Nella delizia dell'anice stellato, delle erbe aromatiche e dello stesso gusto più pastoso dell'algabranchia, vi trovò un senso di spensieratezza, di pace e di partecipazione che avrebbe voluto provare di continuo. L'effetto magico della bevanda guidò ulteriormente l'animo verso uno stato di contentezza, nella semplicità di una serata che svelava tuttora meraviglie. Più la conversazione con la Dottoressa Read proseguiva, infatti, più sentiva d'essere piacevolmente a proprio agio – il timore atavico che quel luogo trascinava funestamente, invece, non scovò debolezza. Stava bene, per la prima volta da tempo. Neanche lontanamente avrebbe immaginato di affermarlo al San Mungo, mai, neanche una volta. Si appuntò mentalmente, un po' come una promessa, di ringraziare Penny per aver insistito così tanto con lui, spingendolo verso l'evento e pretendendo – privo di tatto, tra l'altro – che l'amico non vi rinunciasse affatto. Gli avrebbe portato una bottiglia di Branchiflore, perché no. Un brindisi alla serata di gala, un altro direttamente in dormitorio al rientro; si scoprì desideroso di immortalare il momento in un racconto, uno di quelli che avrebbe custodito gelosamente per molto tempo.
«Più di uno, in realtà. Potrei dire di essere stato inseguito dalle guardie degli abissi del Lago Nero, ma questa è un'altra storia. Una di quelle che vale la pene raccontare come si deve.» *E a te*, sembrò sottintendere. A lei, a Jane Read – immaginò un caffè, un tavolinetto, una trama di misteri dal sapore di algabranchia e dalla melodia di onde e guizzi di pinna. Notò soltanto allora, un po' come una rivelazione, di non aver mai veramente parlato con altri delle sue avventure nei fondali del Lago Nero – un segreto, forse, che aveva preferito tenere tutto per sé, e che in quella circostanza desiderò ardentemente condividere con la strega che gli era accanto. Lasciò il richiamo in sospeso, il suono gioviale e divertito della propria bocca all'ultima battuta dell'altra: in effetti, aveva assolutamente ragione; l'Algabranchia non era di certo nel menù classico delle cene al Castello di Hogwarts. Con la folla in crescendo, la saletta sempre più gremita e il cicaleccio di voci tutto intorno, le parole tra lui e Jane cominciavano a sembrargli più offuscate: non voleva perdere neanche una rivelazione di quello che l'altra gli stesse confidando – commenti, pensieri, esperienze, tutto era parte attiva e preziosa per lui. Ora che la cerimonia s'apprestava all'epilogo, tornò a preoccuparsi di aver trattenuto la Dottoressa forse più tempo del previsto: l'aveva adocchiata in principio con un'altra strega, forse una collega, forse un'amica; e in generale, nel corso dei loro spostamenti da un punto al successivo dell'ampia, straordinaria sala in festa, aveva scorto uno e più saluti tra lei e altri Medimaghi. Se da un lato rimproverava intimamente di essere stato magari un peso, in qualche modo, dall'altro non poté fare a meno di esserne incredibilmente riconoscente. Non una volta, infatti, aveva avuto percezione d'essere di più, e sperò con tutto il cuore di aver reso piacevole la serata per l'altra tanto quanto lo fosse stata per lui. Con un cenno d'intesa per la parentesi sulle sorelle Harvey e Alex Sykes, allora, Oliver sorrise ancora una volta, e infine si accoccolò in poltrona ad accogliere con enfasi il discorso di premiazione. Mentre Linette Chapman porgeva omaggi e ringraziamenti, i suoi pensieri cesellavano eternamente frasi, commenti e momenti di cui la Dottoressa accanto a sé gli aveva fatto dono – di trovarlo dall'altra parte, a fare a sua volta la differenza; di essere nel posto giusto, proprio com'era per lei.
Voglio lo stesso, si disse. Lo voleva, lo voleva davvero. Sentire di avere un obiettivo, di perseguire una vita che cristallizzava l'impronta, la stessa che Jane Read – forse inconsapevolmente – aveva già lasciato in lui.
«Umiltà e bontà d’animo, il coraggio di andare oltre i propri limiti...»Un letto d'ospedale con coperte immacolate, un vaso spento con l'unica goccia di colore di un fiore color d'arancio, un sortilegio in eco continuo. Il gusto del sangue sulla bocca, l'odore delle creme e delle paste curative sulla pelle ustionata, il pizzicore del corpo che si rimarginava. Il grido d'allarme di un edificio in fiamme, il brivido brulicante di maghi, streghe, tra di loro perfino bambini. Un medimago, un altro, un altro ancora – l'azzardo di una battuta, l'offesa mai dimenticata. Erano lì, tutti quei ricordi; se avesse chiuso gli occhi, avrebbe potuto vederli in fila ordinata. Erano lì, memorie d'orrore. E per un attimo tornarono, l'uno dopo l'altro, quasi ad imporsi; e in un attimo, spostando l'attenzione da Garrett Richardson a Jane Read, sparirono altrettanto rapidamente. C'era lei, e si sentì in pace com'era già stato. C'era lei, e forse,
forse gli apparve come l'ultima guarigione.
«È stato meraviglioso.» Commentò così, la voce vibrante d'emozione. Anche lui era in piedi, anche lui applaudiva come l'intera sala.
C'era anche lui – gli sembrò che si compisse la storia, l'idea di esserne presente portava con sé valore inestimabile. Meraviglioso, ripeté. No, non soltanto per la cerimonia. Osservava Jane Read, la Dottoressa che aveva cambiato la sua vita, e continuò ad applaudire per il mago che aveva vinto il Premio, e per lei, soltanto per lei.
«Grazie, Dottoressa Read. Per il privilegio della tua compagnia, della tua gentilezza e delle tue preziose parole.» Un cenno d'inchino, l'espressione vivida.
«Grazie di tutto.» E in quel
tutto, appena più forte, si svelò ogni suo tempo.
Poté visitare la Vasca del Maride. Levi, la sua storia, la sua importanza.
Shà, Levi. Gli parlò dolcemente, cantando nella sua lingua. Il lampo di curiosità negli occhi dell'altro, il guizzo di coda e di bolle d'acqua. Passò da Gene Astrid, ammirando l'Associazione Medimaghi Senza Confini, e lì lasciò una piccola offerta con la promessa di donare maggiore attenzione sulle pagine della Gazzetta del Profeta. Acquistò una treccina colorata che avvolse poi stretta tra le dita, muovendosi in un passo di danza e di felicità. Come un tempo, tornò nuovamente bambino. Sfilò rapidamente verso la Sala Frank Tenner, corpo tra i corpi, solo un acquisto e via – sangue, nervi, battiti di cuore. Alla fine si trovò all'uscita. Una serie di bottiglie in una scatola, e tanti, tanti acquisti con sé. Un sortilegio, un trasporto facilitato, un ultimo saluto. Si volse indietro, appena fuori i confini. La scintilla azzurrina della Passaporta gli brillò sulle gote e allora si accorse, un po' sorpreso, di quelle fossette che tanto a lungo gli erano mancate, di quel sorriso che aveva ritrovato.
«A presto, Dottoressa Read.»Come un sussurro, una promessa sincera.
Nel bagliore che lo portò via, sentì le note di terra e di mare,
il cerchio si chiudeva, e lei ne era già presente.