| Narcissa Miller |
| | Narcissa Elodie Miller «O forse a Serpeverde, ragazzi miei, voi troverete gli amici migliori, quei tipi astuti e affatto babbei che qui raggiungono fini ed onori!» A l solo ripensarci, quelli furono gli attimi più lunghi della sua vita. Per quanto spesso e volentieri avesse avvertito la terra sparirle sotto i piedi, mai come in quel preciso istante si era sentita così fragile, vulnerabile e impotente. Aveva avvertito il mondo crollarle addosso, temeva che i castelli di bugie che s'era abituata a recitare come un mantra le si potessero ritorcere contro, così aveva preferito usare poche ma incisive parole, protentendo la manina e aspettando che Megan trovasse la prova delle sue precedenti affermazioni. Con somma sorpresa di Narcissa, però, ciò non avvenne. Quel che s'era prefigurata, rimuginando sulle miriadi di possibili punizioni che lei e Draven avrebbero dovuto sorbirsi da lì a alla fine dell'anno - corredate di imprecazioni del prefetto O'Hara e del caposcuola Minotaus, sicuramente poco lieti all'idea che gli smeraldi verdi fossero calati nel cuore della notte - scomparve in uno sbuffo di fumo. La Corvonero si limitò a domandare a Narcissa il nome, mostrandosi totalmente disinteressata nei confronti della consumata pergamena che Helena Cooper le aveva spedito quella sera stessa.*Ma davvero?* si domandò la bimba con perplessità, mentre la sua indole per natura diffidente la portava continuamente a chiedersi dove fosse la fregatura in una domanda tanto banale quanto semplice. Le stava chiedendo il nome... che fosse la quiete prima della tempesta? Narcissa deglutì, sentendo la gola in fiamme, come se improvvisamente il canale respiratorio si fosse prosciugato dopo una lunga corsa."Miller, Narcissa Miller" si limitò a rispondere alla Corvonero, continuando a mostrarsi mesta e affranta. Per quanto però se ne sforzasse, la sua non era più una semplice recita per salvarsi il fondoschiena. Il dolore c'era veramente e, nel frattempo che i minuti scorrevano, la lettera sembrava bruciare tra le sue dita, procurandole, metaforicamente parlando, un'ustione di quelle coi fiocchi. Ogni granello di sabbia che cadeva nella clessidra favoriva la metabolizzazione di una notizia che dapprima l'aveva destabilizzata, ma che adesso stava lentamente prendendo la forma di una consapevolezza amara e difficile da accettare. Mentre Megan parlava nella sua testa frullavano parole all'impazzata: papà, scomparso, non tornare a casa, vai dalla nonna, non fare di testa tua, punizione, coprifuoco, e...*Maledizione, basta, basta, basta!!!* A parlare fu il suo inconscio, stanco di quel contrasto interno. Non era abituata la piccola Narcissa a ritrovarsi attanagliata dal dolore, dai pensieri e da sensazioni nuove. Quella storia le stava togliendo il fiato, come se stesse annaspando in mezzo all'oceano e la corrente marina la stesse trascinando a fondo facendola annegare lentamente. Era una sensazione orribile, della quale non riusciva a capacitarsi. Sentiva su di sé lo sguardo di Megan, dapprima indagatore, ora invece più dolce, meno crudo. La sensazione di una punizione sembrava - forse - svanire dietro quegli occhi azzurri e profondi che sembravano persino aver stregato il tenebroso Draven, che da quando lei s'era fatta avanti s'era invece mantenuto in disparte, a osservare in silenzio quello struggente scambio di battute. Quando Megan disse 'fa male, lo so', Narcissa avvampò. Avvertì le guance andare in fiamme e gli occhi bruciare. Sentiva che le lacrime erano sull'orlo di farsi vedere, ma non voleva sembrare debole davanti alla Caposcuola di Corvonero. L'ultima cosa che desiderava in quel momento era passare per frignona incapace di gestire i sentimentalismi. E soprattutto, non voleva essere compatita da nessuno, special modo da qualcuno che non aveva mai avuto modo di conoscere prima di quel determinato frangente. Al tocco delle dita della ragazza, Narcissa sussultò appena, evitando però di ritrarre la sua mano."Non ho intenzione di spezzarmi. Anzi, quando arriverò in Sala Comune questa" - e indicò la lettera stropicciata che ancora stringeva tra le dita - "finirà dritta nel camino. Certo che fa male, per carità, ma piangere non porta a niente. Sono sicura che mio papà tornerà a casa" si sforzò di minimizzare, cercando di trattenere il groppo in gola che sembrava invece sul punto di esplodere con prepotenza. Narcissa avvertiva le tempie pulsare, come se il cuore si fosse trasferito dal petto alla testa. Spingeva furiosamente, rendendola frastornata e incapace di ragionare in maniera lucida, anche se esteriormente si sforzava di mantenere un certo contegno, per quanto i suoi undici anni glielo concedessero. Le dita di Megan, che si erano strette attorno alle sue, lasciarono la presa e Narcissa tornò a posare i suoi occhi color del ghiaccio sulla Corvonero. Sino a quel momento s'era scoperta fissare un punto non meglio precisato nel vuoto alle sue spalle. Sbatté le ciglia un paio di volte, nuovamente stordita da quella situazione, cercando al contempo di mettere a fuoco e realizzare quale fosse effettivamente la realtà. Quando Megan le chiese di andare perché aveva necessità di parlare con Draven, annuì meccanicamente, voltandosi verso il compagno Serpeverde, che stazionava nell'ombra poco distante. Li avvertì borbottare tra loro, ma non fu in grado di percepirne le parole, perché la sua testa, ormai sgombra dall'incombenza di doversi tutelare dall'eventuale punizione, aveva ripreso a lavorare febbrilmente, ricordandole l'odiosa situazione nella quale si era ritrovata. Megan si congedò, lasciando Draven laddove era stato sino a quel momento ed evitando di levare loro anche solo un punto. Il cuore di Narcissa ebbe un tuffo di gioia, con la consapevolezza che Mike e Daniel non avrebbero mai dovuto venire a conoscenza di quel piccolo misfatto notturno da parte loro, altrimenti sarebbe arrivata un'altra sonora lavata di capo. Il compagno sembrò bofonchiare qualcosa che alle orecchie di Narcissa arrivò indistinto. L'unica cosa che riuscì a percepire fu il suo nome e la parola 'responsabilità'. Per un istante temette che Megan avesse cambiato idea verso la fine e che Draven avesse scelto di scaricare la colpa su di lei. O che la Corvonero le avesse mentito facendole la bella faccia e poi annunciando a Draven che, visto che era sparito suo padre e che erano lì per colpa sua, la responsabilità era solo sua e avrebbe dovuto risponderne con Mike una volta in sala comune? L'idea la terrorizzò per qualche attimo, togliendole il respiro e smorzandole la voce in gola. Si passò una mano nei capelli e poi deglutì nervosamente."Ha cambiato idea e ha deciso di darmi la colpa?" domandò con diffidenza a Draven, temendo che la Caposcuola di Corvonero fosse ancora nei paraggi e potesse udirla. Si guardò attorno con circospezione, prima di proseguire."Sii sincero. Se hai dato la colpa a me non mi offendo, al posto tuo avrei fatto la stessa identica cosa pur di salvarmi" rispose con franchezza. A confermarle che Megan se n'era definitivamente andata e che lì erano rimasti ormai soltanto loro due fu l'esternazione immediatamente successiva di Draven. All'udire l'imprecazione Narcissa allargò gli occhi incredula, non aveva mai sentito Draven parlare in quel modo. Sembrava quasi che fosse scattata una scintilla tra lui e quella ragazza e che l'amico Serpeverde, con una semplice imprecazione, avesse risvegliato in Narcissa quella latente convinzione. La bimba, di tutta risposta, sorrise, anche se scrollò la testa per negare."No, si chiama Haven, ma il nome non me lo ricordo. Francamente nemmeno mi interessa, ciò che conta è che ci ha graziati" si limitò a dire, prima di assumere un'aria da furba."Non mi dirai che ti sei preso una sbandata per occhioni blu?" domandò scherzosamente certa che Draven da un momento all'altro o si offendesse o manifestasse in maniera piuttosto palese il suo disappunto. Ormai Narcissa conosceva il ragazzo, sapeva quanto potesse essere permaloso e soprattutto quanto poco amasse mettere in piazza i suoi sentimenti. Ma non ci poteva fare niente, lei era fatta così e la lingua a freno non era riuscita a tenerla nemmeno quella volta."E comunque, non so te, ma io, al posto nostro, me ne andrei in Sala Comune prima che occhioni blu cambi idea" aggiunse, facendo un cenno verso la soglia dell'aula, che era rimasta socchiusa. Tornare in Sala Comune, arrivati a quel punto, restava la soluzione più logica e sicura da adottare.
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