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  1. schmit
     
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    di Bill Emmott

    Se c’è un mercato che potremmo considerare abbastanza prevedibile da consentire stanziamenti e investimenti a lungo termine, questo dovrebbe essere il mercato dell’energia. Dopo l’acqua, l’energia è l’elemento più importante della nostra vita economica e sociale. Dato che per realizzare nuove fonti energetiche ci vogliono anni, le previsioni sulla loro disponibilità sono più attendibili di quelle sulla raccolta del grano, ad esempio, o sulla produzione di computer. Questo mercato si sta però dimostrando il più capriccioso di tutti. E la sua volatilità, nell’attuale crisi economica mondiale, sta gettando un’ombra oscura sugli investimenti nelle energie rinnovabili e «alternative» ricavate dal vento, dal sole, dalle biomasse e dal nucleare.



    La ricerca
    Così un'alga
    farà volare gli aerei Eolico
    Pale da cento metri
    in alto mare Solare
    Spagna caliente
    con 28 centrali La lettura
    Gaetano Cappelli
    e il sogno lucano


    Se nutriamo dei dubbi sulla stravaganza del mercato, facciamoci questa domanda: di quanto è aumentato il consumo mondiale di petrolio nel 2007? È l’anno in cui il prezzo del greggio è più che raddoppiato, passando da 55 dollari al barile a più di 100, per poi continuare a salire fino a raggiungere un picco di 147 dollari al barile nel giugno 2008. La maggior parte delle persone risponde tra il 5 e il 10 per cento, facendo riferimento alla rapida crescita delle economie emergenti, come la Cina e l’India. La risposta corretta, secondo l’autorevole BP Statistical Review of World Energy, è invece che il consumo è salito dell’uno per cento. Sempre in quell’anno, la produzione di petrolio è scesa di circa lo 0,5 percento. Questa piccola differenza tra la domanda e l’offerta ha quindi prodotto un aumento dei prezzi di più del 100 per cento.

    Il fraintendimento che porta alla risposta più comune — quello per cui la crescita cinese e indiana è così forte e inarrestabile da superare tutti gli altri fattori di domanda — è anche quello che ha determinato la corsa a investire nelle fonti alternative di energia. Questi investimenti conobbero un rapido sviluppo negli anni Settanta, per la forte impennata dei prezzi del petrolio. Quando, negli anni Ottanta, i prezzi crollarono, la stessa sorte toccò agli investimenti nelle fonti alternative. Così, ora che i prezzi del petrolio sono ritornati ai livelli dell’inizio del 2007, perdendo quasi due terzi del loro valore e scendendo a meno di 60 dollari, dobbiamo chiederci: succederà di nuovo?

    Nel cercare di rispondere a questa domanda, dobbiamo anzitutto essere realisti: la recente, estrema volatilità del mercato del petrolio dovrebbe indurci a diffidare delle facili previsioni. Dobbiamo poi riconoscere un fatto ancora più sgradevole: che è la politica, più che l’economia, a darci indicazioni per una risposta.

    La politica influenza il mercato del petrolio fondamentalmente su due fronti. Il primo riguarda la produzione. Questa è diventata, infatti, una questione di natura eminentemente politica dall’inizio degli anni Settanta, da quando, cioè, l’OPEC ha il controllo sulle forniture e sui prezzi del petrolio. Il secondo è legato a un nuovo fattore di portata mondiale, intervenuto successivamente agli anni Settanta: il cambiamento climatico.

    I Paesi OPEC, situati in gran parte in Medio Oriente, Africa del Nord e America Latina, soddisfano circa il 40 per cento della domanda mondiale di greggio. Nel periodo della crescita vertiginosa dei prezzi, a partire dai 25-30 dollari al barile del 2002-03, l’OPEC è riuscita a mantenere il controllo della produzione anche grazie all’aiuto di Paesi non membri, soprattutto della Russia. La domanda era in crescita, soprattutto negli anni 2003-06, e un lungo periodo di bassi investimenti nella ricerca di nuovi giacimenti rendeva difficile aumentare la produzione. Ora, invece, sono cambiate due cose: grazie alla recessione globale la domanda sta calando, e c’è un’abbondante disponibilità di petrolio, soprattutto in Arabia Saudita.

    Questo ha provocato il calo dei prezzi ai livelli attuali che, se verranno mantenuti, renderanno la maggior parte degli investimenti nelle fonti rinnovabili di energia poco competitivi, senza un sostegno dei governi. Ulteriori cali dei prezzi dipenderanno dall’eventuale decisione dell’OPEC di ridurre la produzione in sintonia con la riduzione della domanda, ma anche da quanto i suoi membri continueranno a rispettare gli accordi presi durante gli incontri OPEC. Molti Paesi, con in testa l’Iran e il Venezuela, vogliono tagliare drasticamente la produzione per sostenere i prezzi. Altri, guidati dall’Arabia Saudita, credono che questo sarebbe un errore, perché prolungherebbe la recessione mondiale. L’Arabia Saudita, il produttore di petrolio più a buon mercato e con le maggiori riserve, potrebbe anche essere mosso da un’altra ragione: teme la competizione di un Iran forte nella regione e preferirebbe vederlo indebolito dal calo dei prezzi del petrolio.

    Con la recessione che sta iniziando a farsi sentire in America, Europa e Giappone, e che sarà con ogni probabilità profonda e dolorosa, le prospettive dei prezzi del petrolio non sono rosee. Ma la misura in cui questo quadro scoraggerà gli investimenti nelle fonti energetiche alternative, come si è verificato negli anni Settanta, dipenderà dal secondo fattore politico di cui si è parlato: il cambiamento climatico.

    Mentre miliardi di dollari venivano investiti nell’energia solare, eolica, nucleare e derivata dalle biomasse, anche l’industria automobilistica di tutto il mondo dedicava notevoli sforzi al miglioramento della tecnologia delle batterie, per rendere possibile la produzione di motori completamente elettrici o ibridi. La scommessa era che l’aumento dei prezzi, il mutare dei gusti dei consumatori e il cambiamento climatico avrebbero reso vantaggiosi questi investimenti. Uno di questi fattori sta venendo meno. Gli altri, però, potrebbero essere più durevoli, anche se non del tutto indifferenti alla recessione. Le finanze pubbliche subiranno pressioni enormi; i consumatori saranno meno disposti a pagare di più per essere «verdi»; i governi saranno poco propensi a imporre nuovi oneri all’industria.

    Contro queste tendenze, però, possono giocare due elementi. Uno è che i governi si sono impegnati a trattare della questione del cambiamento climatico nella seconda metà del prossimo anno a Copenhagen, e non possono sottrarsi a un confronto in proposito. L’altro è che molti governi, nel sostenere la crescita economica, si metteranno alla ricerca di nuove tecnologie da finanziare, sperando che nel loro paese nasca l’industria vincente del futuro. Barack Obama, eletto presidente, ha già promesso di seguire questa via. Se sarà così, l’energia alternativa diventerà un cambiamento in cui potremo credere davvero.

    (Traduzione di Maria Sepa)

     
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  2. lucian le stelle
     
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    Alle famiglie forse tre miliardi di euro; in prestito alle banche, a certe condizioni, una quindicina di miliardi. In concreto, dovrebbero essere questi gli elementi davvero nuovi, e validi subito, del piano anti-crisi, che il governo, contando stanziamenti già previsti nel triennio, da riallocare o da accelerare, fa assommare all’imponente cifra di 80 miliardi. Provvederà con uno o più decreti-legge il consiglio dei ministri di venerdì.

    «Tremonti ci dica se i fondi di cui ha parlato sono veri o sono già stanziati - sfida dall’opposizione Pierferdinando Casini - perché se non sono nuovi si tratta di una presa in giro, se lo sono l’Udc li voterà». Il Pd ha già proposto aiuti ai redditi più bassi per 7-8 miliardi; ieri Walter Veltroni ha ufficializzato la svolta, abbandonando la fedeltà alla regole europee che era stata una bandiera del centro-sinistra: «si può rinviare il pareggio di bilancio, come ha fatto la Germania».

    Dentro il governo si discute ancora a quali misure dare la precedenza. Il presidente della commissione Finanze della Camera, Gianfranco Conte (Pdl), ammette che in concreto ci sono «scarsi mezzi a disposizione», ma «si farà tutto il possibile». Non è escluso il ritorno a un po’ di «finanza creativa»; a erogazioni una tantum si farebbe pronte con quelle coperture una tantum che negli ultimi anni le regole europee non ammettevano più.

    Tra le ipotesi più quotate è un soccorso una tantum alle famiglie più bisognose, in aggiunta o integrazione alla social card già decisa l’estate scorsa. Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi studia come estendere l’indennità di disoccupazione ad alcune categorie di precari, come i Co.co.pro. La detassazione degli straordinari, che era temporanea, sarà estesa al 2009. Meno probabile è che si intervenga sui carichi di famiglia Irpef.

    A favore del lavoro autonomo e dell’impresa minore, si potrebbe (ma il tempo stringe) ridurre le percentuali di acconto dell’autotassazione di novembre; in pratica un rinvio di versamenti all’anno prossimo. Sul pagamento dell’Iva «per cassa», cioè all’effettivo pagamento e non alla fattura, occorre il permesso della Commissione europea, che non ha tempi brevissimi. Improbabile, per ora, la deducibilità dell’Irap dalle impsote dirette.

    Tra le decisioni di venerdì entrerà anche il soccorso alle banche se si riuscirà a risolvere in tempo i problemi tecnici. Occorre configurare lo speciale prestito obbligazionario subordinato perpetuo in modo tale che possa essere conteggiato nel «Core Tier 1». Questo parametro di solidità dei bilanci bancari la Banca d’Italia inviterà a elevarlo rispetto al 6%, finora suggerito; non è sicuro se proprio fino all’8%, oppure al 7,5%. Lo Stato presterà questi fondi indebitandosi a sua volta sui mercati finanziari (ci guadagnerà, perché riscuoterà dalle banche cedole più alte dei rendimenti pagati ai risparmiatori). La somma totale non è ancora certa, perché dipende da quanto le banche chiederanno; partendo da circa 3 miliardi per Unicredit e 4 per Intesa Sanpaolo, si potrebbe arrivare a una quindicina di miliardi, massimo a 20.

    Per il resto, gli 80 miliardi constano: 1) dei 16,6 di investimenti in infrastrutture, da tempo in bilancio, i cui cantieri, garantisce il ministro Altero Matteoli, si apriranno «entro sei mesi» grazie a nuove procedure; 2) di 40 miliardi in un triennio di fondi europei, che saranno accorpati in pochi progetti importanti (ma le Regioni protestano); 3) in 10 miliardi di investimenti privati, sempre in un triennio, dalle società autostradali, con nuovi meccanismi tariffari.

    Ma sui conti pubblici dei prossimi anni pesa un differente rischio. La Corte dei Conti teme che il federalismo fiscale, così come è delineato nel disegno di legge delega all’esame del Parlamento, con ampie quote di Irpef devolute agli enti locali, possa portare a un aumento delle tasse, e perfino a rendere meno trasparente il sistema tributario. Lo ha detto, pur nel quadro di un giudizio complessivamente positivo, il presidente della Corte, Tullio Lazzaro, in una audizione al Senato.

    da La Stampa
     
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  3. schmit
     
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    Berlusconi fa «cucù» alla Merkel
    Il premier gioca a nascondino con la collega
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    Berlusconi e la Merkel sorridenti (Afp)
    TRIESTE - Un altro siparietto di Silvio Berlusconi con i «grandi» della Terra. Stavolta niente corna ma il gioco del nascondino. Accade tutto al vertice italio-tedesco di Trieste. Il presidente del Consiglio, nell'accogliere Angela Merkel a piazza dell'Unità d'Italia, si piazza dietro il pennone portabandiera e all'arrivo del cancelliere sbuca fuori esclamando «Sono qui». La Merkel, allargando le braccia e con aria divertita, risponde al «cucù» del Cavaliere con un laconico e non si sa quanto imbarazzato: «Silvio».

    SCENA SOTTO GLI OCCHI DI DECINE DI GIORNALISTI - La scena, si è svolta sotto gli occhi di decine di giornalisti ed è stata ripresa dalle telecamere. Ma la distanza ha impedito di ascoltare la conversazione. Dopo il saluto (un abbraccio con doppio bacio sulla guancia), Berlusconi ha portato la Merkel verso il lungomare dove un centinaio di persone assistevano all'arrivo dei due leader. Piccolo bagno di folla e poi, camminando uno accanto all'altra, i due hanno passato in rassegna il picchetto d'onore. Poi, prima di entrare nel palazzo della Regione, Berlusconi e la Merkel hanno salutato anche i triestini assiepati su un lato della piazza. «Grazie, grazie a tutti», ha detto Berlusconi stringendo le mani di alcuni presenti. «Che fortuna avete a viverci», ha aggiunto il premier.
    Sorrisi e strette di mano ed è quindi poi iniziato il programma ufficiale, passando in rassegna al picchetto militare e poi la foto di rito all'interno del Palazzo della Regione Friuli Venezia Giulia. Ed anche qui non è mancata una battuta del premier che rivolgendosi al presidente della Regione Renzo Tondo gli ha detto: «Abbottonati la giacca prima che scattino le foto...».


    18 novembre 2008

    da Il Corriere della Sera
     
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  4. schmit
     
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    Un omaggio a Valestap e a tutti coloro che verranno su questo forum



     
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  5. Schou
     
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    «Di Pietro? E' un uomo di violenza»
    Affondo di Berlusconi contro il leader dell'Idv. E sulle critiche per il caso Vigilanza Rai: «Sono senza pudore»
     
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  6. schmit
     
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    Caos nel Pd sulla
    questone morale.
    Sindaco di Firenze
    contro Repubblica
    Il sindaco Domenici si ribella dopo le polemiche per il caso Fondiaria: «No all'informazione distorta». E annuncia: «Sono schifato e a giugno lascierò la politica». Il governatore della Campania: «Non mi dimetterò»
    + E D'Alema apre al Pdl: unità nazionale per cambiare regole UGO MAGRI

    da La Stampa
     
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  7. schmit
     
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    http://ilfoglio.forumcommunity.net/?t=23089260
     
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  8. Schou
     
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    http://www.corriere.it/

    Striscia di Gaza
     
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  9. schmit
     
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    riprendera' da Mosca il flusso del gas verso l'Europa

    http://www.repubblica.it/2008/12/sezioni/e...ture-9genn.html
     
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  10. doroty2
     
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    questa guerra in Israele non finirà mai...troppi odi atavici...
     
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  11. schmit
     
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    In Olanda l'estrema destra ha vinto le elezioni
     
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  12. schmit
     
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    Tiriamo un respiro per lo scongiurato pericolo!

    ECONOMIA lunedì 10 maggio 2010, 11:23 Ue, piano salva Stati da 750 miliardi Borse europee euforiche, Milano vola
    di Redazione
    Vota1 2 3 4 5 Risultato
    Varato, dopo dieci ore di negoziati, dai ministri finanziari della Ue: 600 miliardi dall'Ue, il resto dal Fondo monetario. Chiesti nuovi sacrifici a Spagna e Portogallo. Frattini: "Perfetta intesa tra Italia, Germania e Francia. Berlusconi: "In gioco i risparmi dei cittadini di 16 nazioni". Euro, Borse europee in forte rialzo. Crac Ue, ora Ciampi scarica su prodi Strumenti utili Carattere Salva l'articolo
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    EDITORIALE L'Euro è in guerra, l'Italia ce la farà / Forte Dopo lo schiaffo di Londra ci vuole un'altra Europa / Del Debbio
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    aiuto Bruxelles - Quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare. Sembra una battuta cinematografica - o sportiva - invece stiamo parlando di economia e finanza. La "mission impossible" è quella di salvare l'Euro dai fortissimi attacchi speculativi di queste ultime settimane. E, in particolare, salvare i Paesi più a rischio: la Spagna e il Portogallo, dopo la Grecia. L'obiettivo è ambizioso. Ma l'Europa è fermamente decisa a centrarlo attraverso un maxi-piano di 750 miliardi, con la partecipazione dell'Fmi. Si cerca, così, di blindare la zona euro dagli attacchi della speculazione ed evitare il rischio default di altri Paesi dopo quello corso con la Grecia. A vararlo, dopo dieci ore di negoziati, sono stati i ministri finanziari della Ue riuniti a Bruxelles. Chiesti anche nuovi sacrifici a Spagna e Portogallo, i due Paesi considerati maggiormente a rischio in questa fase. E annunciate "misure significative" da parte della Bce. Si tratta di un piano di salvataggio senza precedenti, a cui si è arrivati dopo una giornata in cui si sono susseguiti i contatti tra le varie capitali europee, con decine di bilaterali e due conference call a livello dei Paesi del G7. Anche il presidente Usa, Barack Obama, ha telefonato sia al presidente francese, Nicolas Sarkozy, sia alla cancelliera tedesca, Angela Merkel, sottolineando la necessità di una "risposta forte" da parte dell'Europa per ridare fiducia ai mercati.

    Prestiti e garanzie Lo scudo 'anti-speculazione' deciso dall'Ecofin mette in campo prestiti per 60 miliardi di euro da parte della Commissione Ue, che potrà raccogliere sul mercato prestiti, offrendo come garanzia fondi del bilancio comunitario a favore dei Paesi che fossero sotto attacco speculativo ed avessero difficoltà a reperire capitali sui mercati. Nel pacchetto ci sono poi 440 miliardi che dovrebbero prendere la forma di prestiti bilaterali da parte degli Stati membri della zona dell'euro, sul modello del piano salva-Grecia. Nel dettaglio, si prevede che la quota dell'Fmi rappresenti la metà di quella messa in campo dagli Stati membri, cioé fino a 220-250 miliardi. Per questo l'ammontare complessivo del fondo potrebbe arrivare fino a 750 miliardi. Resta poi in pista la possibilità che anche la Bce scenda in campo, decidendo di prestare soldi ai Paesi a rischio acquistando i loro titoli pubblici. Una decisione che spetta alla stessa Bce, i cui vertici sono rimasti riuniti a Basilea con i governatori centrali della Ue in attesa di notizie da Bruxelles.

    La trattativa Due momenti di forte tensione hanno caratterizzato l'inizio della giornata: il malore del ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble (ricoverato in ospedale) e il no di Londra al piano. Il cancelliere dello Scacchiere Alistair Darling è stato infatti molto chiaro nel dire che il Regno Unito non sarebbe venuto in soccorso di Paesi dell'euro in difficoltà, respingendo la proposta messa sul tavolo dalla Commissione Ue. A sbloccare la situazione è stata poi la Germania, proponendo interventi per 500 miliardi di euro di cui 440 a carico solo degli Stati membri della zona euro. E con la partecipazione del Fondo monetario internazionale. I ministri delle finanze hanno anche accolto l'appello alla disciplina di bilancio e di rigore monetario lanciato venerdì notte dai leader dell'Eurozona.


    L'invito a Spagna e Portogallo La Germania in particolare ha chiesto che venissero dettagliate le condizioni alle quali devono sottostare i Paesi maggiormente a rischio, quelli che per primi potrebbero dover ricorrere al fondo. Di qui l'invito alla Spagna e al Portogallo ad adottare nuove misure per la correzione del deficit. In particolare, a Madrid e Lisbona è stata chiesta una manovra aggiuntiva pari all'1,5% del Pil quest'anno, e una pari al 2% del Pil l'anno prossimo. L'importo definitivo sarà deciso nei prossimi giorni. Ora la parola passa alle Borse, con Tokyo che ha subito risposto oggi positivamente.

    Una task force I ministri finanziari dei 27 si ritroveranno a Bruxelles mercoledì, insieme ai vertici della Bce e della Commissione Ue, per dare vita alla prima riunione della task force Ue che dovrà riformare il Patto di stabilità e di crescita, guidata dal presidente Ue Herman Van Rompuy. Nel testo dell'accordo, infine, l'Ecofin si impegna ad approfondire l'ipotesi di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie e ad accelerare la revisione delle norme e della vigilanza sul mercato dei derivati e il ruolo delle agenzie di rating.

    Merkel Il maxi-piano messo a punto dai paesi Ue con la partecipazione dell'Fmi è necessario per "garantire il futuro dell'euro", ha ribadito la cancelliera tedesca Angela Merkel, sottolineando che è necessario "attaccare i problemi alla radice e combattere realmente le cause" delle tensioni che pesano sulla moneta unica.

    Frattini "L'Italia, la Francia e la Germania hanno lavorato in modo perfetto, in stretto coordinamento tra loro, incoraggiando gli altri paesi a fare passi in avanti", ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini, commentando l'accordo raggiunto in nottata.
    "E' uno strumento potentissimo contro la speculazione: credo che abbiamo usato lo strumento migliore sia per quantità che per qualità". "Certamente dobbiamo mantenere la guardia molto alta perché gli attacchi degli speculatori non si fermano nella spazio di un'ora", ha aggiunto Frattini, sottolineando che "con questa azione sono stati neutralizzati, come dimostra l'esito di stamane sul mercato delle borse".
    Frattini ha espresso "grande soddisfazione per il ruolo, la leadership Ue e il buon lavoro fatto e quindi anche per le conseguenze immediate, con le borse europee che sono volate in alto". "La Ue ha giocato da protagonista, come ci aspettavamo, chiedendo rigore sui conti pubblici a tutti gli stati, dal primo all'ultimo"


    L'invito a Spagna e Portogallo La Germania in particolare ha chiesto che venissero dettagliate le condizioni alle quali devono sottostare i Paesi maggiormente a rischio, quelli che per primi potrebbero dover ricorrere al fondo. Di qui l'invito alla Spagna e al Portogallo ad adottare nuove misure per la correzione del deficit. In particolare, a Madrid e Lisbona è stata chiesta una manovra aggiuntiva pari all'1,5% del Pil quest'anno, e una pari al 2% del Pil l'anno prossimo. L'importo definitivo sarà deciso nei prossimi giorni. Ora la parola passa alle Borse, con Tokyo che ha subito risposto oggi positivamente.

    Una task force I ministri finanziari dei 27 si ritroveranno a Bruxelles mercoledì, insieme ai vertici della Bce e della Commissione Ue, per dare vita alla prima riunione della task force Ue che dovrà riformare il Patto di stabilità e di crescita, guidata dal presidente Ue Herman Van Rompuy. Nel testo dell'accordo, infine, l'Ecofin si impegna ad approfondire l'ipotesi di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie e ad accelerare la revisione delle norme e della vigilanza sul mercato dei derivati e il ruolo delle agenzie di rating.

    Merkel Il maxi-piano messo a punto dai paesi Ue con la partecipazione dell'Fmi è necessario per "garantire il futuro dell'euro", ha ribadito la cancelliera tedesca Angela Merkel, sottolineando che è necessario "attaccare i problemi alla radice e combattere realmente le cause" delle tensioni che pesano sulla moneta unica.

    Frattini "L'Italia, la Francia e la Germania hanno lavorato in modo perfetto, in stretto coordinamento tra loro, incoraggiando gli altri paesi a fare passi in avanti", ha detto il ministro degli Esteri Franco Frattini, commentando l'accordo raggiunto in nottata.
    "E' uno strumento potentissimo contro la speculazione: credo che abbiamo usato lo strumento migliore sia per quantità che per qualità". "Certamente dobbiamo mantenere la guardia molto alta perché gli attacchi degli speculatori non si fermano nella spazio di un'ora", ha aggiunto Frattini, sottolineando che "con questa azione sono stati neutralizzati, come dimostra l'esito di stamane sul mercato delle borse".
    Frattini ha espresso "grande soddisfazione per il ruolo, la leadership Ue e il buon lavoro fatto e quindi anche per le conseguenze immediate, con le borse europee che sono volate in alto". "La Ue ha giocato da protagonista, come ci aspettavamo, chiedendo rigore sui conti pubblici a tutti gli stati, dal primo all'ultimo"


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    L'Euro è in guerra, l'Italia ce la farà
    di Francesco Forte
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    L'Unione europea vara un piano di salvataggio con l'Fmi, la Gran Bretagna si dissocia. Oggi il verdetto dei mercati. Noi non corriamo pericoli immediati, ma la lezione greca dimostra che pensioni e sanità vanno riformate subito Strumenti utili Carattere Salva l'articolo
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    aiuto L'Europa dell'euro si è mossa massicciamente a una velocità insolita per contrastare gli attacchi ai titoli pubblici di singoli Stati dell'euro, che, come aveva spiegato il presidente della Bce, sono in realtà un attacco all'euro-sistema, volto a scardinarlo nel suo complesso. Si può discutere se convenisse o meno lasciare la Grecia al suo destino, risparmiando i 110 miliardi del suo piano di salvataggio, per riservare tutte le armi e le munizioni al sistema-euro nelle sue strutture di base, ma ora siamo arrivati precisamente a questo stadio.

    Il comunicato di Moody's che chiamava in causa in modo immotivato l'Italia, assieme a Spagna e Portogallo, era un chiaro sintomo di un grande assalto. E il fatto che Moody's (che non è così indipendente come si dice perché è posseduto da grandi «hedge fund», ossia «fondi di investimento speculativi») abbia poi emanato un comunicato rassicurante sull’Italia non deve trarre in inganno. Nel frattempo la Borsa era caduta e chi voleva guadagnarci ci ha guadagnato. E, soprattutto, in questo modo i ribassisti hanno saggiato la vulnerabilità dell'euro-fortezza.

    Per fortuna si è capito, da parte nostra, di che si tratta e si sono adottate contromisure che nell'insieme costituiscono uno sbarramento massiccio. Per bruciare le tappe con riguardo al Fondo Monetario Europeo, si estende agli Stati dell'euro il «fondo anticrisi» finanziato dalla Commissione europea, che essa ha adottato per gli Stati dell'Est europeo ed è già utilizzato da Romania, Ungheria e Lettonia. È previsto uno stanziamento che potrebbe arrivare anche a 60 miliardi, che permette di mobilitarne dieci volte tanto (600 miliardi), mediante garanzie degli Stati e, a quanto pare, l'intervento del Fondo mometario internazionale. Una cifra elevata e dilatabile a cui si aggiunge la misura più importante anche quantitativamente che consiste nella decisione annunciata dalla Bce, di acquistare titoli pubblici dei Paesi in difficoltà mediante le banche centrali degli Stati membri, come la Banca di Italia o di Francia, facendo uso delle proprie riserve. Si tratta della soluzione che ho spiegato ieri e che è resa possibile dal fatto che queste operazioni vengono configurate come investimenti basati su considerazioni economiche, cioè come impieghi delle riserve dotati di validità economica.

    A supporto di questa decisione i Paesi membri dell'euro che possono avere bisogno di questi interventi e che hanno deficit superiori al 3% del Pil, quindi sopra i parametri normali di Maastricht, cioè tutti tranne la Germania, dovranno anticipare le correzioni, che la Commissione europea aveva graduato nel tempo sino al 2012. Non si tratta di fare subito il rientro sotto il tetto del 3%, ma di accelerare il percorso. Inoltre, anche se ciò non è esplicito, bisognerà mettere in cantiere misure strutturali di taglio di spese, che anche se hanno piccoli effetti immediati hanno rilevanti effetti nel futuro e quindi assicurano la solvibilità soprattutto dei Paesi molto indebitati, come l'Italia. Vittorio Feltri lo aveva anticipato ieri, facendo riferimento alla necessità del taglio delle spese. Per noi è chiaro che dobbiamo mettere mano alla riforma delle pensioni accelerando quella prevista per gli uomini e varando quella dell'età di 65 anni per l'andata in pensione delle donne. Questa con un percorso a tappe e incentivi. Se non lo si fa ora si sarà costretti a farlo, senza incentivi e in una sola tappa, quando il nostro debito pubblico incontrerà difficoltà. Per i deficit della Sanità vale un discorso analogo.
     
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  13. schmit
     
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    Borse europee euforiche, vola Milano
    Si' dei mercati al piano salva euro
    10 maggio, 20:09

    (ANSA) - MILANO, 10 MAG - Il piano salva euro viene promosso a pieni voti dalle Borse europee: oggi l'indice Stxe 600 e' cresciuto di oltre sette punti percentuali. Madrid e' salita addirittura del 14% e Milano dell'11%. L'euforia contagia tutte le piazze dei Paesi considerati a rischio: Lisbona +10%, Atene +9%, Dublino +7%. Con la corsa odierna, i mercati continentali hanno recuperato 350 mld di euro di capitalizzazione (40 miliardi solo a Milano), recuperando quasi interamente i cali accusati la scorsa settimana.
     
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  14. francesco56_8
     
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    vabbe'...possono esultare chi i risparmi ce l'ha e chi a mala pena arriva in fondo al mese? :blink:
     
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28 replies since 28/5/2008, 10:16   257 views
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