| Head io ti dico che Finkielkraut è balzato agli onori della cronaca (in Italia non parlo della Francia) per delle posizioni "bizzarre", politicamente scorrette, scomode, un pò aggressive sulle profonde dinamiche interetniche. Oltre all'accostamento, almeno per me sbagliato, tra comunismo e antirazzismo, quello che a me non piace è questa esposizione mediatica simil-eroica. Vedere Oriana Fallaci che si scaglia con indomito ardore contro l'Islam, da cavaliere solitario che da solo combatte contro i mulini a vento, non piace assolutamente e non parlo di idee ma parlo proprio di modalità comunicative. Questa voglia di passare per intellettuali scomodi a tutti i costi, provocatori all'eccesso, depositari di verità pericolose, combattenti futuristi dell'ipocrisia buonista, la ritengo non molto determinante per infondere veemenza retorica alle idee, anzi la ritengo controproducente, barocca. Il tema del razzismo Head, come dicevo nell'altro topic, non è questione di semplice ignoranza. Ci sono dinamiche socio-psicologiche enormi dietro, valutate da tantissimi studiosi nel tempo. La psicologia del pregiudizio è un argomento ostico da trattare, specie in un forum come questo. Quello che tu intendi, quando posti con cognizione di causa, è l'esemplificazione di come esista la diversità, anche forte tra gli uomini. Il problema non è considerare la diversità, ma dare fondamento scientifico alla gerarchia tra gli esseri umani. L'eugenetica Galtoniana si fondava su questo e sulla possibilità di promuovere attraverso un'attenta politica delle nascite il miglioramento della razza. In America durante la prima guerra mondiale si relazzò l'Army Mental Test, con varie domande sottoposte alle reclute. Molte reclute erano immigrati di breve periodo, quindi a domande specifiche sugli stili di vita yankee, non rispondevano correttamente. L'esito fu impedire l'accesso copioso degli immigrati e secondo la sterilizzazione forzata per molte persone di colore fino agli anni '70 (Virginia). Ora non credo che esprimere questo sia segno di buonismo stupido o radical-chic. Ci sono processi culturali, circostanze storiche, contesti sociali (agenzie di socializzazione primaria e secondaria), status economico-sociale, storie di vita, che danno reale spiegazione sulla diversità delle persone. E la diversità non è una condizione che si metabolizza automaticamente. Negli Usa furono sviluppate tante teorie sull'argomento, dal crogiuolo al melting pot, dall'assimilazione alla fusione, dal "contatto fertilizzante" al pluralismo, ma nessuno riuscì a sviluppare il prototipo universale, perchè le specificità di ogni singolo contesto generano attrito con l'entusiasmo scientifico. La mia prospettiva interpretativa cerca con difficoltà di barcamenarsi tra le diversità, ma diversità non intese come ostacoli, ma come possibilità di scoperta, di crescita. Credo che ognuno di noi abbia una propria diversità, non data dal colore, ma da un insieme di esperienze vissute, percorsi, errori, sogni. Finchè ci sarà diversità ci sarà la volontà di ascoltare. Io sono diverso da miliardi di persone, perchè soggettività cosciente come tutti quanti. La somiglianza si ha quando si condivide un'esperienza, un progetto, un'ambizione e forse un destino, ma sicuramrente blind-colours. Io non credo al Carattere Nazionale, alla personalità dei giapponesi come "del crisantemo della spada" come scrive Benedict, credo nella diversità ma non nella supremazia, nella pari dignità ma non nell'egualitarismo spersonalizzante.
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