una chiara domanda, poi, riecheggiò nello spazio e il cuore di Megan si fermò per un singolo istante.
Gli occhi si accesero sotto il riflesso della fiamma, le pupille si strinsero accogliendone le più sottili sfumature. Serrò i pugni tra le gambe. Frenò l’istinto di sfiorarne il calore e nel medesimo istante in cui il pensiero le attraversò la mente avvertì due mani cingerle la vita e allontanarla da lì.
Dove risiede la felicità di Megan Milford Haven?
Sentì nuovamente quella domanda. Le palpebre si chiusero appena, schermando di poco la luce e il cobalto dei suoi occhi finalmente incontrarono le pietre dinanzi a sé.
Sentì il cuore arrivarle in gola, le sensazioni si mescolavano come un nugolo di moscerini alla luce del tramonto: veloci, fastidiose. La mia felicità, disse silente. Si concentrò osservando gli intagli delle rocce dinanzi sé. Fu strano, improvvisamente un brivido tese il suo corpo. Si tirò appena indietro, tentando di scacciare l’ignota sensazione che l’avvolse. Poi si sentì abbracciare e subito quel contatto, seppur non visibile, la riportò indietro nel tempo.
La pietra rossa si plasmò, perdendo consistenza. Era come osservare la lava incandescente discendere senza mai posarsi sul suolo: ciclo perpetuo.
Due strati di memoria si sovrapponevano, entrambi così remoti da essere quasi irraggiungibili. La casa e il legno dei mobili che riempivano una stanza. Due volti e due voci. Lo scoppiettio delle fiamme. Luce calda, ombre danzanti.
«Meg, è stato solo un tuono» mani stringevano le sue esili spalle, una carezza e un bacio sulla pelle.
Eloise e Carl erano lì.
Un nodo si strinse nella gola, Megan nel presente a fatica riuscì a respirare. La consapevolezza di una felicità sfumata via troppo presto, il dolore nascosto nel più angusto anfratto del suo cuore palpitava minacciando di tornare a galla.
No, vedi solo ciò che devi vedere! Si rimproverò.
Gli occhi passarono dalla prima pietra all’ultima, un attimo di pausa che si concesse senza però arrendersi a quelle visioni dandole il potere di distruggerla. Ancora una volta, il blu cobalto incontrò gli intagli della pietra ametista, l’effetto della luce proiettata su di essa rischiarava il colore dandole sfumature di un rosa più delicato. Di nuovo le immagini si plasmarono dinanzi a lei così nitide da confondersi con il presente.
Ci siamo, pensò.
Andò a fondo.
«Certo, staremo sempre insieme.» un paio di occhi azzurri incorniciati in un viso triangolare, capelli biondi.
Paul era lì.
Le mani stringevano un fiore di ciliegio che incastrò tra i suoi capelli. Percepì quel gesto, si sentì accarezzare, tanto che un brivido le attraversò il collo sino a perdersi lungo la spalla sinistra. Ecco di nuovo la sensazione di un dolore che riaffiora, di una consapevolezza ormai radicata in lei. Lo aveva perso.
Non si arrese.
Più a fondo, si disse mentre percorreva i contorni dell’ultima pietra, al centro.
La piccola fiamma illuminava i contorni, penetrava nel suo cuore e lasciava intravedere le linee geometriche aguzze come fossero piccole cime di una catena montuosa. Il verde smeraldo che emanava le scaldò il petto. Due occhi, simili a fari nelle tenebre. Sorrise prima ancora di rendersi conto di riconoscere l’origine di quello sguardo.
«Farei qualsiasi cosa per te… Tranne allontanarmi da te.»
Sentì una lacrima scendere lungo la guancia ma non tentò in alcun modo di spazzarla via. Le attraversò la pelle, cadde sul pavimento e le parve quasi di avvertirne il suono.
E la consapevolezza arrivò nel medesimo istante: quel che aveva visto sino a quel momento erano una serie di attimi racchiudevano piccoli sprazzi di felicità dove l’amore faceva da perno. Tuttavia quell’ultima lettura, quell’ultimo ricordo non troppo lontano, non lasciava affiorare in lei alcuna sofferenza. Non avvertì l’esigenza di rifuggire altrove ma di restare. La calma avvolse il suo corpo teso e subito riconobbe la sensazione dell'abbraccio, lo stesso che aveva avvertito sin dall’inizio. Draven c’era sempre stato, era stato il primo pensiero sebbene non si fosse palesato nel medesimo istante in cui le era stata posta la domanda.
«Io… È ancorata al mio passato, ma vive nel mio presente, professore.» disse con un filo di voce e solo alla fine di quelle poche parole tornò a guardare Drake. Il contatto con la realtà le causò bruciore agli occhi, si era soffermata a lungo sulle venature colpite dalla luce calda della candela. Aveva attraversato spazio e tempo con la mente, letto se stessa attraverso quelle rocce. Avvertiva il pericolo di quel potere: le immagini che avevano invaso la sua mente erano piccoli brandelli innocui di una vita che non le apparteneva più ma che - se solo fosse andata più a fondo, se solo avesse perso l’obiettivo - avrebbero potuto far riaffiorare in lei un dolore che da anni aveva cercato di sopire.
Poggiò le spalle sulla sedia.

 
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