Primo Atto, Linguaggio esplicito

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view post Posted on 13/1/2023, 15:58
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𝑤𝑒'𝑟𝑒 𝑎𝑙𝑙 𝑚𝑎𝑑 𝘩𝑒𝑟𝑒

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12 anni • studentessa • I anno • Serpeverde • Scheda


Si era schiarata proprio una mattinata interessante. Dall'altro lato della sala grande la situazione sembrava altrettanto stimolante, ma di certo non sarebbe riuscita nemmeno lontanamente a capire cosa succedeva nei pressi della tavolata lunga dei Grifondoro. Dunque l'udito si aguzzò nell'area più vicina a sé: Emily Rose quella mattin sembrava in vena di ammazzare qualcuno. Megan voleva parlarle. Cosa diavolo è un Confa?
Strinse un po' le labbra in un'espressione confusa, fingendosi non interessata all'argomento, quando la domanda di Draven fu un colpo al cuore. Ma si trattava di un colpo al cuore davvero breve, perché ormai ci aveva fatto il callo con quello stronzo di Kyros. Tutti sapevano che era suo fratello, dunque nessuno si risparmiava di chiederle dove fosse. Come se lei lo sapesse tutto il tempo.

« Non lo vedi? Il cretino sta là. Lui e quei suoi amichetti col cervello di gallina. » sputò sprezzante a parole, finendo in un'ultimo boccone il proprio toast.
Mandò giù qualche sorso di succo, posando rumorosamente il bicchiere sulla superficie del tavolo. Ormai si era stizzita. Lanciò uno sguardo fulmineo alla coppia Emily-Megan, apprendendo ben presto che le due sembravano avere un problema di fondo che non si era affatto risolto. Forse da poco, forse da molto tempo.

« Ti ha fatto o detto qualcosa? Lo spezzo in due. » era una vera e propria minaccia quella di Lyvie, che non vedeva l'ora di trovare la più banale scusa per andare a spezzargli la bacchetta.
Voleva affrontarlo non solo perché teneva sinceramente al suo rapporto con Draven, ma anche perché tutte le sue insinuazioni, i suoi commenti spinosi, le stavano cominciando a dare davvero sui nervi.


PS: 127 • PC: 72 • PM: 74 • EXP: 7,5






Menzione a: Megan, Emily.
Interazione: Draven.

 
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view post Posted on 14/1/2023, 14:57
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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F i r s t • A c t

Per un secondo, una frazione di millesimo di secondo, le parole di Nieve le hanno scavato dentro una voragine. L’ennesima buca profonda nella quale seppellire ogni ricordo e ogni possibile nostalgia, perché si fa così, o no? Si nascondono sotto innumerevoli strati di polvere e silenzi quelle cose spiacevoli che succedono ogni giorno, finché si arriva ad un punto in cui te ne devi per forza dimenticare e fare spazio a nuovi ricordi.

Non c’è molto da dire in realtà.
Era questo che pensava, dunque?

Non poteva crederlo, così come non poteva credere che la Rigos - dopo tutto quel tempo - non fosse riuscita a cogliere la reale domanda, la vera ragion d’essere per quella richiesta d’incontro. Si sarebbe mangiata le mani se lei avesse rifiutato la sua proposta e, dopo quella frase lapidaria - come se tutto non avesse la stessa importanza che aveva avuto prima -, Thalia aveva la percezione di aver perso il filo su quanto accaduto. Non era nemmeno certa del perché, in fondo, si fosse abbassata a chiederle di incontrarla.
Voleva la verità: ecco la spiegazione per l’invito e la risposta di Nieve non riusciva a soddisfarla, anzi aumentava ancora di più la distanza già grande tra loro. Come un oceano tra due continenti: nulla di inattraversabile, ma abbastanza vasto per dissuadere i poveri di cuore. E il suo, per inciso, era stretto in una morsa fatta di rinunce e rimpianti, scelte sofferte eppure necessarie; era una creaturina alla fine della sua esistenza, costretto nel suo petto, a rantolare come una bestiola ferita da una trappola ben nascosta.
Esalò un sospiro lungo e pesante, lo sguardo già meno acceso di speranza - inutile negare l’evidenza dopotutto - e l’anima pronta a solcare la marea di quella giornata come una barchetta a vela malconcia.
Non ci voleva. Non ci voleva proprio.
Sorrise forzatamente all’accenno sulle abilità di Camille e le cinse le spalle col braccio libero, stringendola a sé con fare affettuoso: peccato che la voce tremasse un poco d’impazienza e amarezza mentre affermava quanto fosse davvero orgogliosa del suo Prefetto.
«Si sta impegnando per sostuirmi.» confessa «E in fondo… i M.A.G.O. non sono proprio lontanissimi. Giusto, Donovan? L’ultima parola spetterà al Preside, suppongo, ma… sono molto orgogliosa di quello che stiamo costruendo.»
L’avrebbe liberata da quell’abbraccio subito dopo, conscia di aver calcato una certa enfasi sulle parole “orgogliosa” e “costruendo”. Il concetto di quel “noi”, nemmeno troppo sotteso, che avrebbe dovuto e potuto far sì che Nieve rinsavisse e desiderasse, ancora, quell’amicizia che ormai riusciva ad essere solamente un ricordo sbiadito. Una ripicca, per certi versi, per aver creduto che lei potesse averla dimenticata, ignorata e svilita come tutti avevano fatto in passato. Farle credere, esagerando, che lei avesse una vita piena di impegni e di persone quando, specialmente nell’ultimo periodo, i fedelissimi accoliti benvenuti nel suo spazio vitale erano così pochi.

Ed fu rimuginando sulla propria situazione e sulla farsa che le stava propinando che la vide.
La guancia candida che si rigava di una lacrima solitaria, quella che poco prima era imprigionata tra le ciglia all’angolo di quell’occhio spento con l’iride spaventosamente opaca e bianca.

Non provava orrore di per sé, di cose strane aveva cominciato a vederne parecchie, ma questo… forse non si sarebbe mai abituata allo sconforto di averla saputa sola, senza protezione alcuna. Anche quel pensiero, però, venne spazzato via dalla cocente realizzazione che Nieve non fosse davvero abbandonata a se stessa: Casey le era rimasta accanto, le stringeva la mano - ora riusciva a vederle quelle dita intrecciate - e cominiciò a chiedersi quale fosse il reale significato di quella lacrima. Era per lei? Per quello che forse non avrebbero più condiviso e il rammarico per i giorni andati? O era per Casey? Per la gratitudine di essere lì, con lei, in quel momento e forse anche in futuro?
Si riscosse appena in tempo per non sembrare del tutto idiota, non più di quanto già non fosse, e accennò ad un “no” con la testa.
«Credo che la mia memoria basterà, non servono prove materiali.» si schiarì nervosamente la voce, dopodiché issò la borsa a tracolla sulla spalla e fece mezzo passo indietro.
«Sarò lì poco dopo l’ora del tè, perciò… sentiti libera di venire quando vuoi. Ora scusatemi, ma… devo andare.»
Non aspettò che lei o le altre annuissero, anzi, i passi indietro passarono da uno a due, il capo già rivolto alla Sala d’Ingresso e i pensieri dirottati non alla prima lezione della giornata, ma alla serata che l’avrebbe attesa.

Non era decisamente il momento per altro dramma, ma che poteva farci?
Volere risposte comportava anche dei rischi e delle grandi, grandissime fregature.

Per quanto mi riguarda, questo è tutto gente. Niente botte da orbi... per il momento.
Interazione Camille, Nieve
Menzioni Casey




© Thalia | harrypotter.it

 
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view post Posted on 2/2/2023, 21:00
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entropia.

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w5Lpd6X
chapter one: the first act
Non so cosa stiamo facendo. Io e Thalia, Thalia e Camille, io e Casey. È un triangolo strano, il nostro, dove i non detti la fanno da padrona e le incomprensioni galleggiano nell’aria come i fantasmi all’ora di cena. Mi domando quanti occhi abbiamo puntati addosso. In quanti si aspettino —sperino addirittura— di vedermi punita. Sono appena arrivata e ho già suscitato le antipatie di una porzione di scolaresca.
Complimenti Rigos, mi dico senza riuscire a provare alcun divertimento.
Non adesso che vedo Thalia stringersi a Camille ed elogiarla come un tempo avrebbe fatto con me; vantarsi del legame costruito nel tempo con la sua nuova amica e confidente. Percepisco il suo orgoglio, la stima che prova nei confronti del suo Prefetto, la fiducia che la induce a parlare così di lei. Istintivamente porto lo sguardo sulla giovane e accenno un sorriso.
«Wow» riesco a dire, pur costretta a schiarire la voce per recuperare un barlume di credibilità. «Per arrivare così rapidamente a un risultato simile e conquistarti il beneplacito della Moran, devi essere davvero in gamba» commento senza rendermi conto del vezzeggiativo che mi sono appena concessa di usare. Un retaggio del passato, un’abitudine dura a morire. «Io non sarei mai riuscita a farcela. Sono stata un Prefetto terribile» le confesso e strizzo un occhio. «Ci siamo conosciute così, io e la tua Caposcuola».

UNAlemT
long live the queen
Non so per quale motivo io mi stia lasciando trasportare dal fiume dei ricordi. So soltanto che, qualunque cosa stia accadendo, il flusso della memoria è più forte della mia volontà e mi trascina con sé con dolcezza. La mia espressione si tranquillizza, mentre l’attenzione si focalizza su Camille. In qualche modo, è come se le infinite possibilità date dal confronto con un’estranea smorzassero la gravosità del clima presente —lo stesso che mi ha piegata, sballottata, costretta a rivangare le ragioni del nostro distanziamento.
Basta la voce di Thalia, eppure, per infrangere l’illusione che una dimensione di pace sia possibile; un universo dove il confronto con la realtà non sia necessario e io possa concedermi il lusso di vivere nel ricordo di ciò che è stato. Una consolazione magra migliore della certezza di perdere la mia migliore amica.
«A stasera» dico automaticamente dinanzi alla conferma dell'appuntamento serale, la posa del corpo nuovamente rigida, i lineamenti duri e lo sguardo freddo.
È irrazionale, perché mi accompagna la consapevolezza di doverla incontrare ancora e presto, ma il solo fatto di vederla andare via è sufficiente a turbarmi. Qualcosa si contrae nel mio ventre e, per un attimo, i miei muscoli mi trasmettono un messaggio chiaro: allungati e afferrale il braccio —fermala!
Ma a cosa servirebbe? Cosa le direi? Come spiegherei il mio gesto, i miei due anni di silenzio, l’impossibilità di concederle di avvicinarsi ancora?
Per questa ragione rimango immobile e mi limito a seguirla con gli occhi finché la sua figura non scompare oltre l’arco della Sala Grande. A quel punto, mi lascio andare sulla panca alle mie spalle e sciolgo la presa tra la mia mano e quella di Casey.

È troppo tardi.
È troppo presto.
You'll be the saddest part of me,
a part of me that will never be mine
 
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view post Posted on 5/2/2023, 01:08
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Ocean eyes.

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MEGAN M. HAVEN
18 anni ▪ Corvonero ▪ nervosa



Sostenere i suoi occhi non era stato facile. Aveva avvertito le punte delle dita tremare sotto il suo peso e trattenuto il fiato fino a vederla abbassare lo sguardo. Megan non si era ritratta da quella posizione, bensì aveva mantenuto un'espressione seria tentando di nascondere l’agitazione che batteva, forte, nel petto. Le labbra serrate, gli occhi appena socchiusi e le sopracciglia a formare un arco che accentuava la tristezza nella profondità delle iridi oltremare. Ancora una volta la tempesta smuoveva le acque e l’eco del suo cuore tuonava senza rallentare la cadenza irregolare.
« Sei tu che pensi io abbia un problema, quindi decidi tu quando è il momento »
Megan si rizzò appena, allentando il peso sulle dita sull’asse di legno. Un’altra fitta centrò il petto ma l’abitudine a quel tipo di dolore attutì il colpo. Rimase immobile ad osservarla: Emily aveva le braccia incrociate e le iridi cineree cariche di livore. Erano fiamme accese in mezzo a ghiacciai, forti, minacciavano distruzione; pronte a sciogliere e a far evaporare ogni centimetro percorso.
La preoccupazione arrancò nello stomaco, lo sguardo poi andò oltre la sua figura e Megan lo seguì. Impossibile evitare il trambusto, evitare Lei, la chioma bionda e spettinata a pochi metri di distanza. Spostò nuovamente lo sguardo e lasciò scuotere la testa per sottrarsi a pensieri che avrebbero fatto riemergere le emozioni provate quella dannata sera.
Tornò a guardare Emily. Si spinse definitivamente all’indietro mollando la presa dal tavolo, schiena dritta e braccia lungo i fianchi. Pochi secondi prima di decidersi a volgerle le spalle e andare via. Non voleva piegarsi ancora a qualcosa che pensava di aver compreso ma che, in realtà, sembrava ben lontano da quel giro di riflessioni che si era convinta fossero inequivocabili dati di fatto. Alzò il mento leggermente verso l’alto e respirò profondamente mentre la frustrazione mutò in rabbia che trattenne d’istinto, prima di poter dire qualsiasi frase della quale avrebbe potuto pentirsi.
«Quando vuoi. Tranne stasera».
Si fermò sentendola parlare ancora, rivolgendole il profilo. Emily aveva già rivolto lo sguardo altrove quando Megan tornò a osservare la chioma vermiglia.
«Bene.» rispose allora. Tono distaccato; quel muro che anni fa aveva ridotto in pezzi lentamente per lei e con lei, mattone dopo mattone, tornava in piedi stabilendo una distanza che la Corvonero non riuscì a frenare.
«Domani sera, dopo cena, sulla Torre di Divinazione» Lì, dove tutto era iniziato.
Spostò lo sguardo su Draven e la ragazzina al suo fianco. Un mezzo sorriso appena accennato prima di andare via e buttare fuori un respiro profondo e liberatorio. Così, tornò al proprio tavolo.

«Jean, ti va di…» fece cenno con la testa alla compagna indicandole l’uscita, nella speranza che la seguisse fuori da quella sala infernale.
«Che c’è ti è andata male? Hai capito finalmente chi è Rose? Lasciala stare» intervenne Abigail avendo assistito in lontananza alla scena.
Megan le rivolse un’occhiata torva. «Nessuno ha chiesto il tuo parere e faresti bene a non mettere bocca e soprattutto a non nominarla» la minacciò, dando il giusto spazio al tono di voce che non alzò minimamente.
Abigail sorrise con strafottenza e mostrò i palmi delle mani in segno di resa. «Uh, siamo nervose lo capisco! Va bene, va bene… Non venirmi a dire che non ti avevo avvertita poi, tutto qui» continuò mentre Megan stringeva i pugni lasciando le nocche impallidire.
«Io me ne vado».



MENZIONI: Casey
INTERAZIONI: Emily, Draven, Lyvie, Jean e Abigail (png)
È stato un piacioro, alla prossima! :zalve:

 
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view post Posted on 9/2/2023, 15:43
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Jean Grey, Prefetto Corvonero - 16 anni - assonnata e poco amichevoleDopo un primo avvampamento, Megan rise. L'aveva colta sul fatto, era innegabile. «Ricordami di ricambiare il favore, uh?» Una minaccia che avrebbe sicuramente trovato seguito: Jean non l'avrebbe passata liscia per quella poco velata presa in giro. «Sento che vuoi farmi qualche domanda, la curiosità è palpabile.» Rise anche lei, ma non proseguì con le domande. Non si sentiva a suo agio a parlare di cose personali con quella raganella di Abigail lì vicino. «Le ho, e te le farò, in un altro momento. Ma non mi scappi.» Soggnignò, guardandola, ma poi scelse di lasciarla in pace quando si rese conto che il suo sguardo sembrava vagare per la sala. Tant'è che qualche istante dopo l'amica si alzò, incamminandosi verso il tavolo dei Serpeverde. *Starà andando da Draven* si disse, con una scrollata di spalle. Il richiamo del baldo giovane doveva essere stato molto forte per averla fatta alzare durante la colazione. O forse voleva solo allontanarsi dalla sua compagna di stanza. Buttando giù qualche altro sorso, rimase con il mento sollevato seguendola con lo sguardo per un po'. Ma quando la vide fermarsi al tavolo, con sua sorpresa iniziò a parlare con un'altra ragazza. Non vedeva benissimo, ma pareva essere Emily Rose. La conosceva solo di nome e di vista, non ne sapeva nulla. Non aveva mai rappresentato una grande attrazione per lei, anche perché non era una ragazza che a sua volta si faceva notare, non fosse per la chioma rossa che però a Jean interessava poco: c'era una sola Rossa, in quel momento, nella sua testa. Inizialmente si interrogò su cosa Megan avesse di così urgente da dirle tanto da mettere in pausa la colazione. Doveva essere grave, o almeno, Jean non si sarebbe mai scazzata così tanto la mattina presto se non per qualcosa di veramente tanto, tanto importante. La stanchezza e la burberaggine mattutina ebbero la meglio, facendole distogliere lo sguardo dalla Caposcuola e riportandolo sulla colazione. La mattinata era iniziata male e proseguita peggio, ma sembrava aver preso una piega positiva con le risate. Ora che era tornata sola, anzi, in compagnia della compagna di stanza di Megan - che Jean a pelle mal tollerava - non vedeva l'ora di andarsene da lì. Voleva solo tornare in camera, finire di prepararsi e iniziare la giornata di lezioni e di studio. Quanto avrebbe amato poter fare colazione in camera, da sola, senza alcuna rottura di cazzo, senza facce odiose e voci fastidiose e masticazioni continue. Pregò con ogni fibra del suo essere che Abigail non le rivolgesse la parola. E così, per fortuna, fu: evidentemente non si andavano a genio a vicenda, e Jean non poteva esserne più felice. Rimase un po' con sé stessa, coi suoi pensieri. Erano monotematici, ultimamente. Pensieri particolarmente rossi. Più che altro la sognava spesso, e rimaneva con la testa dentro quella bellissima nuvola rossa anche quando avrebbe dovuto pensare, che so, a studiare. Ci si perdeva, e amava quella sensazione. Ma quello non era né l'orario né tantomeno la situazione più adatta per avere la mente libera di viaggiare. Non sapeva se attendere Megan per ritirarsi nella stanza, chissà quanto ci avrebbe messo a tornare.
Come se le avesse letto nel pensiero, l'amica tornò proprio in quel momento. Non sembrava affatto contenta. «Jean, ti va di...» Prima che potesse concludere la frase, la raganella decise di dare fiato alla bocca. Doveva aver toccato una corda molto sensibile, perché Megan la annientò con le parole. Quella stronza non si levava un sorriso maledetto dalla faccia. Perché trovava così piacevole provocare Megan? Era così frustrata dalla sua vita da sentire il bisogno di sfogarsi con la sua compagna di stanza? Jean non disse niente, Megan non aveva bisogno di una balia, ma non le negò uno sguardo di disprezzo profondo. «Io me ne vado» sentì la voce di Megan tesa, ma ferma. «Vengo con te.»
Si alzò, senza un'altra parola, e la seguì verso la porta della Sala Grande. Diede un ultimo fugace sguardo alla sala, ponendo ancora una volta lo sguardo sulla nuova ragazza, che ora era in compagnie piuttosto note. Sembrava capace di cavarsela da sola, e pure bene. Provò a cercare la chioma rossa, sperando di dare nuova linfa ai suoi pensieri poco cristiani, ma non riuscì a vederla. Avrebbe provato a individuarla con lo sguardo in giro per i corridoi, magari. Per ora, desiderava soltanto abbandonare quel casino e rintanarsi in camera.


Interazione con Megan e Abigail (png);
Menzione a Emily, Draven, Nieve, Alice, e menzione indiretta a Casey.

Addio, addio, amici addio: noi ci dobbiamo lasciare <3

 
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view post Posted on 11/2/2023, 12:49
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We are all immortal until proven otherwise

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CASEY BELL
HE/HIM

jpgIl latte e il caffè si erano raffreddati nella tazza e le dita della destra non trovarono più ristoro nello stringerla. A un certo punto Nieve lasciòo la presa dalla sua sinistra, e Cas fece finta di nulla. Del resto non partecipò attivamente allo strano scontro con Thalia. Era solo lì per sostenere gli animi.
Sapeva di essere una pedina inutile su quella scacchiera, anche se in un certo senso era stato proprio lui disporre degli input sul campo da gioco. Thalia e Nieve dovevano scontrarsi da sole, e con tale consapevolezza Casey si era spinto a rivelare alla prima quanto accaduto a Nocturn Alley.
Non avrebbe potuto fare altro. Non aveva potuto fare niente quella sera, non avrebbe potuto fare niente in futuro. Tutto continuava a scivolargli di mano, e lui non era la persona adatta. La forza del legame fra le due ragazze probabilmente sì.
Era alienante trovarsi su un campo di battaglia diverso dal proprio. Fra le tavolate Grifondoro e Tassorosso fortunatamente erano le parole a dar voce ai dissidi, anche se taglienti e per nulla dirette. Invece, dall'altra parte, in una dimensione fantasma che auspicava ogni giorno di dimenticare, erano gli occhi a parlare. Probabilmente, come lui, anche Draven e Megan preferivano far finta di niente, ma essendo tutti e tre corpi solidi dentro uno spazio era impossibile considerarsi del tutto trasparenti.
Alzando la testa vide la Corvonero parlare con dei Serpeverde, e dopo poco captò il suo sguardo. Ritornò alla sua tazza di caffelatte freddo, in preda ad un raptus di rifiuto. Un sorso e fu come se la bevanda, scorrendo in gola, gli avesse ghiacciato il petto. Fece si che le orecchie si concentrassero di nuovo sul discorso alle sue spalle, in modo tale da distrarsi dal peso sullo stomaco.
Quando i gli appuntamenti furono concordati e i saluti conclusi, si alzò anche lui con i nervi brontolanti che pregavano una sigaretta prima delle due ore di Storia della Magia di quella mattina. Prima che se ne andasse, fece un occhiolino a Nieve.
Diede una pacca leggera sulla spalla di Camille.
«E così tu sai chi è Lady Ashdown» esordì. «No, non sono io. Ma devi assolutamente dirmi tutto ciò che sai su di lei. Conosco qualcuno che ci terrebbe a conoscerla.» Le fece un cenno col capo e sgattaiolò anche lui verso la porta infilandosi la destra nella tasca della divisa in cerca del pacchetto di sigarette.

Interazioni: Nieve e Camille.
Menzioni: Thalia, Draven, Megan, Helena.

 
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