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Pagine Azzurre

Il forum 'Pagine Azzurre', Stasera ho fatto una scoperta sconcertante...

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The Federalist
view post Posted on 6/10/2005, 01:26




CITAZIONE (rubbish @ 5/10/2005, 10:46)
Mallarmé associato a Rimbaud, ci può stare,
[...]
...  e soprattutto sono entrambi dei Geni! smile.gif

E allora ... acculturiamoci un po’ su Mallarmé e Rimbaud...

Stéphane Mallarmé
Poeta francese (Parigi, 1842 - Valvins, Seine-et-Marne, 1898)
=> http://lafrusta.homestead.com/pro_mallarme.html

Principale esponente del simbolismo francese ed europeo, Stéphane Mallarmé dedicò tutto il suo impegno poetico «alla interpretazione
orfica  della Terra, che è il solo dovere del poeta e l’unica posta in
gioco in letteratura», e  cercò di dare una lingua nuova alla poesia,
da lui concepita come lo strumento privilegiato di spiegazione dell’universo.

Al suo amico Manet che gli chiedeva idee per  comporre dei versi, Mallarmé spiegò che non è con le idee che si scrivono poesie, ma
con le parole. E di fatti, la sua poesia fu interamente  volta all’elaborazione di una lingua, spesso accurata fino al suo estremo
limite e a prezzo di un ermetismo che gli valse critiche e irrisioni. Ma
i suoi pari, alla morte di Verlaine, il quale  era stato fra i suoi poeti maledetti (1880), lo elessero il «chiuso Principe dei poeti», mentre Huysmans, egli ancora in vita, già  lo metteva nella biblioteca di Des Esseintes, il protagonista esteta di A rebours (Controcorrente,1884), suscitando altresì  l’ammirazione entusiasta di tutti coloro che, da André Gide a Paul Claudel a Paul Valéry, videro  aprirsi con lui nuovi territori letterari.

Il collegio “misero”
L’infanzia di Étienne, detto Stéphane, Mallarmé, fu turbata da due gravi lutti  familiari. Perse la  madre all’età di cinque anni venendo indi  affidato, con la sorella  Maria, alle cure dei nonni materni. Suo padre era un funzionario dell’Ufficio del  Registro. Messo in una collegio religioso a Auteuil, Stéphane ne fu espulso nel 1835 per cattiva condotta. Fu allora iscritto come alunno pagante alla classe Quarta dell’istituto universitario imperiale di Sens, città dove suo padre, riammogliatosi, era stato nominato Conservatore dell’Ufficio Ipoteche. L’estate del 1857, Stéphane è colpito da un nuovo lutto: la sorella Maria muore, a tredici anni. Certamente la perdita di quest’unica sorella sulla quale aveva investito tutto il suo affetto contribuì a  un ripiegamento  del ragazzo su sé stesso e alla nascita della sua vocazione poetica: il tema della morte è sottostante a numerose opere giovanili, in particolare il racconto « Ce que disaient les trois cigognes» ed alcuni dei componimenti delle settantaquattro  poesie della raccolta  « Entre quatre murs», composte nel 1859-1860 da un adolescente “di sentimento lamartiniano”, ma altresì influenzato da Victor Hugo, Théophile Gautier e Théodore de Banville.

Nelle predilezioni  personali appaiono in buona posizione Baudelaire, di cui ricopia una trentina di poesie, quindi Edgar Allan Poe, di cui traduce otto composizioni (pubblicate nel 1888).
È «semplicemente per leggere meglio Poe» che apprende l’inglese, «ma anche per parlarne la lingua ed insegnarla in un angolino, tranquillo, e senza altra preoccupazione economica».

Entrato nel 1860, secondo il desiderio del padre, come soprannumerario  in un Ricevitoria dell’Ufficio del Registro, il giovane fugge ben presto  a Londra (novembre 1862). È accompagnato da una giovane tedesca di sette anni più anziana, Marie Gerhardt, che sposerà in agosto, quattro mesi dopo il decesso del padre. In settembre ottiene l’abilitazione a  insegnare  inglese ed è nominato supplente  al liceo di Tournon. Ma, benché attivo sul versante delle pubblicazioni  scolastiche su commissione  «Petite Philologie à l'usage des classes et du monde: les Mots anglais», 1877; «Nouvelle mythologie illustrée»”, 1880;  «Recueil de lectures anglaises», 1885 -, Mallarmé si disinteressò rapidamente dell’insegnamento, che gli garantiva del resto un tenore di vita abbastanza modesto e che gli valse soltanto cattivi giudizi degli ispettori scolastici. Questi, unitamente  alle lamentele dei genitori degli allievi, allarmati dalle poesie che aveva pubblicato, determinarono, dopo tre anni a Tournon, un trasferimento a Besançon.  Qui resterà soltanto  un anno, avendo ottenuto la  nomina ad Avignone.
 
Nel  1870, ottiene  un lungo periodo di congedo e dà lezioni private  in quest’ultima città, in cui resta durante la guerra franco-prussiana.  Dopo la Comune, si reca a Parigi cercandovi invano un’occupazione presso le biblioteche o la libreria Hachette, quindi a Londra ancora alla ricerca di un impiego. Ma è finalmente una nomina al Liceo  Fontanes (oggi Liceo Condorcet) che gli permette di prendere residenza  nella capitale, nell’ottobre 1871, mentre Marie ha appena dato a Geneviève, nata nel 1864, un fratellino, Anatole. Durante una ventina di anni, Mallarmé dovrà ancora sacrificare una grande parte del suo tempo al «miserable collège» fino ad ottenere, avanzando le ragioni di una  salute cagionevole e grazie ad alcuni appoggi, la sua messa in pensione anticipata. A cinquantuno anni  può infine dedicarsi interamente alle sue ricerche poetiche, dividendo  ormai la sua vita tra Parigi e la dimora  di Valvins, nei pressi di Fontainebleau.

« Scavare i versi»
Mallarmé sentì molto presto che il suo destino poetico era fuori dai sentieri battuti. Ecco dunque il desiderio pressante di  incontrare scrittori ed artisti, con i quali annodò rapidamente legami amichevoli e duraturi. Il professore di lettere dell’istituto universitario di Sens, Emmanuel des Essarts, gli fece conoscere il poeta Henri Cazalis, che doveva essere con Eugène Lefébure fra i primi destinatari della copiosa corrispondenza   di Mallarmé.  È con questo epistolario - tra cui una lettera sotto forma d’autobiografia indirizzata nel 1885 a Verlaine - che veniamo a conoscenza della sua vita, delle sue esigenze interiori e delle sue  preoccupazioni. La vita di provincia era per il giovane professore una forma di esilio: l’ Ardèche gli appare “art, dèche” (arte e rifiuto.)

Tuttavia, la crisi che inizia a Tournon e che durerà quattro anni non deve nulla alla difficoltà provinciale: d’ordine metafisico, quindi estetica, è legata alla difficoltà di scrivere. La rivelazione di Baudelaire ispira a Mallarmé «l'Azur» (1864), «Brise marine» (1865) o anche «les Fenêtres», dove, assegnando alla poesia un solo scopo, la ricerca del bello, cerca di creare immagini attraverso una musica verbale originale. In queste prime poesie, parnassiane nella forma, baudelairiane d’ispirazione, si trovano già i temi propri dell’autore: rifiuto del reale “in quanto vile”; gusto per il mondo ideale ed assoluto dell’arte. Ma questa ricerca dell’ideale appare presto come un’esca all’autore, poco a poco posseduto dall’ossessione dell’impotenza creatrice. Così, avendo intrapreso una lunga poesia dove il tema di Salomé è pretesto per esprimere la difficoltà di essere, confida a Cazalis: «Ho cominciato la mia  Hérodiade. Con terrore, poiché invento una lingua che deve necessariamente scaturire da una poetica nuovissima, che potrei definire in queste due parole: ritrarre non la cosa, ma l’effetto che essa produce». Ed aggiunge: «Ho scavato a tal punto il verso  d’aver  incontrato due abissi, che mi hanno portato alla  disperazione. Uno di essi è il nulla, al quale sono arrivato senza nulla sapere del  buddismo».


All’epoca in cui Mallarmé attraversa questa crisi, le riunioni letterarie si intensificano: ad Avignone, si lega con Théodore Aubanel, Frédéric Mistral e la cerchia dei felibristi, e, nell’occasione di un viaggio a Parigi, con Catulle Mendès, che gli presenta Villiers dell’Isle-Adam e gli fa scoprire la musica di Richard Wagner. Mendès è il creatore della «Revue fantaisiste», intorno della quale si sono raccolti i poeti parnassiani, ed è nella prima edizione del «Parnasse contemporain» che escono nel  1866 undici poesie “baudelairiane”, fra cui «l'Azur», «Brise marine» e «Les Fenêtres». Tre anni più tardi, Mallarmé riuscirà «ad  abbattere l’antico mostro dell’impotenza creatrice», superando la crisi che lo paralizza con «Igitur» e «Folie di Elbehnon» (1869), racconto metafisico in prosa dove l’atto di scrivere, diventando argomento della poesia, acquista un valore terapeutico. La pubblicazione l'«Après-midi d'un faune» (1876) e l’elogio che ne fa  Huysmans in uno dei suoi romanzi (1884) segnano l’inizio della celebrità; Mallarmé è riconosciuto come maestro dai giovani poeti simbolisti.
Dopo la morte di Verlaine, è incoronato “principe dei poeti”.
 
I “martedì” della rue de Rome
Se questa ricerca instancabile d’assoluto rivela una visione relativamente tragica della vita, Mallarmé conosce anche le virtù dell’humour. Il suo gesto verbale è generalmente molto sopra il mero gioco di parole, ma è capace di veri  calembours. Ed è con altrettanta libertà  di spirito che, nel 1874, redige quasi da solo gli otto numeri del giornale che ha fondato, «La Dernière Mode»  e dove, sotto diversi pseudonimi femminili, dispensa consigli di eleganza o ricette culinarie.  Egli stesso offre tutti i martedì sera dei punch e dei grog  nel suo piccolo appartamento all’ 87, rue de Rome, ma è soprattutto la sua conversazione brillante che attira amici ed ammiratori. Essi saranno, a partire del 1880, Villiers dell’Isle-Adam, Émile Verhaeren e Maurice Maeterlinck come pure i pittori Whistler, Odilon Redon e Gauguin, ai quali si aggiungono presto Verlaine e Paul Adam. Verranno in seguito Jules Laforgue, Gustave Kahn, Henri de Régnier, Marcel Schwob, Alfred Jarry, Stuart Merril, il tedesco Stefan George, il belga Georges  Rodenbach o anche Claude Debussy, ed infine, negli anni  ‘90, André Gide, Paul Claudel, Paul Valéry e Léon-Paul Fargue. Dinanzi ad un pubblico in estasi, il padrone di casa   esibisce  finalmente i propri  talenti di pedagogo  quando espone la propria poetica. Inoltre, quando Jean Moréas pubblica nel  1886 l’articolo-manifesto sul  simbolismo, dove invoca  la necessità di costruire una lingua propria alla poesia, non fa  che riprendere, in effetti,  le idee di Mallarmé, che comincia quest’anno «La crise de  vers», dove raccomanda una poesia libera da  ogni tentazione descrittiva e mirante solo alla suggestione.
 
“Le Livre”
Di Poésies, apparse fin dal 1887 (edizione definitiva nel 1923), il poeta prepara una versione aumentata, che sarà pubblicata soltanto dopo la sua morte. Alle opere di gioventù sono venuti ad aggiungersi “versi di circostanza”: sonetti ispirati dalla sua amicizia innamorata per Méry Laurent, “ventagli”, “brindisi funebri” o “tombe” - di Edgar Poe, di Théophile Gautier, di Charles Baudelaire, di Paul Verlaine (alle quali vengono ad aggiungersi le note “per una tomba di Anatole”, ispirati dalla perdita, nel 1879, del figlio). Da alcuni sonetti («Quand l'ombre menaça… »; «Le vierge, le vivace et le bel aujourd'hui… ») Mallarmé tenta di far  sgorgare la lingua poetica  «dall’impiego  elementare del discorso», incaricato di assicurare gli scambi banali del pensiero. Al fine di «lasciare l’iniziativa alle parole»  le organizza secondo una sintassi sconvolta dalle inversioni, dai tagli e dalle ellissi, creando degli accostamenti  inusitati che sottopone « all’intelligenza del lettore che mette le cose in  scena, da sole».

Alcuni (Tolstoj e Croce per  esempio)  rimproverarono a queste poesie la loro oscurità ed il loro ermetismo. Ma per Mallarmé,  per cui scrivere è « sconfiggere  il caso parola dopo parola», e che vuole «dare un senso più puro alle parole della tribù» -se le  parole sono svalutate dall’impiego utilitario che se ne è fatto -, è necessario allora fare appello alle combinazioni sempre più sottili che esse possono ancora offrire, alle loro naissances latentes come avrebbe detto Rimbaud.  Immagini, analogie, “corrispondenze” faranno dunque appello alle risorse nascoste delle parole, al loro “halo” (alone, aura). Lo scopo assegnato alla poesia non è più quello di nominare gli oggetti, ma di suggerirli; e quest’oscurità stessa, diventata una delle componenti della magia poetica, desterà nel lettore, «senza l’imbarazzo di un appello esplicito», la nozione pura degli oggetti evocati.
 
Si tratterebbe di un vano esercizio se  Mallarmé non avesse assegnato al poeta la missione, insensata forse, di concepire la scrittura come «spiegazione orfica della Terra», e di sottoporre  all’impero dello spirito umano il caso, simbolo dell’imperfezione stessa di questo spirito. «Un coup de dés jamais n'abolira le hasard»  - Un colpo di dadi non abolirà mai il caso (1897), tentativo «di  elevare una pagina alla potenza del cielo stellato» come dirà Paul Valéry, è la  confessione patetica del fallimento di tale ambizione.
 
Contrappunto alle poesie, la raccolta di testi in prosa «Divagations» è pubblicata nel 1897. Oltre a dodici poemi in prosa («le Phénomème futur»; «le Démon de l'analyse»; «le Nénuphar blanc»; «Quelques médaillons et portraits en pied»),  raccoglie gli scritti sugli argomenti più diversi, da un testo sullo scandalo di Panama fino ai ritratti di contemporanei, una fantasticheria su Wagner e alcuni testi sul balletto e il teatro. Vi riunisce  anche il saggio  «Quant au Livre», dove Mallarmé evoca la Grande Opera cui intende dedicarsi. «Igitur»  sarebbe stato una  sorta di preambolo teso a  stabilire l’assoluto, condizione necessaria all’esistenza di questo «Livre», e di  cui «Un coup de dés jamais n'abolira le hasard»  doveva costituire la prima parte. Sintesi di tutte le arti ed di tutti i generi, di volta in volta giornale, teatro e danza, le Livre, costituito da strati distinti, doveva  essere letto in pubblico dal suo autore, che avrebbe variato all’infinito le combinazioni dei vari fogli, secondo un rituale quasi religioso.

Scomparso prematuramente  il 9 settembre 1898, colpito da uno spasmo faringeo, Mallarmé lascia le Livre  allo stato d’enigma. Ma già, con le sue ricerche sulla lingua, ha aperto la letteratura a tutti i possibili, a tutte le rivoluzioni.  Secondo le parole di Jean-Paul Sartre, Mallarmé «merita di morire alle soglie del nostro secolo: perché lo annuncia ».
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Arthur Rimbaud
(Charleville 1854 - Marsiglia,, 1891)
=> http://www.cronologia.it/storia/biografie/rimbaud.htm]

Arthur Rimbaud considerato l'incarnazione del poeta maledetto, nacque a Charleville nel 1854 in una tipica famiglia borghese (dove non ebbe né l'affetto del padre, che assai presto lasciò la famiglia, né quello della madre, inflessibile e tiranna). Educato in famiglia ed a scuola secondo gli schemi più tradizionali, si segnalò per la straordinaria precocità intellettuale componendo versi sin dall'età di dieci anni; a 16 anni rifiutò di colpo tutti gli schemi secondo cui era stato educato, fuggì ripetutamente di casa, cominciò il suo vagabondaggio: visse tra esperienze di ogni genere, senza escludere alcol, droga e carcere.

Si rifiutò di tornare a scuola e, nel corso di una nuova fuga, incontrò Paul Verlaine, amicizia che fu decisiva nello stimolare la straordinaria e precocissima vena creativa del poeta adolescente. Tentò di raggiungere Parigi dove, alla caduta dell'Impero di Napoleone III, era sorta la Comune. Proprio nel '70 ebbe inizio l'avventura letteraria di questo "enfant prodige]" (che cominciò a comporre imitando Hugo e i parnassiani), un'avventura che durò cinque anni, durante i quali scrisse tutte le sue opere più importanti. Riscosse grande successo tra i poeti simbolisti e nell'ambiente intellettuale parigino, ma questo successo fu effimero, e ben presto Rimbaud si ritrovò a essere ignorato e dileggiato.

Nel 1872 mise fine al suo movimentato soggiorno parigino e ritornò a Charleville, dove però non ottenne stima né comprensione. Continuò tuttavia a frequentare Verlaine, che l'accompagnò a Londra, poi a Bruxelles, dove scrisse una parte delle Illuminazioni e Una stagione all'inferno (1873). Verlaine pose fine al loro legame burrascoso nel 1873, ferendolo con un colpo di pistola.

Rimbaud abbandonò la poesia (dopo aver distrutto quanto poteva dei suoi scritti) e si lanciò in una vita d'avventure, che lo vide insegnante a Londra nel 1874, scaricatore di porto a Marsiglia nel 1875, mercenario nelle Indie olandesi e disertore a Giava nel 1876, al seguito di un circo nel 1877, capomastro a Cipro nel 1878. Infine, nel 1880 si stabilì come commerciante in Abissinia. Verlaine, pensando che Rimbaud fosse morto, ne pubblicò le Illuminazioni nel 1886. Nel 1891, Rimbaud ritornò in Francia per sottoporsi a cure mediche per un tumore a un ginocchio, a causa del quale morì in quello stesso anno.

La prima adolescenza si potrebbe riassumere raccontando le fughe da Charleville, le ribellioni, le lunghe ed esaltanti camminate nella campagna, le letture più disparate: dai libri di scuola a quelli di viaggio fino ai libri di alchimia e della cabala. Le poesie scritte in questo periodo attestano la ricerca di una forma poetica; oscilla tra l’imitazione dei parnassiani e quella di Victor Hugo. I suoi versi esprimono la gioia e l’esaltazione delle solitarie passeggiate, le prime emozioni sentimentali, la propria potenza immaginativa, l’ironia crudele per la vita meschina della borghesia di Charleville.

Rimbaud, il poeta "èi]visionario[/i]", volle rinnovare la poesia e, con l’audacia dei giovani, fece tabula rasa di tutta la retorica precedente, rinnegando persino Baudelaire – giudicato a suo avviso trop artist, e poiché non gli restava alcun mezzo che non fosse falsato, non si fidò che della sua sensazione pura. Inventò quindi la poesia della sensazione, traducendo in poesia quello che si potrebbe chiamare lo stato psicologico da cui nascono, senza alcuna interferenza, i nostri atti. Al pensiero puro corrispose un ugual linguaggio ed un ugual ritmo che riassume tutto: profumi, suoni e colori. Rimbaud si trovò così alla punta estrema di ogni audacia letteraria e poetica, dove né i simbolisti né i surrealisti riuscirono a seguirlo. Rimbaud non ebbe discepoli e neppure imitatori, nondimeno fu allora come oggi il punto di partenza di ogni audacia poetica.

LA POESIA di RIMBAUD
La poesia di Rimbaud cancella i tradizionali legami logici, le categorie (di tempo e spazio, di causa ed effetto) che per secoli avevano regolato la poesia. La parola non è più solamente un mezzo di comunicazione ma ha il compito di evocare un mondo tutto fantastico.

Una stagione in inferno (1873) è una specie di diario autobiografico immerso in un'atmosfera demoniaca nella quale i momenti fondamentali della vita: l'infanzia, l'odio-amore per la madre, la solitudine, il degrado sociale, si trasfigurano nei simbolismi della magia, dell'odio, della veggenza.

Nelle Illuminazioni, scritte nel 1874 e successivamente pubblicate da Verlaine, il poeta tentò di realizzare il "deragliamento dei sensi" mediante brevi componimenti poetici in cui si evidenziano allucinazioni, impressioni fugaci, tentativi di espressione nuova. Ne emerge un nuovo modello di poeta, il poeta-veggente che si oppone al modello di poeta civile, di poeta-vate; il poeta-veggente calpesta le istituzioni, i valori e la morale borghese, si abbandona alla più folle sregolatezza dei sensi.


IL POETA "VEGGENTE"
La parabola di Rimbaud inizia nel 1870 con la raccolta Prime poesie, ma già l'anno seguente egli rinnega questi versi e raccomanda all'amico Paul Demeny di bruciarli. Allo stesso Demeny invia nel '71 una lettera in cui espone la nuova estetica del "poeta veggente": "Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa, ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Tutte le forme d'amore, di sofferenza, di follia; cerca se stesso, esaurisce in se stesso tutti i veleni per serbarne la quintessenza. ineffabile tortura in cui ha bisogno di tutta la fede, di tutta la sovrumana forza, e dove diventa il gran malato, fra tutti, il gran criminale, il gran maledetto, e il supremo Sapiente! Infatti giunge all'Ignoto! Poiché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di qualsiasi altro! Giunge all'Ignoto. Egli ha un incarico dall'Umanità, dagli animali anche: dovrà far sentire, palpare, ascoltare le sue scoperte. Se quel che riporta di laggiù ha una forma, dà una forma: se è informe dà l'informe..."

In questa lettera Rimbaud apre delle nuove prospettive poetiche, in direzione simbolistica e surrealistica: la poesia deve svilupparsi attraverso immagini che non vogliono esprimere concetti, ma sono esse stesse dei concetti, idee queste che aveva già concretizzato nel poemetto Battello ebbro e nel sonetto Vocali, scritti agli inizi del '71. Nel poemetto, attraverso il simbolico viaggio di un battello fantasma, egli rappresenta la sua stessa vita, il suo bisogno di andare alla ricerca dell'ignoto, il bisogno di immergersi nel mistero universale; nel sonetto instaura una fittissima rete di corrispondenze fra i suoni e i colori, giungendo a intuizioni arditissime, che si snodano attraverso un serrato procedimento sinestetico.

Le vertigini del veggente, espresse con immagini allucinate, in una prosa libera da ogni logica e controllo razionale, sono raccolte nelle Illuminazioni che rappresentano l'ultima tappa poetica di Rimbaud; un'opera questa che vide la luce nel 1886, grazie a Verlaine, e a lungo erroneamente ritenuta anteriore a Una stagione all'Inferno. Qui Rimbaud porta alle estreme conseguenze le corrispondenze baudelairiane, in un linguaggio talmente nuovo, magicamente musicale, che riassume e fonde colori, suoni e profumi con suggestive allucinazioni e audaci metafore.

Propongo sotto alcuni testi di Baudelaire, tra i più conosciuti: Voyelles (Vocali) - Larme (Lacrima) - Le bateau ivre (Il battello ebbro) - Fleurs (Fiori) - Sensation (Senzanzione)


DOCUMENTI
Rimbaud
«lIl romanticismo non è mai stato giudicato per bene. E  chi  avrebbe saputo farlo? I Critici! I Romantici, che stanno a provare come la canzone sia così di rado l'opera, il pensiero cioè, cantato e capito da chi canta?
Poiché Io è un altro. Se l'ottone si sveglia tromba, non è affatto colpa sua. Per me è evidente: assisto allo schiudersi del mio pensiero:  lo osservo,  lo ascolto: lancio una nota sull'archetto: la sinfonia fa il  suo sommovimento in profondità, oppure d'un balzo è sulla scena.
Se i vecchi imbecilli non avessero trovato, del "me stesso",  soltanto il  significato  falso, non avremmo da spazzar via i milioni di scheletri che, da tempo infinito, hanno accumulato i prodotti della loro orba  intelligenza, e se ne proclamano gli autori!»
«Ho detto che in Grecia versi e lire ritmano l'Azione. Dopo, musica  e rime  sono giuochi, sollazzi. Lo studio di quel passato delizia i  curiosi: molti se la godono a rinnovare queste anticaglie: - a loro sta bene.  L'intelligenza universale ha sempre lanciato le proprie idee, con naturalezza; gli uomini raccoglievano una parte di quei frutti del cervello: si agiva mediante, se ne scrivevano libri: si andava avanti così, poi che l'uomo non lavorava  a se stesso, non sveglio ancora, o non ancora nella pienezza  del grande  sogno. Funzionari, scrittori: autore, creatore, poeta, quest'uomo non è mai esistito!
Il primo studio dell'uomo che si vuole poeta è la propria conoscenza, intera;  cerca la sua anima, la scruta, la saggia, la impara. Quando  l'ha saputa  deve  coltivarla; sembra semplice: in ogni cervello si compie uno sviluppo  naturale; tanti "egoisti" si proclamano autori; ben altri ce  ne sono, che  si attribuiscono il loro progresso intellettuale! – Però si tratta di rendere l'anima mostruosa: alla maniera dei comprachicos, insomma! Immagini un uomo che si pianti e si coltivi le verruche sul viso.
Dico che bisogna essere veggente, farsi veggente.
Il Poeta si fa veggente mediante un lungo, immenso e ragionato  sregolarsi di tutti i sensi».
«Tutte le forme d'amore, di sofferenza, di  follia; cerca egli stesso, esaurisce in se stesso tutti i veleni, per conservarne soltanto  le  quintessenza. Ineffabile tortura nella quale  ha  bisogno  di tutta la fede, di tutta la forza sovrumana, nella quale diventa fra tutti il gran malato, il gran criminale, il gran maledetto, - e il sommo Sapiente!  -  Poiché giunge all'ignoto! Avendo coltivato la  propria  anima, già ricca, più di ogni altro! Giunge all'ignoto, e anche se, sbigottito, finisse  col perdere l'intelligenza delle proprie visioni,  le  avrebbe  viste! Crepi pure, in quel balzo tra le cose inaudite e ineffabili: altri lavoratori orribile verranno; cominceranno dagli orizzonti sui quali  l'altro è crollato! (...)
Dunque il poeta è veramente rubatore di fuoco.
A  suo  carico sono l'umanità e perfino gli animali;  egli  dovrà sentire,  palpare,  ascoltare le sue invenzioni; se quello che  riporta  da laggiù ha  forma, darà forma; se è informe, darà  l'informe. Trovare una lingua;  -  Del resto, ogni dire essendo idea, il tempo  di  un  linguaggio universale verrà! Bisogna essere accademico, - più morto d'un  fossile,  - per rifinire un dizionario, di qualsiasi lingua. I deboli che si mettessero a  riflettere  sulla prima lettera  dell'alfabeto,  potrebbero  precipitare presto nella follia! -
Questa  lingua  sarà anima per l'anima, riassumendo  tutto,  profumi, suoni,  colori, pensiero che aggancia il pensiero e tira. Sarebbe  compito del poeta definire la quantità d'ignoto che si ridesta nell'anima universale  del suo tempo: egli darebbe di più - della  formulazione  del  proprio pensiero, della notazione della sua marcia verso il Progresso! Enormità diverrebbe norma, assorbita da tutti, egli sarebbe veramente un moltiplicatore di progresso!
Questo avvenire, lo vede, sarà materialista. - Sempre ricchi di Numero e  di Armonia, questi poemi saranno fatti per restare. - In fondo,  sarebbe di nuovo un po' la Poesia greca.
»

J.N.A. Rimbaud, Lettera a Paul Demeny, 1912. In: Opere, a cura di D. Grange Fiori, Milano, 1975, pp. 450-59

POESIE SCELTE DI RIMBAUD

VOYELLES, (VOCALI)
La poesia presenta grandi difficoltà di comprensione in quanto ogni legame logico è infranto, un linguaggio "alla deriva" eppure estremamente controllato nel quale, molti anni prima di Freud, si dà spazio alle immagini simboliche e agli accostamenti alogici, propri dei meccanismi dell'inconscio.

Voyelles è scritta all'inizio del 1872, probabilmente sotto la suggestione delle Corrispondenze di Baudelaire; il sonetto associa lettere dell'alfabeto e colori, realizzando in immagini le sensazioni che dai colori o dalla forma delle vocali scaturiscono.

“A” noir, “E” blanc, “I” rouge, “U vert, “O” bleu; voyelles,
Je dirai quelque jour vos naissances latentes:
A, noir corset velu des mouches éclatantes
Qui bombinent autour des puanteurs cruelles,

A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali,
Io dirò un giorno le vostre origini segrete:
A, nero corsetto villoso delle mosche lucenti
Che ronzano intorno a fetori crudeli,


Golfes d'ombre; E, candeurs des vapeurs et des tentes,
Lances des glaciers fiers, rois blancs, frissons d'ombelles;
I, pourpres, sang craché, rire des lèvres belles
Dans la colère ou les ivresses pénitentes;

Golfi d'ombra; E, candori di vapori e di tende,
Lance di fieri ghiacciai, re bianchi, brividi di umbelle;
I, porpore, sangue sputato, riso di belle labbra
Nella collera o nelle ebbrezza penitenti;


U, cycles, vibrements divins des mers virides,
Paix des pâtis semés d'animaux, paix des rides
Que l'alchimie imprime aux grands fronts studieux;

U, cicli, vibrazioni divine di mari verdi,
Pace dei pascoli seminati di animali, pace delle rughe
Che l'alchimia scava nelle ampie fronti studiose.


O, supreme Clairion plein des strideurs étranges,
Silences traversés des Mondes et des Anges;
- O l'Oméga, rayon violet de Ses Yeux!

O, Tuba suprema piena di stridori strani,
Silenzi attraversati dai Mondi e dagli Angeli:
- O l'Omega, raggio violetto dei Suoi Occhi!


LARME, (LACRIMA))

Riprodotta con alcune varianti in Una stagione all'inferno, Larme (Lacrima) si articola in una serie di immagini, serene e placide nella prima quartina, tristemente immobili nella seconda, esplose infine nel gioco vorticoso delle analogie nella terza e nella quarta che si conclude con una dichiarazione di sconfitta. I tentativi di attribuire un significato alla poesia o di stabilire comunque dei collegamenti logici tra le immagini, sembrano destinati all'insuccesso. Meglio forse affidarsi a quanto dice lo stesso poeta in un passo di Alchimia del verbo in Una stagione all'inferno immediatamente precedente alla riscrittura della poesia: «All'inizio fu un'indagine. Scrivevo silenzi, notti, notavo l'inesprimibile. Fissavo vertigini.» E' comunque interessante rilevare come il tema del liquido, a iniziare dallo stesso titolo, nelle forme diverse dell'acqua dell'Oise, della pioggia, dei ghiaccioli, dell'atto di bere, venga a costituire un'isotopia semantica assai interessante.


Loin des oiseaux, des troupeaux, des villageoises,
Je buvais, accroupi dans quelque bruyère
Entourée de tendres bois de noisetiers,
Par un brouillard d'après-midi tiède et vert.

Lontano dagli uccelli, dai greggi, dalle contadine,
Io bevevo, accoccolato in qualche brughiera,
Circondata di teneri boschetti di noccioli,
Nella foschia di un pomeriggio tiepido e verde.


Que pouvais-je boire dans cette jeune Oise,
Ormeaux sans voix, gazon sans fleurs, ciel couvert.
Que tirais-je à la gourde de colocase?
Quelque liqueur d'or, fade et qui fait suer.

Che potevo mai bere in quella giovane Oise,
Olmi senza voce, prato senza fiori, cielo coperto.
Che cosa succhiavo alla zucca di colocasia?
Qualche liquore d'oro, insipido e che fa sudare.


Tel, j'eusse été mauvaise enseigne d'auberge.
Puis l'orage changea le ciel, jusqu'au soir.
Ce furent des pays noirs, des lacs, des perches,
Des colonnades sous la nuit bleue, des gares.

Così, sarei stato una cattiva insegna di locanda.
Poi il temporale cambiò il cielo, fino a sera.
Furono paesi neri, laghi, pali,
Colonnati sotto la notte blu, stazioni.


L'eau des bois se perdait sur des sables vierges,
Le vent, du ciel, jetait des glacons aux mares...
Or! tel qu'un pêcheur d'or ou de coquillages,
Dire que je n'ai pas eu souci de boire!
(May 1872)

L'acqua dei boschi si perdeva su sabbie vergini,
Il vento, dal cielo, gittava ghiaccioli agli stagni...
E, come un pescatore d'oro e di conchiglie,
dire che non ho pensato di bere!
(Maggio 1872)

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LE BATEAU IVRE
(IL BATTELLO EBBRO )

Comme je descendais des Fleuves impassibles,
Je ne me sentis plus guidé par les haleurs:
Des Peaux-Rouges criards les avaient pris pour cibles,
Les ayant cloués nus aux poteaux de couleurs.

Mentre scendevo per fiumi impassibili,
non mi sentii più guidato dagli alatori:
urlanti Pellirosse li avevan presi per bersagli,
inchiodàtili nudi ai pali multicolori.


J'étais insoucieux de tous les équipages,
Porteur de blés flamands ou de cotons anglais.
Quand avec mes haleurs ont fini ces tapages,
Les Fleuves m'ont laissé descendre où je voulais.

Non mi davo pensiero di nessun equipaggio,
portatore di grani fiamminghi o di cotoni inglesi.
Quando con gli alatori finirono quegli strepiti,
i fiumi mi lasciarono scendere dove volessi.


Dans les clapotements furieux des marées,
Moi, l'autre hiver, plus sourd que les cerveaux d'enfants,
Je courus! Et les Péninsules démarrées
N'ont pas subi tohu-bohus plus triomphants.

Negli sciacquii furiosi delle maree,
l'altro inverno, più sordo che cervelli di bimbi,
io corsi! E le penisole disormeggiate
non subirono mai gazzarre più trionfali.


La tempête a béni mes éveils maritimes.
Plus léger qu'un bouchon j'ai dansé sur les flots
Qu'on appelle rouleurs éternels de victimes,
Dix nuits, sans regretter l'oeil niais des falots!

La tempesta ha benedetto i miei risvegli marittimi.
Più leggero d'un sughero ho danzato sui flutti
- che dicono eterni voltolatori di vittime-
dieci notti, senza rimpiangere l'occhio èbete dei fari.


Plus douce qu'aux enfants la chair des pommes sures,
L'eau verte pénétra ma coque de sapin
Et des taches de vins bleus et des vomissures
Me lava, dispersant gouvernail et grappin.

Più dolce che ai fanciulli la polpa delle mele acerbe,
l'acqua verde penetrò il mio scafo d'abete
e dalle macchie di vini bluastri e dai vomiti
mi lavò, disperdendo timone ed ancorotto.


Et dès lors, je me suis baigné dans le Poème
De la Mer, infusé d'astres, et lactescent,
Dévorant les azurs verts; où, flottaison blême
Et ravie, un noyé pensif parfois descend;

E da allora mi son bagnato nel poema
Del mare infuso d'astri e lattescente,
divorando i verdi azzurri dove, fluttuazione livida
ed estatica, un annegato pensoso talora discende;


Où, teignant tout à coup les bleuités, délires
Et rhythmes lents sous les rutilements du jour,
Plus fortes que l'alcool, plus vastes que nos lyres,
Fermentent les roussers amères de l'amour!

dove, tingendo a un tratto le azzurrrità, deliri
e ritmi lenti sotto il rutilar della luce,
più forti dell'alcool, più vasti delle nostre lire,
fermentano gli amari rossori dell'amore!


Je sais les cieux crevant en élairs, et les trômbes
Et les ressacs et les courants: je sais le soir,
L'Aube exaltée ainsi qu'un peuple de colombes,
Et j'ai vu quelquefois ce que l'homme a cru voir!

Io so i cieli scoppianti in lampi e le trombe
E le risacche e le correnti; so la sera,
l'alba esaltata come un popolo di colombe,
e ho visto talvolta ciò che l'uomo credette di vedere.


J'ai vu le soleil bas, taché d'horreurs mystiques,
Illuminant de longs figements violets,
Pareils à des acteurs de drames très antiques
Les flots roulant au loin leurs frissons de volets!

Ho visto il sole basso, maculato di mistici orrori,
illuminare di lunghe coagulazioni violette,
simili ad attori di drammi antichissimi,
i flutti rotolanti lontano i loro brividi d'imposte.


J'ai rêvé la nuit verte aux neiges éblouies,
Baiser montant aux yeux des mers avec lenteurs,
La circulation des sèves inouïes,
Et l'éveil jaune et bleu des phosphores chanteurs!

Ho sognato la notte verde dalle nevi abbagliate,
bacio che lentamente saliva agli occhi dei mari,
la circolazione delle linfe inaudite
e il gialloazzurro risveglio dei fòsfori canori.


J'ai suivi, des mois pleins, pareille aux vacheries
Hystériques, la houle à l'assaut des récifs,
Sans songer que les pieds lumineux des Maries
Pussent forcer le mufle aux Océans poussifs!

Per mesi ho seguito, simile a mandre di vacche
Isteriche, il maroso all'assalto degli scogli,
senza pensare che i piedi luminosi delle Marie
potessero forzare il muso agli oceani bolsi.


J'ai heurté, savez-vous, d'incroyables Florides
Mêlant aux fleurs des yeux de panthères à peaux
D'hommes! Des arcs-en-ciel tendus comme des brides
Sous l'horizon des mers, à de glauques troupeaux!

Ho urtato, sapete? Contro incredibili Floride
Che mischiano ai fiori occhi di pantere dalla pelle
Umana! Arcobaleni tesi come briglie,
sotto l'orizzonte dei mari, a glauchi armenti.


J'ai vu fermenter les marais énormes, nasses
Où pourrit dans les joncs tout un Léviathan!
Des écroulements d'eaux au milieu des bonaces,
Et les lointains vers les gouffres cataractant!

Ho visto fermentare le paludi enormi, nasse
Dove imputridisce tra i giunchi tutto un Leviatano!
Crolli d'acque in mezzo alle bonacce
E le lontananze sprofondanti verso gli abissi!


Glaciers, soleils d'argent, flots nacreux, cieux de braises!
Échouages hideux au fond des golfes bruns
Où les serpents géants dévorés des punaises
Choient, des arbres tordus, avec de noirs parfums!

Ghiacciai, soli d'argento, onde madreperlàcee, cieli di bragia,
orridi incagli in fondo ai golfi bruni
dove serpenti giganti divorati da cimici
cadon dagli alberi contorti con neri profumi!


J'aurais voulu montrer aux enfants ces dorades
Du flot bleu, ces poissons d'or, ces poissons chantants.
- Des écumes de fleurs ont bercé mes dérades
Et d'ineffables vents m'ont ailé par instants.

vrei voluto mostrare ai fanciulli quelle orate
Del flutto azzurro, quei pesci d'oro, quei pesci canori.
- Schiume di fiori han benedetto le mie fughe
E venti ineffabili m'han dato, a tratti, le ali.


Parfois, martyr lassé des pôles et des zones,
La mer dont le sanglot faisait mon roulis doux
Montait vers moi ses fleurs d'ombre aux ventouses jaunes
Et je restais, ainsi qu'une femme à genoux...

Talora, martire stanco dei poli e delle zone,
il mare, il cui singhiozzo addolciva il mio rullio,
alzava verso di me i suoi fiori d'ombra dalle ventose gialle
e io restavo come una donna in ginocchio,


Presque ile, ballottant sur mes bords les querelles
Et les fientes d'oiseaux clabaudeurs aux yeux blonds.
Et je voguais, lorsqu'à travers mes liens frêles
Des noyés descendaient dormir, à reculons!

penisola sballottante sui miei bordi i litigi
e gli escrementi d'uccelli chiassosi dagli occhi biondi,
e vogavo, mentre attraverso i miei fragili cavi
annegati scendevano, a ritroso, a dormire...


Or moi, bateau perdu sous les cheveux des anses,
Jeté par l'ouragan dans l'éther sans oiseau,
Moi dont les Monitors et les voiliers des Hanses
N'auraient pas repêché la carcasse ivre d'eau;

ora io, battello perduto sotto i capelli delle anse,
scagliato dall'uragano nell'etere senza uccelli,
io, di cui i Monitori e i velieri delle Anse
non avrebbero ripescata la carcassa ebbra d'acqua;


Libre, fumant, monté de brumes violettes,
Moi qui trouais le ciel rougeoyant comme un mur
Qui porte, confiture exquise aux bons poètes,
Des lichens de soleil et des morves d'azur;

libero, fumante, montato da nebbie violàcee,
io che foravo il cielo rosseggiante come un muro
che porti, confettura squisita per i buoni poeti,
licheni di sole e mocci d'azzurro;


Qui courais, taché de lunules électriques,
Planche folle, escorté des hippocampes noirs
Quand les juillets faisaient crouler à coups de triques
Les cieux ultramarins aux ardents entonnoirs;

io che correvo macchiato di lùnule elettriche,
tavola folle, scortato dai neri ippocampi,
quando i lugli facevano crollare a randellate
i cieli oltremarini nelle pévere ardenti;


Moi qui tremblais, sentant geindre à cinquante lieues
Le rut des Béhémots et les Maelstroms épais,
Fileur éternel des immobilités bleues,
Je regrette l'Europe aux anciens parapets!

io che tremavo, sentendo gemere a cinquanta leghe
la foia dei Béhemot e dei Maelstrom densi,
eterno scorridore delle immobilità azzurre,
io rimpiango l'Europa dai vecchi parapetti.


J'ai vu des archipels sidéraux! et des îles
Dont les cieux délirants sont ouverts au vogueur:
- Est-ce en ces nuits sans fonds que tu dors et t'exiles,
Milion d'oiseaux d'or, ô future Vigueur?

Ho visto arcipelaghi siderali! E isole
I cui deliranti cieli sono aperti al vogatore:
- forse in quelle notti senza fondo tu dormi e t'esilii,
milione d'uccelli d'oro, o futuro Vigore?-


Mais, vrai, j'ai trop pleuré! Les Aubes sont navrantes.
Toute lune est atroce et tout soleil amer:
L'âcre amour m'a gonflé de torpeurs enivrantes.
O que ma quille éclate! O qué j'aille à la mer!

Ma, davvero, ho troppo pianto. Le albe sono strazianti,
ogni luna è atroce ed ogni sole amaro.
L'acre amore m'ha gonfiato di torpori inebrianti.
Oh, esploda la mia chiglia! Oh, ch'io m'inabissi nel mare!

Si je désire une eau d'Europe, c'est la flache
Noire et froide où vers le crépuscule embaumé
Un enfant accroupi plein de tristesses, lâche
Un bateau frêle comme un papillon de mai.

[i]Se desidero un'acqua d'Europa, è la pozzanghera
Nera e fredda dove, verso il crepuscolo aulente,
un bimbo accoccolato, pieno di tristezza, vara
una barchetta fragile come una farfalla di maggio.


Je ne puis plus, baigné de vos langueurs, ô lames,
Enlever leur sillage aux porteurs de cotons,
Ni traverser l'orgueil des drapeaux et des flammes,
Ni nager sous les yeux horribles des pontons.

Non posso più, o onde, bagnato dai vostri languori,
rapir la scia ai legni che portano cotoni,
né traversar l'orgoglio delle bandiere e delle fiamme,
né nuotar sotto gli occhi orribili dei pontoni.


FLEURS
D'un gradin d'or, - parmi les cordons de soie, les gazes grises, les velours verts et les disques de cristal qui noircissent come du bronze au soleil, - je vois la digitale s'ouvrir sur un tapis de filigranes d'argent, d'yeux et de chevelures.

Des pièces d'or jaune semées sur l'agate, des piliers d'acajou supportant un dôme d'émeraudes, des bouquets de satin blanc et de fines verges de rubis entournent la rose d'eau.

Tels qu'un dieu aux énormes yeux bleus et aux formes de neige, la mer et le ciel attirent aux terrasses de marbre la foule des jeunes et fortes roses.

FIORI
Da un gradino d'oro,- fra i cordoni di seta, le garze grigie, i velluti verdi e i dischi di cristallo che anneriscono come bronzo al sole,- vedo la digitale schiudersi sopra un tappeto di filigrane d'argento, d'occhi e di capigliature.

Monete d'oro giallo sparse sull'agata, pilastri di mogano che sorreggono una cupola di smeraldi, mazzi di raso bianco e sottili verghe di rubino circondano la rosa acquatica.

Simili a un dio dagli enormi occhi azzurri e dalle forme di neve, il mare e il cielo attirano verso le terrazze di marmo la folla delle giovani e forti rose.


SENSATION
Par les soirs bleus d'été, j'irai dans les sentiers,
Picoté par les blés, fouler l'herbe menue:
Rêveur, j'en sentirai la fraîcheur à mes pieds.
Je laisserai le vent baigner ma tête nue.

Je ne parlerai pas, je ne penserai rien:
Mais l'amour infini me montera dans l'âme,
Et j'irai loin, bien loin, comme un bohémien,
Par la Nature, - heureux comme avec une femme.
(Mars 1870)

SENSAZIONE
Nelle azzurre sere d'estate, io andrò per i sentieri,
Punzecchiato dal grano, a pestare l'erba minuta:
Sognatore, io ne sentirò la frescura ai piedi.
Io lascerò che il vento bagni il mio capo nudo.

Io non parlerò, io non penserò a nulla:
Ma l'amore infinito mi salirà nell'anima,
E io andrò lontano, molto lontano, come uno zingaro,
Nella Natura, - felice come se fossi con una donna.
(Marzo 1870)

______________________________________________________


Bye, Bye

P.S.

Rimbaud ... genio forse; folle, assolutamente fuori di testa ... senza dubbio!


Edited by The Federalist - 7/10/2005, 01:30
 
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rubbish
view post Posted on 6/10/2005, 09:21




...un po' lunghetto, come messaggio, non trovi? wink.gif
 
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view post Posted on 6/10/2005, 13:46
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Meglio perderlo.

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CITAZIONE (gallonio @ 28/9/2005, 09:51)
CITAZIONE (Azulea @ 28/9/2005, 09:46)
CITAZIONE (gallonio @ 28/9/2005, 08:08)
..sono le 8 del mattino del 28.9...e siamo 317°......

Già... e siamo ancora 317° alle 9:45. Dici che dura, Gal?

..non lo so...io il meccanismo di queste classifiche non l'ho ancora capito..

cmq...speriamo

Che fessi........erano temporaneamente spariti i fora di forumfreee.

Senza fusioni 1.000 e rotti e' il vostro triste destino....
 
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gallonio
view post Posted on 6/10/2005, 14:36




CITAZIONE (pv @ 6/10/2005, 14:46)
CITAZIONE (gallonio @ 28/9/2005, 09:51)
CITAZIONE (Azulea @ 28/9/2005, 09:46)
CITAZIONE (gallonio @ 28/9/2005, 08:08)
..sono le 8 del mattino del 28.9...e siamo 317°......

Già... e siamo ancora 317° alle 9:45. Dici che dura, Gal?

..non lo so...io il meccanismo di queste classifiche non l'ho ancora capito..

cmq...speriamo

Che fessi........erano temporaneamente spariti i fora di forumfreee.

Senza fusioni 1.000 e rotti e' il vostro triste destino....

pv.....
 
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Monnalisa
view post Posted on 6/10/2005, 16:09




CITAZIONE (gallonio @ 6/10/2005, 15:36)
CITAZIONE (pv @ 6/10/2005, 14:46)
CITAZIONE (gallonio @ 28/9/2005, 09:51)
CITAZIONE (Azulea @ 28/9/2005, 09:46)
CITAZIONE (gallonio @ 28/9/2005, 08:08)
..sono le 8 del mattino del 28.9...e siamo 317°......

Già... e siamo ancora 317° alle 9:45. Dici che dura, Gal?

..non lo so...io il meccanismo di queste classifiche non l'ho ancora capito..

cmq...speriamo

Che fessi........erano temporaneamente spariti i fora di forumfreee.

Senza fusioni 1.000 e rotti e' il vostro triste destino....

pv.....

Mi associo e raddoppio...


 
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The Federalist
view post Posted on 7/10/2005, 20:54




CITAZIONE (rubbish @ 6/10/2005, 10:21)
...un po' lunghetto, come messaggio, non trovi? wink.gif

Eehhh ... SI'.
Pensa solo a quante volte ho dovuto usare il tag per il "corsivo" [i] - [/i]
 
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50 replies since 20/5/2005, 22:22   1299 views
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