| Pare par condicio, ma...
Si avvicina l'Election Day e saltano i primi programmi tv. È censura o giustizia? Non resta che leggere tra le righe della legge
S'ode a destra An che con Alessio Butti (membro della commissione di Vigilanza tv) ammette: «Provo un po' di tristezza leggendo le lamentele e le grida di dolore di comici e cabarettisti tv sedicenti vittime, anche se solo per qualche settimana, della scure della par condicio... ma è una legge voluta dalla sinistra». A sinistra risponde Claudio Petruccioli (Ds, presidente della Commissione di Vigilianza tv): «La legge non mette il bavaglio all'informazione». Ma sono tanti i suoi compagni di partito a pensarla diversamente.
In mezzo ci sono trasmissioni televisive che di politica parlano solo tangenzialmente e che hanno già conosciuto in questi primi giorni di campagna elettorale il rigore della famigerata legge della par condicio, retaggio della presidenza scalfariana, che pur riveduta e corretta continua a far discutere e a fare "vittime" illustri. A pagare dazio per ora sono stati programmi come "Mai dire domenica", "Blob", "Blu notte", "Striscia la Notizia" e il concerto del 1° Maggio, che sarà trasmesso in differita di circa un'ora anche per evitare esuberanze politiche. Ma nelle maglie della nuova par condicio rischiano di finircene molti di più: praticamente tutti quelli in cui si fanno nomi e cognomi di onorevoli e senatori, europarlamentari, sindaci o semplici candidati.
La Gialappa's punta sul vivo ha gridato alla censura: «La norma quest'anno è più restrittiva rispetto al passato. Finora ci avevano chiesto solo di nominare esponenti politici di entrambi gli schieramenti (maggioranza e opposizione) all'interno di ogni puntata del programma».
Ma oltre ai diretti interessati che si vedono mutilato il programma, la legge che nel 2000 era bollata come "liberticida" dal centro-destra e sostenuta dal centro-sinistra, oggi piace poco a tutti per un verso o per l'altro. Quelli, a sinistra, che se la fanno andar giù è solo perché la ritengono l'unico "argine" all'irrisolto conflitto d'interessi di Berlusconi.
Il regolamento in vigore per la campagna elettorale è stato votato ai primi di aprile e scadrà in occasione dell'Election Day del 12-13 giugno. Nelle disposizioni per la Rai che, si possono leggere integralmente sul sito dell'Authority per le Comunicazioni, fin dall'articolo 2 si chiarisce che in tutte le trasmissioni di varietà e intrattenimento della Rai "non è ammessa, ad alcun titolo, la presenza di candidati o di esponenti politici e che non possono essere trattati temi di evidente rilevanza politica ed elettorale né che riguardino vicende o fatti personali di personaggi politici". E ancora: "La comunicazione può effettuarsi solo mediante contraddittorio [...] l'informazione è assicurata mediante notiziari".
Poco più sotto (artt. 3, 5) si legge che "il principio della pari opportunità può essere realizzato oltre che nell'ambito della medesima trasmissione anche nell'ambito di un ciclo di trasmissioni" purché nell'arco di 2 settimane. La propaganda può essere effettuata attraverso messaggi autogestiti trasmessi secondo un palinsesto che copra più di una fascia oraria, tribune elettorali cui può partecipare solo un rappresentante per ciascuno dei soggetti politici in corsa e conferenze stampa. Insomma, in periodo di par condicio tutti i tg e i programmi giornalistici "si conformano con particolare rigore ai criteri di tutela del pluralismo, dell'imparzialità, dell'indipendenza" (art. 5): il discorso vale per direttore, conduttori e registi.
Per tutte le altre emittenti tv c'è un altro dispositivo nel quale si precisano fin nel minimo dettaglio i tempi di trasmissione, le caratteristiche di contenuto e di programmazione dei messaggi autogestiti a titolo gratuito, che insieme alla trasmissione di informazione sono le uniche forme di apparizione politica possibile, visto che come si dice all'articolo 7: la presenza di politici "è vietata in tutte le trasmissioni radiotelevisive diverse da quelle di comunicazione politica, dai messaggi politici autogestiti e dai programmi di informazione".
Le tv locali infine possono anche presdisporre spazi politici autogestiti a pagamento ai prezzi che vogliono: anch'esse devono uniformarsi ai principi di obiettività e imparzialità, ma "resta salva la libertà di commento e di critica [...] nel rispetto delle persone".
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