Nidi di ronda, Privata.

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view post Posted on 23/6/2017, 21:54
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Sebbene le due avessero anelato al brivido della cattura, fu con spirito non meno compiaciuto che posarono gli occhi sulla causa della loro concitazione. La punta della bacchetta di Thalia, con la solerzia tipica di chi è abituato da sempre all'uso della magia, illuminò la porzione di corridoio presso la quale erano giunte a passi trafelati per rivelare l'identità del malfattore: laddove si sarebbero aspettate di trovare uno studente restio alle restrizioni del coprifuoco, le ragazze trovarono lo scompiglio che soltanto l'animo curioso di un felino avrebbe potuto generare con altrettanta disinvoltura. I gatti possedevano quella deformazione, tipica della loro specie, che pareva renderli inconsapevoli di quanto ingombranti o pesanti fossero, sicché si spingevano spesso ben al di là dei loro limiti. L'espressione dell'islandese, da corrucciata che era, si aprì alla morbida modulazione della tenerezza e, prima ancora di udire le parole della compagna d'avventura, era già pronta ad intervenire. Nieve aveva trascorso una vita intera a relazionarsi con gli animali, scorgendo in se stessa una particolare affinità col loro modo di fare del tutto istintuale. Rifiutata dalla comunità di Borgarbyggð, aveva preso l'abitudine di passare interi pomeriggi per la foresta, familiarizzando con le poche anime che l'abitavano: dapprima, non era stato semplice approcciarsi ad una specie così diversa dalla sua, così disavvezza all'uso della ragione; in un secondo momento, aveva colto il meccanismo sotteso alla condotta animale al punto da subirne l'influenza. Era uno dei tratti salienti della sua personalità, lo spiccato e ossimorico istinto che si accostava alla rigida ragione del vivere quotidiano. Dunque, fu per lei del tutto naturale riporre la bacchetta nelle tasche della divisa e muoversi con cautela in direzione del piccolo micio intrappolato. I gatti avevano un'indole profondamente diffidente, che non andava testata se non si voleva correre il rischio di suscitare una reazione concitata. Senza troppa fretta, si chinò sulle ginocchia.

«Ciao, piccolino!» Come spesso accadeva in presenza di un animale, la sua voce cambiò modulazione per assumere un tono dolce e basso, rassicurante nei suoi tratti di cauta tenerezza. «Lascia che ti dia una mano, va bene? Posso?» Allontanando la mano dal pavimento, indugiò qualche istante prima di allungarla verso il piccolo, che la guardava coi grandi occhi verdi spalancati attraverso la fessura dell'elmo. «Sarò velocissima.»

Con movimenti decisi agguantò il pezzo di solido metallo con la mano destra, mentre con l'altra alzava la celata dell'elmo per liberare la coda del gattino. Lo stridio metallico che generò l'apertura fu motivo di impedimento: spaventato dal suono penetrante, l'animale prese ad agitarsi e Nieve temette per l'incolumità di questo al punto tale da abbandonare definitivamente il garbo. Poiché l'apertura del collo era ambiguamente più stretta di quella frontale e il rischio era che la testa del micio s'incastrasse senza possibilità di ritorno, la giovane Grifondoro pose rimedio alla situazione prima ancora che precipitasse. La mano destra bloccò la fenditura dalla quale faceva capolino il muso del felino, la sinistra si insinuò oltre la celata quel tanto che bastava a cingere il ventre dell'animale per tirarlo fuori. Dopo una breve, quasi feroce resistenza, Nieve riuscì nel proprio intento.

«Ecco fatto,» disse, liberando immediatamente il gattino per vederlo fuggire a tutta velocità oltre l'angolo che lei e Thalia avevano oltrepassato poco prima. Per una manciata di istanti, la Grifondoro continuò ad osservare il punto in cui l'aveva visto sparire, come se una parte di lei sperasse di vederlo tornare; infine, scosse il capo, si riappropriò dell'elmo e tornò in posizione eretta. «Dici che ho fatto male a lasciarlo andare? Dovevamo portarlo ad uno dei Caposcuola?»

Cercò Thalia con lo sguardo, un sorriso ampio che indugiava sulle labbra scoprendo i denti candidi di ragazzina; poi, si lasciò andare ad una risata, osservando lo stato in cui versava l'armatura. Com'era possibile che un esserino tanto piccolo avesse generato tanto caos? La sua mente fu attraversata dallo stesso interrogativo che aveva colto l'altra studentessa, prima di trovarvi immediata risoluzione. Compiendo un passo in avanti e issandosi sulle punte, si premurò di incastrare l'elmo al busto dell'armatura.
 
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view post Posted on 27/6/2017, 18:56
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Scheda Thalia J. Moran Prefetto Tassorosso
La sua affinità con il mondo animale aveva subito bruschi cambiamenti nel corso di quei primi sedici anni di vita. Non amava particolarmente accerchiarsi di piccoli compagni di giochi di cui doversi occupare. Odiava persino l'idea che un essere vivente appartenesse ad un altro, come se il fatto di nutrirlo o fornirgli rifugio bastasse a garantirle il privilegio del possesso. Non si trattava di ribrezzo o fastidio, quanto più di staccarsi dall'entità viva e libera, lasciandola prosperare autonomamente.
Questo, per lo meno, si applicava alla maggior parte dei casi. Come molti altri studenti, anche lei possedeva una civetta: Clio, un nome di origine greca che subito, non appena i suoi occhi grigi si erano posati su quelli azzurri dell'animale, le era affiorato alla mente e sulle labbra. Il suo rapporto con il rapace subiva l'altalenante umore dell'irlandese; d'altro canto, Clio non si esimeva mai dal beccarle le dita qualora le ricompense fossero ingenerose secondo i suoi standard.
Nonostante ciò, la civetta incontrava la sua approvazione, forse perché consegnare una lettera di tanto in tanto era un piccolo prezzo da pagare a fronte della libertà della Guferia e delle notti di caccia.
I gatti, nonostante le più buone intenzioni della ragazza, non sarebbero mai e poi mai rientrati nelle sue grazie. Nessun trauma infantile avrebbe potuto giustificare la diffidenza reciproca intercorsa tra un felino e la Tassorosso: la sua opinione riguardo quel genere di animali sembrava insita nel suo codice genetico, come se di fatto non potesse farne a meno e fosse un istinto atavico, qualcosa che proprio non poteva esimersi dal provare.
Persino Matisse, il micio evocato con la magia dal cugino Desmond e donato alla sorella Fiona, non incontrava la sua benevolenza. Nemmeno in quel caso, dunque, il suo cuore si lasciava conquistare dai teneri miagolii - per lei fastidiosissimi come unghie sulla superficie di una lavagna - e dal piccolo corpicino che sinuosamente si strusciava tra le caviglie elemosinando una crocchetta o altro di commestibile.
Fiona la considerava insensibile, ma tutto ciò che la Tassorosso poteva addurre a propria difesa era la semplice constatazione dei fatti: non esisteva una soluzione al problema, tanto valeva accettarlo senza crucciarsi troppo.
Per tale ragione, quindi, si stupì nell'osservare la spontaneità di Nieve ed il cambiamento nel suo atteggiamento. Era possibile che in qualche angolo oscuro della propria anima, la Grifondoro serbasse la minima traccia di tenerezza? Nel procedere silenziosamente l'ultimo tratto, si era fatta l'idea che la piccola dovesse essere cresciuta sola in un mutismo pressoché perenne. Non che fosse stranamente taciturna in modo inquietante, ma l'idea che il Prefetto si era fatta della collega era piuttosto di una bambina sola, abituata a risolvere per conto proprio i piccoli problemi della sua giovane vita, senza una sorta di guida a supportare il suo operato. Per quanto poteva saperne, poteva essere orfana o cresciuta chissà dove in una famiglia numerosa al punto tale da non essere considerata da nessuno dei propri parenti. Di famiglie numerose, in fondo, ne sapeva parecchio.
Continuò a tacere, predisponendo nuovamente il guanto metallico al proprio posto, come se quel simulacro di epoche passate potesse soffrire di quella separazione involontaria dal proprio arto. Scorse appena la macchietta rossiccia sgattaiolare via, veloce come il vento, e si fece da parte per permettere alla Grifondoro di issare l'elmo là dov'era preposto.

«Spiritosa...» - commentò sardonica, abbozzando una smorfia mista tra il divertito e l'offeso. Horus non avrebbe saputo che farsene di un gatto malandrino e, di certo, non si sarebbe permessa di acciuffarlo per la collottola trascinandolo dal suo Caposcuola. Brior, d'altro canto, in un eccesso di cavalleria avrebbe cercato in tutti i modi il padrone del fuggiasco, nel suo classico stile d'altri tempi.
«Tu guarda, un minimo di tenerezza.» - disse poi, rivolgendosi a lei in tono pacato e sereno, cercando con lei il contatto visivo. La ragazzina aveva un caratterino non indifferente, qualcosa di paragonabile alla fiamma di una candela che, sospinta dal giusta brezza, poteva incendiarsi ancor di più oppure spegnersi improvvisamente. Entrambe le ipotesi si erano verificate a distanza di pochi minuti, un fatto che la Tassorosso non aveva certo dimenticato od ignorato. Se c'era qualcosa che non le sfuggiva, di certo si trattava dei subdoli messaggi non verbali, lievi impulsi che il corpo involontariamente inviava al mondo esterno: l'aveva imparato minimamente da suo nonno - per essere esattamente come lui di strada bisognava ancora percorrerne parecchia - un uomo ed un mago estremamente abile, capace di scorgere una bugia solamente grazie ad un dettaglio in apparenza insignificante.
«Mi incuriosisce sapere chi sei, Nieve.» - ammise iniziando ad incamminarsi, interrompendo quell'affermazione e tornando ad osservarla nuovamente, questa volta assumendo un cipiglio curioso - «Ora che ci penso non so nemmeno quale sia il tuo cognome.»
Non che si trattasse di un'informazione fondamentale, ma a giudicare dalla spilla sul petto, avrebbe fatto bene a conoscere i dettagli di ogni studente che le fosse capitato a tiro, a partire da un indizio basilare che, forse, le avrebbe dato un'idea dell'origine della ragazzina.
«Di me, in fondo, sai giusto il necessario.» - concluse, abbozzando un sorrisetto che nulla aveva dell'atteggiamento sardonico di poco prima. Aveva recitato la parte della sorella maggiore all'inizio, poi quella dell'adulto - o presunto tale - di fronte ad un possibile pericolo. Ora interpretava se stessa: una sedicenne, forse troppo, curiosa.
 
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view post Posted on 30/6/2017, 14:18
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«Oh...»

Mentre le mani sottili indugiavano ancora sulla fredda consistenza del metallo, lo sguardo di Nieve planò sul volto di Thalia in un misto di piacere e sbigottimento, le labbra schiuse nell'atto della sorpresa e l'espressione improvvisamente fanciullesca. Per un lasso di tempo infinitamente breve eppure intenso, la ragione tacque e il suo corpo reagì, investito, dapprima, dal freddo della inaspettato e, dopo, dal calore del più timido compiacimento. Nessuno, da che era a Hogwarts, aveva mai manifestato tanto apertamente un interesse nei suoi confronti. Certo, aveva degli amici che tenevano a lei e che, per mezzo di comportamenti concludenti, non facevano alcun mistero del loro apprezzamento. Ma ciò che ebbe a materializzarsi (del tutto all'insaputa dell'esecutrice materiale) in quel frangente era un unicum che non avrebbe potuto passare inosservato agli occhi di Nieve. Aveva riso e ammiccato alle ironiche risposte della Tassorosso sulla scia di una coerenza che ben si metteva in linea di continuità col tenore del loro incontro. Aveva persino sorriso del commento dell'altra relativamente alla manifestazione di tenerezza in cui si era esibita poco prima. Ma quello - l'aperta e genuina ammissione di interesse nei suoi riguardi - era tutta un'altra storia. Sospesa sulle punte, Nieve mantenne la posizione per un tempo che, in seguito, le sarebbe parso infinito. Alfine, progressivamente, tornò a poggiare i talloni al suolo e, battendo le palpebre, si ricompose, l'espressione ammorbidita nei toni inediti di un piacere che proprio non riusciva a scacciare per quanto desiderasse nasconderlo.

«Rigos,» esalò, «il mio cognome è Rigos.»

La prospettiva di parlare di sé, d'un tratto, le risultò nuova a tal punto che incontrò qualche difficoltà a mettere in ordine le idee. Come si raccontava la storia della propria vita? Quali aspetti andavano condivisi e quali momentaneamente omessi? E quanto alto era il rischio che, alla conoscenza, seguisse il biasimo o perfino il giudizio? Scosse il capo impercettibilmente, scacciando un timore che ben conosceva: se ne stava annidato nella porzione più fragile del suo animo per saltare fuori ad ogni nuovo incontro come un petardo ricolmo di polvere d'isteria dalla miccia troppo corta. Fino a quel momento, le sue esperienza a Hogwarts erano state più che positive. Si sarebbe preoccupata del declino della sua reputazione - ammesso e non concesso che il futuro avesse qualcosa del genere il serbo per lei - quando fosse giunto il momento. Tornò a guardare Thalia col viso disteso, le gote lievemente imporporate in contrasto col chiarore perlaceo dei capelli.

«Vengo da un piccolo villaggio dell'Islanda. Mi sono trasferita a Londra da qualche anno e sono stata educata alla magia.» Le sue labbra si schiusero a mostrare i piccoli denti graziosi, lasciando trasparire un tratto di lei che ancora non aveva mostrato a Thalia. Nieve era una persona decisa, caparbia, con un temperamento profondamente combattivo, ma possedeva delle sfumature tenui che, pur nella contraddizione, non perdevano di verità. Era solo difficile conciliare aspetti così apparentemente disarmonici per trovare un equilibrio. «Ma suppongo che, da brava osservatrice quale sei,» fece, servendole l'ennesimo assaggio pepato della sua indole, «te ne sarai resa conto da sola. O, almeno, io l'avrei notato nel confronto con la dimestichezza che tu dimostri. Non mi sto rimproverando o sottovalutando per questo,» si affrettò ad aggiungere, alzando le mani e mostrando i palmi in segno di resa, memore della lezioncina che le aveva rifilato poco prima l'altra. «Sto solo dicendo come stanno i fatti. Diciamo che mi risulta strano vedere con occhio normale ciò che, per tanto tempo, mi ha resa strana e costretta all'emarginazione.»

Quell'ammissione le costò una stretta allo stomaco sulla scia di un ricordo che non riuscì a frenare. Un pomeriggio, un gruppo di bambini particolarmente crudeli con lei aveva deciso di chiuderla in un rudere abbandonato ai margini del bosco, lasciandola lì a morire di freddo e paura finché Ỳma, insospettita dal suo ritardo, non era giunta in soccorso. Quell'episodio le era costato un lungo mese di incubi. Ancora adesso, quand'era più fragile a causa dell'incalzante incedere dei ritmi scolastici, le capitava di svegliarsi in preda al panico, dopo aver sognato di rimanere intrappolata in uno spazio freddo e angusto non meglio identificato.

«E tu, invece? Da dove hai preso quella zazzera color fuoco che la dice lunga sul tuo spirito?»

Ammiccò con impertinenza mista a confidenza. Era evidente che quell'ultimo scambio di battute l'avesse messa a suo agio in un modo assai diverso rispetto al precedente.
 
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view post Posted on 1/7/2017, 14:55
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Scheda Thalia J. Moran Prefetto Tassorosso
Era riuscita nel suo intento.
La breccia nel muro che circondava la giovane Nieve aveva ceduto: al principio una sottile crepa, impercettibile e quasi invisibile, delineata dall'abbozzo di un timido sorriso. Eccola lì, si disse, la vera Nieve. Non aveva sbagliato di molto: l'undicenne reale, desiderosa di parlare di sé era nascosta da una coltre di paura, mista al desiderio di rivalsa. Certo, il caratterino vivace della ragazzina era servito allo scopo di depistarla, ma poi - complice l'inesperienza che persino lei avrebbe potuto accusare - aveva compiuto un passo falso. Le aveva permesso di vedere oltre, senza nemmeno un eccessivo sforzo.
Si chiese, addirittura, se si aspettasse una domanda tanto diretta nella sua semplicità e la risposta, di fronte a tanto evidente stupore, si rivelò negativa. Le sorrise, incoraggiante, lasciandole il tempo di scegliere con cura le parole che più le sarebbero state congeniali per presentarsi davvero, questa volta, senza che il velo della superbia e del sarcasmo rovinassero quel momento di pura onestà.
In un sussurro pronunciò il proprio cognome. Rigos. Non aveva idea da quale parte del mondo la sua famiglia giungesse, ma lo sforzo di comprenderlo fu reso vano dalla pronta descrizione, seppur breve, della sua vita fino a quel giorno.
Lentamente, la piccola si lasciò andare sorridendo sempre più vistosamente, permettendosi di confidare ad una perfetta estranea la propria storia. Certo, al suo posto si sarebbe limitata al cognome, ma perché frenarla? Sembrava così desiderosa di offrire il proprio identikit che imporle il silenzio le sarebbe parsa una forzatura.
Se l'altezza poteva averla tratta in inganno, di certo non aveva considerato erroneamente la sua esitazione, tipica delle indoli meno predisposte al rischio in assenza di un'adeguata preparazione. Col senno di poi, la scavezzacollo che era stata - e non aveva smesso di essere - le avrebbe suggerito di adottare le stesse misure della Grifondoro; in tal maniera si sarebbe risparmiata numerose visite all'Infermeria della scuola, il suo naso non sarebbe stato sistemato per ben due volte dalle sapienti mani di zia Ellen e di certo le piccole ferite di guerra sarebbero state solo parte di una serie di eventi occasionali e non, come realmente furono, una costante.

«Adattamento.» - disse infine, umettando velocemente le labbra ed assumendo un'espressione di serena compostezza «Ti serve il tempo di capire come muoverti. E poi... avrai tutto il tempo per dimostrare le tue capacità.»
Assicurò maggiormente la borsa alla spalla, mantenendo la mano stretta attorno alla tracolla e riponendo la bacchetta all'interno della borsa. Fu l'unico momento nel quale distolse il proprio sguardo dalla ragazzina e fu allora che la udì proseguire, questa volta in tono curioso.
Sbuffò divertita, spostando proprio una ciocca di quei capelli vermigli, che tanta attenzione avevano attirato, portandola dietro l'orecchio e tornando a puntare le iridi grigie sulla ragazzina senza alcuno sforzo.

«Mia madre.» - ammise, mentre il sorriso andava spegnendosi lentamente, quasi in modo innaturale «Per essere come lei dovrei essere meno impertinente e più taciturna.» - aggiunse poi, senza smettere di fissare l'altra.
Il suo rapporto con la madre non era disastroso, questo no, ma di certo non era rose e fiori.
Leanne aveva, per così dire, puntato su un cavallo diverso e questo non significava necessariamente che il suo affetto vertesse altrove. Semplicemente, o così si costringeva a credere, Leanne dimostrava amore a modo proprio a seconda della figlia in questione. Non c'erano dubbi che fosse stata proprio lei a spingerla ad apprezzare maggiormente Seamus, suo padre.

«Mia nonna dice che sono baciata dal fuoco, ma secondo me sono tutte sciocchezze!» - continuò, l'aria di chi non voleva esporsi troppo, improvvisamente, su un dato argomento. Si voltò velocemente a voler proseguire la ronda, fermandosi solamente per rivolgerle un cenno d'intesa come a voler dire di seguirla.
C'erano ancora diversi corridoi da ispezionare e chissà quali sorprese avrebbero riservato loro.

 
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view post Posted on 3/7/2017, 14:22
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«Io sono d'accordo con tua nonna, invece.»

Prima di pronunciare quell'ultima frase, Nieve si era presa la briga di soppesare la risposta ad una considerazione che, probabilmente, non ne abbisognava affatto. Il suo sguardo indugiò su un volto che, a poco a poco, aveva cominciato a divenirle meno estraneo, studiando l'innegabile bellezza dei lineamenti e il modo in cui le trame vermiglie dei capelli entravano in contrasto con la pelle diafana, donando all'altra un'aria di fierezza assai poco ordinaria. Non avrebbe mai rivelato alla Tassorosso che il suo, in verità, era nient'altro che uno degli sporadici sfoggi di delicatezza di cui si rendeva protagonista a favore degli estranei. Nell'ascoltare il riferimento alla madre fuoriuscire dalla bocca di Thalia, Nieve non aveva potuto fare a meno di notare il progressivo scemare della gaiezza su quella morbida porzione di pelle grinzosa. V'era qualcosa, al di là della scorza di implacabile durezza con cui la giovane dai capelli vermigli di approcciava al mondo, che viveva uno stato di agitazione al cospetto delle giuste forme di sollecitazione. V'era, perfino, un aspetto in cui Nieve ebbe a riconoscersi, sicché si sentì di usarle la gentilezza che avrebbe usato a se stessa, glissando con un'opportuna dose di sarcasmo ed ironia sulla questione che pareva sobbollire oltre la più vistosa superficie. A dispetto delle apparenze che le volevano agli antipodi, Nieve e Thalia si somigliavano. Ricordavano, viste dall'esterno, una di quelle fantomatiche coppie di estranei che s'incontra per caso, dando vita ad un assortimento giusto e sbagliato insieme. Accostate l'una all'altra, non emanavano forse grazia e perfezione, ma era possibile trovare una certa forma di naturale equilibrio nei tratti di estraneità reciproca che ancora residuavano. L'islandese sorrise all'indirizzo dell'altra, lo sguardo vivo d'un ardore di spirito assai più effervescente ora che il velo della diffidenza s'era fatto più leggero.

«Ma non mi stupisce che tu non sia d'accordo, sai? Mi par-»

La frase le morì sulle labbra nei modi repentini che seguono l'inatteso. Mentre il duo si avviava lungo il corridoio per completare il giro di ronda, oltre il punto in cui avevano liberato il gattino e ricomposto l'armatura, un acuto sferragliare - a loro, oramai, profondamente familiare - le colse nell'atto dell'incedere. Che diavolo stava succedendo? La reazione di Nieve fu composta da una rapida sfilza di movenze meccaniche. Con la bocca ancora schiusa eppure silente, irrigidì le spalle e s'arrestò, i pensieri in gestazione fino a poco prima oramai sovrastati dallo stridore circostante; infine, si voltò ed estrasse ancora una volta la bacchetta. Mentre girava su se stessa e i capelli ondeggiavano al ritmo del volteggio in cui si stava esibendo, Nieve ebbe il tempo di posare lo sguardo sull'uomo di latta che avevano soccorso poc'anzi, prima che la realizzazione la colpisse in tutta la sua assurdità. Di fronte a loro, muovendosi con la sinuosità di un amante latino, stava l'armatura che le aveva spinte fin laggiù, intenta in un'esibizione degna delle migliori balere sudamericane. Ancheggiava con improponibile sensualità ferrosa, ambedue le mani dietro la nuca in una dimostrazione di sicurezza che la diceva lunga sulla sua personalità... Ammesso e non concesso che le armature l'avessero, una personalità!

«Ma che diavolo..?»

Era mai possibile che qualcuno l'avesse udita, quando aveva espresso quello scherzoso proposito a Thalia, e avesse deciso di tirar loro un simile scherzo? E che razza di incantesimo poteva mai determinare una simile padronanza nell'arte del ballo? I grandi occhi verdi dell'islandese percorsero interamente la figura armata che ancora indugiava in voluttuose movenze, mentre le labbra schiuse cominciavano a cedere alle lusinghe del riso. Si arrese, infine, quando l'armatura ebbe a fermarsi e, stendendo il braccio verso Thalia, la invitò a raggiungerla col solo ausilio dell'indice. Il suo sguardo cercò il volto dell'altra ragazza, brillante di un divertimento che l'aveva come ringiovanita.

«Non vorrai mica rifiutare?!»

Quella era la miglior ronda di sempre.


Sorpresa! Non me ne volere! :fru:
 
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view post Posted on 6/7/2017, 15:10
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Scheda Thalia J. Moran Prefetto Tassorosso
Apprezzò con un sorriso appena abbozzato la replica ironica della Grifondoro, senza tuttavia dimenticare la debolezza mostrata senza ritegno nel preciso istante in cui il pensiero della madre le aveva attraversato la mente.
Leanne era una donna estremamente carismatica, una qualità che l'aveva portata a percorrere un cammino costellato di incontri importanti, e al tempo stesso aveva dimostrato una determinazione ammirevole nel portare a termine gli obiettivi del Ministero per il quale lavorava. In minima parte aveva sempre aspirato di poter attingere dalla sua esperienza e seguire le sue orme, ma in un modo o nell'altro si era sempre vista diversa da quella donna a cui, dicevano, somigliasse tanto nel comportamento.
Il solo fatto di vivere con l'intero clan dei Moran doveva essere motivo di coesione, o così avevano creduto fin dal principio; crescendo, poi, ognuno aveva coltivato le proprie aspirazioni, modellando il carattere e le movenze secondo un proprio parametro ignoto ai più: Desmond aveva scelto di dismettere quell'aria da teppista incallito, i capelli indomabili, lo sguardo guizzante e la voglia di rischiare l'osso del collo, tramutandoli in una professione che calzasse a pennello con la sua indole restia alla quiete; persino Jason, nella sua evidente differenza dal resto della famiglia, aveva avuto modo di crearsi una personalità propria e lontana dal modello originale. L'ultima volta che si erano visti, il giorno in cui lasciò Cork in compagnia di zio Thomas - un uomo alto e allampanato, bruno e dal volto serio - indossava una giacca di pelle, troppo grande per i suoi tredici anni e dei jeans sgualciti che avevano fatto imbestialire persino zia Ellen, solitamente così pacata e calma. Da quel poco che ne sapeva, aveva iniziato a frequentare Babbani poco raccomandabili, iniziando a conformarsi ad uno stile di vita ben lontano dal rigore che Connor aveva inculcato loro a forza. A fronte di tanti e tali esempi, si chiese se lei non avesse sprecato il proprio tempo ad essere qualcuno che in realtà non esisteva affatto, cercando di rassomigliare ad un ideale lontanissimo dalla realtà e si stupì di essersi persa in simili congetture solamente con un accenno al colore dei propri capelli.

«Mia nonna è anche più stravagante di mia madre se è per ques-» - commentò ridacchiando al pensiero della giornalista del Settimanale delle Streghe, scacciando l'ombra di quelle riflessioni negative, prima di interrompersi come la ragazzina che l'accompagnava.
L'armatura alle loro spalle sembrava aver ripreso il proprio incalzante cigolio, non appena le due ragazze avevano intrapreso nuovamente il cammino. Fu con sommo terrore che la rossa smise di proseguire, fermandosi ed irrigidendosi - saldando la presa sulla borsa a tracolla - e ruotando appena il capo in direzione opposta.

*Ditemi che è uno scherzo.* - ruotò ancora il corpo, senza mollare la presa sulla borsa, iniziando a mettere a fuoco lentamente e con disappunto la scena che immancabilmente si parò di fronte a lei.
Dunque, concluse, non era stata colpa del micetto se quell'armatura era finita gambe all'aria, con tanto di effetti collaterali, bensì il contrario. Chissà perché, invece di lasciarsi andare alle imprecazioni come avrebbe fatto in circostanze più serie, la rossa scoppiò a ridere non appena l'involucro di latta non si fermò a qualche passo da lei, invitandola a muoversi a ritmo di una musica inesistente.

«Non ci penso nemmeno. Rigos, falla smettere, dai.» - commentò sorridendo divertita, evitando accuratamente di dare il proprio consenso a quel bizzarro invito, indietreggiando di un passo ed adottando l'uso del cognome della giovane per conferire alla frase la parvenza di un ordine. Avrebbe potuto sbarazzarsene da sola, in fondo, ma credeva sarebbe stato opportuno, da parte della ragazzina, ammettere di aver bluffato sino a poco prima riguardo alla sua apparente incapacità in fatto di incantesimi e magie. Se questa era catalogabile come inesperienza, allora la piccola Grifondoro avrebbe dovuto insegnarle qualcosa.


Quei passi di danza se li dovrà guadagnare, mia cara! :ihih:
 
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view post Posted on 11/7/2017, 21:17
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Se Thalia avesse accondisceso alla proposta che le veniva fatta con latina - eppur metallica - nonchalance senza sollevare protesta alcuna, Nieve avrebbe preso nota con una certa sorpresa della reazione. A dirla tutta, avrebbe pensato di non aver capito nulla della persona alla quale si stava accompagnando da una buona ventina di minuti; e questo le sarebbe costato un sovvertimento delle poche nozioni che credeva di aver accumulato negli ultimi tempi sugli esseri umani. Le sue iridi, dunque, indugiarono sul bel volto della giovane per trovarvi uno sgomento che, a tratti, superava perfino il suo. Nieve non poteva certamente sapere che quella non fosse la prima esperienza di Thalia in fatto di manichini e avançes, ma colse una nota di esasperazione e incredulità che le suggerì di non essere, in quel caso, la più impreparata delle due. E dire che, alle stranezze del mondo magico, l'islandese faticava ancora ad abituarsi! Le parole della Tassorosso cagionarono l'insorgere di una risata spontanea in lei, mentre la osservava compiere un passo indietro per prendere le distanze dall'uomo di latta che, con l'arto sospeso, ancora attendeva la sua dama. Portando l'attenzione sull'armatura, Nieve ebbe quasi l'impressione di scorgerne l'espressione mortificata - sempre che le armature ne avessero una - sotto la protezione della grata in metallo, quasi che il tacito rifiuto di Thalia l'avesse ferito. Poteva davvero rendersi complice di un cuore spezzato, ammesso che le armature possedessero anche quello?

«Non ci penso nemmeno per sogno.»

Con rapidi movimenti, la Grifondoro fece ciò che, in un'altra occasione e con un altro temperamento, Thalia si sarebbe arrischiata a realizzare. Riponendo la bacchetta nella tasca esterna della tracolla e sfilando quest'ultima oltre la curva della testa, la depose al suolo e compì un timido passo avanti, schiarendo la voce con un breve colpo di tosse. Era consapevole che la magia di cui era animato l'uomo di latta potesse renderlo imprevedibile, addirittura pericoloso; ma si era lamentata talmente tanto di non aver avuto occasione di vivere un'avventura che rifiutare quell'opportunità le sarebbe costata uno sfoggio di incoerenza intollerabile. Inoltre, confidava nel fatto che il Prefetto giallo-nero sarebbe accorso in suo aiuto, se la situazione fosse sfuggita di mano.

«Se vuoi,» fece con attitudine fintamente timida, così delicata e distorsiva della realtà che, per frenare il riso, dovette mordersi il labbro inferiore, «ballo io con te.»

Non avrebbe mai compreso, ripensando in futuro a quel preciso istante, per quale ragione si fosse sentita in dovere di simulare un candore virginale che assai poco le apparteneva. Forse, l'aveva fatto perché così pensava che agissero le donne di fronte all'invito di un uomo. Forse, aveva voluto addolcire l'amara medicina del rifiuto offerta da Thalia con un po' di sana timidezza. Forse, la porzione più femminile del suo animo - quella che ancora aveva da scoprire - aveva preso il sopravvendo costandole uno sfoggio di pudore di tale portata. Di fatto, l'armatura voltò il capo metallico verso di lei, le porse la mano e Nieve ne afferrò la fredda consistenza. Due secondi dopo, già volteggiava per quell'angolo di corridoio come una farfalla in preda ai fumi dell'alcool.

«P-perdonaaaami,» riuscì a dire, mentre l'armatura la costringeva all'ennesimo giro, confondendole i sensi, «ma non sono molto brava. Non ho mai ballato in vita mia.»

Aveva davvero senso che stesse porgendo le sue scuse ad una sagoma che di senziente aveva ben poco? No, probabilmente no. Tuttavia, la poca padronanza dell'arte del ballo e l'impeto con cui l'uomo di latta l'aveva trascinata con sé in quello che pareva un valzer assai malandrino la sospinsero in quella direzione. Insieme al pestone al piede in metallo che finì per dargli a un certo punto, è chiaro. Fu una fortuna che, d'un tratto, l'armatura decise di avere pietà di lei e, togliendole le mani dai fianchi dopo averla sollevata garbatamente in aria, si convinse ad optare per delle movenze assai più moderne, meno volteggianti. Mentre tentava di recuperare l'equilibrio fissando un punto imprecisato sul pavimento, Nieve scorse con la coda dell'occhio il bacino il metallo che si muoveva al ritmo di una musica che doveva suonare in modo decisamente sensuale nella capoccia dell'armatura. Rise prima ancora che il pavimento avesse smesso di ondeggiare sotto ai suoi piedi.


 
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view post Posted on 15/7/2017, 15:34
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Scheda Thalia J. Moran Prefetto Tassorosso
*Questa poi...* pensò con un sorrisetto divertito a fior di labbra, preparandosi ad assistere all'intera esibizione senza alcuna intenzione di intervenire.
La sua compagna aveva lamentato poc'anzi la mancanza di emozioni e situazioni legate alla magia, dunque perché privarla di quella comica scenetta nata chissà come da un suo desiderio?

«Accomodati pure.» commentò, stendendo un mano a mo' d'invito ed iniziando a muovere qualche passo lateralmente, fino ad appoggiarsi al muro con la spalla sinistra, le braccia conserte al petto e lo sguardo divertito.
Tacque per la maggior parte del tempo, sorridendo alle gaffe della Grifondoro ed alla maestria di quell'armatura incantata. Certo, la magia in corso doveva essere opera di un ballerino provetto, altrimenti quella serie di passi - cadenzati secondo un ritmo inudibile -
sarebbero risultati una semplice accozzaglia confusa e tutt'altro che armoniosa.
L'intera scena le portò alla mente un episodio antecedente, accaduto non molto tempo addietro, e persino in quell'occasione la sua reazione era stata paragonabile a quella dimostrata in quel momento: dapprima incredulità, sgomento ed infine una risata sommessa.

«Sembra sapere il fatto suo, non credi?» commentò, riuscendo a stento a reprimere una risata, mentre Nieve volteggiava accompagnata dai passi decisi dell'armatura; la piccola non sembrava particolarmente portata per l'arte della danza, eppure pareva divertirsi come non mai, sebbene le scuse rivolte a quell'involucro di latta suonassero particolarmente vuote.
Dedusse che quella fosse una delle rare occasioni di divertimento per lei e, pur cercando per l'intero corridoio la figura del burattinaio d'eccezione, non perse di vista la Grifondoro per un solo istante. Esisteva la concreta possibilità che le cose sfuggissero di mano, ma non sarebbe certo intervenuta a guastare quell'innocente gioco solo per lo spiccato senso del dovere a meno che non si rivelasse estremamente necessario.

«Spero che tu non abbia mangiato troppo a cena! Con tutte quelle giravolte...» per un fugace momento avrebbe incrociato lo sguardo della ragazzina, intimandole un Destino avverso che - con ogni probabilità - si sarebbe verificato; una previsione simile, in fondo, non era poi così impossibile ed il dono della Vista non sarebbe stato necessario in quel caso.
Si augurò di non assistere a scene disgustose e, pur di evitare qualsiasi coinvolgimento in operazioni di pulizia a tarda notte, si sarebbe immolata alla causa con una lieve riluttanza solamente per dar un po' di respiro alla compagna.


 
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view post Posted on 22/7/2017, 19:53
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«Abbi la gentilezza di darmi il cambio, Thalia.»

La voce di Nieve raggiunse la Tassorosso con una nota di supplica volutamente esasperata. Benché i volteggi avessero minato il suo equilibrio e le sue gambe stentassero a mantenere la fermezza usuale, era un'altra la ragione che animava la Grifondoro. Sulla falsariga di un colloquio che era iniziato sulle note del sarcasmo e della sfida, Nieve desiderava, infatti, spingere Thalia laddove il buonsenso pareva impedirle di andare. Chiunque stesse animando quell'accozzaglia di metallo a loro esclusivo diletto aveva fornito alle due un'occasione per scardinare la tediosa routine delle ronde, lasciando che il desiderio di avventura nidificasse nelle forme grottesche di un ballo inaspettato. Con un pizzico di fantasia, Nieve riuscì a intravedere nelle fattezze petrose del corridoio i contorni di una balera, nell'armatura un corteggiatore sufficientemente ardito e in se stessa e Thalia le giovani, capaci ballerine che, in fondo, davvero non erano. Ma importava sul serio essere capaci in qualcosa per spingersi ad affrontarla? Era così necessario eccellere in ogni campo per trarre un insegnamento dall'esperienza in sé? Gli occhi verdi di Nieve, recuperata una parvenza di fissità, trovarono quelli della Tassorosso per lanciarle l'ennesima, neppure troppo celata sfida di una lunga serie.

«Non essere codarda.»

La smorfia che illuminò il suo volto ebbe a colorarsi, improvvisamente, di tonalità del tutto inedite, a composizione di una parte del quadro che era Nieve altrettanto inaspettata. Thalia aveva avuto la giusta intuizione nell'accostare la piccola Grifondoro a una vita di solitudine. Non poteva saperlo con certezza, né azzardarsi ad indovinare le ragioni del rifiuto, ma avrebbe potuto cogliere un'aspettativa quasi timorosa su quel volto dalla pelle diafana. Dopo aver pronunciato l'ultima frase, Nieve sperimentò ancora una volta il timore di una risposta negativa come tante ne aveva ricevute durante l'infanzia. Per una ragione che solo adesso comprendeva e che aveva a che fare con il suo potenziale magico, i bambini di Borgarbyggð erano stati lesti ad escluderla dalla cerchia del divertimento. Non importava quanto allettanti potessero essere le proposte che, nonostante tutto, Nieve azzardava a comunicare loro: finiva sempre che, pur prendendole per buone, il gruppetto si accingeva a realizzarle da sé, impedendole di partecipare al gioco. Era stato difficile essere così diversa, a tratti lo era ancora adesso. Per un attimo, nel presente, quella consapevolezza la costrinse a titubare, ma Nieve fu lesta ad incipriare il naso del dubbio per trasformarlo in spavalderia.

«Sto scherzando, ovviamente... Sei una Tassorosso e so di non potermi aspettare troppo ardimento.»

Si morse il labbro inferiore, insinuante.
 
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view post Posted on 25/7/2017, 15:51
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Ridacchiando sotto i baffi non poté fare a meno di immedesimarsi nella piccola Grifondoro che, conscia o meno che fosse, stava muovendo con più grazia di quanto pensasse quei primi incerti passi di danza.
La memoria la riportò indietro a quello stupido appartamento di New York e ai primi balli con suo padre. Seamus Moran non era mai stato aggraziato nei movimenti: sua madre era solita definirlo "un elegante tronco d'albero", qualcosa che ricordasse la rigidità del busto dell'uomo e le sue spalle diritte, ma con un portamento che, per certi versi, risultasse nobile. Connor e Shyneid dovevano aver lavorato parecchio sulle movenze sgraziate del figlio durante gli anni dell'adolescenza e, ripensando ai primi anni della sua vita, ammise che - in fondo - i suoi nonni avevano speso bene le proprie energie.
I primi passi, semplici solamente nella teoria, lei li aveva mossi proprio grazie a lui; Seamus l'aveva seguita senza lasciarla mai e proprio con lui si era approcciata alla danza.
«Nonno Connor sarà fiero di te, una piccola ballerina degna del suo nome.» - le ripeteva la stessa frase ad ogni volteggio e, se disgraziatamente un passo si tramutava in una caduta od una scivolata suo padre aveva dimostrato la buona decenza di non ridere di lei. Sbagliare era umano, diceva, ed in fondo tutto sembrava relativo a cinque anni.
Nel pieno dell'adolescenza, si sorprese di quanto quel ricordo fosse piacevole e - col senno di poi - avrebbe rimpianto i tempi andati.
Nessuno sembrava voler riscattare il merito per quell'incanto e, mentre l'armatura volteggiava guidando Nieve in mosse quanto mai azzardate per una ragazzina alle prime armi, la Tassorosso raccolse la sfida con un sorriso malizioso, stralunando appena gli occhi chiari come a voler sottolineare l'assurdità di quell'insinuazione.

«I Tassorosso non si buttano nella mischia senza un minimo di calcolo del rischio. Si chiama buon senso.» - mormorò ironica, l'angolo destro delle labbra arricciato in un sorriso malandrino - «E poi volevo vedere come se la sarebbe cavata una principiante
L'orgoglio era il tallone d'Achille per molti studenti rosso-oro ed era certa che l'animo di Nieve, ferito da quella semplicissima stoccata finale, si sarebbe ribellato ancora e ancora, solamente per affermare la propria dignità.
Mosse qualche passo avanti - dopo aver adagiato la tracolla vicino al freddo muro di pietra - e, nel superare Nieve, mormorò qualcos'altro.

«Sottovalutare un Tassorosso è il passo falso di molti.» - così dicendo sfilò via a passo leggero, cercando di ricordare esattamente come mettere insieme qualche passo di danza, rispolverando ricordi quasi sopiti. Non si trattava più di raccogliere la sfida lanciata da Nieve, quanto più di tornare ad un passato felice, solo per qualche istante, provando a dimenticare le peripezie volute dal Destino ben prima di quanto fosse umanamente possibile aspettarsi.
Con un veloce cenno del capo, offrì la mano al suo cavaliere, dopodiché si affidò completamente alla sua magia. La mano sinistra sulla spalla corrispondente dell'uomo di latta, non più alto di lei che di pochi centimetri, non si appoggiò completamente al freddo metallo. La mano destra, tuttavia, si chiuse su quella del ballerino improvvisato; gettò un ultimo sguardo ammiccante a Nieve, prima di lasciarsi trascinare in un valzer che di classico aveva ben poco.

*Se mi schianterò sul pavimento mi nasconderò fino al Ballo di Fine Anno.*
Sembrava un ottimo piano di riserva, vista la sicurezza del suo accompagnatore, e si chiese come avesse potuto resistere la povera piccola Rigos a tanto fervore.
 
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view post Posted on 1/8/2017, 14:22
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«Fammi sognare, Tassorosso.»

La voce della Grifondoro risuonò del tono del sarcasmo, mentre tentava di spegnere la lieve fiamma che la provocazione di Thalia aveva acceso. Prima che il tempo dello Smistamento fosse giunto e prima ancora che gli acquisti per l'anno accademico fossero completati, Grimilde aveva avuto la pazienza - e l'entusiasmo - di parlarle delle quattro Case che avrebbero potuto accoglierla in base alla scelta del Cappello Parlante. Le aveva fornito dettagli molto peculiari, ora che tornava con la mente a quel giorno, rispetto alle tipologie di soggetti che - almeno in linee generali - finivano per vestire i colori dell'uno o dell'altro schieramento. Nonostante ciò, Nieve aveva faticato a collocarsi tra i ranghi di una casata in particolare: il suo carattere le era stato - e in parte le era ancora - così difficile alla comprensione che si era sentita sollevata all'idea che fosse qualcun altro a prendere quella decisione per lei. Benché non avesse ancora una memoria ferrea, ricordava distintamente le parole che il copricapo incantato le aveva rivolto e la sensazione di gioia che aveva riempito il suo cuore nel vedersi assegnare ai Grifondoro, quasi che in cuor suo, una scelta, l'avesse pur sempre fatta. Era stato un piacere scoprire, nel tempo, di possedere i tratti che notoriamente erano accostati alla Casata di Godric.

«Ma attenta a non fargli troppe moine o potresti ammaliarlo.»

Con occhi curiosi, mentre raggiungeva il punto in cui aveva lasciato la tracolla e la riposizionava su una spalla, si godette lo spettacolo che poc'anzi l'aveva vista protagonista a sua volta. I lunghi capelli di fiamma, dapprima con garbo e, poi, seguendo un ritmo sempre più incalzante, oscillarono oltre le spalle delicate di Thalia, mentre l'uomo di latta si lanciava in una dimostrazione di abilità danzerine che la diceva lunga su chiunque lo stesse muovendo. Fu impossibile per Nieve non notare il portamento della Tassorosso e non dedurne le già provate capacità nell'arte del ballo, ma non si stupì: dai pochi accenni agli aspetti in comune con Oliver, aveva intuito che avessero un'educazione simile, dovuta alla nobile discendenza che potevano vantare. Sorrise e un accenno di mestizia le colorò le gote. La metteva sempre a disagio l'idea di confrontarsi con qualcuno che aveva potuto contare sul sostegno di un grande nucleo familiare. Era un costante promemoria delle mancanze che caratterizzavano il suo presente e passato e che, probabilmente, si sarebbero estese al futuro. Sospirò, tornando alla realtà giusto in tempo per vedere l'armatura trascinare Thalia in una serie infinita di volteggi che la costrinse ad allarmarsi. Con una prontezza che di solito non le apparteneva, mise mano alla bacchetta e si avvicinò al duo.

«Va bene, cicisbeo. Diamoci una calmata, che dici?»

L'armatura parve reagire al suo monito, perché rallentò l'andatura e lasciò andare Thalia. Nieve si accorse presto del fraintendimento, quando, porgendole la mano, l'uomo di latta la invitò a ballare ancora. Lanciando un'occhiata in tralice alla Tassorosso per assicurarsi che stesse bene, tornò a prestare la propria attenzione sull'armatura. Non aveva intenzione di farsi trascinare in un'altra, confusionaria serie di passi che a stento riusciva a seguire, men che meno le pareva una buona idea lasciare altri avventurieri - benché, per regolamento, non avrebbero dovuto essercene - alla mercé del cavaliere danzante. Con passo sicuro, avanzò verso di lui, poggiò la mano libera sul petto di latta e lo costrinse ad indietreggiare. Voleva portarlo in prossimità del piedistallo al quale apparteneva e castare l'incantesimo appropriato al momento più opportuno. L'armatura, tuttavia, ringalluzzita dal modo in cui l'avevano assecondata fino a quel momento, avvolse la schiena di Nieve con una delle grandi braccia e se la premette contro il petto.

«Per Giove!» L'imprecazione le uscì di bocca mezzo soffocata, mentre la mano destra scattava in aria per puntare la bacchetta sulla schiena dell'uomo di latta. «Finite Incantatem!»

Non fu propriamente una buona idea. L'incantesimo ebbe, sì, a riuscire, ma Nieve, avvinghiata ancora all'armatura, fu trascinata verso il pavimento a sua volta. Il clangore generato dall'impatto tra il metallo dell'armatura e la pietra del pavimento risuonò nell'intero corridoio, mentre la Grifondoro se ne stava scompostamente adagiata sul busto di latta oramai inanimato.

«Ahia!»


Perdoname por mi vida ritardataria. :fru:
 
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view post Posted on 8/8/2017, 15:42
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Scheda Thalia J. Moran Prefetto Tassorosso
*Con estremo piacere, Rigos.*
Un passo dietro l'altro, una breve pausa e via ancora. Tutto sembrava così spontaneo che si stupì di ricordare tanto bene le nozioni apprese quasi dieci anni prima. Come diceva Máire, una volta imparato non dimentichi più come fare, o così sembrava credere la biondina di Cork. Di certo l'omino di latta sembrava sapere il fatto proprio: guidava la sedicenne senza apparenti difficoltà, sapendo esattamente quale traiettoria seguire tra un volteggio e l'altro. Seguirlo in quella danza dai tratti ben più animati di quanto ci si aspettasse era facile e, quasi, divertente. La situazione, per quanto assurda, le riportò alla mente i vani tentativi di insegnare a Desmond qualche innocente passetto di danza in una serie di esperimenti falliti miseramente. Solamente in un'occasione o due aveva saputo dar soddisfazione allo zio, l'unico maestro in grado di suscitare in lui una minima parvenza di senso del ritmo.
Le labbra serrate erano curvate in un sorriso divertito, mentre lo sguardo spaziava alla ricerca dell'artefice di quella magia. Sarebbe stato alquanto divertente scoprire che si trattasse proprio di uno dei ragazzi che, insieme a lei, aveva seguito il corso facoltativo tenuto da Barrow. Di sicuro il docente sarebbe rimasto piacevolmente colpito dalla maestria dimostrata dopo solo qualche lezione.
L'unico difetto del compagno di ballo, se così poteva definirsi, era l'instancabile continuità delle movenze: ben presto, tra volteggi e passi intrecciati, la rossa rimase senza fiato pur mantenendo la posizione, avvinghiata all'uomo di latta che, a ben guardare, non aveva alcuna intenzione di smettere la sua lezione di valzer.
Ringraziò mentalmente Nieve, mentre volteggiando lentamente su se stessa percepiva il distacco dal guanto metallico dell'armatura. Tutto sommato - si disse - era stato divertente.

«Ed io che speravo in qualche altro passetto...» - borbottò ironica, mordendo appena il labbro inferiore al termine della frase. Invero, aveva sperato di poter metter fine a quel gioco infantile ancor prima di farsi coinvolgere. Non che le fosse dispiaciuto, ma l'armatura sembrava insaziabile. Annuì in direzione della Grifondoro, spostando una ciocca di capelli vermigli dal volto, rassicurandola sul proprio stato. Non sarebbe stato di certo un ballo non programmato a mettere a repentaglio la sua esistenza.
«In effetti è ora di andare.» - concordò, avviandosi a riprendere la borsa a tracolla, non prima di aver estratto dalla tasca della stessa il legnetto di Salice. Non dubitava delle doti della Grifondoro, ma non era il caso di lasciarla sola di fronte al ballerino.
Dopo aver assicurato la bacchetta nella tasca dell'uniforme, si chinò a raccogliere la borsa, non prima di iniziare ad udire una serie di rumori metallici, che contribuirono ad aumentare la tensione dei suoi nervi già piuttosto allertati, ed imprecazioni di natura ignota e a tratti quasi divertenti. Voltandosi riconobbe la figura minuta ed i capelli chiarissimi di Nieve, oltre ad un'armatura ormai innocua e scomposta a suoi piedi. All'ultima impagabile espressione di disappunto, la rossa non poté esimersi oltre dal ridere: una risata allegra rimbombò nel corridoio di pietra, istigando i soggetti più cupi nei ritratti alle pareti a redarguirla sulle buone regole di comportamento.
La mano destra corse alle labbra, soffocando quella risata incontenibile e la sinistra fu portata all'altezza dello stomaco, mentre la schiena poggiava lungo il muro fresco.
Sapeva di non essere sembrata troppo educata in quel frangente, ma quel piccolo siparietto era servito davvero al suo scopo: farle dimenticare le vicissitudini di quel periodo e le conseguenze di tali eventi nell'immediato futuro. Si ricompose velocemente, provando ad assumere una posa seria ed affatto maliziosa, iniziando ad avvicinarsi alla Grifondoro che non accennava a muoversi da quell'assai scomoda posa. Le tese comunque la mano nel vano tentativo di aiutarla ad alzarsi: se avesse colto davvero l'essenza dell'Islandese, quest'ultima avrebbe rifiutato la sua gentilezza senza rancore pur di dimostrare di potersela cavare egregiamente a modo proprio.

«Se vuoi ti lascio un momento per commemorare la perdita.» - immancabile e sagace, il sarcasmo tornò a galla, ricostituendo il principio di quello strano incontro. Tutto, in quella serata, ruotava intorno alla pungente ironia delle due ragazze: mai avrebbe desiderato privare Nieve di una sana ed educativa lezione a riguardo.
 
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view post Posted on 11/8/2017, 14:53
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La mano di Nieve scattò in direzione di quella di Thalia per stringerla con vigore, prima di strattonarla appena in sua direzione dando l'impressione di volerla trascinare con sé verso il basso. Le labbra sottili di Nieve erano piegate in un sorriso a metà tra il divertito e l'indignato, mentre puntava gli occhi verdi in quelli grigio-azzurro della Tassorosso: non era sfuggita alla sua percezione né la risata di gusto che aveva colto l'altra nell'assistere al siparietto di cui la Grifondoro si era resa protagonista, né l'accenno di sarcasmo di cui erano intrise le parole di lei nel venirle (più o meno) in soccorso. Servendosi dell'appiglio dato dalla mano di Thalia, Nieve si mise scompostamente a cavalcioni sul busto inerme dell'armatura, assottigliando lo sguardo e arricciando la bocca in un'espressione esageratamente contrita, che in tutto contraddiceva il divertimento brillante dei suoi occhi.

«Bel modo di ringraziare, Tassorosso disse, ponendo volutamente l'accento su quell'ultima parola in una strana, provocatoria linea di continuità che ben si addiceva alle loro dinamiche. Infine, liberò la mano dell'altra dalla presa in cui l'aveva stretta, lanciando uno sguardo tutto intorno su ciò che rimaneva dell'uomo di latta. «Bene,» fece con un lieve cenno del capo che esprimeva risolutezza. Era evidente che avesse preso una decisione, quando tornò a guardare Thalia con un leggero sorriso a incurvarle la bocca. «A te l'onore!»

Alzandosi, descrisse un breve arco nell'aria col polso della mano destra, in cui palmo era rivolto verso l'alto mentre la bacchetta, nell'abbraccio delle dita, indicava l'armatura in pezzi sulla quale Nieve era caduta, per colpa a lei non imputabile ovviamente. Non era offesa, né stizzita, né stava mettendo alla prova la sua interlocutrice, ad onor del vero. Non pensava ce ne fosse bisogno e, per certi versi, il pensiero non l'aveva nemmeno sfiorata: il rapporto di Nieve col suo potenziale magico si caratterizzava per la presenza di zone d'ombra vaste che le impedivano di elaborare considerazioni di quella tipologia. Il più delle volte, non amava dare sfoggio di sé e delle sue abilità di fronte agli altri, men che meno sentiva l'urgenza della competizione. Doveva ancora fare pace con quell'aspetto del suo io che, per anni, le era costato l'emarginazione e il biasimo, sicché preferiva non ricorrere alla magia troppo spesso. In qualche modo, la faceva sentire ancora sbagliata.

«Senti,» iniziò, colta d'un tratto dal pensiero che la conoscenza con Thalia aveva oscurato, «mi leveresti una curiosità?» Non si accorse di aver incrociato le braccia sotto al seno acerbo, mentre alzava gli occhi al cielo alla ricerca di una soluzione che le evitasse di eseguire i compiti di Difesa Contro le Arti Oscure e, ancor di più, di presenziare alla lezione successiva. «Quante sono le probabilità che un insegnante di Hogwarts, assunto da poco, venga licenziato in tronco o si ammali gravemente d'improvviso?»

Era rimasta sul vago e, in suo aiuto, sarebbe venuto il frequente ricambio di docenti che caratterizzava le dinamiche della scuola, soprattutto con riferimento ad alcune materie. Ma, in verità, nel porre quella domanda, Nieve non si era preoccupata di vedere scoperte le sue antipatie. I suoi occhi tornarono su Thalia, improvvisamente presenti, e la Grifondoro le sorrise d'una espressione colpevole, ma non troppo. Aveva le sue buone ragioni per nutrire le speranze esposte alla Tassorosso, sebbene fosse consapevole che una maggioranza delle studentesse di Hogwarts avrebbe storto il naso nel comprendere a quale insegnante fossero rivolte. Con la bacchetta ancora in mano, sistemò meglio la tracolla sulla spalla, che nella caduta aveva finito per ricaderle scompostamente addosso.


Edited by ~ Nieve Rigos - 20/8/2017, 16:22
 
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view post Posted on 12/8/2017, 10:14
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Scheda Thalia J. Moran Prefetto Tassorosso
*Ma cos-*
Si sentì trascinare verso il basso, mentre le sue dita magre afferravano quelle della Grifondoro assicurandole un facile appiglio; che Nieve cercasse di portare quello scontro, dapprima verbale, su un altro livello ben più scomodo? Il dubbio le attraversò la mente, ma non ne rimase traccia visto il rilascio prematuro tra le loro mani.
La primina, ora, sedeva tronfia sulle spoglie del suo nemico, beffandosi di lui ed esercitando il comune diritto dei conquistatori e vincitori a spadroneggiare sul nuovo terreno acquisito. Non che ci fosse molto da portare a casa: qualche pezzo di metallo ed i muscoli delle gambe indolenziti per le danze sfrenate. Qualcuno, a ragione, si sarebbe detto deluso da un simile scarso bottino.
Nonostante l'apparente trionfo, qualcosa nello sguardo della ragazzina la fece sorridere: quella parvenza di offesa, più affine alla ricerca di attenzioni che ad un reale torto subito, fu l'ennesimo input a procedere sulla scia del ben noto sarcasmo. Nieve, del resto, non si sarebbe aspettata nulla di diverso.

«L'orgoglio ferito, che brutta faccenda!» - mormorò tra i denti, continuando a mantenere intatto il sorriso di scherno
«Sei proprio sicura di non volergli dare il colpo di grazia? Mi sembra che ci sia ancora qualcosa da buttar giù.» - ironizzò, lasciando calare nel corridoio il silenzio. Immaginava che la piccola non avesse idea di come ricomporre l'armatura o, per lo meno, che non desiderasse confrontarsi con lei su un simile argomento. Ciò che per lei, ormai giunta al terzo anno, era diventata una prassi, per Nieve poteva risultare motivo d'ansia ed agitazione, come se la semplice prestazione richiesta si fosse rivelata nella sua reale complessità. Non sottovalutava la Grifondoro, non avrebbe potuto, ma doveva ricordare a se stessa quanto, in passato, il terrore di sbagliare l'avesse frenata più e più volte, nonostante il carattere impavido.
Decise, dunque, di assecondare la richiesta velata della giovane, iniziando a circoscrivere nell'aria il movimento necessario al suo scopo; tuttavia, proprio in quel momento la ragazzina la interruppe, vanificando il minimo sforzo di concentrazione. Abbassò la bacchetta lentamente, portando il braccio destro lungo il fianco, assimilando ogni parola di quel quesito quantomeno anomalo.

«Stiamo parlando in via ipotetica, giusto?» - chiese, osservando con circospezione i volti ritratti nei quadri intorno a loro. Non sembrava il luogo adatto a certe disquisizioni, ma sottolineando l'ipotetica natura della domanda, forse, la risposta non avrebbe gettato ombre sulle intenzioni di entrambe. Chiaramente, non serviva essere onniscienti per capire a quale docente, tra i molti presenti nel castello, Nieve si stesse riferendo.
Aggirò l'armatura, portandosi accanto alla ragazzina e chinandosi per riunire i gambali dell'uomo di latta al resto del corpo prima di parlare nuovamente.

«Suppongo che le probabilità siano esigue. A meno che il docente in questione non incappi in qualche spiacevole incidente in una sede diversa da questa.»
Tutti all'interno del Castello conoscevano l'impiego alternativo di un certo docente: sperare in una sua prematura dipartita sarebbe stato alquanto disdicevole, oltre ad indicare una moralità dai livelli esigui. Per non parlare della possibilità praticamente inesistente di contrarre malattie gravi e, a volte, incurabili.
Nonostante le elucubrazioni di carattere etico, la Tassorosso si chiese quali ragioni potessero aver spinto la ragazzina a partorire un simile pensiero.

«Resta comunque una probabilità piuttosto bassa.» - concluse circospetta, continuando ad ammassare i pezzi di metallo gli uni sugli altri e rimettendosi in piedi, infine, prima di ricominciare la procedura atta a riparare l'armatura. In breve tempo se la sarebbero cavata e, perché no, forse avrebbe scoperto la ragione di tanta antipatia per il professor Midnight.
 
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view post Posted on 20/8/2017, 16:35
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«Immaginavo...»

Fu difficile mascherare la delusione che la colse nell'apprendere il punto di vista di Thalia circa la questione che le aveva fatto presente. Un sospiro sommesso le sfuggì di bocca, mentre articolava quell'insignificante risposta e il suo sguardo si perdeva ancora una volta nel vuoto. Le immagini del prossimo futuro si stagliarono nitide dinanzi agli occhi della sua mente: vedeva se stessa seduta al tavolo della Sala Comune, immersa nel silenzio più assoluto, con libri e pergamene a portata di mano e l'attenzione che si spingeva di tanto in tanto fin sulle creste degli alberi della Foresta Proibita alla ricerca di una scappatoia. Avrebbe impiegato ore per completare quei compiti, dicendosi insoddisfatta ma non riuscendo a - e, probabilmente, non volendo - fare di più. Era assurdo riflettere su come una singola persona potesse fare la differenza nell'ambito delle preferenze di un altro individuo. Benché Nieve non conoscesse davvero alcuno degli insegnanti dell'istituto, all'infuori degli incontri accademici cui erano obbligati, sentiva che ciascuno di loro fosse riuscito ad incidere sulle sue capacità e predilezioni più di quanto si sarebbe aspettata all'inizio; alcuni avevano addirittura sovvertito, nella realtà, l'ordine tutto mentale col quale si era approcciata ai primi giorni di lezione, sicché aveva finito per amare le materie che aveva supposto di odiare e, viceversa, per mal tollerare quelle che si era aspettata di frequentare con più zelo. Il docente cui si riferiva, senza troppe cerimonie, apparteneva alla seconda delle due categorie prospettate ed era un peccato che fosse titolare di una delle discipline potenzialmente più interessanti. Scrollando le spalle, Nieve tornò al presente e portò lo sguardo su Thalia. Non poté fare a meno di scorgere la nota sospettosa dei lineamenti rigorosi: la domanda che le aveva posto, si disse Nieve, doveva aver ingenerato in lei preoccupazioni e domande, oltre che un certo sentimento di rimprovero. Le sorrise.

«Non ho intenzione di fare del male a nessuno,» tentò di tranquillizzarla, lasciandosi scappare una risatina divertita. Diceva la verità, in ogni caso: pensieri oscuri non avevano mai avuto modo di germogliare nella sua mente candida, nemmeno quando era stata destinataria delle peggiori angherie. «E, sì, parlavo in via assolutamente ipotetica.»

L'espressione che le rivolse mostrava, ora, le sfumature dell'indole dispettosa della Grifondoro. Non si era mai augurata che il docente in questione soffrisse le pene dell'inferno, né che il suo corpo fosse ritrovato - esanime e freddo - nel caldo abbraccio della terra umida. Il più delle volte, quando trovava la forza per trascinarsi fino al secondo piano e varcare la soglia dell'aula, Nieve si limitava ad immaginare uno scenario pressoché consistente in questo: al di là della cattedra, sedeva una persona in tutto e per tutto diversa dalla sagoma cui era abituata che comunicava loro di essere subentrata alla precedente figura istituzionale fino a data da destinarsi. Questo le avrebbe consentito di recuperare l'amore per la materia e parte della salute che i trucchetti Weasley, aiutandola ad evitare qualche lezione, le avevano portato via. Era, in fondo, così deprecabile?

«Del resto, sperare o sognare non costa nulla... No?»

L'uomo di latta era ormai ricomposto e colui che lo aveva animato stanco di farlo volteggiare. Nieve fece un cenno del capo in direzione di Thalia, invitandola a proseguire lungo il corridoio per completare il giro di ronda che gli ultimi eventi avevano interrotto.


 
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