| Casey, da perfetto Grifondoro temerario, non aveva considerato la possibilità di una reazione del genere da parte del Genio - se così si poteva chiamare. Una volta che egli portò il suo naso aquilino blu di muco ectoplasmatico a un palmo da lei, la ragazzina strinse ancora più forte la mano di Daniel. Intimorita dalla vicinanza con quegli occhi densi e insieme trasparenti, decise di fermarsi un attimo per riflettere su come porgergli quella domanda senza attizzare il suo accenno d'ira. Caleb però, il suo compagno di avventure e disavventure, parve essere perfettamente in grado di leggerle nella mente. Scattò in piedi e si intromise fra l'amica e l'essere, con la punta della bacchetta dritta verso quel naso gocciolante, e pronto a difenderla. Persino Gwen si alzò quando le parole del Genio cominciarono a farsi più taglienti. La piccola Grifondoro invece li guardò stupita, come se si trattasse di uno spettacolo ancor più toccante e raro di quello di un jinn che sbuca dalla sua lampada. Era stata irretita dalla sorte, posta al fianco del ragazzo le cui attenzioni aveva desiderato fino a quel momento, ma coperta e protetta dalle spalle dei suoi amici che, anche se per qualche minuto, era stata pronta ad ignorare. Caleb inimmaginabilmente riuscì ad ottenere l'informazioni ambite. Quel ragazzino timido conosciuto durante uno dei suoi primi giorni di scuola era in grado di stupirla. Il Grifondoro, dall'aria così fuori posto in quella casata, aveva una forma di coraggio che nel tempo stava scomparendo fra le fila dei figli di Godric. Non era estroverso, non era eccentrico, ma possedeva un istinto cavalleresco paragonabile ai valorosi fanti dei secoli addietro. Non poté che sorridere malinconicamente di fronte alla sua tenacia. Avrebbe voluto dire qualcosa, alzarsi e mettersi al fianco suo e a quello di Gwen, ma si sentì debole, qualcuno di meno rispetto a loro.
La preghiera dello spettro raccolse la sua attenzione. Riversatasi nel senso di colpa per aver acceso la miccia e lasciato agli altri il compito di spegnerla, aveva preso ad osservare ancora una volta la stretta che le inglobava la mano a quella del Serpeverde. La supplica l'aveva colpita nel profondo, come il "legame" con qualcosa di superiore - probabilmente con la cosa che il Genio continuava ad indicare oltre il soffitto - in grado espiare il male e i dolori che egli pareva aver inferto. L'ebrezza di quella commistione fra favola e realtà, il concretizzarsi del mito della lampada di fronte ai loro occhi, passò in secondo piano. L'istinto le disse di alzarsi, di mettersi accanto a Gwen, di prendere lei per mano e di uscire tutti insieme da quella stanza vittoriosi. E lo avrebbe fatto subito se la voce di Daniel non si fosse insinuata fra i versi declamati dal Genio. Rimase basita di fronte a quella richiesta, anzi, ricatto. Avevano ottenuto quello che volevano, sapevano che Gavin era rimasto vittima del caso e che niente terrorizzava Hogwarts. Perché osare in quel modo? Il Genio, interrotto sul finire della sua preghiera, dapprima rimase immobile, come pietrificato. La rabbia crescente poteva esser notata dall'intensificarsi del blu, sempre più scuro, del suo intero corpo. «Tu... come osi! V-vapore?!» puntò un dito verso il ragazzo con l'apparente intento di fulminarlo, ma dopo alcuni secondi scanditi dal suo respiro ansante decise di abbassare il braccio, di ricomporsi e di voltargli le spalle. Il Genio aveva fatto un voto, e avrebbe dovuto mantenere la sua parola anche in quella situazione. Spaventare l'innocuo ragazzino "Gavin" era stato già troppo, persino se fatto con un poderoso starnuto. Fu allora che KC si alzò, intenta a non lasciarsi andare in quel momento, nel momento del bisogno. Lasciò la mano di Daniel per stringere il rametto di Nocciolo, in modo tale che l'essere comprendesse che nonostante fossero quattro "scimmiette" non erano del tutto intimoriti e sprovveduti. In tutta risposta una fragorosa risata giunse dall'altro capo della stanza. Ancora di un blu incandescente, il Genio li derideva sonoramente. «Credete per caso di trovarvi in un libro? In uno di quegli irrealistici racconti che gli adulti sfruttano per non fare andare i bambini nel deserto?». Mancava poco, e presto sarebbe diventato di un bel color indaco. Si avvicinò lentamente al quartetto, squadrando i loro volti. KC invece puntò nervosamente la bacchetta verso il suo petto etereo, avendo come risultato solo un ulteriore scoppio di risa. «Ne sei proprio certa ragazzina?» domandò sornione. «Non ho intenzione di fare alcunché di voi». Guardò ancora una volta Daniel. Quella minaccia, anche se proveniente dalla bocca di un ragazzino, forse non era del tutto campata in aria. Si grattò il pizzetto e, una volta per tutte, prese in pugno la situazione. «Non posso esaudire alcun desiderio. D'altronde non avete sfregato la mia lampada» disse sardonicamente «ma sono un essere millenario. Potrei dispensarvi di perle dalla profonda saggezza se me lo chiedeste. Uno ciascuno». Posò lo sguardo ancora sulla Grifondoro, la quale sconcertata si ostinava a puntare la bacchetta verso di lui, come se egli fosse tangibile. Il jinn sorrise. Non gli erano sfuggite le sue mosse, il suo rintanarsi nel buio della stanza stretta all'altro moccioso mentre i compagni erano lì per difenderla. La colse come un fiore, prendendola come vittima per dare una dimostrazione agli altri. «Ad esempio, il mio consiglio per te, ragazzina, è quello di rivedere la tua personale lista delle priorità».
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Edited by Keyser Söze. - 10/3/2019, 11:32
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