La posta arriva con la solita puntualità: il fruscio d’ali, lo stridio dei gufi e degli allocchi che planano sulle quattro tavolate imbandite per la colazione e il sollievo di lanciare al proprio destinatario la missiva che gli ha impedito di chiudere occhio.
Non aspetto nulla stamane, Clio è partita ieri sera per una consegna ordinaria verso casa - l’abitazione dei miei - col resoconto della settimana appena trascorsa. Mentre imburro la mia solita fetta di pane tostato mi accorgo dei nasi rivolti all’insù e dei dubbi circa il gufo che sembra aver trovato la persona a cui lasciare la posta, ma non si decide a sganciarla.
«Thalia, credo sia per te…» mi arriva una leggera gomitata sulle costole e quando alzo gli occhi lo vedo; il pane mi scivola dal lato del burro direttamente sulle ginocchia e il coltello tintinna fastidiosamente sul pavimento di pietra tra il vociare caotico del mattino. Ci ho messo mesi a uscire dalla mia fase agorafobica, ma questo sgambetto non me l’aspettavo proprio. Il postino deve pensare che sia pronta a ricevere la mia lettera, perché plana dolcemente per farsi slegare il messaggio dalla zampina tesa.
Mi tremano le mani, mentre scambio uno sguardo intenso col volatile: so benissimo chi ti manda, vorrei dirgli, e so che capisce la mia ostilità perché arruffa minacciosamente le piume del collo per tutta risposta. Gli consegno un biscotto come premio per la sua grande impresa e lo lascio ripartire. Stringo la pergamena nel pugno della mano, arriccio la carta e la rovino. Con che coraggio mi scrive?
Mi rivedo a scendere dal palco per inseguirlo, mentre si allontana dalla folla assembrata per la premiazione di Tassorosso. Sento la mia voce cominciare a chiamarlo, salvo poi vederlo smaterializzarsi nel nulla.
Che fosse tanto ardito da stuzzicarmi e poi battere in ritirata lo sapevo.
Non sapevo quanto fossi ingenua io, ma ora lo so.
Ho letto la lettera sulla via della prima ora di lezione, Pozioni, e per tutta la durata del discorso della Walker sulla Felix Felicis non ho fatto altro che pensare a quanto miserabile sia la situazione. Ho pure preso gli appunti malissimo, chissà che disastro sarà il compito per la prossima settimana. Per le mutande di Merlino, se ti detesto, Scott!
Scribacchio la risposta durante l’ora di Trasfigurazione col nuovo supplente. Camillo deve solo provarci a dirmi di smetterla: siamo coetanei, sono stata la sua Caposcuola e solo il cielo sa quale scenata potrei mettere in piedi se solo ci provassi. Sono sconvolta, naturalmente. Mi prega di andare da lui? Vuole vedermi? Per parlare di cosa? Che spiegazioni dovrebbe darmi?
Sento il cuore battermi in gola per la rabbia e sono certa di essere rossa in viso quanto un pomodoro maturo.
Caro Lucas,
vorrei dirti che non mi stupisce il tuo messaggio, ma è così.
Pensavo che punzecchiarmi al ballo, darmi della puttana solo
per gelosia e scappare fosse tutto parte di un grande piano.
Sono stanca di correrti incontro, di cercarti io e di trovarti io.
Se vuoi vedermi sul serio e vuoi parlare, magari per scusarti,
mi trovi sabato a St. Ives. Cornovaglia.
I pomeriggi del fine settimana li passo lì.
E’ l’ultima occasione, Scott.
T.
Uso un barbagianni della scuola, Clio non è ancora tornata, e lo guardo sparire all’orizzonte all’ora di pranzo.
In calce alla lettera c’è l’indirizzo di casa mia. Del cottage che ho comprato e ristrutturato da sola in questi mesi. La casa che dovrebbe essere il mio tempio di quiete e pace.
Sospiro.
Non sono sicura di aver fatto bene, ma ormai è fatta.