un bellissimo pezzo...

di Giuseppe Cavallo

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  1. schmit
     
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    POST NUMERO DUE: SPAZI VUOTI

    Qualche settimana fa pubblicai 4 strofe di un qualcosa che custodisco gelosamente nei miei documenti elettronici; 4 endecasillabi in rima parallela che vi riporto

    Sai che distanti sono gli istanti?
    Tu li proteggi in fiumi d'alianti
    tra le tue stille, or feritoie
    fiochi granelli di vaghe gioie.

    Faccio una premessa. Nel 1985 quasi per caso rimasi folgorato da un gruppo musicale emergente e che poi ebbe un successo planetario, gli 'A-ha'. Avevo 13 anni e quella musica pop mi rimase impressa per un particolare che ai più potrebbe sembrare inessenziale e irrilevante, ovvero la nazione di provenienza: la Norvegia. Nella mia fantasia pensavo a sterminate distese di neve e ghiaccio, fiordi e quant'altro; non riuscivo ad associare il caldo afflato della musica pop ed elettronica a quelle lande che nella mia mente erano desolate e abbandonate, fredde e distanti. Poi, qualche mese fa, leggendo tra gli altri Ibsen, ho capito il perché e forse ho varcato una soglia nell'anima. Nel caso dello scrittore Norvegese si potrebbe affermare che gli spazi vuoti diventano spesso paesaggi dell’anima, dei suoi silenzi e dei suoi riverberi. Insomma quei silenzi, quei rifiuti nascondono, silente, una profonda passione, che assume le sembianze dell'inadeguatezza del vivere. Quando parlo di silenzi non intendo chiaramente la Norvegia, ma intendo anche particolari attitudini come la fanciullezza, non intesa nel senso esuberante del termine. I bambini vivono nel silenzio dei loro paesaggi fantasiosi.

    Tempo fa lessi sulla Treccani online, capitato per caso per mie ricerche di storia, un episodio sull'infanzia di Luigi Gonzaga, poi divenuto santo. Il suo tutore, o come si diceva a quei tempi il suo 'àio', era Pier Francesco Del Turco, della famiglia nobile (e medicea) fiorentina Rosselli Del Turco. Al futuro santo, all'età di 5 anni, l'àio gli chiese cosa avrebbe fatto se avesse saputo che di lì a qualche minuto sarebbe morto. Luigi rispose - Niente, continuerei a giocare. Lo spirito fanciullesco è eccezionale; gli adulti non sanno vivere, e lo si vede in ogni manifestazione. Il bambino è come il talento, se vogliamo per certi versi anche il genio: l'adulto molto spesso, preso da mete, impegni il cui unico scopo è distrarlo da questa inadeguatezza del vivere, conscia e spesso neanche sopita, non sopporta lo spirito fanciullesco, non sopporta quella libertà accanto a sé; libertà che lo umilia mentre egli è intento alle sue faccende. Nell'episodio, in verità, la risposta provoca fastidio semplicemente perché ci viene spesso inculcato, sin da bambini (e dunque siamo ammoniti), che il nostro scopo primario deve esser pensare al futuro, non al gioco. Alla morte piuttosto che al presente, per osare. Il Cristianesimo, il Vangelo in particolare, poi non ne parliamo proprio, in generale qualsiasi autorità in tal senso. Altro che Santo, insomma. Già con quella risposta per me il Gonzaga supera tutti i Santi della storia, e all'età di 5 anni.

    Ho imparato parecchio leggendo questi autori cosiddetti nordici, in questi mesi soprattutto. Non solo è un qualcosa che personalmente riguarda un mio cammino e percorso culturale, ma è anche un'impronta che si è insinuata dentro di me generando una fervida e piacevole consapevolezza di vita. Non esiste alcuna Autorità - uso il maiuscolo - che abbia il diritto di comprimere o deviare il pensiero, così come non esiste alcuna Entità o Ente che pretenda di controllare o 'gestire' il flusso dei pensieri, delle ispirazioni e della spontaneità in generale. La nostra cultura è molto pervasa dal culto dell'ammonimento e della moderazione: qualità di una società dominata da Enti e controllata da Burocrazie. Non è un equivoco tra rimanere bambini e infantili; questo non c'entra niente. Il bambino, il genio, il talento e la spontaneità dell'arte stanno proprio in questo: bastano a se stessi, non hanno bisogno di altro, né di pagelle né di voti né di giudizi finali. È la felicità, senza la stolida arroganza che ha spesso ogni supposta felicità.

    Da qualche giorno sto sperimentando un percorso interiore e personale, fatto di arte e fanciullezza; non è una scommessa e tanto meno una sfida! Mi sono ritrovato in qualcosa che mi dà pace e serenità, che alimenta le rotelle del cervello e dell'anima. Voglio giocare. Il gioco è crescere (non nel senso moralistico e fideistico, per carità!) e per vincere bisogna rimanere bambini. Saluti a tutti e buona notte.

    Giuseppe Cavallo
     
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    concordo...hai ragione da vendere
    grazie del pezzo...
     
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1 replies since 16/11/2014, 00:08   105 views
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