Quel profondo e tagliente silenzio l’aveva investita irrompendo con violenza nel suo cuore. Quest’ultimo lo sentiva battere lentamente, ora, ma ogni suo impulso si trasformava in un dolore profondo che si effondeva in tutto il corpo. Come poteva non sentirsi uno schifo in quel momento? Sebbene la verità fosse da sempre, per quel che si diceva, la strada migliore, quello che era appena successo la stava distruggendo. Forse non era davvero così, a volte quest’ultima può annientare e per salvare se stessi e gli altri bisogna solo tacere.
Non si sentiva libera, si sentiva sprofondare sempre di più nel buio senza avere la forza di tornare verso la luce.
Lo vedeva chiaramente negli occhi di Elijah, il dolore era lì e gli esplodeva in corpo. Percepiva la sua resistenza e ne capiva le motivazioni; da quanto tempo lo stava facendo anche lei e per quanto ancora avrebbe continuato a farlo.
In quegli istanti di interminabile quiete apparente Megan avrebbe tanto voluto fare qualcosa, lo fissava in cerca di risposte, scrutava i suoi occhi che si perdevano nel vuoto desiderando di immergersi all’interno di essi e comprendere più di quanto non lo stesse già facendo. Le mani strette in un pugno violento trattenuto, i sospiri cadenzati e la mascella tesa, erano tutti chiari segnali di implosione: Elijah stava scoppiando e tratteneva ogni istinto.
In quel momento si sentiva così incapace di poterlo sorreggere, di potergli dare conforto che il suo sguardo rimase impassibile a fronte dei suoi occhi colmi di tristezza. Era un fardello pesante il suo, una sofferenza che si aggiungeva a quella che soffocava la Corvonero e lei era troppo piccola per sorreggerne il peso. Eppure voleva fare qualcosa, voleva che lui sapesse che non le importava nulla della sua promessa né dei suoi grazie, le importava stargli affianco e aiutarlo per quanto avrebbe potuto fare.
Succedeva ancora, si stava facendo carico di un problema che non la riguardava, stava aggiungendo un altro peso sulle spalle senza privarsi di quello che da tempo la soffocava, il suo. La solitudine l’aveva portata a isolarsi, a rinchiudersi in un dolore personale cui altre persone non dovevano farne parte. Non capiva che a volte l’aiuto era positivo perché pensava sempre di essere un fardello troppo pesante da poter essere sollevato. Eppure lei era sempre stata la prima ad ascoltare, quello era il suo modo di essere un supporto, una colonna “resistente” su cui poggiare. Era brava in quello ma quando si trattava di lei era un completo disastro; non voleva aiuto, non voleva una mano tesa, perché era lei a dover superare tutto senza appesantire chi le stava attorno. Eppure sapeva di non farcela più, sapeva che avrebbe ben presto trovato la distruzione e così, comprendendo a pieno la sensazione, cercava di allontanare gli altri da quel punto limite. Si chiedeva se Elijah lo avesse già raggiunto, se si sentisse come lei, tuttavia avrebbe comunque dato lui una possibilità di emergere.
Lo vide alzarsi e allontanarsi dandole le spalle senza mai voltarsi indietro, una morsa le aveva stritolato il petto e con un respiro profondo cercò di riprendere il pieno controllo dell’aria attorno a sé. Si guardò intorno, tutto sembrava scorrere perfettamente mentre lì il tempo si era fermato. Prese coraggio, perché sapeva che quello che doveva fare era uscire, cercarlo e trovarlo qualora fosse sparito nel nulla.
Così si alzò e afferrò il cappotto avvolgendolo al proprio corpo e contando i passi, respirando profondamente, chiudendo appena gli occhi per qualche istante, si lasciò investire dal freddo di quella sera. Le luci nel buio invasero le sue iridi chiare, strinse gli occhi e portò il volto a muoversi di scatto dapprima verso destra e poi verso sinistra. Lo vide poco distante da lei appoggiato al muro, mentre il fumo della sigaretta accesa si disperdeva nell’aria autunnale.
Avanzò con cautela, la paura di aver fatto qualcosa di sbagliato non l’aveva abbandonata e non lo avrebbe fatto ancora. Gli occhi tristi del ragazzo le tagliavano la pelle come fossero lame affilate su un foglio di carta, e più avanzava più sentiva il sangue caldo scorrerle sulla pelle ghiacciata. Lo affiancò poggiando anche lei le spalle contro il muro, la testa aderì perfettamente tra le dure pietre mentre fissava la strada in cerca di parole giuste, più di quanto il silenzio e quel mancato contatto avessero già dato il loro conforto.
«Non mi importa della tua promessa, Elijah. Voglio solamente che tu faccia ciò che io non ho avuto la possibilità di fare.» le parole erano calme, ma dentro stava urlando. «-Salvare chi ami di più al mondo.» lo sguardo non smetteva di misurare ogni centimetro della strada di fronte a lei. «Ora torniamo per favore.» il volto si spostò in direzione del Serpeverde, nessun sorriso, nessuna smorfia, solo gli occhi avrebbero parlato per lei ed era certa che lui li avrebbe saputi leggere senza alcuna difficoltà.
«I don’t need no arms around me.
I have seen the writing on the wall, don’t think I need anything at all.»