| La tazza di té fu stretta nuovamente tra le mani dell'Irlandese e fu con interesse, quasi un certo piacere, che ascoltò l'ultima precisazione del Docente in merito al valore e suo opposto dell'emotività. Ne condivideva pienamente il messaggio e fu con un sorriso che ne diede prova; tra le dita, nel frattempo, il caldo della ceramica si stava dissipando, segno che il tempo stesse scorrendo, ancora e ancora una volta, senza che Oliver potesse fare poi molto al riguardo. Si domandò di quale errore si fosse macchiato, di quale superficialità si fosse rivestito, forse inconsapevolmente, di sicuro involontariamente. Non aveva ancora ottenuto una risposta che potesse dirsi tale, del tutto concreta, a quel Sogno dalla lettera maiuscola, custodito in un cassetto prettamente prezioso, identica motivazione che lo aveva spinto nell'Ufficio del Professore. Si premurò di porgersi in modo migliore, nettamente diplomatico, senza rinunciare - e come avrebbe potuto? - a quella verve empatica che tanto lo contraddistingueva. Anni ed anni di prassi da seguire fin nel dettaglio, di norme da comprendere e imparare a menadito, in effetti, non erano stati tuttavia sì capaci da temprare lo spirito eternamente in rivolta del Grifondoro. Così attese, nella speranza quasi certa di inserirsi nuovamente, e non senza un'ottima motivazione, nel cambio discorso effettuato dal Mago che sedeva di fronte. Quando la tematica dell'arte divinatoria giunse nitida alla sua attenzione, senza comprenderne la ragione né l'esito, il corpo del ragazzo fu scosso da un tremito. Fu appena percettibile, a tal punto da risultare più un fastidioso prurito che qualcosa di serio, qualcosa di grave. Forse un monito oppure preludio di grandi cose? Forse una rivelazione appena abbozzata di quanto il Futuro, ebbro di sorprese, gli avrebbe rivelato con maggiore chiarezza, con più dimestichezza di quanto in quel Presente il Grifondoro stesse dimostrando di meritare? Ignorò ogni supposizione, lo sguardo che già si stagliava sul marchio che svettava, ai suoi occhi evidente, agli altri perlaceo, sul polso sinistro. Nascosto dalla manica della divisa scolastica, scura come la pece, che indossava in quel momento, un inusuale simbolo, dalla caratteristica quasi già mistica, si palesava come un'intricata raffigurazione arabesca, persa nella sua geometria più elementare: un intreccio, un susseguirsi di onde e poi linee, linee e poi onde, fino a realizzare una spirale eliocentrica. Oliver rivolse l'attenzione al Docente, l'espressione per un frangente del tutto incerta, persino confusa. Il discorso non verteva più, forse non lo aveva fatto mai fin nel profondo, sulla Scuola di Atene, quanto su un argomento di lezione. Era stato il pretesto perfetto per l'incontro con il Maestro, lo sarebbe stato addirittura per un lieto fine? Oliver abbozzò un sorriso, per nulla infastidito dal cambiamento del dialogo, dal fatto ancor più che la sua domanda fosse stata ribaltata a favore di un'altra. C'era un collegamento che ancora non era in grado di cogliere? Sensibile ai dettagli come pochi sarebbero stati, il Grifondoro ne soffrì appena, più per l'incertezza di non aver studiato il senso alla base del passaggio in atto che per altro. Attese, perché la pazienza era la sua dote migliore. E rispose con quel tono genuino, elegante e galante, che da sempre aveva dipinto la sua figura nel più limpido dei modi. «Non credo che Merlino sia un Mago né cattivo né buono.» E dunque così concludeva il principio di un quesito di ampia portata, di ampia veduta? Tanto banale nel contenuto quanto nell'articolazione, quella risposta avrebbe minato perfino il giusto equilibrio di un attento ascoltatore. Ma Oliver sorrise e continuò con maggiore sicurezza. «Credo, invece, che Merlino sia stato il Veggente più potente che sia mai esistito. Vedeva certezze là dove gli altri vedevano incertezze, percepiva l'Ordine nel Chaos più assoluto, ne studiava i collegamenti, gli intrecci e gli incastri, sapeva essere un eccelso maestro dell'equilibrio, perché basava tutta la sua energia, tutto il suo potenziale, esattamente sull'opposto, sul non-equilibrio. Accoglieva l'incapacità di scorgere tutto in modo nitido e ne faceva tesoro, ne traeva forza, fino a spezzarne i confini, arrivando a sfibrare le Visioni che aveva, ad analizzarle frammento dopo frammento, per poi unirli come tanti tasselli diversi... diversi ma non troppo, perché avevano un filo conduttore, lo avevano, lo avevano sempre!» Le mani tremarono, mentre poggiavano la tazza di té ormai ridotto ad un restante ultimo sorso esattamente sulla scrivania di fronte a sé. La borsa a tracolla fu portata sulle gambe e pochi istanti dopo, Oliver ne estrasse un plico di pergamene: erano tutte fitte di parole, collegamenti, frecce, disegni e cancellature, tutte in fila l'una sull'altra. Ma ad ogni foglio che sollevava, le rifiniture aumentavano, il testo sembrava essere stato limato: dal primo all'ultimo, dal principio alla sua fine, ogni pergamena era più pulita, più chiara, più luminosa, perché la scrittura si assottigliava e perdeva le incertezze, l'aspetto confusionario, fino a presentare un testo senza più errori né termini sbarrati, in una forma elegante e stilisticamente corretta. Oliver sollevò l'ultimo foglio, superstite tra tanti, e lo tenne stretto tra entrambe le mani, mostrandolo all'interlocutore «La profezia è giusta, Sir Peverell. Non è mai stata sbagliata, è semplicemente stata fuorviata da idee su idee, da percezioni e visioni. Ma c'è un senso, Professore, c'è un senso alla base di tutto, di ogni cosa. Ho analizzato frammento dopo frammento e ognuno aveva un suo messaggio. Come si possono unire tutti i messaggi, come si può avere un unico messaggio, se ogni frammento ne rivela uno ben preciso? Questo è il motivo dell'incomprensione, della difficoltà di ottenere una risposta che sia univoca, singolare, decisiva. Non è permesso, la Visione non lo permette, il Dono della Veggenza non lo permette. Confrontando tutti i frammenti si giunge ad un messaggio d'insieme, ma non è l'unico, può variare in base al punto d'osservazione: ad esempio se si prende in esame prima il frammento numero due, allora la visione cambia, la profezia pure. E così via, se si prende in esame il frammento - intendo la riga, Sir Peverell - numero tre, allora quello sarà il punto di partenza e la profezia avrà una nuova, diversa, unica interpretazione.» Aveva trascritto tutto: ogni pergamena ne era testimonianza, ogni foglio ne mostrava l'intreccio e tutti, in copia perfetta, erano stati consegnati già al professore. Oliver ne aveva un'altra, più stropicciata, più sudata, più lavorata. Era la prima volta da quando aveva iniziato il suo percorso scolastico ad Hogwarts che non chiudeva occhio per una lezione, per quella lezione, e non avrebbe saputo spiegarne il motivo. «Una profezia non è mai singolare nel suo contenuto, presenta sempre intrecci e versioni, varianti e sfumature le une possibili da incastrare con le altre. Merlino era capace di vederne l'insieme, Sir. Ne era capace, perché nelle sue vene scorreva magia e potere e l'una non escludeva l'altro, ne erano perfetta simbiosi e combinazione. Merlino è un genio, professore.» I fogli tornarono al loro posto, nella cartellina di pelle poggiata sulle ginocchia del ragazzo, mentre l'eccitazione della sua voce si placava, lo sguardo ancora del tutto illuminato. Cosa c'era di segreto in quel contesto, cosa Oliver stesso ancora non sapeva? «Ed io non posso che essere uno dei tanti ricercatori dell'Ordine presente nelle sue visioni.»Mea culpa! Sembra superfluo dirlo, ma Oliver diventerà Veggente circa pochi mesi dopo; Merlino è stata davvero la sua lezione preferita, ma questo lo sappiamo già. Ringrazio infinitamente per la pazienza!
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