DAMIAN GRAY
Non conosceva ancora quella strega, poche ore di conversazione non bastano per conoscere una persona, a volte non basta nemmeno una vita, però, per quel poco che credeva di aver capito di lei in quella mattinata trascorsa ai piedi di un albero, nei pressi del recinto degli ippogrifi dello zoo, immaginava che non avrebbe lasciato correre il suo intervento. E infatti Virginia rispose in modo diretto e schietto, esibendo le sue ragioni, mentre Damian ancora guardava dritto davanti a sé, con la nuca appoggiata al tronco dell’albero. La lasciò finire, però un’espressione più rilassata sembrò dipingersi sul suo volto nell’apprendere che la strega era purosangue di nascita. E tutto sommato nemmeno il finale di quel discorso non gli dispiacque. Tornò a cercarle gli occhi, lo sguardo più mite rispetto a poco prima, quando quel discorso era affiorato in modo inaspettato.
“Non penso sia un male conoscere i babbani, anche se io non ne ho mai sentito il bisogno. Se tu ritenevi che frequentare un’università babbana avrebbe potuto aiutarti nella carriera che hai scelto, hai fatto bene a farlo. È una scelta che non comprendo, ma non per questo ti condanno. Semplicemente abbiamo due visuali diverse riguardo questo argomento. Due visuali che però, mi pare di capire, finiscono per ricongiungersi quando entrambi diciamo che ognuno deve starsene nel proprio mondo.”
Il rapporto con il padre aveva iniziato ad incrinarsi solo in seguito al diploma, prima però non c’era mai stato astio e Damian era cresciuto assimilando i suoi insegnamenti e i suoi punti di vista. Di conseguenza, così come il padre era abbastanza razzista con i babbani, Damian lo era altrettanto. Faceva parte di quell’educazione che, volente o nolente, ogni figlio si ritrova ad apprendere involontariamente dai propri genitori. E il mago, nel corso della sua crescita, non aveva mai trovato un motivo valido per pensare di mutare determinate convinzioni. Tuttavia quel “vivi e lascia vivere”, quella pillola che si era ritrovato ad apprendere da solo nel corso della sua vita, gli permetteva di sorvolare sulle scelte delle persone che non trovavano una corrispondenza con le proprie idee, al contrario di suo padre. Se non gli creavano alcun tipo di danno personale, per quale motivo avrebbe dovuto rodersi il fegato per gli altri? In questo caso, la preparazione scolastica di Virginia non aveva nulla a che vedere con lui, di conseguenza, una volta accertatosi della purezza del suo sangue, non c’era alcun motivo per discutere.
La conversazione si diramò sulla scuola. Virginia era curiosa di sapere come era lui da ragazzino. Damian sghignazzò. Era una strega maledettamente curiosa. Tuttavia era una di quelle domande la cui risposta non gli creava problemi, perciò si sbottonò facilmente, in quel caso.
“Ero tra i leader del gruppetto che frequentavo, sì, ma nulla di che. Perlopiù me ne stavo per i cazzi miei. Però ero rispettato e sapevo farmi rispettare. Riguardo agli amici, pochi ma buoni, sì, ma non ho mai avuto problemi a socializzare. Sono uno che parla poco, ma non sono un solitario. Mi piace anche buttarmi nella mischia e far casino. Tu invece? Non ti ci vedo come una popolare dalla puzza sotto il naso, come immaginavamo fossero quelle di Beauxbatons.”
Sghignazzò guardandola, ricordando che, nonostante la reputazione altezzosa di cui godevano le scolare dell’istituto francese, la maggior parte degli alunni del Durmstrang avrebbero volentieri accettato un gemellaggio con loro.
Damian notò quello sguardo negli occhi della strega e fu proprio quello a spingerlo a proseguire con il comportamento provocatorio che aveva spudoratamente adottato in quegli ultimi istanti.
“Bene, questa sfida mi piace già di più, dato che sono abituato a raggiungere sempre i miei scopi. Se tanto ti attizza l’idea di vedermi sbronzo, a tuo rischio e pericolo, vediamo se ci riuscirai o se finirai per cadere nell’incoscienza dell’alcol per prima, dimenticandoti di tutto, sfida compresa.”
Il trucchetto nel frattempo sembrò funzionare, anche se i riflessi della strega sembrarono essere abbastanza svegli da permetterle di reagire senza rischiare di scapicollare tra le braccia del mago. Attutì la perdita dell’equilibrio appoggiando immediatamente una mano sul tronco dell’albero, ma ugualmente finì col viso a pochi centimetri da quello di Damian, le cui labbra si piegarono in una smorfia vincente e strafottente. Gli occhi freddi e chiari del mago osservarono quelli della donna, così vicini, per poi scivolare sui lineamenti del suo viso.
“Quindi domattina lavori. In tal caso sì, allora forse è meglio se rimandiamo a domani pomeriggio, non sono così bastardo da rovinarti il lunedì, che già di suo è un giorno orribile, né sono così gentile da risparmiarti una delle sbronze più grosse della tua vita.”
Soffiò con la sua voce bassa e rauca, il respiro che finiva addosso a lei, così come il mago avvertiva sul suo volto l’alito della strega stessa. L’idea dell’aureola sul suo capo lo fece sghignazzare, ma non rispose, lasciò invece che la strega si ritirasse. Forse aveva previsto la sua prossima mossa, forse no, in ogni caso quando lei tirò con tutta la sua forza, lui si lasciò trascinare in avanti di peso, senza controllare minimamente il movimento. Era come se Virginia avesse trascinato in avanti un grosso sacco pieno. Finì addosso a lei, probabilmente facendola ruzzolare a terra sul serio, stavolta. In tal caso lui, sghignazzando, si sarebbe lasciato cadere a sua volta, sopra di lei, attutendo la caduta con le mani, una a sinistra del viso di Virginia e l’altra a destra. Probabilmente senza alcuna previsione avrebbe potuto collassare sopra di lei, invece agì in modo da evitare di schiacciarla con il proprio peso. Forse aveva calcolato tutto?
“Io non berrò acqua in ogni caso, ti basta come risposta?”
Strano che Galatea non fosse ancora intervenuta con qualche uscita delle sue, di fronte a quei due che sembravano aver preso spunto dal comportamento degli ippogrifi di poco prima. Di sicuro stavano già dando spettacolo di fronte agli avventori dello zoo. Più di qualcuno, infatti, aveva iniziato a guardar loro, piuttosto degli ippogrifi. Damian forse se ne accorse, perché si abbassò leggermente, sfiorando il naso di Virginia col proprio, dandosi subito dopo una bella spinta all’indietro, ritrovando l’equilibrio sui propri piedi.
“Mi sono ricordato che devo fare una cosa, ad una certa ora. Se non ti dispiace bypasso il pranzo, stavolta. Ci rifacciamo alla prossima. Dimmi ora e luogo di ritrovo per domani.”
Proferì tendendole la mano, il solito sorriso beffardo stampato sulla faccia.
“Non ti atterro più, per oggi, promesso.”
Se lei avesse accettato di prendergli di nuovo la mano, stavolta l’avrebbe aiutata semplicemente a rialzarsi.