Il Ballo della FeniceLa Danza delle Ceneri

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view post Posted on 24/12/2018, 17:55
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1. Innuendo

Era ritornato ad Hogwarts tra lacrime amare.
Che strano; solitamente quando si fanno i G.U.F.O. tutti sono felici, mentre ai suoi tutti piangevano.
Non festeggiò nemmeno quando li passò con Oltre Ogni Previsione, ma si affrettò ad andare in ospedale a trovare Swan, all’epoca Caposcuola, solo per accertarsi che stesse bene e che ce l’avrebbe fatta.
Che strana la vita. Lui, sempre con il sorriso sulle labbra, si era trovato nel bel mezzo del dramma. Lui, che cercava di tenere a debita distanza i pensieri cattivi e ci si avvicinava solamente quando era necessario, si era trovato a fronteggiare la vita a muso duro.


In quei sei mesi era cambiato tutto, almeno in parte.
Rideva si, non avrebbe mai smesso, ma lo faceva a modo, con razionalità, sentendo un’ancora che lo teneva a terra e gli evitava di galleggiare.
Era cambiato e lo sapeva. Lo percepiva da quando gli era stato affibbiato quel ruolo così importante nella sua casata che si era vista strappare nel giro di un solo giorno uno degli studenti più promettenti e la sua Capocasa, andata per lidi migliori.
Erano stati tempi bui per lui ad Hogwarts, ma non ne aveva parlato. Tutti guardavano solo ciò che avevano davanti al naso, mentre a lui toccava guardare oltre e schermare i disastri che erano successi per colpa non sua, ma di quella organizzazione scolastica.
Lui, un ragazzo di soli diciotto anni, si era dovuto mettere a rasserenare ogni singolo studente della sua casata mentre i professori scappavano dalla scuola per paura che scoppiasse lo scandalo.

Ricordava ancora come le lacrime gli rigavano il volto in quella sala d’aspetto in attesa di avere notizie del suo amico/collega in leggero miglioramento, ma ancora bendato a dovere.
Non piangeva per lui, giammai –lo sapeva che aveva la pelle dura- piangeva per il suo esser stato costretto a mettere da parte la sua famiglia, in rotta di collisione, per quel mondo magico che non si guardava con fare circospetto dai veri pericoli.
Rimase in silenzio per alcune ore nella sala d’aspetto, senza proferire parola, dando la possibilità alla sua mente di pensare.
Ricordi e vicissitudini varie si incastonavano tra di loro in maniera contorta dandogli un quadro confuso di tutto quello che stava succedendo e del perché diamine non ci fosse stato nulla e nessuno a bloccare quella situazione.
Veramente avevano preso sotto gamba Voldemort? Veramente non erano stati attenti a quello che nel Mondo Magico si diceva quotidianamente? Veramente avevano creduto che non ci potesse essere nessun essere malvagio tra le mura del castello o nessun agguato alle porte?
Gli sembrava tutto così assurdo, privo di senso e logica che lo fece rabbrividire. Erano stati degli stupidi a credere che potessero gestire le cose in maniera così leggera, specialmente dopo l’avvento di quei Golem pochi anni prima che avevano portato panico, paura e morte in tutto il castello.

Non riusciva a trovare nessuna scusante per nessuno. Odiava il fatto che tutti quanti gli adulti avessero avuto di meglio da pensare rispetto alla vita degli studenti di quel castello.
I pensieri ritornarono rapidamente ai giornalisti alla ricerca dello scoop dell’anno dopo la famigerata guerra di Hogwarts. Lo schifo risalì.
In quel mondo non c’era più logica. Nessuno guardava il problema per quello che era, tutti cercavano un risvolto mediatico, un interesse a loro maggiormente congeniale mentre l’istruzione passava in secondo piano ed era lì solo per abbellire le parole di qualcuno e renderle maggiormente d'effetto.

Si vestì di tutto punto.
Si mise una maglietta con su scritto “ AH AH AH AH NO” proprio per far capire a quel mondo quanto erano ridicole quelle messe in scena e quanto stessero sbagliando.
Non capivano che stavano facendo il solito errore? Non capivano che stavano dando l’accesso a qualche nuovo mago adulto che poteva riattaccare il castello?
I suoi pensieri erano volti ad attaccare in maniera implacabile Peverell, il quale, piuttosto che innovatore, sembrava aver riportato a pieno regime quanto di sbagliato fosse stato creato dalla Bennett in precedenza.
Che bella la nobiltà con il culo degli studenti! Che bella la notorietà e la visibilità quando a farne le spese erano le matricole e non i maghi con quaranta anni di studi alle spalle.

Arrivò di corsa nella Sala con estrema decisione.
Da quando aveva incontrato Peverell la situazione nel castello per i Corvonero era peggiorata. Un’altra Capocasa era partita e loro erano nella balia più totale, praticamente autogestiti.
Passando le porte con decisione, la prima cosa che colse il suo occhio fu l’immenso fuoco al centro della sala, seguito dall’imponente abete in fondo ad essa che rappresentava il Natale che mai si sarebbe festeggiato quel giorno.
Aspettò.
Non voleva perdersi l’ipocrisia malcelata e quindi rimase lì, spostandosi solamente di alcuni passi per guardare meglio il preside e percepirne le sue intenzioni.
Era curioso di capire cosa avrebbe detto e fatto. Quel vecchio, tanto eclettico, gli stava simpatico, ma a suo avviso stava affrontando la situazione con il piglio sbagliato e antico.

Non appena aprì la bocca, cercò di starlo a sentire con attenzione e concentrazione.
Quel personaggio lo fregava sempre, riusciva ad incartarlo con il milione di parole che aveva a disposizione, ma in quel caso non si sarebbe fatto cogliere alla sprovvista.
Lo seguì nella peculiarità del modo di porsi ai presenti quindi, quando finì, sorrise beffardo per poi applaudire lentamente tre volte.
La prima per gli scenari inediti che aveva aperto proprio con quella festa e che potevano anche non essere positivi; la seconda per il lavarsene le mani che era stato fatto dalla maggioranza del corpo docente, visto che nello scorso semestre ne era stato cambiato circa il 50% e la terza per la coesione degli Ateniesi, che se non fosse stato per lui e qualchedun altro sarebbe finito sempre con delle separazioni.

Senza aggiungere altro, si ripromise di muoversi verso mete migliori, tra le quali la saletta dove tutti volevano recarsi. Non sapeva che cosa lo avrebbe aspettato ma una cosa era certa: sicuramente di ipocrisia ne aveva già vista abbastanza.


 
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view post Posted on 24/12/2018, 18:25
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LA MANGIAMORTE

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//INTERAZIONI CON IL MURO//
Sei mesi prima lei era in missione. Voldemort aveva deciso di non schierarla in campo e Rowena aveva fatto ritorno quando oramai il marchio nero si era già dissipato dal cielo da giorni, lasciando tra le genti un senso di oppressione e a lei, un nervoso profondo. Il tempo aveva poi pensato a calmare la sua ira e permesso al mondo magico di dimenticare quanto accaduto, tanto era preso dalle proprie vicissitudini, anche se Hogwarts, aveva richiesto più del dovuto per rimettersi in piedi: era entrata a conoscenza dei dettagli più indiscreti, di come il fuoco maledetto avesse lambito la sala grande e continuato a bruciare a lungo, delle macerie che avevano riempito i corridoi, dei crateri, figli di diverse esplosioni e potenti incantesimi, che creavano fantasiosi disegni nel giardino esterno. Sei mesi per mettersi in piedi e quando lei, aveva oramai pensato che il castello e i suoi abitanti erano pronti a gettarsi il passato alle spalle, ecco che l’organizzazione del ballo di fine anno, aperto anche ad esterni, verteva ad essere un memoriale della devastazione e alle sue vittime.
Aveva riso quando apprese la notizia, sbattendo il dorso della mano sul foglio di giornale fresco di stampa, come a simboleggiare quanto fossero sciocchi, scuotendo il capo in un cenno di diniego. Erano un branco di illusi, di stupidi che ostentavano sicurezza, quando era oramai ovvio che Hogwarts, non era un posto sicuro da molti anni. Decise quindi di partecipare, curiosa di sentire lo sproloquio di Ignotus, di vedere i volti addoloranti e colmi di rimpianto, il volto contrito di Camille e dei suoi sgherri.

____________________________________


Raggiungere Hogwarts era stato un calvario: controlli per accedere al ministero e poter usare la passaporta, controlli all’arrivo ad Hogsmede, controlli all’ingresso del castello, controlli su controlli a suo parere del tutto inutili. Persino lei, anche se per poco, avrebbe potuto farli ripiombare nel caos, nel terrore ma i piani erano altri. Quel giorno, avrebbe dovuto palesare la sua maschera di brava cittadina a tutti i costi. Mise finalmente piede dentro osservandosi mollemente attorno, portando le mani a sistemare la tiara che teneva in cima al capo a forma di corona. Era stata una pazza a scegliere di indossare un simile ornamento, eppure, sentiva che doveva presentarsi ad Hogwarts con lo stesso portamento di una regina. Per questo aveva scelto un abito che la fasciasse sulle forme e che esaltasse la sua figura. Era fatale e quel giorno si sentiva anche particolarmente bella, avanzando con passo sicuro e palesando la sua sicurezza.
Una volta dentro, spostandosi appena di lato in modo da avere una buona visuale su tutta la sala grande, si prese il suo tempo per scrutarla. Era diversa da quanto ricordava, lo spazio sembrava quasi essere stato ampliato da un incantesimo d’estensione, ma probabilmente era dovuto ad un semplice gioco di luci che proveniva dalla volta superiore e dall’enorme abete illuminato posizionato in fondo e dal fatto che l’arredamento, fosse quanto mai minimale e sobrio. Continuò ad avanzare sempre lateralmente rispetto al centro della sala, rapita per un attimo dalle fiamme che ardevano in un falò, dal volo fugace di aironi che presto scomparvero alla vista e infine, dai mattoni scuri, anneriti da un Fyndifire che quando lei aveva appreso, era stato in grado di bruciarle budella e gola. Fu proprio verso questa parete, mentre Ignotus prendeva parola che si avvicinò, scivolando tra la folla e incurante se in zona vi fossero volti noti o meno.

“Bla bla bla”

avrebbe voluto zittire quel vecchio barbagianni, ma si limitò a fargli mentalmente il verso, muovendo il capo a destra e sinistra, quando lui accennò al fatto che fosse tempo di decidere da che parte schierarsi. Lo aveva sempre trovato noioso e la verve, con cui aveva intrapreso quello che sarebbe dovuto essere un discorso potente, capace di risvegliare gli animi, a lei parve non arrivare mai. Scosse il capo, allontanando quei pensieri e concentrandosi sui propri movimenti e sulle sue sensazioni, sollevando la mano verso il muro e andando a toccare finalmente quel mattone nero. Si aspettava di sentirlo caldo, di avvertire ancora il fuoco bruciare tra i pori del laterizio, ma invece era freddo. Era morto e rovinato in più punti, mangiato dal fuoco che aveva lambito una buona porzione della parete. Avvertí il cuore battere più forte nel petto, un sorriso increspare le labbra vermiglie, appena nascosto dai capelli scuri che le cadevano davanti le spalle. Oh, che spettacolo che doveva essere stato.
 
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view post Posted on 24/12/2018, 21:50
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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Per KC



Auuuu
Saltane uno, saltane due e finché puoi continua a saltare. La filosofia di Camillo, per quanto concerneva i balli di fine anno, andava del tutto controcorrente rispetto alle tendenze che si registravano tra le mura del castello. Gli eventi mondani targati Hogwarts erano rinomati in tutto il magico e raccoglievano sempre un corposo numero di partecipanti. Gli studenti aspettavano impazienti che si presentasse quella particolare occasione per scatenarsi. Personalità autorevoli, auror e giornalisti si prodigavano per accaparrarsi un posto d’onore alle celebrazioni. La storia si ripeteva al termine di ogni anno scolastico. L’aveva già vista, sentita e vissuta in prima persona. Quando si era reso conto che non faceva per lui aveva smesso di prendervi parte.
Aveva sempre invidiato, ma anche ammirato, chiunque fosse riuscito ad affrontare quel genere di esperienza con leggerezza. I suoi ricordi felici legati ai balli di fine anno erano stati sovrascritti da sentimenti dal sapore amaro, delusioni di ogni sorta. Generalmente si lasciava la sala comune alle spalle senza pretese, ma vi faceva ritorno con le tasche colme di rimpianti. Della sua collezione di occasioni sfumate, la maggior parte provenivano proprio da lì, quel luogo ideale in cui aveva falsamente giurato di non far piú ritorno.
Una mossa politica giustificava il tradimento? L’olandese aveva ragionato a lungo sul significato di quel ricevimento, arrivando sfinito all’unica conclusione plausibile. Era fregato, non c’era via di scampo.
La devastazione che gli invasori avevano seminato con la loro intrusione era stata percepita dalla società magica come un segno di debolezza. Hogwarts non era stata in grado di proteggere adeguatamente i propri studenti. Come in un qualunque attentato, di quelli che ultimamente si vedevano spesso nelle capitali europee, l’istituzione colpita si era ritrovata trafitta dall’onere morale di risollevarsi quanto più in fretta possibile. Non importava quale fosse il costo. Aprire le porte a chiunque, senza discriminazioni, era una componente di quel prezzo così gravoso. Era necessaria una risposta d’impatto. Comprendeva quanto fosse indispensabile mettere in mostra l’immagine sana e vigorosa di una scuola che non temeva nulla, che non si lasciava sconfiggere dal primo gruppetto di vandali sconsiderati che ne grattavano le mura. Le ferite non ancora rimarginate si allontanavano così dalla dimensione morale, restando prerogativa della sua struttura fisica.
Il cuore pulsante di Hogwarts, gli studenti, dovevano così uscire allo scoperto per raccontare una normalità ritrovata, che - per amore della verità - non esisteva davvero, ma la cui sola idea che prendeva forma era in grado di piantare le radici e crescere rigogliosa nella terra bruciata. Non si trattava quindi di avere all’interno della sala grande uno studente in più o uno in meno. Anche lui, come gli altri, doveva fare la sua parte. L’avrebbe fatta.

- Acciderbolindirindina, pare quasi che tu stia andando a spararti. -
*Prima o poi...*

Breendbergh aveva optato per un completo da cerimonia bianco, con una nota di rosso data dalla camicia. Non era elegante come lo era stato in altre occasioni, ma il carattere aggressivo ed un po’ grezzo degli indumenti selezionati rispecchiava pienamente il suo stato d’animo. L’idea di gettarsi sul nero, che riteneva fosse il colore più signorile, era stata scartata in principio. Non lo considerava adeguato per l’occasione. Ci voleva qualcosa di fresco, alla moda, che desse una svecchiata alla sua figura. Gli importava poco di sembrare Tony Mont-

- Non è vero, l’hai fatto di proposito! -

*Che occhio!*
Il tassorosso, in effetti, pareva proprio uscito da scarface. Certo, gli mancava la scar sulla face, ma a quel punto si sarebbe trasformato tutto in una carnevalata. Poi era uno dei suoi film preferiti, rinunciare ad una citazione fuori luogo avrebbe richiesto un sacrificio che non era disposto a compiere. Inoltre, ciliegina sulla torta, aveva scommesso che sarebbe stato l’unica pecora con la lana candida in mezzo ad un gregge vestito a lutto. Con tutto il rispetto per chi si fosse presentato in smoking o magari avvolto da un manto corvino.
Vivace, inconsueto, beffardo oserei aggiungere, lo stile ricercato dall’olandese aveva assunto una personalità propria, affine a quella del suo proprietario. Gli piaceva, si sentiva a suo agio in quei panni. Un’ultima verifica al riflesso nello specchio era stata sufficiente al Diavolo dei Sotterranei per decretare l’esito più che positivo dei suoi intenti.

A passo svelto, ma senza eccessiva fretta, lo studente aveva attraversato un’area della scuola che ancora mostrava le ferite subite durante l’aggressione. Ogni volta che il suo sguardo si posava sui suoi segni, gli risultava difficile non ripensare a quanto accaduto, al fatto che non fosse riuscito a far qualcosa per fermare il tocco sinistro del Signore Oscuro ed a quanto tempo sarebbe dovuto passare prima di un completo restauro dell’edificio. Fosse stato per lui, non gli sarebbe dispiaciuto rimboccarsi le maniche, prendere parte ad un’azione collettiva e ripulire ciò che poteva ancora risplendere. Ciò nonostante immaginava ci fossero questioni ben più profonde e complesse dietro la fase di stallo nella ristrutturazione. Quella volta, però, non si curò molto di rifletterci e passò oltre.
La Sala Grande lo aveva atteso pazientemente. Camillo era arrivato giusto in tempo per ascoltare le parole del preside Ignotus. Com’era nel suo stile, l’anziano docente si era fatto banditore di un discorso equilibrato, carico di significato e che lasciava agli ascoltatori molti spunti di riflessione. Lo riteneva in linea con la filosofia che anche lui, per quanto fossero limitate le sue capacità, aveva adottato. Non a caso il signor Peverell si era guadagnato il rispetto dal tassorosso, che da sempre lo considerava una fonte di saggezza senza fondo, quando riusciva a decifrare la sua parlantina.
Breendbergh si era affacciato tra la folla, così da avere un contatto visivo con l’uomo. Poi, con discrezione, si era battuto due volte il pugno chiuso contro il petto, sollevando quindi il pollice come segno di approvazione. Un gesto giovanile, forse inadeguato, ma nel linguaggio dei segni delle gang anche molto eloquente.
Terminato quel breve momento solenne, le pupille del tassorosso erano schizzate di qua e di là per catturare i dettagli della sala. Una volta individuato il buffet si erano come per magia focalizzate sull’enorme ventaglio di possibili bevande, che parevano proprio fremere per essere ingurgitate. Recatosi a destra della saletta, si era preparato un drink analcolico mischiando liquidi a caso, considerando che nemmeno lui sapeva cosa contenessero esattamente le varie caraffe. Il risultato si era concretizzato in una brodaglia rossastra, quasi rosea, che con la sua quantità estrema di bollicine si agitava nel bicchiere trasparente.
Un sorso. Due sorsi.
*
Deliziosa!*
- Per quale c@##o di ragione è così piccante?
*
Non voglio saperlo.*
Da quella trafficatissima porzione di sala, lo spericolato pozionista si era messo a sondare la folla con lo sguardo, in cerca di un dettaglio che potesse destare la sua curiosità.
Quel particolare venne riconosciuto nel coprispalle dorato di una studentessa. Era rimasto affascinato dall’originalità del capo d’abbigliamento, nonché dall’audacia nella scelta stilistica. L’oro, che creava un prezioso contrasto con il tessuto bianco del suo vestito, lo aveva ispirato a tal punto da fargli salire al cervello il suo lato fashion blogger, tanto che si era sentito in dovere di approcciare l’esile figura con un complimento estetico.
Camillo si era avvicinato alla ragazza di soppiatto, mantenendo comunque un’adeguata distanza da lei, approfittando di un momento di distrazione. L’aveva poi richiamata con tutta la cafonaggine che era riuscito a raccogliere in quei pochi istanti.
«Heilà, biondina, lo sai che s-»
Ma il fato era stato benevolo nei suoi confronti e le aveva risparmiato il commento del giovane, agendo attraverso uno degli imprevisti con cui era solito maledirlo.
La bevanda colorata aveva iniziato ad emettere un fruscìo, che rapidamente aveva preso la connotazione di un debole fischio da teiera. Quando Camillo aveva volto lo sguardo in direzione del bicchiere, si era reso conto che il suo contenuto aveva iniziato a rilasciare un lieve ed inaspettato velo di vapore, che mantenendosi basso scivolava oltre i bordi di vetro.
Il tassorosso non era riuscito a trattenersi ed aveva spalancato le palpebre per la sorpresa, per poi riabbassarle e risollevarle un paio di volte, in un esagerato moto Millhousiano. Alla fine aveva fatto spallucce, soffiando via verso il nulla la piccola nube tossica, concedendosi l’ennesimo sorso del suo elisir.
«Mmmh... non credo sia potabile.»
- Allora perché continui a berla? -

*Perchè sa di ciliegia, di arancia e di cucina messicana.*

 
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view post Posted on 25/12/2018, 15:56
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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P iano piano le parole del Preside Peverell tornarono ad essere comprensibili, mentre a fatica si costringeva ad uscire dall’isolamento temporaneo che aveva deciso di meritare. Torturandosi le mani aveva pensato a mille modi per trascorrere quella serata lontano da Weiss, l’Auror che l’aveva convinta con le sue parole a cedere all’istinto di rivelare ogni cosa e, al contempo, l’aveva fatta pentire di quella scelta. Nessuno degli scenari che la sua mente elaborò in quei lentissimi minuti sarebbe stato adeguato al contesto nel quale si trovavano: agghindata a festa, tra studenti ed insegnanti che non sapevano nulla di quella che per lui doveva essere stata una scaramuccia, Thalia capì di non poter sfuggire al proprio Destino. Non sapeva quale fosse - come avrebbe potuto? -, ma era certa che prima o poi il Fato le avrebbe presentato il conto. Se non quella sera allora sarebbe stato un altro giorno. Avrebbe persino potuto anticipare i tempi, cercandolo e dandogli finalmente la possibilità di dire la sua - come se nel boschetto di betulle ad Hogsmeade, un mese prima, Aiden non avesse fatto abbastanza. In realtà, per quanto provasse a mantenere un atteggiamento composto, sicuro di sé e decisamente dalla parte della ragione, la Tassorosso provava solamente un senso di impotenza: non poteva fingersi indifferente nei suoi confronti né pensare di affrontarlo in quella Sala piena di persone che avrebbero parlato e sussurrato del suo probabile e poco consono comportamento. In quelle settimane era riuscita a controllare la collera, persino a sorridere davanti a Fiona e di fronte all'insistenza del mago; era una facciata, costruita ad hoc per non incappare in quelle spiegazioni che così poco desiderava dare a chi la circondava in un dato momento. Era il sorriso amaro di chi sapeva di non avere scelta, di dover cedere il passo all'altro nella speranza di trovare pace. L'ennesimo sospiro fu sufficiente - accompagnato dai precedenti - a permetterle di riprendere la calma necessaria a proseguire quella serata agli esordi, senza tuttavia eliminare completamente il peso che le gravava sullo stomaco. Fu lisciando la gonna del lungo abito per l’ennesima volta che percepì con sorpresa il contatto che l’avrebbe riportata definitivamente alla realtà.
Nieve la osservava, scrupolosa e attenta, ma soprattutto discreta. Scorto il suo sorriso appena accennato e percepito il calore trasmesso dalla sua mano, si sentì per un solo momento al sicuro da ogni male. Quei gesti, semplici e accorti, agirono come un balsamo sulle sue ferite invisibili. Nieve non sapeva nulla e la Tassorosso era consapevole che un suo cenno sarebbe bastato a non farle mai rivolgere la domanda incriminata; era conscia che Nieve, nella sua innata capacità di donare e donarsi senza riserve e senza ricevere molto in cambio, sarebbe sempre stata lì, al suo fianco. Ad eccezione di pochi altri, la Rigos era l'unico essere umano in grado di comprendere il suo stato d'animo, la sosteneva e la guidava con la sua dirompente sagacia e ironia. Non le serviva esternare un problema, poiché l'altra sapeva sempre - in un modo che la faceva spesso dubitare della propria imperscrutabilità - che cosa le ronzasse nella testa.
Di fronte a quell'atto di conforto, estremamente sincero e mosso dall'affetto che le legava, Thalia si sentì colmare della spensieratezza che la fotografia, scattata poco prima, aveva immortalato per sempre; i loro sorrisi, gli abiti eleganti e quella semplice spontaneità la fecero sentire grata.

⚜⚜⚜

Dopo che il Preside ebbe lasciato il podio, il silenzio dei primi istanti fu percorso da un brusio di fondo dalla vita breve. Nessuno voleva più parlare di quanto accaduto pochi mesi prima e se quella doveva essere la sera della rinascita dalle ceneri di un fuoco maledetto, allora sarebbe stato bene fare in modo che i pensieri fossero tradotti in azioni chiare. *Con noi o contro di noi.*
Aveva ragione Peverell, il nocciolo della questione era tutto in quella frase, semplice eppure dal significato profondo: i due schieramenti erano già allineati per quanto invisibili e il brivido di non sapere di chi potesse davvero fidarsi da quel momento in poi fu l'ennesimo atto di una tragedia in corso.
Esaminando i volti attorno a lei, finì per volgere lo sguardo al punto in cui, fino a pochi istanti prima, Aiden Weiss era appostato come uno dei Gargoyle a guardia dell'Ufficio del Preside. Il momento in cui la sua mente realizzò che il vuoto lasciato dall'Auror avrebbe significato un suo spostamento là dove il suo occhio non aveva prestato attenzione, fu lo stesso in cui Nieve lasciò la sua mano. La sentì dire qualcosa riguardo un amico che desiderava salutare e annuì distratta, mentre la preoccupazione cresceva in lei e lo sguardo si rivolgeva nuovamente all'ingresso. Poco più avanti delle pesanti porte in legno massiccio, sovrastate da un arco monumentale in pietra, vide l'esaminatore del suo corso di Smaterializzazione. *Quell'uomo è ovunque.*
Vath Remar era comparso all'improvviso nel suo campo visivo e con lui c'era Mike.
Il Prefetto indossava il mantello e piccoli fiocchi di neve avevano iniziato a sciogliersi sulle spalle e sui capelli scuri del ragazzo. Sospirò di sollievo, aspettando che fosse lui a voltarsi nella sua direzione: interrompere la sua conversazione col Ministeriale non era certo nelle sue intenzioni.
Lo aspettò pazientemente, senza distogliere lo sguardo da lui mentre si avvicinava con un sorriso appena accennato sulle labbra.
«Non sapevo conoscessi il signor Remar.» mormorò a mezza voce, dopo un bacio al volo sulla guancia «Era il mio esaminatore per il patentino di Smaterializzazione.»
Quel giorno, ad eccezione di un capogiro di troppo, era stato perfetto e nella sua memoria sarebbe rimasto impresso come l'unica volta in cui sua madre si congratulò con lei per il risultato raggiunto. Leanne non era una donna facile, austera e coi modi pomposi che anche Remar usava con chiunque gli si parasse di fronte, ma sapeva riconoscere il merito anche se lei aveva sempre pensato il contrario.
«Dovevo immaginare che avrebbe insegnato anche al tuo corso.» aggiunse poi «Anche se non mi hai più detto nel dettaglio com'è andata.»
Sapeva bene quanto l'ambizione di Mike fosse un potente espediente per il raggiungimento di tutti i suoi obiettivi e si aspettava che anche la prima Smaterializzazione sarebbe andata a buon fine quanto la sua.

⚜⚜⚜

Per un po' lei e Mike rimasero immobili nello stesso punto, compiacendosi del modo in cui, nonostante tutto, la Sala Grande fosse stata addobbata per la festa.
«Non sei curioso di sapere che cosa c'è dietro quella porta? Peverell è stato così criptico che vorrei proprio sapere di che cosa si tratta.» e così dicendo si spostò leggermente per vedere la porticina in questione chiudersi alle spalle di una figura sconosciuta.
«Vieni, cerchiamo Nieve. Sono venuta qui con lei, non voglio lasciarla sola... chissà quali disastri potrebbe combinare!» ridacchiò divertita.
Al suo cenno di assenso, lo prese per mano e lo guidò tra gli invitati alla celebrazione, camminando al suo fianco senza mai superarlo.
I tavoli dei buffet erano già all'orizzonte e di lì a poco la chioma bionda di Nieve fece la propria comparsa. Da quel punto non riusciva a scorgere la figura con la quale l'amica si stava intrattenendo e dunque procedette senza indugio, sorridendo affabile al Serpeverde. «Poi mi dirai che cosa facevi in giardino, al freddo. » gli sussurrò all'orecchio quelle poche parole, prima di allungare la mano a pochi centimetri dalla spalla di Nieve.
Non riuscì a sfiorare l'amica subito, poiché al primo tentativo un gruppetto di ragazzini le sfilò sotto il naso, rischiando di calpestarle l'abito, diretti con foga ai tavoli imbanditi. Con disappunto li osservò scivolarle dinanzi e sbuffò un po', prima di tentare di allungare il braccio destro, la mano munita dell'inseparabile borsetta.
Al suo tocco leggero Nieve si voltò e le sorrise di rimando, prima di far avanzare Mike.
«Scusate se vi interrompo, ma... guarda un po' chi ho trovato!» e così dicendo indicò Mike con un cenno del capo.
Di ciò che accadde in seguito la Tassorosso rimosse ogni dettaglio: non udì la borsetta scivolarle di mano, né ebbe la cognizione del fatto di aver schiuse le labbra rosee in un'espressione di stupore misto ad orrore. Deglutì e il suo cervello cercò di colmare quel silenzio in ogni modo possibile.
«S-signor... Weiss.»
Pronunciare il suo nome fu estremamente difficile. Trovarselo davanti in quel modo fu uno scherzo del Destino bello e buono, pari ad una doccia fredda in pieno inverno. La sua mano, stretta ancora in quella di Mike, allentò la presa e la mente corse a quel tardo pomeriggio quando, immersi nell'oscurità, Aiden Weiss l'aveva baciata con un chiaro intento di scherno che all'inizio non aveva compreso. Era sempre lui, ma anche diverso in un certo senso.
Esaminò i tratti del suo viso per cercare il pentimento che tanto aveva millantato nelle sue lettere e maledì il Fato per averli ricongiunti. Erano lì tutti e tre. Lei, l'oggetto di una contesa mai davvero compresa, Weiss e Mike, l'unico inconsapevole insieme a Nieve. Il silenzio che calò in quel momento durò interminabili secondi, finché non si decise ad infrangerlo con il tono più deciso che riuscì a trovare. «Signore... questo è Mike. Prefetto di Serpeverde e... il ragazzo di cui vi ho parlato.» e sorrise nervosamente nel porre l'enfasi su una specifica parola *E che di quei fiori non sa assolutamente nulla.* aggiunse mentalmente. L'occhiata eloquente che gli riservò in quel momento espresse pienamente il pensiero che le aveva appena attraversato la mente. Se solo avesse osato fiatare, lo avrebbe trascinato di peso fuori da Hogwarts. *Fosse l'ultima cosa che faccio.* «Mike, non so se ricordi il signor Weiss. Ci ha accompagnati a Gerusalemme nell'ultimo viaggio della Scuola.»
Lo sguardo si spostò allora su Nieve e in quel caso non ebbe bisogno di comunicare alcunché all'amica: era certa che a quel punto sapesse esattamente cosa stava accadendo davanti a lei ed era altrettanto sicura che la ragazza non l'avrebbe messa nei guai.

Interazione con Ninì | Mike | Aiden
Il tutto è stato concordato con i diretti interessati :fru:



© Thalia | harrypotter.it

 
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view post Posted on 25/12/2018, 17:15
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O5ECDiM


Interazione con Ecate Soxilia O'Connor


⫸ Outfit ⫸ Identità
Ora che aveva fatto la sua entrata, doveva assolutamente infastidire qualcuno con la propria presenza. Doveva pur iniziare da qualche parte. L'idea era ovviamente quella di interagire con gli adulti, gli studenti sarebbero stati solo un effetto collaterale delle sue relazioni, lo aveva messo in conto.
Gli occhi corrucciati si voltarono verso il Buffet: il posto migliore per attaccare bottone. Capendo l'antifona, Karl scivolò nella tasca del maglioncino verde, fatta apposta per lui. Adorava stare al centro dell'attenzione, a maggior ragione dopo l'isolamento di cui aveva sofferto nei mesi precedenti.
Aggiustando la sciarpa sulla spalla, la sciarpa dagli inconfondibili colori di Tosca e logora per l'eccessivo utilizzo, mosse il primo passo verso l'angolo del rinfresco. Non amava molto bere ma più volte si era ritrovato a doversi bruciare la gola con quel veleno: dietro a un bicchiere, aveva scoperto, le persone si credevano al sicuro, indipendentemente da chi avevano davanti.
Un ragazzetto singhiozzò alle sue spalle e fu inevitabile per lui non fermarsi nuovamente e voltarsi: che fossero le parole del preside ad aver scaturito quella reazione? Fece spallucce, a lui poco importava, dopotutto. Che frignasse, al mondo c'era di peggio.
Lo sguardo insensibile, liberatosi da quella scena, si fermò finalmente su un'altra bella visione: una donna dai capelli biondi e raccolti, vestita di un azzurro così delicato da ricordare la neve al riverbero lunare. Paul non era quel tipo d'uomo ma amava la bellezza, in ogni sua forma, persino negli esseri umani che ben poco apprezzava.
Ovviamente mai e poi mai avrebbe fatto cenno al suo pensiero, la poesia era per la contemplazione interiore e lui, ad ogni modo, faceva fede alla personalità e al carattere appositamente costruiti nel corso degli anni, tanto flessibili da modellarsi a seconda delle circostanza. In quel caso, sarebbe stato il sensibile gentiluomo che porgeva una mano d'aiuto.
Si avvicinò lentamente, come se lei fosse stata una rara creatura da non spaventare, e goffamente piegò la schiena in avanti, ingombrandole la vista col suo faccione apprensivo.

„Si sente bene?", una semplice domanda dettata con dolcezza. Lui era lì per caso e l'aveva notata e si era preoccupato. Stava andando bene, no?

 
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view post Posted on 25/12/2018, 19:37
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La sala tendeva progressivamente a riempirsi, come normale che fosse in quelle circostanze evento. Nella lontananza il saluto dell'irlandese non tardo' a soggiungere, con un orientale inchino, cosi' come anche la signorina Bell si fece notare salutante e splendente di luce propria con la sua carnagione tendente al candido e avvicinata da un ragazzino. Era rimasto abbastanza colpito dalle parole del preside, tornando con la mente alla sua gioventu' e in una Mahoutokoro che organizzava simil eventi. Non gli fu difficile cominciare a capire una delle modalita' con il quale poteva venire a esser sentito, percepito, visto il ``problema`` da parte degli studenti, celato dietro una commemorazione organizzata; almeno, era piu' un ipotesi la sua dettata dal fatto di aver notato per caso la reazione di uno studente, probabilmente, in panni di ironico membro di un pubblico silente fino a quel momento. Questo batte' le mani (anche se non ebbe modo di sentirne il rumore) quasi per scherno...deducibile da cosa? Il vestiario adocchiato a stento alla sua entrata non richiamava esattamente il ``celebrativo``, tutt'altro. Se nessuno lo seguiva con gli applausi e nessuno parlava, a eccezion di quel ragazzo, era evidente che chiamava l'attenzione di chi o cosa precisamente poco deducibile, se non direttamente il preside di scuola appena portato fine al suo intervento. Quanti effettivamente potevano aver a bene la scuola con il proprio preside dopo un simile guaio? Se il ministero, come quasi normale che fosse in tutte le societa' e stati di diritto, perdeva voti o veniva sempre piu' mal visto dal comune mago leggente articoli della gazzetta, anche per colpe inevitabili misti a sfortunati eventi e terribili coincidenze...figuriamoci una scuola che doveva garantire non solo formazione ma anche sicurezza dal male del mondo esterno. Le famiglie a casa, cosa avrebbero pensato? I propri figli, come si sarebbero riscattati? Avrebbero cercato scuse per qualcosa, addossato le colpe a un unica persona o alle istituzioni? Oppure, semplicemente, avrebbero voluto un reset di tutto? Tanti i pensieri che prendevano piede nella mente del giapponese, ancora quasi addormentato su quelle parole dell'arazzo; d'un tratto, fu svegliato dal sonno meditativo. "Tsk, la fa così facile lui."
hogsmeade
L'occhio' cerco' la fonte delle parole. La vena rigonfio' in fronte. Cosa poteva esserci di piu' scontato, inutile, ``fatto`` e sbagliato delle parole che echeggiarono abbastanza chiare al giapponese li' vicino? L'individuo fu identificato...pellicciotto nero, aria da ribelle e pelo tirato a lucido. A si, certamente Mr. Pisciottu, ha ragione....farebbe meglio e prima a dire: Signori, chiedo scusa, e' successo un grande casino, e' morta gente e una scuola e' andata a pezzi cosi, ``puff``, per magia. Sguardo serio e tono superiore. Complimenti...avresti ricevuto la prima pagina sul profeta. Tossi' per schiarirsi la voce, senza degnar ulteriormente della propria vista l'italiano che, sin dal primo momento, tanto a genio non era mai andato. Aria da perenne vivente di un altro pianeta. Se la sicurezza doveva esser anche suo campo d'azione, beh, non c'era da meravigliarsi che potessero succedere simil episodi in giro per l'Inghilterra. Delle volte Mr. Maurizio, bisogna trovare il tempo per non proferir parola. Poco fa ha perso solo una delle tante occasioni che la vita offre. Lasci che gente saggia come il preside di questa scuola possa diriger un evento che chiama a raccolta valori e sentimenti benevoli per una societa' che dall'alba dei tempi deve trovarsi a lottare con chi semina zizzania. Una rapida vista anche alle spalle, arrivando a notare la bellissima Lia, tutta d'un pezzo vestita, strabiliantemente e rimanente ferma all'entrata chissa' per quale motivo e per di piu' con uno sconosciuto individuo, per poi porgere un ultimo sguardo al poliziotto. Non siamo semplici animali o bestie ululanti che non seguono la ragione...siamo uomini che cercano un senso e una soluzione, con le parole e il pensiero...non con i ringhi. Cercava ora con lo sguardo la stanza che poc'anzi venne menzionata dal preside, curioso di saper cosa potesse contenere...cibo per la sua curiosita' anche se il pasto era stato per il momento rovinato da uno di quei adulti che invece di prender fuoco sul nulla avrebbe dovuto cercare riscatto e mettersi in spirito di scuse con un istituzione come Hogwarts che aveva ricevuto una profonda ferita da quel crimine che il suo lavoro andava cercando. Rimase attento e pronto, eventualmente, a una contro-risposta. Era andato giu' abbastanza schietto e pesante, con tono deciso, ma non per umiliare ma per far comprendere l'importanza delle parole....soprattutto in un contesto delicato come quello dove tutto poteva esser preso come riferimento o esempio da parte dei piu' giovani.
isshomaur

Issho medita ancora sulle parole di Peverell; Sguardi di intesa con Aiden e un saluto ricambiato da Casey. Arriva a notare Daddy e il suo applaudire anonimo e definito dal suo vestiario. Viene disturbato da Maurizio contro il quale va all'attacco, ammonente. Uno sguardo rivolto verso Lia, all'entrata, che parla con uno sconosciuto. Rimane in attesa di controbbattuta da parte di Maurizio, mentre cerca con lo sguardo la stanza menzionata nel discorso di Peverell e contenente qualche cosa di curioso.

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2. Jugement

Silenzio.
La rabbia appannava la sua mente, che non riusciva in alcun modo a togliersi dalla testa quel pensiero.
Erano arrivati alla frutta, completamente. Non solo si diceva che ci si doveva prendere le responsabilità, ma si proseguiva come niente fosse, nello stesso medesimo modo, arrischiandosi di nuovo a far arrivare gente sconosciuta da ogni dove.
La scuola era stata aperta al pubblico. Nessun sequestro di bacchetta, giusto qualche ispezione e cosa portava questo? Inevitabilmente ad un rischio non gestibile.
Veramente pensavano che non fossero state fatte le stesse indagini dalla Bennett su chi fosse Raven quando lo assunse? Veramente non avevano pensato che chi c’era stato in precedenza a gestire la scuola si fosse comportato con “accortezza”?
Conosceva Persefone, così come conosceva la Lancaster. Non erano due sprovvedute,anzi, avevano fior di titoli alle spalle, anni di eccelsa carriera condotta con successo sul curriculum e grandi capacità magiche.
Come mai il mago medio pensasse che poteva gestire la situazione ancora non lo sapeva, forse l’estrema sicurezza dei propri mezzi portava a farli errare in toto.

Sbuffò.
Strascicando i piedi per terra, uscì dalla Sala Grande per dirigersi verso il Giardino. Voleva fumare.
Allargando la giacca che aveva addosso, tirò fuori il pacchetto di sigarette che aveva nella tasca interna e ne prese una.
Doveva fumare. Un gesto irrazionale, gettato da una voglia inesistente che era diventata un gesto sintomatico.
Fumare per rabbia.
Quante volte lo aveva fatto? In quei sei mesi, tante.
Ricordava ancora il giorno dell’epico scontro quando lui si trovava a casa dei suoi a cercare di placare l’ennesima discussione, piuttosto che a difendere quelle quattro mura.
Era il collante della famiglia, colui che riusciva a far tenere i pezzi di quel fragile vaso che ora che se ne era andato era sempre più instabile.
Aspirò.
Era stato quel giorno in cui Rob gli aveva detto che la sua presenza era un bene e che senza probabilmente lui e la mamma si sarebbero separati.
Trattenne il fumo alcuni secondi.
In quel momento, scene di molti mesi prima ritornarono ai suoi occhi facendoglieli illuminare. Come era possibile che quella famiglia tanto forte quando era partito la prima volta ora stava cadendo in ginocchio?
Gli occhi iniziarono a bruciargli con veemenza all’ennesimo pensiero di un padre infervorato e di una madre che gridava a squarciagola il suo odio.
Lo sconforto era nelle membra del ragazzo che non riusciva a debellare i pensieri che ora erano parte di lui, male presente e mai cancellabile.
Soffiò.
Possibile che per togliere il fumo dalla bocca ci vuole un secondo mentre per togliere il male non basta neanche una vita?
In quel momento avrebbe voluto urlare, gridare a squarciagola. Non poteva far capire ai suoi genitori quanto quella situazione lo facesse sentire male, arrovellare su se stesso.
Era lui il problema? Era lui il minimo comun denominatore di tutti i mali?
L’essenza di quegli attimi passati da solo agglomeravano oramai anni di triste realtà. I suoi stavano male senza di lui e forse lui doveva ritornare in quel mondo che oramai non era più suo.
Era veramente impossibile non far combaciare le cose? Veramente si doveva per forza scegliere tra la bellezza di quella vita e la bellezza di una vita con i suoi?
In quel momento le promesse che fece a se stesso furono molte, infinite. “Non mi comporterò mai…”, “Non farò più…”.
Parole, parole, parole e ancora parole in una notte buia e triste, con una realtà ancora più infida e schifosa.


Schiacciò la sigaretta a terra.
Era il momento di rientrare e affrontare la realtà. Magari quello che lo aspettava dietro quella porta “Off Limits” poteva aiutarlo ad andare avanti.
Dubitava, dubitava di tutto oramai. In un mondo che ti volta completamente le spalle come si può credere anche solo per un secondo che qualcuno ti guardi e ti dia una mano?
I passi si fecero veloci fino a che si fermò per fare la fila.
Odiava le file, specialmente quando il suo cervello gli dava così tante pare da gestire. Passò un bel po’ di tempo. C’era chi usciva triste dalla Sala, chi piangendo, chi addirittura era felice.
Cosa diamine lo stava aspettando al varco?
Non appena fu il suo turno, sgambettò davanti la porta e la aprì con decisione. Al contrario di quanto si immaginasse un più che confortevole salotto si palesò davanti ai suoi occhi.
Certo se quella era la sua stanza dei desideri avevano azzeccato in pieno. Ci stavano ampi spazi, una piccola scrivania per studiare e uno specchio per osservarsi e uscire sempre in splendida forma; unica pecca era che quell’ultimo oggetto non gli piaceva un granchè.
Alto e imponente quello schermo si presentava a lui in tutta la sua solennità. Mani di diverso tipo, di creature lontane dalla sua immaginazione, sembravano sorreggere il peso del mistero e della verità.
Fece passi decisi davanti a sé per osservarsi con maggior concentrazione, quindi rimase di sasso.
Se fino a pochi secondi prima c’era lui in tutta la sua gioventù, d’improvviso si trovò da solo, anziano e con un cumulo di morti alle spalle.
Rabbrividì.
Per quanto fosse una persona razionale, non poté negare che quell’effetto a sorpresa lo aveva spiazzato.
Si avvicinò lentamente all’immagine, per notare meglio le rughe solcargli il volto, specialmente sulla fronte.
Erano per caso grinze di tristezza quelle? Il volto era rabbioso, pieno di voglia di vivere nella morte che non era riuscito a contrastare.
Fece attenzione ai corpi riversi a terra dietro a lui. Riconobbe amici, parenti, genitori e ragazza inermi, svuotati all’interno, come se un Dissenatore avesse deciso di schioccare un bacio a tutti quanti.
Avvicinò il palmo della mano verso l’anziano lui, quando questo scattò con ira verso la sua persona. Rapido si tirò all’indietro mentre lo vide urlare nel pieno della più grande rabbia e iniziare a prendere a pugni il vetro, macchiando di sangue il terreno.
Cosa era? Cosa sarebbe diventato?
Per un momento pensò che tutta quella fosse una stronzata montata con cura da alcuni addetti nel castello, fino a quando un nube presente nell’immagine si trasformò in una frase.

“Alone”

Solo. Come era stato, come era e come sarebbe stato.
Solo. Senza nessuno accanto, nessuno di cui potersi fidare e nessuno con cui poter comunicare.
Solo. A lottare contro qualcosa di cui nessuno sembrava aver interesse.
Si fermò, mentre lo sguardo del suo essere diventava sempre più cupo e triste e l’immagine attorno ad esso si scuriva.
Era quello che era. Era una persona sola anche se aveva tanti attorno, era diffidente e non credeva in quello che lo circondava e quella era la sua più grande congiura.
Quando l’immagine sparì, si alzò e si recò verso la scrivania. Scrisse di getto, quindi se ne andò sbattendo la porta.
Il tempo della dura realtà era arrivato e ora doveva combatterci.


 
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view post Posted on 26/12/2018, 02:17
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non cliccare

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Guardava fuori dalla finestra del dormitorio maschile, la neve copriva la maggior parte delle colline vicino Hogwarts, così come gli alberi al delimitare tra i giardini della scuola e la foresta proibita. Ogni tanto da un ramo troppo carico era possibile notare la neve in sovrabbondanza cadere al suolo. Il lago nero era una distesa quasi infinita di ghiaccio in quel periodo. Tornando in sala camune aveva anche visto come alcune parti del castello erano decorate a festa, ma per chissà quale motivo non riusciva proprio a sentir l’atmosfera di della festa. Non capì nemmeno il perché la scuola stesse organizzando una festa, un ballo. Ma non era tanto una tradizione a sembrare assurda, il che rimane un qualcosa degno di nota, ma il fatto che la scuola aprisse al mondo magico. Era difficile dimenticare cosa era accaduto l’ultima volta, sei mesi prima, durante il periodo di esami. Leggeva i giornali ogni giorno, eppure nessuna notizia sui malfattori che aveva attaccato la scuola, nessun segnale forte dal ministero, dagli auror che avrebbero dovuto proteggerli. Nessun giornale riportava notizie che facevano be n sperare, ma forse in determinati casi ciò che si vuole non è tanto un colpevole, che rimane riconoscibile e riconosciuto, ma un perché. Già, perché attaccare ignari e indifesi studenti, che vantaggi poteva portare alla causa di colui-che-non-deve-essere-nominato. Certo la paura è un forte deterrente alla lotta, ma attaccare le leve del mondo magico futuro sembrava non aver senso. Si era ormai arrovellato tanto al fine di capire, di dare un senso a ciò che sembrava non averne. SI chiedeva come erano entrati, ogni ipotesi era più assurda della precedente, fino a chiedersi come aveva fatto a trovarsi esattamente al quarto piano quando tutto era accaduto, perché si era ritrovato in mezzo al combattimento senza nemmeno volerlo. Ogni giorno dopo quell’attacco la paura di girare un angolo di un qualsiasi corridoio lo accompagnava fino a lezione, ormai la paura stava scemando, piano piano. Ma vi era qualcosa che non riusciva a dimenticare: ciò che provava in quel momento, il ricordo di quel momento. Dal marchio nero al mangiamorte sul pianerottolo del quinto piano, e come poteva dimenticare, ogni giorno passava esattamente nel punto dove si trovava quel giorno: semi nascosto dall’arco d’ingresso del quarto piano, ogni qual volta scendeva in sala grande la mattina per fare colazione ripercorreva quel momento. Eppure nonostante tutto era riuscito a farsene una ragione, se avessero realmente voluto radere al suolo la scuola lo avrebbero fatto se non in quella occasione in un’altra, portandosi dietro tutti gli abitanti del castello. No. Quello era un atto intimidatorio. Un atto al quale è possibile rispondere con la forza di volontà. Vivere nella paura non era salutare, e di certo non era vita. Fu solo il quel momento che gli tornò in mente la festa, ecco perché si doveva festeggiare, ecco perché era giusto prendere parte alla festa. Perché mai si potesse dire che la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts abbassasse il capo a tali eventi, a tali persone. Nonostante la ritrovata voglia di reagire Derek rimase fermo a guardare fuori dalla finestra, si girò appena verso il suo letto dove aveva preparato ciò che avrebbe indossato quella sera per poi tornare a guardare fuori. Non riusciva a fare a meno di chiedersi se quella sera, quella festa poteva essere un dardo a disposizione dell’arco dei mangiamorte. Ma forse un attacco in una sera come quella era anche fin troppo intuibile, chissà quante misure di sicurezza erano state poste al castello e soprattutto quali controlli per i partecipanti esterni, anche se vale la pena ricordare che un aiuto interno non era da escludere. Ma per una volta dopo sei mesi voleva vivere quella sera senza troppi pensieri negativi, rammentarsi di quanto fosse importante partecipare alla festa e la forza con lo aveva portato a quell’epifania per far sì che si alzasse da quella sedia, si vestisse e iniziasse a scendere le scale verso la sala grande. M, ancora una volta, non si mosse. Chissà quale fosse il problema adesso. Proprio non riusciva a capirlo. Forse era tutto dettato dal fatto che sarebbe andato da solo ad un ballo? Considerato che fino a quel momento non voleva neanche andarci, figurarsi chiedere a chicchessia di accompagnarlo.
Si alzò forte del fatto che in caso di estremo imbarazzo avrebbe lasciato la festa. Iniziò a svestire la divisa scolastica, sentendo il freddo dell’inverno penetrare le ossa ad ogni parte del corpo che lasciava scoperta, quasi come un riflesso incondizionato il suo sguardo si diresse verso la stufa, ma purtroppo era accesa anche se poco poteva contro li spifferi della scuola. Iniziò ad indossare i pantaloni del quel vestito nero acquistato tempo prima per un altro ballo, anche qui non avendo considerato l’idea di andare non aveva acquistato niente di nuovo, ma alla fine un completo è pur sempre un completo, passo alla camicia, le sue ossute e lunghe dita affusolate passavano in rassegna ogni asola ed ogni bottone partendo dal basso, giusto per abbottonarsi bene al primo colpo, cosa che gli riuscì nonostante avesse la testa altrove. Allungò una mano verso il comodino in cerca del profumo, tre volte premuto lo stantuffo e via, era tempo della cravatta. Così la prese e non appena si mise davanti allo specchio per vedere il procedimento ed il risultato, si accorse che era completamente vestito di nero, non che la cosa lo turbasse, procedette con il suo nodo alla cravatta. Una volta finito aprì il baule ai piedi del letto e rovistando per bene raggiungendo quasi il fondo prese un sacchetto in cuoio chiuso da lacci del medesimo materiale. Lo aprì con cura ed estrasse un orologio da tasca e due anelli in argento, praticamente gli unici oggetti legati al suo passato se non si voleva considerare una collana il quale pendolo portava il suo nome e la data di nascita. Così attaccò l’estremità del catena dell’orologio al secondo passante a destra del pantalone ed un volta aperto l’orologio per vedere se funzionasse lo ripose dentro la tasca destra del pantalone, si mise la giacca, ed infine prese la bacchetta che si trovava sul letto. Quando aveva comprato quel vestito il mercante gli aveva esposto come quella giacca contenesse due alloggi per la bacchetta, il classico interno a destra o sinistra in base alla mano usata dal mago ed un altro ben più celato dentro la manica sempre a seconda della mano con la quale si usava la bacchetta. Essendo che Derek usasse la mano destra i due alloggi si trovavano a sinistra così da rendere l’estrazione più veloce e sicura in caso di attacco. Quella sera decise che avrebbe usato l’alloggio dentro la manica sinistra, in sostanza l’unica cosa che rimaneva scoperta dalla stoffa che formava l’alloggio era il manico che comunque rimaneva al riparo dentro la manica. Provò a muovere il braccio sinistro ed effettivamente non vi era alcun deficienza nell’uso, poi provò l’estrazione della bacchetta portando la mano destra verso la sinistra e sollevando quest’ultima, riuscì perfettamente. Era quasi pronto. Dopo aver risposto nuovamente la sua bacchetta di acero, prese i due anelli e ne indossò uno all’anulare destro, uno all’anulare sinistro. Poi prese un anello che aveva acquistato ad Hogsmeade e lo indossò nel dito indice della mano destra. Adesso era pronto. Andò verso la sala comune convinto di ciò che stava facendo, certo che dopo essersi preparato non aveva senso cambiare idea, doveva uscire dalla sua zona di comfort un’altra volta. Così uscito dalla sala comune iniziò a scendere le scale chiedendosi se non fosse stato meglio invertire la rotta e passare la sera a rimuginare sulla torre di Divinazione. Ma ormai era quasi giunto a quinto piano, e fu proprio quando s’incamminò sull’ultima rampa di scale prima del quarto piano che nuovamente, come ormai accadeva ogni giorno, ripercorse quella tragica giornata vedendo se stesso nascosto per metà, al fine di aver la possibilità di una linea di fuoco ma al contempo l’opportunità di coprirsi in caso di attacco. Ricordava ogni singolo momento, dalla tempesta di sabbia a Gazza che camminava per le scale come se nulla stesse accadendo. Rimase bloccato per diversi secondi, tanti da permettere alla rampa di mutare la sua posizione mentre vi era sopra, risvegliatosi dalla trance riprese a scendere verso la sala grande per quanto quel cambio di rotta avesse fatto sì che la strada fosse più lunga. Finalmente arrivato a destinazione il suo sguardo venne interamente attratto dal fuoco al centro della sala grande, solo in un secondo momento si accorse del abete in fondo e di una porta che solitamente era chiusa, chissà cosa vi era dentro, che fosse una trovata per il ballo di questo Natale?
Non appena il preside iniziò a parlare molti dei suoi ragionamenti gli fecero storcere il naso, ma vi fu una frase che lo aveva colpito profondamente, “con noi o contro di noi”. La scelta si rifaceva a solo due opportunità, non vi era altro. Non vi era la possibilità di rimanere nel mezzo, di non prendere alcuna posizione. Ciò lo portò alla stessa conclusione di sempre: nonostante tutto lui aveva combattuto per la sua stessa vita, prima di quella notte nulla in lui lo aveva portato a scegliere di combattere i seguaci del Signore Oscuro, nulla sapeva di loro nello specifico. Non aveva combattuto come parte di qualcosa, nonostante vi fosse un altro studente accanto a lui, aveva fatto ciò che con ogni probabilità avrebbe fatto chiunque avesse un minimo di autoconservazione.
Adesso però una domanda si faceva spazio nella mente del ragazzo: Lui cosa avrebbe scelto? Domanda Forse più importante: Avrebbe scelto?
Era ora di chiedersi cosa ci fosse dietro quella porta che attirava tante persone, che vi fosse la verità? Non si mosse comunque dal posto mentre rimuginava su quanto sentito, fermo in fondo alla sala comune, ma era tempo di muoversi anche in senso non strettamente letterale, cosi iniziò ad incamminarsi verso quella porta.
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Lia Soxilia
view post Posted on 26/12/2018, 11:25





Ecate Soxilia O'Connor
scheda - 26-Veela Medimaga
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Immobile, ancora, le sembrava di essere incatenata e costretta a rivivere ogni istante che la sua mente poteva ricordare in quella sala: la lettera il giorno della partenza in cui i genitori le dicevano che non l'avrebbero voluta a casa, le decorazioni che avevano riempito in ogni dove la scuola, le sue cose sparpagliate dai suoi compagni, l'immenso tavolo vuoto mentre gli occhi altrui la fissavano con disprezzo ed astio, la buia notte in cui si liberò della sua bambina, gli occhi grandi e marroni che la fissavano bisognosi d'amore, l'ennesima preghiera di Ab affinché la tenesse, il freddo e la neve che la coprirono sulla via del ritorno, i suoi disegni strappati sul letto da compagni che non dimostravano rispetto o intelligenza. Ricordava tutto e ciò la distruggeva. Era l'ennesima tortura che il suo passato le affliggeva, avrebbe mai saputo superare tutto ciò?
Non riuscì a rispondersi che il faccione di un uomo più grande di lei si intromise nel suo campo visivo impedendole di osservare i bellissimi aironi, aveva dei capelli biondi che arrivavano alle spalle e degli occhi che avevano un colore indefinito come i suoi, metà del volto era coperta da una brutta cicatrice provocata probabilmente da fiamme e una leggera barbetta con tanto di baffi terminava la composizione di un volto che a Lia dava l'impressione di mutare completamente sotto una sorta di consapevolezza fiera. L'abbigliamento invece era quasi una dichiarazione di appartenenza: con quel cappotto lungo color cammello in moher, quei pantaloni risvoltati sugli stivaletti in nero, quel maglione dai ricami natalizi e quella sciarpa che non negava assolutamente l'esser figlio di Tosca da troppi anni. Come un bravo adepto della sua casa si era preoccupato dell'espressione che Lia aveva involontariamente assunto immersa nei suoi ricordi.
Presa alla sprovvista si era sentita messa all'angolo e quegli occhi sentiva che stavano indagando, cercò di mostrare un timido sorriso e rivolse gli occhi dritti e sicuri in quelli dell'uomo che si era leggermente piegato a fissarla. "Vorrei dirle di si, ma in realtà fissando questa sala così vuota mi accorgo di essere semplicemente un'errante la cui vista ricade su una valle nascosta dal bianco." Sorrise pensando a quel bellissimo capolavoro visto durante i suoi anni di lontananza che le era rimasto nel cuore. "E voi vi sentite bene?" Sarebbe potuta sembrare solo una domanda di cortesia, solo un'educata forma di rispetto ed empatia alla quale era stata abituata da bambina; eppure Lia voleva capire cosa avesse spinto quell'uomo dal viso mutevole a rivolgerle la parola quando gli altri volti anche conosciuti si tenevano a distanza, cosa mai stava cercando il figlio di Tosca da una figlia di Cosetta?
yypLX
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view post Posted on 26/12/2018, 12:36
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Si citano diversi nomi di ph ancora non comparsi nella speranza di vederli :cry3: si saluta qualcuno - Aiden, Issho - si avvistano Vath e Anderson (quest'ultimo appositamente evitato sgavitarci un duello). Si sbraccia nella direzione di Issho per chiamarlo e poi risponde a Camillo.

Casey vorticò involontariamente su se stessa nel tentativo di cercare un volto noto. Caleb come al solito era scomparso qualche giorno prima per paura di essere trascinato a forza da lei e da qualche altro concasato al ballo - ci si chiedeva in effetti se fosse agorafobico, ma, a giudicare dall'ultimo scontro avuto con Pix al terzo piano, Casey aveva smentito tutto - mentre dei restanti grifondoro non c'era traccia. Sperava almeno di incrociare lo sguardo di Gwen, di parlarle un'ultima volta prima di tornare a Londra, di ringraziarla per il suo supporto e per l'infinita calma e dolcezza che le infondeva con la sua sola presenza. Oppure Drinky, l'artefice del suo outfit angelico, senza il cui aiuto sarebbe andata al ballo con un maglione slabbrato, jeans strappati e un calzino per cappello. In verità, per quanto fossero incantevoli il vestito e l'originalissimo coprispalle, non si sentiva del tutto a suo agio: le mancavano solo una mitra e delle pantofoline giuste per farsi eleggere papessa nella Santa Sede scozzese che Peverell levate. Unica pecca invisibile che le garantiva un barlume di sicurezza interiore erano le scarpe da tennis quotidiane ai piedi, che coperte dallo strascico nessuno avrebbe visto.
Cominciò a camminare attorno all'enorme falò, circumnavigandolo lentamente più e più volte per avere una visione più ampia della sala. Amava l'odore del legno scoppiettante dei fuochi, un profumo tuttavia del tutto opposto all'odore di cenere e di carni bruciate di cui era intrisa la Sala Grande dopo l'attacco. Sapeva che c'era stato una sorta di incendio lì, che qualcuno aveva invocato un fuoco maledetto, come le avevano riferito. Forse la pira che le bruciava dinanzi fino a sfiorare con gentilezza il soffitto incantato era proprio il messaggio che Hogwarts voleva dare a coloro che l'avevano attaccata:

Noi siamo in grado di domare il fuoco.


Eppure lei non si sentiva partecipe, lei non aveva potuto cogliere quell'occasione per lottare. Aveva solo visto, anzi, sentito l'attacco e le grida, rinchiusa assieme ad altri nella torre più alta del castello, come una di quelle principesse delle favole che aspettano di essere salvate dai loro principi. La domanda che l'assaliva in quel momento era: sarebbe mai stata in grado di fronteggiare l'attacco insieme agli altri?
Più volte i suoi occhi tornarono al volto di Aiden, il bonaccione della festa di Zonko con la paura dei pagliacci. Credette di aver visto con la coda dell'occhio Nieve che parlava con lui e qualche altro prefetto, mentre pian piano scomparivano in mezzo alla calca crescente. Fra i nuovi arrivati c'era il signor Remar, che guardava da tutt'altra parte in cerca di chissà cosa - forse sarebbe dovuta andare a salutarlo - elegante come sempre e col suo inquietante bastone dalla testa di serpente. Poco più in là i suoi occhi colsero un Daniel Anderson dalla curiosa faccia spaesata. Gli diede le spalle e passò oltre, più che certa di non voler attaccar briga con lui solo perché respirava la sua stessa aria. Il resto della folla era composta da facce che mostravano eloquentemente il loro disappunto o assenso alle parole del preside, chi con gesti plateali, chi storcendo solo un angolo della bocca. Proprio in mezzo a un grumo di gente che gesticolava animatamente vide Issho Fuji-Tora, il quale, durante gli intervalli di una discussione con un uomo coperto da una pelliccia simile a quella di un orso (Maurizio), le rivolse uno sguardo complice. Improvvisamente KC si mise ad agitare freneticamente le braccia sulla sua testa, salutandolo con gran foga. Sapeva che per lui era la prima volta ad Hogwarts e proprio per questo motivo si emozionò leggermente nel vederlo. Dunque decise di andare ad accoglierlo. Tuttavia fece un solo misero passo verso la direzione del "maestro". Sul momento non capì che stessero chiamando proprio lei, ma il modo in cui questa "biondina" veniva richiamata all'attenzione era così sconcertante da farle distogliere lo sguardo dal ministeriale. Si voltò e vide un tizio vestito da Febbre del Sabato Sera (?) che aveva proprio gli occhi puntati addosso a lei.
- Ma stai parlando con me? - incredula, solo dopo pochi istanti si ricordò di essersi schiarita i capelli per l'occasione. Tuttavia la domanda venne stroncata sul nascere dando spazio a un tono ancor più perplesso alla vista di ciò che il tipo teneva in mano. KC fece qualche passo in avanti per analizzare con fare esperto il calice del giovanotto che sembrava essersi trasfigurato in una ciminiera. Lo annusò, lo guardò da diverse angolazioni mentre lui continuava a berlo con spirito temerario.
- Mh! - esclamò sorpresa - Non pensavo che il Testa di Porco facesse catering per le feste.
Be', se non era potabile ed emetteva fumo quella era l'unica possibilità. Scrutò gravemente il ragazzo da sotto le sopracciglia scure per cercare di capire se ci fosse o ci facesse, e poi si schiarì nuovamente la gola.
- Sai, ho visto l'elfo delle cucine gettare dentro la Tequila Crucio Crucio della Polvere di Capperuncolo. Sì, chiaramente son cose per stomachi forti, ma ho sempre dubitato della sua sanità mentale.
Terminò grattandosi la testa e annuendo. Probabilmente Abe aveva avuto la necessità di trovare altre vie per guadagnare qualche galeone in più.




Edited by Keyser Söze. - 26/12/2018, 12:54
 
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view post Posted on 26/12/2018, 16:33
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Triste, come chi ha perso il nome delle cose.

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Cioccolatino Amarena Mostarda Idromele Lampone Limone Oreo

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Per KC



Auuuu
Mischiando distrattamente un po’ di questa e quella sostanza all’interno del bicchiere, il tassorosso doveva aver innescato qualche reazione chimica strampalata. Non era mai stato bravo con i cocktail, erano davvero rare le occasioni in cui si improvvisava bartender. Nonostante l’imprevedibilità della soluzione, era sicuro in tutto e per tutto che non ci fosse alcol nella sua bevanda, altrimenti, conoscendosi, era certo l’avrebbe gettata nel primo lavandino disponibile.
Cercò di non pensarci troppo. In fin dei conti non gliene fregava niente a nessuno di cosa stesse bevendo, men che meno a lui. Piuttosto, le allusioni della sua interlocutrice a tutti quegli elementi del mondo magico gli avevano lasciato degli spunti interessati su cui aggrapparsi per intrattenerla. Inoltre, quando maghi e streghe entravano troppo nello specifico con i dettagli, il suo cervello andava in tilt. Conosceva il Testa di Porco, il luridume da bancarella del ristorante, se così poteva esser definito, l’aveva fatto innamorare. Tutto il resto metteva alla prova le sue conoscenze sul mondo magico. Francamente non gli era sembrato saggio domandare un approfondimento. Per lui era molto meglio distogliere la sua attenzione da ciò che non riusciva a capire.
«Dolcina, vedi altre biondine nei paraggi?»
Analizzando con più attenzione l’aspetto dei presenti, avrebbe potuto darle ragione. C’erano altre invitate con la chioma del color dell’oro che si sarebbero potute girare se chiamate in quel modo, ma lui le avrebbe definite biondone. Le poche che era riuscito ad individuare sicuramente non erano in età scolastica e se anche lo fossero state, nessuna era più giovane di lui. Lei, al contrario, non sembrava essersi spinta tanto in là con gli anni. Forse - per essere generosi - avrebbe potuto frequentare il secondo.
«Comunque, questo posto è davvero figo. Tu stai davvero benissimo, sei così affascinante con quel vestito, se mi permetti un complimento.»
Questo posto è davvero figo. Qualcosa inizia a non quadrare? Non era la prima volta che lo studente si affacciava in quella Sala e quello, per rimarcare un concetto già espresso, non era nemmeno il suo primo ballo di fine anno. Ciò nonostante, l’olandese si era calato in una parte con l’intenzione di fare lo scemo. Gli piaceva scherzare e, quando si convinceva di averne un buon motivo, le sue doti di improvvisatore tendevano a conferirgli un tocco di sincerità. Ad ogni modo questo escludeva la smanceria di cui era stato artefice. Pensava davvero ciò che aveva detto e, nonostante la galanteria non fosse mai stata un suo punto di forza, non temeva di esporsi quando lo riteneva opportuno. Diveniva quasi imperativo.
«Senti, voglio confessarti una cosa, ti prego di non prendertela. Mi imbuco spesso alle feste degli altri licei, ma credo che questa volta la situazione mi sia leggermente sfuggita di mano.»
Il volume della voce più basso, lo sguardo imbarazzato, erano meccanismi consci volti a conferire una parvenza di verità alla sua storia.
«Ho così tante domande, perdonami se sono indiscreto. Immagino che questa sia una festa a tema fantasy contemporaneo, dico giusto? Il vecchio oratore si è calato così bene nella parte che quasi gli ho creduto davvero. Ora mi dici che ci sono delle persone vestite da elfi intente a cucinare. È un riferimento al Signore degli Anelli?»
Quando era ora di fare il babbano, nessuno poteva battere Camillo. Aveva così tanti assi nella manica per i suoi riferimenti alla cultura di massa che quasi non sapeva in quali altri posti ficcarseli. Più fosse andato avanti, più sarebbe riuscito ad inserirne nel proprio discorso.
«Poi immagino che la vostra sia una scuola privata per ricchi, non per farvi i conti in tasca, sia chiaro. Ma insomma, dovete aver speso un bel gruzzoletto per organizzare tutto quanto, specie per affittare il castello, non ho mai visto nulla di simile.»
Il falso imbucato aveva distolto lo sguardo da quello della sua vittima, così da potersi guardare intorno con una dose eccessiva di stupore. Dopo tutto quel tempo passato ad Hogwarts ancora si meravigliava per quanto suggestiva fosse la magia che animava l’istituto, ma in parte ci aveva fatto il callo. Non gli era comunque risultato difficile simulare la sorpresa, gli era bastato ripensare a come fosse vivere lì i primi mesi.
Un po’ affannato, elettrizzato, aveva mosso le braccia con discrezione qua e là, indicando la pira, l’abete, i vestiti più eccentrici ed elaborati di alcuni ospiti, per poi ricomporsi innanzi alla fanciulla importunata.
«Inoltre la sicurezza mi ha messo un po’ di soggezione addosso. Se i due ragazzi che ho conosciuto fuori non avessero garantito per me col cavolo che sarei qui adesso! Tanto di cappello comunque. Anche se, per essere sincero, non ricordavo ci fosse un castello simile a Londra. E sì che ci son nato.»
Camillo, in conclusione al discorso, aveva ficcato la mano libera dal drink nella tasca della sua giacca, tirando fuori uno smartphone ancora in voga, sebbene non fosse proprio l’ultimo modello immesso sul mercato. Per ovvie ragioni il telefono nemmeno si accendeva, nonostante i finti tentativi di rianimarlo, e non lo avrebbe mai più fatto - ragion per cui tornò in tasca. Aveva imparato a proprie spese, anni prima, che le apparecchiature elettroniche friggevano da quelle parti. Se lo teneva come monito, per non scordarselo mai.
«Il tuo funge? Dovrei dire ai miei amici che sono riuscito a trovare la festa più pazza di sempre, ma mi dev’esser morta la batteria.»
Indovinate un po’? Qualcuno aveva parzialmente premeditato lo scherzo, in previsione di fare nuove amicizie. Chi conosceva bene il Diavolo dei Sotterranei sapeva che andava matto per quel genere di burle. Chi non aveva mai avuto il dispiacere di averci a che fare, invece, si trovava davanti un ragazzo all’apparenza ingenuo, un po’ tonto per principio di onestà, convinto delle sue parole e delle sue azioni.
Il signor Breendbergh aveva fatto il possibile per far coincidere i dettagli di un’innocua intrusione, allo scopo di farsi nuovi amici e scroccare cibo gratis. Non era mai successo che dei babbani mettessero piede nella prestigiosa Scuola di Magia e Stregoneria, senza avere la minima idea di cosa fosse la magia, la stregoneria o - considerando che sembrava scemo forte - una scuola. Eppure lui per primo ci aveva creduto e quello era il primo passo da compiere per ingannare il prossimo.
«Oh, scusa, ero così preso che mi sono scordato di chiedertelo. Ti ho vista interessata, vuoi un assaggiare?»
In tutto ciò, la bibita era ancora lì che fermentava.


 
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view post Posted on 26/12/2018, 18:28
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Sheridan, la centesima scimmia che si ruppe il cervelletto.

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Era un pò tanto, parecchio, troppo agitata. Non era mai stata ad un ballo nonostante la sua famiglia vi avesse sempre preso parte. Lei di suo era troppo giovane per anche solo sperare di poterci andare, quindi, quello era senza ombra di dubbio il primissimo ballo a cui la piccola prendeva parte.
E lei non sapeva ballare.
Dettaglio abbastanza inutile, infondo non le importava, avrebbe improvvisato e eprchè no, magari imparato man mano che la serata andava avanti. I genitori non le avevano voluto comperare uno di quei bellissimi abiti eccentrici che si vedevano nelle vetrine dei negozi quando di era in periodo Natalizio o di fine anno, uno di quegli abiti sbrilluccicosi capaci di illuminare da soli un intero abitacolo con appena un piccolo riflesso di luce. Le sarebbe piaciuto poter indossare qualcosa di così bello ed elegante come quello che vedeva indosso alle altre compagne di scuola, Certi abiti erano davvero meravigliosi e lei si ritrovò ad essere non poco invidiosa a riguardo osservando un pò scocciata e delusa il proprio abitino bianco e nero con una faccina di panda sul busto. Le piaceva eh! Ma lo reputava un pò troppo fuori contesto vista l'eleganza degli altri partecipanti.
Prima di regarsi nella Sala Grande dove si sarebbe tenuto l'evento, aveva scansato impacciatamente ogni coppietta che le si parava davanti raggiungendo la torre da dove cominciò a riconoscere una costante affluenza di studenti Corvonero. Incrociate le braccia al petto tamburellando ritmicamente il piedino sul pavimento si sporgeva di tanto in tanto alla ricerca di Daniel, il ragazzo suo coetaneo che aveva avuto modo di incontrare prima di arrivare al castello.
"Ciao scusa ma che per caso Daniel è ancora dentro?" Avrebbe domandato ad un ragazzo solo parandoglisi davanti. Quando questo avrebbe risposto di non sapere di quale Daniel stesse parlando, la biondina decise di riprovarci. "Ciao! Conosi Daniel Blaine? Si? Bene! E' ancora in sala comune? Non potresti chiamarmelo? Non si fanno aspettare le ragazze!" Non fu semplice convincere qualcuno a darle retta, ma dopo un paio di tentativi, un ragazzo che era tornato indietro a recuperare qualcosa aveva ascoltato il suo chiedere aiuto decidendo di fare qualcosa. Dopo qualche minuto arrivò quindi il ragazzino a cui la figlia di Tosca aveva chiesto di farle da accompagnatore, si diceva così no? Gli sorrise nel vederlo arrivare agitando una mano in sua direzione. Infondo era davvero tipo l'unica persona con cui sarebbe potuta andare, inoltre si sentiva ancora in colpa per la scenata da Fortebraccio e voleva farsi perdonare facendogli passare una bella serata. "Stai proprio bene! Bello quel maglione." Disse squadrandolo un pochino per poi afferrargli una delle mani cominciando a trascinarlo lungo i corridoi a passo svelto. "Dai dai non perdiamo tempo! Tu non sei curioso? Io tantissimo, ma davvero tanto. I miei fratelli me ne hanno sempre parlato un sacco bene." Fece riferendosi al ballo.
Una volta arrivati alla sala grande, la ragazzina fece vagare lo sguardo lungo tutto il perimetro della stanza adibita in modo decisamente diverso rispetto al solito. Il cielo incantato prevedeva splendidi fiocchi di neve che si tramutavano poi in volatili candidi tanto la stessa per poi volteggiare via. In fondo alla sala l'enorme abete addobbato attirava lo sguardo di tutti così come il grande falò nel bel mezzo della sala.
"Ok avevano detto che facevano le cose in grande ma non credevo addirittura così tanto." Biascicò la biondina sorpresa trattenendo ancora per mano il compagno accorgendosene solo in quel momento. Decise di lasciarlo andare lanciandogli un sorrisone incoraggiante. Hai mai partecipato ad una cosa del genere? Sai ballare?" Gli avrebbe chiesto andando a vagare ancora con lo sguardo soffermandosi su una zona del muro annerita, come se vi fosse esploso qualcosa, chissà perchè era in quello stato, e soprattutto chissà perchè avevano deciso di non coprirla con i vari addobbi. Poco dietro l'abete notò invece una porticina da dove di tanto in tanto qualcuno entrava e usciva dopo un pò. Chissà cosa vi era al suo interno. Non ci pensò troppo piuttosto si soffermò ad osservare intorno i vari abiti da sera delle compagne sentendo una nota di fastidio ad altezza dello stomaco, trovandoli estremamente belli ma allo stesso tempo avvertendo della malinconia e tristezza nel non poter avere qualcosa di simile anche lei.

Le autodeterminazioni di questo post sono state concordate.
 
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view post Posted on 26/12/2018, 19:28
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La vitalità aveva preso a serpeggiare nella sala svuotata dall'eco della voce dell'anziano Preside; dapprima timidamente, fino a quando il brusio non acquistò sicurezza e stabilità. Amici si salutavano e si complimentavano per l'eleganza, opinioni riguardo alla natura della sorpresa danzavano nell'aria assieme ai fiocchi di neve e alle colombe.
Jolene indugiò nell'immobilità, indecisa sul da farsi. Eventi di quella portata l'avevano da sempre intimidita e, anche se non aveva mai saltato nemmeno un ballo di fine anno quando era studentessa, doveva ancora farci il callo. La carica emotiva e morale di quella particolare occasione, poi, pesava come un macigno sul suo petto. Le implicazioni erano talmente vaste e profonde che non avrebbe saputo da che parte abbordarle: per farsene un'idea, per intervenire, per accettarle.
Ancora una volta, lo sguardo muschiato sorvolò i volti dei presenti; inconsapevolmente, prese a muoversi senza una meta precisa, sperando di incrociare qualcuno con cui condividere un sorriso. Il voluminoso strascico la seguiva mentre serpeggiava tra i capannelli che si erano già raccolti: si muoveva sulla pietra con una fluidità che i suoi pensieri non possedevano.
Infine, quando scorse due volti familiari impegnati in una sorta di conversazione, il passo acquistò sicurezza nel dirigerla verso di essi. Issho Fuji-Tora e Maurizio erano due personalità che, per motivi del tutto diversi, l'avevano profondamente colpita quando, quella estate, aveva fatto la loro conoscenza. Da una parte, l'ordinata visione del mondo di un figlio dell'Oriente amante dei lunghi discorsi profondi; dall'altra, il caos di un appassionato di musica italiana e attore improvvisato sul palcoscenico delle biblioteche. Le circostanze non avrebbero potuto ideare coppia più bizzarra! Jolene sorrise tra sé e sé, chiedendosi se quei due si conoscessero già da prima e, nel caso, che tipo di relazione potessero intrattenere due nature come le loro.
«Buona sera, che piacere rivedervi!» Così li salutò: a quel punto, con tutta probabilità, l'avrebbero già scorta mentre si avvicinava. «Spero di non interrompervi, ma vi ho visti e non potevo non salutarvi. State passando delle belle feste?» Era incredibile come dei semplici volti familiari e il calore che automaticamente si risvegliava per accoglierli potessero alleggerire il suo spirito nel tempo del volo di un fiocco di neve incantato. «Mr Fuji-Tora, Ambipom non è tipo da eventi mondani?» Chiese con un sorriso divertito, accennando all'assenza del simpatico compagno che gli aveva visto sulla spalla durante il loro incontro.



Interazione con Issho e Maurizio.



Edited by Jolene White - 26/12/2018, 21:21
 
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view post Posted on 26/12/2018, 20:35
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We can MASTER the future.

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La danza delle ceneri
« Il Ballo della Fenice »
Capitolo II
Vath Remar
28
Purosangue
Dip. Ministeriale V° Livello C.M.I.
Acero, pelle di Runespoor, 12 pollici e 3/4, rigida.
Ex Serpeverde
Legilimens Apprendista
«La conoscenza è potere.»

Quante volte, da studente, Vath si era chiesto cosa c'era dietro quella porta? Troppe, quando il preside avvertì che dietro quella porta ci si poteva recare e trovare una sorpresa la curiosità del ventottenne schizzò alle stelle. Solo dopo che si fu congedato da Mike che gli rivolse un saluto, augurandogli una buona permanenza Vath ebbe modo di alzare lo sguardo e osservare la Sala Grande, vide molti volti conosciuti, Issho parlare animatamente con Maurizio, sua cugina Lia con un uomo dal volto bruciato, che l'effetto della Veela stesse facendo effetto? Vide Jolene e, con un sorriso, alzò il braccio ricambiando il saluto; non si era dimenticato che le doveva dire come era andata con la torta di cioccolato e magari, dopo aver visitato la stanza accanto il tavolo dei docenti, lo avrebbe fatto. L'ex Serpeverde era sempre stato cauto e lungo il percorso dal suo punto alla porta rifletté su ciò che ci sarebbe potuto essere dietro di essa. Il ministeriale fece la coda, tutti coloro che avevano frequentato Hogwarts e non solo erano curiosi di scoprire cosa si celava all'interno di quello stanzino. Solo quando ne uscì un ragazzo, quello che aveva applaudito sarcasticamente al discorso del preside, Vath entrò cautamente nello stanzino, era un salotto confortevole, rispecchiava i suoi gusti in fatto di mobilia. Velluto cremisi, arazzi, legni pregiati e candelabri lavorati a regola d'arte, l'unica eccezione fatta per un enorme specchio posto al centro del salotto su uno splendido tappeto persiano. Gli occhi del ministeriale videro un tavolino su cui erano posizionati una boccetta d'inchiostro, una piuma e una moltitudine di pergamene impilate ordinatamente. Vath stava rimirando il suo riflesso che fiero si appuntava i gemelli alla camicia in quello specchio enorme che si trovava nella stanzetta a cui era appena entrato in solitaria. Era identico a sé ma nonostante ciò Vath poteva notare come gli occhi del suo riflesso fossero di una limpidezza diversa dal solito.

giphy

Poi, l'immagine, parlò. «E la bella Sybella?» Era una domanda schietta e piccante. «Non è qui vero? Se n'è andata. Ma tanto lo sai il perché...» Il riflesso ammiccó a Vath con intesa mentre si sistemava la cravatta sollevando il petto fiero. «Aveva paura di te. Sapeva che sarebbe morta stando con te... Così come i tuoi bambini... Ma a te sta bene, in fondo i tuoi obbiettivi sono più importanti di tutto.» Il vero Vath osservò il proprio riflesso in silenzio. Fieramente questo si sistemò meglio i gemelli senza che il proprio corrispettivo reale lo facesse, uguale in tutto e per tutto a se stesso, l'unico dettaglio che rispetto a Vath aveva era gli occhi, più limpidi a com'erano in quei mesi, poi il riflesso parlò. Parole che Vath si era posto come domande pensate ma che aveva ricacciato nei più profondi meandri della propria mente. Mentre il Vath più schietto, freddo e composto si aggiustava la cravatta affondando un altra stoccata al Vath reale l'ex Serpeverde si schiarì la voce mentre la vista gli si appannava. Calde lacrime strariparono dalle palpebre, era se stesso e sapeva dove affrontare i propri colpi con precisione infallibile. Für das Größere Wohl, Per il Bene Superiore. Vath credeva in quel motto è intendeva realizzare i propri obiettivi, ma la nuda e cruda realtà era che avrebbe sacrificato tutto, pure la famiglia per la propria utopia. Quale senso aveva realizzare tutti i suoi obiettivi, se non avrebbe potuto goderne i frutti con i propri cari? Silenzio, per una volta Vath non seppe cosa replicare. Il ventottenne era sensibile su questo argomento e vederselo mostrato proprio da sé stesso lo disarmava, spogliato di ogni scusa che si era creato dietro ogni azione. Come quando era piccolo, dopo molti anni, Vath si era lasciato andare al pianto, con la voce rotta gli occhi gonfi e arrossati l'uomo guardo verso lo specchio. «Non della famiglia, non è mia intenzione metterli in pericolo, cosa devo fare?» Il silenzio che gli riservò l'immagine speculare poteva significare molte cose. Vath si chiese se fosse stato pee via del fatto che, nel più profondo del suo animo, sapeva già cosa doveva fare. Non seppe quanto tempo era passato dal proprio ingresso nella stanza, il Ministeriale sapeva solo che, dopo molti minuti, sentì il rumore di al uni colpi sulla porta e, dopo che si fu ricomposto, il ventottenne andò alla scrivania, intinse la piuma nell'inchiostro e scrisse qualcosa. Quando gettò la pergamena nel falò questa arse immediatamente e, mentre l'ex Serpeverde usciva dalla stanza, le ultime parole che il fuoco divorò furono "Sophie, Simon e Shawn."

//azioni autoconclusive nei confronti di Mike Tors Minotaus sono state concordate con il player dello stesso. Citazione a Daddy, Issho, Maurizio, Lia, Paul e Jolene.

Narrato ~ «Parlato» ~ “Pensato”
PS:215/215 ~ PC:143 ~ PM:142 ~ PE:29

code © by Vath Remar


 
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Daniel Blaine
view post Posted on 26/12/2018, 21:57





Daniel Blaine
Casata: Corvonero | Ruolo: Studente | Eta': 11 | Mood: Perso | Scheda | ♪XwFHG5M We are made of the same matter that the universe is made of
La Sera del Gran ballo di fine anno. Se non fosse stato per la richiesta della compagna conosciuta per caso da Florian Fortebraccio dubito che avrei partecipato all'evento. Parlando del ballo in se ,già il fatto che questo sia il primo evento dopo lo sciagurato evento successo tempo prima della nostra iscrizione a scuola mette non poca ansia nella mia persona, la presenza di persone adulte estere alla scuola era grande fonte di curiosità quanto di preoccupazione ,che siano qui a nostra protezione perchè pensano ad un possibile nuovo attacco? improbabile ma non da escludere, un evento così importante farebbe gola a dei terroristi.
Tornando ai preparativi per il ballo ,non avevo chissà quali vestiti per l'occasione e ciò era assai frustrante nel mio scavare tra i capi d'abbigliamento. Alla fine optai per un arrangiamento abbastanza formale ma che a mio avviso non dava il meglio di se per l'occasione. Preparato a dovere con un bel maglione bianco e nero ,jeans ed un cappotto smanicato mi apprestavo ad impegnare il tempo che mi separava dall'orario dell'appuntamento con la studentessa. Decisi di cimentarmi nello scritto ,per precisione aggiornai il mio diario degli appunti con i nuovi studi della giornata ,i nomi di nuove persone incontrate e cosa avrei dovuto preparare per l'indomani in vista di lezioni e studi di sorta.
Rimasi così tanto preso dallo scrivere che non mi accorsi del tempo che passava ,da che era una mezz'ora prima dell'orario prestabilito eravamo arrivati a ben dieci minuti di ritardo. Solo quando un mio compagno di ritorno in sala comune mi chiamò capii che ore si erano fatte.

-Oh diamine... Grazie per la cortesia

Dissi al compagno mentre afferravo il cappotto ed uscivo in fretta dalla sala comune di corvonero. Appena uscito mi ritrovai davanti la ragazza che sbracciandosi richiamava la mia attenzione. Senza metterci troppo affanno la raggiunsi, era meglio evitare di correre troppo ,quando mi scaldo troppo le orecchie mi diventano rubiconde e la cosa mi mette molto in soggezione.
Arrivatole vicino sento il suo complimento quando in verità mi aspettavo un rimprovero, almeno ero contento che non fosse arrabbiata con me per il ritardo.

-Scusami se ti ho fatto aspettare... ho perso la cognizione del tempo ,comunque grazie e anche tu hai un bel vestito ...è m-molto carino

Di mio pensavo che quello sarebbe stato l'unico complimento che avrei ricevuto per la serata ,anche se a priori non me ne aspettavo nessuno, per questo le sono molto grato. Notando il suo vestito mi fu spontaneo ricambiare il suo complimento ,le dava un'aria aggraziata per la sua età ma senza renderla troppo infantile. Alla sua domanda sulla mia curiosità riguardo al ballo rispondo sinceramente senza troppe difficoltà.

-Bhè, per essere curioso sono cu-...

Rimango sospeso qualche istante quando sento la mano di lei prendere la mia trascinandomi per i corridoi a gran passo, non ero pronto per questo gesto e per mia indole mi irrigidii leggermente. Subito dopo aver metabolizzato la situazione feci un sospiro profondo e continuai il mio discorso.

-Sono curioso di sentire il discorso del preside e di scoprire quale altre novità ci attendono questa sera ... prima parlavi di fratelli, quindi hai dei parenti qui a scuola?

Per fortuna la mia immensa curiosità sciolse la tensione e la rigidità di qualche attimo prima permettendomi di parlare e risponderle senza intoppi.
Proseguendo il nostro cammino verso la sala grande seguimmo il fiume di studenti e ci ritrovammo al ballo. Varcate le porte della sala il nostro sguardo si perse tra gli addobbi invernali ,il soffitto della sala che sembrava un cielo nevoso stagliato al di sopra di un enorme falò posto al centro dell'ambiente. Il commento della ragazza venne ignorato a causa della mia concentrazione verso la sala ora così diversa rispetto al quotidiano.
Quando sentii la mano di lei lasciare la presa tornai lucido ed ascoltai la domanda della ragazza con un pò di smarrimento.

-I-io? partecipare ad eventi simili? ... B-ballare? no no no ... questa è la prima volta che vedo un evento del mondo magico e per il ballare ... non ho mai provato

Quelle domande e quella situazione mi misero facilmente in difficoltà nonostante la loro semplicità. Subito mi apprestai a togliermi il cappotto di dosso prima di iniziare a sentire caldo ,di mio tendevo a scaldarmi facile sopratutto nei mesi invernali resistendo molto facilmente al freddo ,ma di contro d'estate per me era sempre una sofferenza. Questa mia inclinazione dicevano era data dal mio soffrire di pressione bassa ma non sapevo molto a riguardo. Sperando che le mie orecchie non si fossero ancora tinte di rosso spostai lo sguardo verso Sheridan notando come la stessa osservasse una sorta di bruciatura su di un muro della sala. Tutto ciò era decisamente curioso e per quanto stessi per chiederle se ne sapesse qualcosa a riguardo la noto spostare gli occhi verso l'abete, aguzzando la vista potei osservare una sorta di porticina con una strana maniglia ,eravamo troppo lontani per distinguere bene i dettagli della stessa ,l'unica cosa certa era che di tanto in tanto qualcuno vi entrava e successivamente vi usciva.

-Secondo te dove conduce la porta dietro l'albero?

La domanda sorse spontanea ,ma appena lo sguardo si posò sulla ragazza notai che qualcosa in lei non andava, sembrava leggermente intristita mostrando come sofferenza per qualcosa. Che l'ambiente la mettesse a disagio anche a lei? Tirando le somme pensai che probabilmente la ragazza volesse del sostegno per partecipare alla serata e che io ero una valida opzione per accompagnarla e per non farla sentire sola in mezzo a tanti volti sconosciuti, in fondo anche lei era del primo anno.

-Intanto andiamo a sederci ed a prendere qualcosa?

Dopo qualche istante di riflessione optai per aiutarla quanto potevo e farla sentire meglio. Mi avvicinai a lei cercando la sua attenzione tirandole leggermente un lembo del vestitino sperando che il mio gesto non la infastidisca. Detto quello che dovevo dire le indicai un posto a sedere non molto lontano dove potevamo sistemarci. Non volevo fare la figura del pesce lesso che si è fatto trascinare al ballo, volevo ricambiare il favore di aver portato qui cercando di essere di compagnia il più possibile.
Nella sala potei riconoscere qualche volto familiare, stranamente. Le persone in questione erano di fatti due adulti del ministero della magia, Il signor Fuji-Tora Issho ed il signor Remar Vath.





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Edited by Daniel Blaine - 5/1/2019, 00:41
 
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